L’uomo dal talare bianco

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Diana Golec

“Io sono soltanto un pellegrino che sta per iniziare l’ultima tappa del suo viaggio” ha detto Benedetto XVI durante l’ultimo giorno del suo pontificato. Anche se dal 28 febbraio il Papa può essere considerato come un “Papa in pensione”, questo fatto non determina la fine del suo ministero presbiterale. Adesso la sua vita si svolgerà nel silenzio delle preghiere, lontano dalle luci dei riflettori. “Il Signore mi invita a giungere alla cima, ad essere ancora più devoto nella preghiera e nella meditazione”- ha detto durante l’Angelus dell’ultima domenica di febbraio in Città del Vaticano. Sicuramente ha scelto di seguire una rotta verso acque più calme, sorprendendo molto l’intera Chiesa cattolica. Sono però poche le persone che si pongono la seguente domanda: chi ha diretto la sua bussola verso la nuova strada? Sarebbe stato Colui che l’ha portato fino alla Santa Sede? Se sì, da dove nasce questa forte delusione di una parte dei cristiani? Forse, ancora una volta, cerchiamo di dare più importanza alle nostre priorità rispetto a quelle stabilite da Dio? “Il nostro modo di pensare umano e i nostri sforzi sono in sintonia con il Signore, sono efficaci, utili e buoni” ha detto l’arcivescovo Józef Michalik durante la messa di ringraziamento per il pontificato del Papa, sottolineando che “Benedetto XVI non si allontana dalla croce, si è solo trasferito in un altro luogo”.

Per secoli, nell’immaginario collettivo dei credenti, si è creata una profonda convinzione, ovvero che il Papa è un superuomo avvolto da una corazza invisibile e che quindi può subire e sopportare  tutto il male, le divisioni all’interno della chiesa, le sofferenze, il dolore, la malattia e soprattutto le vessazioni degli ambienti a lui ostili. In un certo senso questo è vero. Il Papa sicuramente possiede una forte corazza fatta di grazia di Dio e una forza spirituale proveniente direttamente dallo Spirito Santo e dai suoi doni. Tuttavia, colui che porta il titolo di Vicario di Cristo è prima di tutto un uomo e come tutti i mortali si può stancare nel corpo e nell’anima. Già da tempo osservo con ansia la grande stanchezza che si è manifestata sul volto del Papa. Mi ha colpito molto vedere Benedetto XVI passare accanto a me sulla papamobile durante l’incontro di Taize di due mesi fa. Era sorridente, ma nei suoi occhi si vedeva una certa tristezza, mentre i solchi profondi sul suo viso mi hanno spinto alla riflessione sul peso schiacciante delle sue mansioni. “Sembra malato” ho sussurrato a un prete accanto a me.

Oggi si sa che già allora Benedetto XVI stava riflettendo su una decisione che ha poi provocato una vera e propria valanga di commenti, speculazioni, sospetti e critiche. Il Papa sapeva che le cose sarebbero andate così. Sicuramente era molto preoccupato di come la sua abdicazione avrebbe potuto influire sulla Chiesa. Era da prevedere che si sarebbero scontrate due correnti opposte, ovvero la prima che avrebbe accusato il Papa di “diserzione” e la seconda che invece avrebbe cercato una via più comprensiva in questa scelta. I primi hanno toccato un punto delicato, paragonando Benedetto XVI al suo predecessore: il riferimento a Giovanni Paolo II  è stato come aver lanciato una pietra contro il Papa dimissionario. Molti rappresentanti dei media dicevano: “lui ha portato a termine il suo mandato fino alla fine mentre tu ti arrendi?” Possiamo solo immaginare quanta sofferenza abbiano provocato delle simili valutazioni a quest’uomo così dedito alla sua missione. Tali commenti testimoniano l’ignoranza di buona parte dei fedeli nelle questioni legate al ministero della Chiesa. Questa non è una questione umana, come viene presentata da alcuni media, ma è prima di tutto una manifestazione del mistero della guida divina, che ciascuno vive in modo individuale. Il Papa è uno degli strumenti dello Spirito Santo che decide sul termine e sulle modalità del pontificato. Sono inoltre infondate le voci secondo cui  l’abdicazione di Benedetto XVI possa rappresentare un precedente attraverso il quale definire un limite di età per la carica pontificia.

Chi può capire le ragioni dell’uomo che decide di andarsene perché non si sente di svolgere bene i compiti risultanti dalla propria vocazione? Soltanto chi ha fatto una strada dolorosa simile a quella che ha percorso il Papa, soltanto chi avverte giorno dopo giorno il peso delle proprie responsabilità. Per molti è molto semplice tirare le somme adesso facendo paragoni tra il pontificato che si è appena chiuso e quello precedente, emettendo giudizi su cosa è stato fatto bene e cosa invece è stato un fallimento. Alla fine la valutazione di Benedetto XVI non spetta certo a noi. I valori che tutti noi possiamo trarre dal messaggio del Papa dovrebbero costituire oggetto di riflessione, sia per i credenti che per i laici. Un simile atteggiamento sarà sicuramente più costruttivo ed è preferibile ad una mera analisi di otto anni di pontificato.