Fabio Cavallucci: “Un paese che valorizza l’arte investe nel suo futuro”

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In una Europa che si dibatte tra esistenziali angosce, la Polonia mostra buone performance non solo in tema di percentuali di prodotto interno lordo ma anche nel campo della cultura.

“La Polonia oggi è uno dei paesi più interessanti d’Europa ed è veramente un piacere per me essere qui”, racconta Fabio Cavallucci direttore da quasi due anni dello Zamek Ujazdowski, il Centro delle Arti Contemporanee. “Certo essere il primo italiano a guidare questa storica istituzione polacca è una bella soddisfazione”.
Varsavia potrebbe diventare una delle nuove capitali dell’arte europea?
“Di questo paese si parla soprattutto per le sue buone performance economiche durante un periodo di profonda crisi, ma secondo me la Polonia stupisce ancor di più dal punto di vista artistico. La cultura e in particolare le arti visive sono tra le più interessanti d’Europa insieme a quelle inglesi. Qui in Polonia la spinta della “Critical Art” ancora funziona sulle nuove generazioni, spinta che in altri paesi si è esaurita.”
Sull’arte contemporanea si discute sempre se sia una palestra solo per critici, galleristi e interessati al settore, ovvero un piccolo jet set autoreferenziale, o se invece sia una forma d’espressione che sa ancora relazionarsi con il grande pubblico.
“Bé in Polonia siamo sicuramente di fronte ad un’eccezione se pensiamo che qui allo Zamek l’anno scorso abbiamo avuto 278 mila visitatori. Numeri quasi da stadio, presenze che in Italia ci sogniamo. In questo paese si avverte un alto livello culturale, una forte attenzione del pubblico e di conseguenza possiamo affermare che l’arte contemporanea è vicina alla gente.”
Le difficoltà economiche che toccano molti paesi stanno rimettendo in discussione un po’ tutti i valori del continente. Dopo aver cercato di fondare un’Unione basata solo sull’economia potrebbe essere la cultura a colmare il vuoto mancante diventando il vero trait d’unione dell’Europa?
“La cultura e l’arte sono state lo strumento per investigare il nuovo, la possibilità di capire e anticipare i tempi. Quando Leon Battista Alberti descriveva la prospettiva nel 1435 aveva inconsapevolmente anticipato quello che sarebbe avvenuto con Cartesio e Galileo, il pensiero logico più di un secolo dopo. Le idee nascono prima nell’arte, ma bisogna crederci e portarle avanti, chi ha il coraggio di farlo si assicura il futuro. La Polonia per fortuna ancora crede nella cultura e perfino la politica ci crede come dimostrano i programmi elettorali di alcuni partiti che danno alla cultura un ruolo importante. In questo senso il paese potrebbe essere un modello per l’Europa.” Alle sue spalle ci sono le importanti esperienze da curatore a Trento e Carrara, ma come è potuto arrivare un italiano alla guida di una delle più importanti istituzioni culturali polacche?
“Per una serie di positive coincidenze. L’istituto Adam Mickiewicz nel 2000 invitò una serie di curatori tra cui il sottoscritto qui in Polonia. Io rimasi subito folgorato dal livello qualitativo dell’arte ed iniziai ad invitare artisti polacchi in Italia, e così facendo conobbi l’artista Katarzyna Kozera che sarebbe diventata la mia attuale compagna. Da lì il legame con la Polonia si fece naturalmente più stretto e quando si liberò il posto di direttore allo Zamek partecipai con successo al bando di concorso. Da parte mia devo dire che è stata una scelta giusta quella di puntare su questo paese, qui allo Zamek mi trovo bene, lavoro con uno staff di circa 85 persone e riusciamo a fare molte iniziative di livello grazie alla partnership pubblico-privata. Nel mio mandato, tenendo conto del ruolo della Polonia di vero incubatore artistico europeo, punto molto a valorizzare le tematiche legate all’ambiente e all’ecologia cercando anche di portare l’arte fuori dai palazzi a contatto con la gente, come ad esempio l’evento “Zielony Jazdow”.”