Carnevale: maschere e sospensione delle regole per lasciar sfogare il popolo

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photocopyright Carnevale di Venezia
www.carnevale.venezia.it

 

Origini del Carnevale

Va detto subito che dietro il fascino del Carnevale, delle maschere, dei travestimenti che spingono ad assumere un’altra identità per vivere disinibitamente feste e incontri, altrimenti non possibili, c’è una tradizione sociale liberatoria che nasce nella notte dei tempi. Già gli Egizi, i Greci con le “dionisiache”, i Romani con i “saturnali”, in diversi periodi dell’anno definivano delle ricorrenze in cui era ammesso rompere con le regole costituite. Momenti liberatori e dissacratori che avevano una funzione quasi terapeutica di sfogo per il popolo, soprattutto per quella parte che durante il resto dell’anno era più oppressa. Tradizioni assorbite poi dalla cultura cristiano-cattolica e canonizzate nel nome “Carnevale” e nelle date: dall’Epifania al martedì grasso che precede il mercoledì delle Ceneri e la Quaresima. Curiosamente Carnevale, parola che viene dal latino “carnem levare” e significa togliere la carne per il purificante digiuno quaresimale dei fedeli, è diventato il nome con cui si è invece chiamato il periodo precedente l’inizio del digiuno, il periodo in cui da secoli si consente una sorta di sospensione delle regole sociali e morali. Nell’Italia medioevale dei tanti stati e repubbliche il Carnevale si è diversamente declinato, arrivando fino ai giorni nostri, con varie tradizioni e usanze, da Napoli alla Sardegna, da Roma a Viareggio, fino a Venezia. E fu proprio nell’allora Serenissima che il Carnevale trascese la dimensione cittadina per diventare evento della cultura europea.

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Il Carnevale di Venezia

A Venezia si parla di Carnevale fin dal remoto editto del 1296 che istituisce un giorno di festa prima del mercoledì delle Ceneri. Da allora il Carnevale crebbe continuamente nella considerazione sociale e anche politica che vedeva con favore il ripetersi annuale di un periodo di salutare mescolamento delle classi sociali. Ma la sagacia commerciale della Serenissima capì presto che il Carnevale poteva essere anche una straordinaria occasione di guadagno attirando nobili e benestanti da tutta Europa che per godere dello speciale Carnevale lagunare arrivavano in città portando soldi che spendevano in pranzi, teatri, feste e in acquisti di ogni sorta di mercanzia allora conosciuta di cui Venezia – Repubblica Marinara che faceva dei commerci con l’Oriente la sua forza – era fornitissima. Nei secoli Venezia affinò l’uso del Carnevale allungandone a piacimento la durata o estendendolo in altri periodi dell’anno fino alle esagerazioni di cinque mesi all’anno di Carnevale negli anni della decadenza. La Serenissima che aveva uno sviluppato sistema di polizia investigativa usò cinicamente il Carnevale anche come occasione per conoscere segreti e pettegolezzi di tutta Europa. I rampolli delle famiglie nobili una volta giunti a Venezia si concedevano tutte le licenze concesse a Carnevale e tra giochi d’azzardo, vino e donne si lasciavano scappare facilmente notizie utilissime per le strategie della Serenissima, notizie raccolte da solerti funzionari veneziani che discretamente bazzicavano quegli ambienti. Ma perché tutti venivano a Venezia? Perché la città sviluppò presto una profonda cultura della festa, del divertimento, dello spettacolo teatrale. Eventi che avevano la particolarità d’essere spesso organizzati non dallo Stato ma dal popolo variamente associato per tali ludici scopi nelle cosiddette Compagnie de Calza. Queste erano delle associazioni, dei club ante temporum, che riunivano gruppi di veneziani a seconda delle loro affinità ludiche. Le Compagnie de Calza che erano decine si sfidavano nell’organizzazione di fantasmagorici balli, giochi, piramidi umane, spettacoli. Nell’immaginario collettivo mondiale il Carnevale di Venezia è esteticamente quello settecentesco, quello raccontato nelle memorie di Casanova, nei testi teatrali di Carlo Goldoni, nei dipinti dei vedutisti, e riportato nelle cronache di scrittori, poeti e musicisti, come nel caso del furtivo passaggio del giovane Wolfgang Amadeus Mozart, tuttora ricordato da una targa affissa sul palazzo in cui visse a due passi dal Teatro La Fenice. È il Carnevale del Settecento quello più impresso nella cultura europea perché in una Serenissima ormai decadente e militarmente impotente il Carnevale rimaneva l’unica occasione per Venezia per ritornare per qualche settimana al centro della scena internazionale, ed è per queste ragioni che quanto più debole fu lo Stato tanto più clamoroso e licenzioso fu il Carnevale. Ma fu invece nel Rinascimento che si realizzarono le più straordinarie feste di popolo, sfide tra sestieri, a volte violenti e cruenti, oltre a mirabili quanto effimere macchine sceniche che sfilavano in Canal Grande per poi essere bruciate con un rogo simbolicamente propiziatorio.

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Il Carnevale moderno

Chi si reca oggi a Venezia per Carnevale partecipa ad una festa che è modulata sulla riscoperta della tradizione carnascialesca avvenuta nei primi anni Ottanta del secolo scorso. Dal dopoguerra agli anni Ottanta il Carnevale era solo una festa di pochi giorni per i bambini, una festa che ricominciò ad animarsi alla fine degli anni Settanta con delle scorribande di studenti e giovani che imbrattavano i passanti di farina e uova. In un’Italia che faticosamente stava uscendo dal triste clima degli “Anni di Piombo” del terrorismo, la gente sentiva il bisogno di riconquistare le piazze delle città ritrovando spensieratezza e voglia di vivere. Ed è in questa atmosfera che a Venezia il Carnevale rinacque quasi spontaneamente grazie ad un po’ di musica nei campi. Un’epoca d’oro in cui il desiderio di divertimento e di trasgressione, per dimenticare il pesante clima politico e sociale, spingeva tutta la città a ritrovarsi dopo il lavoro a ballare in Piazza San Marco. Titolari e commessi dei negozi, dirigenti e segretarie, all’ora di chiusura si mettevano una maschera, una parrucca, qualche trucco e uscivano insieme dal lavoro per sfogarsi e divertirsi dimenticando ruoli e mansioni della quotidianità. Fu quindi una inconsapevole riscoperta del più autentico valore del Carnevale: la sospensione delle regole sociali. Il Comune di Venezia seppe cogliere quella improvvisa e feconda rinascita del Carnevale per rilanciare il turismo invernale, fino agli anni Ottanta la gran parte degli alberghi veneziani chiudevano da ottobre a marzo. Da allora fu un crescendo continuo, rinacquero anche alcune Compagnie de Calza, la prima e l’unica tuttora funzionante è la Compagnia de Calza I Antichi che nella riscoperta dei costumi del passato organizza eventi trasgressivi e dissacratori, come il piccante festival di poesia erotica innaffiato di grappa. Ad oggi il Carnevale si è inevitabilmente trasformato da festa prevalentemente veneziana a manifestazione prevalentemente turistica vista la crescita esponenziale degli ospiti che arrivano per essere parte del Carnevale e non solo per assistere da spettatori. Ed è questa la vera peculiarità veneziana, ovvero che basta una bauta, un tricorno e un tabarro per mescolarsi al popolo del Carnevale e sentirsi protagonisti di una festa sociale. Oggi il Carnevale è una sommatoria di appuntamenti la gran parte dei quali opera dall’amministrazione comunale veneziana che affida ad un regista l’organizzazione della festa. Da qualche anno il regista è Davide Rampello cui va il merito di tante invenzioni, tra cui la Vogata del Silenzio, la fontana del vino, il rogo di macchine sceniche ed ora il riuso degli spazi e del bacino acqueo dell’Arsenale per le notti del Carnevale. Tra i registi dei passati carnevali ricordiamo il veneziano Marco Balich, già regista delle manifestazioni di apertura e chiusura delle Olimpiadi Invernali di Torino e dei Campionati Europei di Calcio EURO 2012 in Polonia e Ucraina. Al fianco di un ampio calendario istituzionale del Carnevale, incentrato sui voli dell’Angelo e dell’Aquila dal Campanile di San Marco, sulla Festa Veneziana con il corteo acqueo mascherato, sulla sfilata del Corteo delle Marie e molti altri appuntamenti, c’è poi un caleidoscopico programma di eventi creati da privati e istituzioni, tra i quali vanno sottolineati i laboratori carnevaleschi de La Biennale, lo splendido Ballo della Cavalchina al Gran Teatro La Fenice (che sarà nuovamente organizzato solo dall’anno prossimo) e l’esclusivo Ballo del Doge a Palazzo Pisani Moretta destinato a chi per una festa di Carnevale può spendere qualche migliaio di euro. Un calendario di eventi (realizzati da un variegato pool di veneziani che hanno ormai un consolidato know how sul tema)  che si svolge in tre settimane con un weekend prologo (quest’anno il 31 gennaio-1 febbraio) e una decina di giorni intensi dal secondo weekend fino al martedì grasso (7-17 febbraio), e che attira una massa di quasi un milione di turisti, con punte di 100 mila nei giorni clou. Così come ai tempi della Serenissima il Carnevale è di nuovo occasione per creare un importante indotto economico in città.