Fara, l’universo colto di Kazimierz Dolny

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La Chiesa Parrocchiale di Fara fu progettata da Jakub Balin, un architetto italiano che lasciò a Kazimierz Dolny l’impronta elegante della sua terra d’origine. Ben nota è la storia dei numerosi artisti ed architetti italiani che furono chiamati in Polonia a prestare la loro opera e che non poterono fare a meno d’innamorarsi di questo paese che si estende nel cuore dell’Europa, crocevia di culture. Fara, realizzata nel 1613, non rappresenta solo la genialità del progettista italiano ma è molto di più, fu costruita grazie al sostegno dell’intera comunità, della quale facevano parte molti Ebrei. Fara può quindi ben definirsi un edificio voluto dalla spiritualità laica ed interreligiosa. Kazimierz Dolny era una città di commercianti e di uomini di cultura e proprio questi le avevano donato una vocazione al dialogo, alla solidarietà e ad una spiritualità trasversale e colta. In una giornata di fine luglio ho visitato Fara ed appena entrato mi ha colpito la sua monumentalità e grazia di linee e colori, imponente ma leggera nel suo relazionarsi con il paesaggio ed il tessuto urbano, ben si sposava con una idea di universalità. Ero lì insieme all’amico artista Jan Michalak, discendente di Antoni Michalak, famoso pittore, che fondò insieme ad altri a Kazimierz la Confraternita di San Luca. Jan m’invitò a salire nella parte superiore della Chiesa da dove si affaccia l’organo. Avevo notato dal basso, dalla navata centrale, una sequenza di putti, comuni a molte chiese, ma adesso che li vedevo da vicino ed ero accanto a loro, a sporgermi dalla balaustra, avevo osservato alcuni dettagli dei quali da lontano non potevo accorgermi: i putti prendevano parte ad una Festa Barocca e si erano mascherati da divinità e semidivinità pagane, questa visione ravvicinata era accessibile ad una classe colta, certamente presente e numerosa nella cittadina e che forniva delle indicazioni iconografiche.

Un putto si atteggiava mollemente ad Ercole, al termine delle sue fatiche, con la clava che gli riposava accanto al fianco e gli fungeva persino da sostegno assomigliando così ad un bastone da passeggio, quasi un Ercole Farnese ricordava nella movenza rilassata. Ercole, sin dal Rinascimento, era divenuto la personificazione della Fortezza, e nell’Ercole al Bivio si era anche caricato della responsabilità della scelta morale tra il bene ed il male, tra la virtù ed il vizio ed in tale dilemma non poteva non venirgli in soccorso la Fortezza. Il Putto non è altri che un giovane Eroe semidivino dalle Cristiane Virtù. Una raffigurazione del Cristo in vesti pagane e mitologiche. L’aspetto creativo e geniale del Mito è il sapersi costantemente reinventare, riproponendosi  e rinnovandosi.

Ed ecco il Putto travestito da Giove, il padre di Ercole, e ben si spiega la vicinanza della collocazione in un intimità affettiva e giocosa. Giove sovrintende all’Olimpo e modera gli umori degli uomini e degli Dei, ma è anche capriccioso e dispettoso, proprio come un bimbo. L’aquila che gli sta accanto è un simbolo della sua divinità, ma è nello stesso tempo l’aquila di San Giovanni Evangelista, dell’Apostolo al quale si rivelò l’Apocalisse.

Ci si presenta davanti agli occhi, adesso, il fratellino di Giove, Nettuno, con il delfino tra le braccia;  d’altra parte la Vistola, da considerarsi come un grande mare, cadeva sotto il suo dominio e bisognava propiziarsi la sua benevolenza. Abbiamo anche il Putto-Marte, figlio di Giove, che sorregge un gallo fra le sue braccia, il suo simbolo. Marte, oltre a divinità della guerra, era anche legato alla fertilità, al risveglio di Primavera. Marte, dal Rinascimento in poi, nelle raffigurazioni pittoriche veniva spesso associato a Venere, e così insieme rappresentavano la forza temperata dall’amore e la Concordia degli opposti dalla quale deriva ogni forma di vita, ma potevano impersonare anche la Fortezza accompagnata da Venus come Carità. Il gallo, nella visione cristiana,  era simbolo della vita eterna, della rinascita e voleva rammentare al popolo dei fedeli che il cristiano, allontanandosi dal messaggio di Gesù, tradiva il Figlio dell’Uomo, esattamente come Pietro che aveva rinnegato il Maestro al canto del gallo.

Il legame che i Putti manifestano con il territorio di Kazimierz Dolny, la cui vita era basata sull’agricoltura e sulla pesca, risorse che ancor oggi restano importanti, e sul commercio vincolato a queste due attività, è assolutamente evidente. La loro presenza nella Chiesa è beneaugurante ed auspice di frutti abbondanti per l’intera comunità, non solo cristiana. L’universalità della Chiesa era efficace nel suo messaggio colto. I Miti continuavano a vivere attraverso il gioco innocente dei bambini, la loro essenza s’incarnava in nuovi messaggi e superava gli scogli delle vuote e rigide ideologie, delle religioni che non devono diventare rigidi “sepolcri imbiancati” ma rinascere costantemente nella contaminazione dei pensieri e dei simboli, nella concordia degli opposti, in un’eterna primavera di bellezza che prendendo il via dall’Umanesimo Italiano ha reso grande l’Europa ed il Mondo.