Broken Nature, che cosa può fare il design per ricomporre il rapporto uomo-natura?

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Il 1 marzo al Palazzo dell’Arte di Milano, più volgarmente noto come “La Triennale”, è cominciata la 22° esposizione internazionale della Triennale di Milano, intitolata Broken Nature: Design Takes on Human Survival. L’esposizione, che proseguirà fino al 1 settembre, è stata curata da Paola Antonelli, già curatrice del dipartimento di Architettura e Design presso il Museum of Modern Art di New York e direttore ricerca e sviluppo dello stesso museo, insieme ad Ala Tannir, Laura Maeran e Erica Petrillo.

Si tratta di un’indagine approfondita sui legami che uniscono gli uomini all’ambiente naturale e che nel corso degli anni sono stati profondamente compromessi, se non completamente distrutti. Broken Nature, analizzando vari progetti di architettura e design, esplora il concetto di design ricostituente e mette in luce oggetti e strategie, su diverse scale, che reinterpretano il rapporto tra gli esseri umani e il contesto in cui vivono, includendo sia gli ecosistemi sociali che quelli naturali.

L’esposizione raccoglie oltre cento opere tra sculture, installazioni, immagini e molto altro, create da autori internazionali. E’ presente anche un padiglione polacco, la cui installazione indaga se, in un’epoca nella quale la connessione tra Uomo e Natura è sempre più flebile e sfilacciata, esiste la possibilità di un design fondato sulla collaborazione con altre specie, invece che sullo sfruttamento e la competizione; un design che si sviluppi in modo indipendente dalle logiche della crescita, del consumo e della produzione.

MYCOsystem è un laboratorio di riflessione su un nuovo paradigma di sostenibilità e design che vada oltre la semplice imitazione dei cicli naturali: un approccio che abbandona l’antropocentrismo insito nei concetti di produzione, accumulo, consumo e scarto e guarda piuttosto ad un ritorno al ciclo trasformazionale della natura. Il team creativo dietro a questa installazione, nella quale alberi, funghi ed esseri umani si confondono in un sistema interconnesso, sono Agata Szydłowska, professoressa alla Facoltà di Design dell’Accademia di Belle Arti di Varsavia, la visual artist Małgorzata Gurowska e l’architetto e designer Maciej Siuda.

Il punto focale è una grande e astratta struttura lignea, una piattaforma inclinata la cui superficie è bucherellata per consentire uno sguardo sulla terra sottostante: è un invito ad avere una prospettiva allargata e a non rivolgere il proprio sguardo soltanto a ciò che sta sopra alla superficie (alberi, uomini, ecc.), ma anche a ciò che sta sotto (radici, funghi, muffe, ecc.). I visitatori sono accolti da un’evocativa colonna sonora composta da Joanna Halszka Sokołowska e da infografiche ipnotiche e pittogrammi che attirano l’attenzione sul legno, di cui la Polonia è uno dei maggiori esportatori al mondo, e sulla sua relazione con uomini, alberi e funghi. Per l’uomo, l’albero è fonte di legname e dunque di una materia prima da trasformare in oggetti da usare, consumare e da trattare chimicamente per impedirne il decadimento. Per gli alberi, il legno è la “carne viva” dei loro corpi, in cui circolano linfa e nutrienti. Per i funghi, il legno è fonte di nutrimento ma anche compagno di una relazione simbiotica.

E sono i funghi il vero paradigma della sostenibilità e i protagonisti del progetto. I funghi micorrizici entrano in una relazione simbiotica con le radici delle piante, migliorandone la capacità di sottrarre nutrienti al terreno. Al termine del ciclo vitale della pianta, altri funghi, i saprofiti, si nutrono della materia organica in decomposizione, restituendo fertilità al suolo e creando le condizioni per la prosperità di una nuova generazione di vegetali e di funghi. E’ un modello di collaborazione perfetto, o almeno finemente regolato, tra specie differenti. MYCOsystem si chiede se siamo pronti a rinunciare al nostro approccio egoista alla vita e al controllo sulle cose materiali, per unirci invece al ciclo della biodegradabilità che esiste nel mondo della natura.