Un polacco a Padova, che fare?

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Per molti polacchi Veneto vuol dire Venezia. Come la sua più celebre sorella anche Padova è una città d’acqua, con eleganti edifici ereditati dalla Serenissima. Ad ogni angolo, anzi ad ogni targa commemorativa, ci si imbatte nella corposa storia che proprio in quel luogo si è consumata. Sacro e profano si intrecciano da sempre in questa città: da un lato Sant’Antonio, santo taumaturgo e dall’altro Galileo Galilei, fondatore della scienza sperimentale, la rendono sia meta di pellegrinaggi verso la famosa Basilica, sia attrazione per migliaia di studenti ogni anno, da ogni dove ma in particolare dalla Polonia. Di Padova oggi vogliamo esplorare il suo lato cisalpino, che tante sono le impronte di illustri polacchi passati in città. Una parte significativa della elite intellettuale, letteraria e politica della Polonia del XVI secolo è transitata per Padova, ecco perché sarete ben felici di scoprire che esiste una città gemella (Padew Narodowa) a circa 1400 km di distanza in Polonia. Fra i tanti luminari ricordiamo Copernico, Jan Kochanowski (il Petrarca Polacco) e finalmente Jan Zamoyski (una cui statua campeggia in Prato della Valle e un suo busto nella Sala dei Quaranta a Palazzo del Bo). Proprio di quest’ultimo vale la pena scrivere due righe, poiché si innamorò così perdutamente di Padova da volerla rifare tale e quale in terra natia.

Jan Zamoyski discendeva da una nobile famiglia, e dopo un soggiorno di studi a Parigi e a Strasburgo, approdò nella tarda primavera del 1561 a Padova. Qui venne per perfezionare gli studi di diritto, proiettato in una radiosa carriera politica. Jan alloggiava nella contrada del Pozzo della Vacca, che ora si trova all’inizio dell’odierna via Ospedale civile, probabilmente tra il civico 12 e il 22. La sua brillante carriera accademica culminò con un dottorato e successivamente divenne rettore della Facoltà di Giurisprudenza. Rientrato in patria, fu così forte e struggente la nostalgia per Padova, quel posto che lui stesso ammise averlo reso uomo (“Patavium virum me fecit”) che fondò Zamość, una città fortificata in tutto simile a Padova. La città fu eretta dal nulla sui terreni del latifondo Zamoyski, con l’intenzione di rappresentare il concetto di città ideale. Fu progettata dall’architetto padovano Bernardo Morando, sostituito dopo la morte dall’ingegnere veneziano Andrea Dell’Acqua. Per la sua costruzione furono assunti muratori italiani. La città ha un’anima molto padovana, come testimoniano i numerosi portici particolarmente dominanti nella piazza del mercato, e il sistema delle fortificazioni coi bastioni molto simili a quelli padovani. L’ammirazione di Zamoyski per Padova si è trasmessa anche linguisticamente tanto che tuttora padewczyk in polacco non vuol dire soltanto nativo di Padova, ma ha anche un significato storico, si riferisce cioè a un uomo illustre che deve la sua superiore cultura intellettuale, artistica o politica alla città patavina in cui si è formato. Oggi Zamość è conosciuta come patrimonio mondiale dell’Unesco e tutte le guide cominciano le loro visite parlando della città di Padova. Chissà se qualche padovano, ignaro di questa storia, si è imbattuto in Zamość, magari trovandola familiare e forse qualche sospetto gli è venuto, alimentato dalle numerose attività che prendono il nome proprio da Padova. L’itinerario consigliato per ripercorrere le orme di Jan Zamoyski sono una visita al palazzo del Bo, l’Università fondata nel 1222 e una passeggiata in Prato della Valle per trovare tra le decine e decine di statue anche le uniche due che rappresentano due illustri presenze polacche nella città di Padova: Stefan Bathory e Jan Zamoyski appunto. Continuando la passeggiata per le vie del centro storico, possiamo dirigerci verso la Basilica del Santo, dove un’importante rassegna di qualche anno fa, intitolata eloquentemente “Urbs memoriae Polonorum degnissima – I rapporti tra Padova e la Polonia nei discorsi di Giovanni Paolo II” ha illustrato la presenza polacca al Santo, presenza che affonda le radici nella storia italiana ed europea, con il culmine nella cerimonia di donazione alla basilica di un reliquiario contenente una goccia del sangue di San Karol e frammenti ossei di Santa Faustina Kowalska. Ma al Santo le presenze polacche c’erano già, a partire dalla mazza turchesca in argento dorato dono del re Jan Sobieski, dalla lapide che celebra il guerriero Cristoforo Sapieha, dalla Cappella Polacca (o di San Stanislao), riaffrescata nell’Ottocento dal pittore Taddeo Popiel, e per finire con l’altare dedicato a San Massimiliano Kolbe che reca la pala dipinta da Pietro Annigoni tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta del Novecento.

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