Made in Italy… alla polacca Viaggio tra gli usi alternativi e/o improbabili della lingua italiana

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Gian Marco Mele

Viaggiando per la Polonia in lungo e in largo una presenza costante sembra non abbandonarci mai. Sono i nomi italiani che vengono associati alle più disparate attività commerciali. Cartelloni pubblicitari, insegne di negozi, nomi su etichette, menù, siti internet, stazioni televisive ci ricordano costantemente che l’Italia in Polonia c’è e si vende o si usa per… vendere altro?

I settori maggiormente interessati dal fenomeno sono ovviamente la ristorazione, l’agroalimentare, la moda, la cosmetica, ma il fenomeno va ben oltre e coinvolge la totalità dei settori merceologici e dei servizi con inattese sorprese.

Tutti sono coinvolti: multinazionali, aziende polacche grandi, piccole, medie, singoli professionisti e imprese familiari. Il marchio italiano, qualunque esso sia, pare avere buona presa sul consumatore o almeno un suono piacevole da ricordare ed associare a qualsiasi tipo di prodotto o servizio.

Pultroppo la grande vivacità e l’entusiasmo nel voler mettere a frutto immediatamente nell’immaginario del consumatore il richiamo all’Italia ha prodotto risultati a volte incerti, per usare un eufemismo. Molti osservatori italiani hanno notato incongruenze linguistiche e logiche che al consumatore medio polacco certamente sfuggono.

Un gruppo facebook “Italiowski Made in Italy po Polsku” sta raccogliendo materiale per meglio capire quanto sia diffuso l’utilizzo delle denominazioni italiane a scopo commerciale.

Se dovessimo fare un viaggio immaginario all’interno di quello che potrebbe definirsi sommariamente un Made in Italy alla polacca da dove inzieremo? Ristoranti e supermercati per primo ma il viaggio ci porterebbe ovunque la fantasia di ricreare qualcosa che suoni italiano arriva e credetemi, non ci sono limiti!

I menù dei ristoranti “di ispirazione italiana” sono la fonte più numerosa dell’insidia linguistica. Qualcuno ha deciso di proporre (senza crediamo specificare di che si tratti) FARFALLE DI CONCRETTO, PENE AL POLLO, PENE AL PESTO etc. (lascio immaginare al lettore come queste frasi possano suonare all’orecchio di un italiano) Per quanto riguarda le pizze possiamo scegliere tra PROSCIOTO, VILLAGIO, PIKANTE, SORPRESSA, INFIMIO, PIACCIONA, DECORARE, CON CRIMINI. Come dolce suggerisco la coppa gelato BIANNERO, MIRACOLLO o TESORO DI BOSCO GRANDE. Il principe indiscusso dei menu rimane però la PIZZA PEPPERONI presente in tutti i rispettabili menù di pizzerie “italiane non italiane” dove i PEPPERONI si trasformano magicamente in salami di varia pezzatura.

Qualcuno a Varsavia nella fretta di aprire un ristorante italiano non ha controllato la concordanza tra i generi e ha scritto sull’insegna RISTORANTE ITALIANA. Tantissimi e variegati sono i nomi di ristoranti di ispirazione italiana: TRATTORIA RUCOLA, PARMA, LA TORRE, DA GRASSO. A parte il caso di chi, forse per celebrare tutto l’anno il 2 giugno ha chiamato il ristorante REPUBBLICA ITALIANA.

Sugli scaffali dei prodotti agroalimentari abbiamo trovato il sugo “bolognese” ASPIRO, il ketchup NAPOLI, la pasta SOPRANO, la pasta VITALIA, il formaggio grattugiato PARRANO, i tortellini LA COLLORE, gli antipasti VICCINI, lo yogurt VITELLO, le candeline profumate LA RISSA, il vermout TOTINO BIANCO, i caffè MILANO STYLE e SICILIA STYLE, i profumi LUCCA CIPRIANO e BRUNO BANANI, il deodorante LORETO, la pizza APETITO. La pizza GUSEPPE (di una nota multinazionale) non rinuncia a sottolineare anche per il pubblico polacco che si tratta di pizza “italiana”.

Nella moda abbiamo visto negozi chiamarsi SIZARRO, INTIMO, ESSENSA, DONO DA SCHEGGIA, MODESTA. Si possono indossare scarpe VENEZIA, BASSANO o GINO ROSSI, le calze CARLO MASSIMO, le camicie GIACOMO CONTI

L’autoscuola IMOLA non si riferisce alla cittadina romagnola ma probabilmente al circuito di F1 nel quale gli allievi forse immaginano sfrecciare piu’ veloci di chi modestamente ha scelto l’autoscuola MARIO.

Le società di vigilanza ROMA e JUWENTUS suggeriscono un incontro di calcio mentre IMPERO protegge gli esercenti con stile e autorevolezza?

IMPERO è anche la marca di sanitari per il bagno, mentre per il soggiorno ci si potrebbe accomodare sul divano ETNA entrando in casa da una porta dal marchio PORTA.

Un capitolo a parte trova la fascinazione di nomi legati alla mafia. Alle innumerevoli pizzerie e ristoranti CORLEONE e IL PADRINO e COSA NOSTRA abbiamo censito i biscotti AL CAPONE o MAFIJNE (in polacco mafioso).

Molte di queste denominazioni richiamano vagamente un “suono italiano” o una parola specifica italiana che non ha alcuna attinenza con l’Italia o il Made in Italy. Altre invece evocano chiaramente l’Italia e alla denominazione commerciale aggiungono anche sottodiciture in italiano e logo richiamante il tricolore (spesse volte invertito) o l’immancabile panorama con la campagna toscana. In questo caso il produttore vuole indurre il consumatore a pensare che il prodotto sia italiano.

Ci domandiamo a chi giova questo utilizzo dei nomi italiani nel commercio in Polonia e quanto vale a livello economico la denominazione italiana di servizi e prodotti che italiani non sono o che vorrebbero far credere essere.

Nei prossimi numeri cercheremo di continuare un viaggio tra le “botteghe oscure”, di cui abbiamo esplorato solo una minima percentuale, per cercare di capire nel dettaglio il fenomeno del finto Made in Italy e per scoprire il valore reale che l’idea intangibile di Italia può generare.

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