DAL SUCCESSO AL DEGRADO? Divagazioni con Nicola Guarino, giornalista RAI

0
2221

“Non credo sia la tv che crea l’immaginario ma l’immaginario che la tv raccoglie…per fare un piccolo esempio, non credo che si diventi violenti giocando a videogiochi in cui si spara, ma si spara perché si nasce violenti…non ci si rincretinisce perché la tv ci rincretinisce ma la tv è cretina perché noi siamo cretini”.

Nel 1973 Pierpaolo Pasolini, grande regista italiano, scrisse sul “Corriere della Sera” che “attraverso lo spirito della televisione si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere”. Lui, come sappiamo, intendeva il fascismo, mentre i sociologi di oggi quello spirito lo assegnerebbero alla società. Quale potere domina ancora sul panorama televisivo italiano? Com’è cambiata l’Italia?  Domande che pongo a Nicola Guarino, regista RAI /aiuto regia in “Un posto al sole”, “Superquark”, “Voyager”, “Rai Educational” e attualmente al TG1. Guarino laureato in sociologia di mass media, esperto in storia della televisione e del cinema italiano, è “l’uomo della TV” con la quale ha un rapporto d’amore da più di vent’anni. Insieme a lui seguiremo la storia d’Italia con le sue complessità e controversie politico-mediali osservando il suo sviluppo, i suoi cambiamenti culturali e i presenti gusti televisivi degli spettatori.
“La storia della TV italiana RAI comincia negli anni Cinquanta. Da allora”, racconta Guarino “il suo ruolo nella società italiana è cambiato tantissimo. Inizialmente pedagogico e educativo, gradualmente diventa uno strumento dell’unificazione linguistica della nazione italiana, insegna e diverte in una maniera intelligente per poi allargare la sua offerta dalla pubblicità all’informazione, dalla fiction al documentario e, dall’intrattenimento (programmi condotti dal guru televisivo Mike Buongiorno) all’educazione. La Tv italiana tra gli anni Cinquanta e Sessanta aiutava a capire la situazione del paese nel dopo guerra: “Viaggio nella valle del Po alla ricerca dei cibi perduti” di Mario Soldati o “Chi legge?” costituiscono un pretesto per un viaggio in Italia in cui lo spettatore viene portato nei luoghi più incredibili.  Ne veniva fuori l’immagine di un paese in cui, nel pieno del boom economico, un terzo dei suoi abitanti non sapeva ancora leggere. Continuando nella sua evoluzione la tv arriva alla svolta nel 1975: termina il monopolio Rai e cominciano a diffondersi le emittenti private. Come giudicare questa prima fase della tv pubblica italiana, e come paragonarla con l’esperienza di altri paesi? “La televisione italiana, la televisione pubblica, intendo nasce con un’idea pedagogica…insegnare agli italiani ma anche informarli. C’era posto per l’informazione, per la cultura e per il mero insegnamento e anche per lo svago…di certo l’avvento della televisione privata e commerciale dà il via alla concorrenza. Per concorrere con una tv dei “sogni” che promette e crea un’Italia immaginaria, la tv pubblica ha di fatto dovuto abbassare i margini della propria “rettitudine”. Di fatto la qualità è calata tantissimo. La tv statunitense nasce con altri auspici, senza problemi di politica alle spalle, cioè le tv USA non sono governative come la RAI, sono tv commerciali e di servizio…sono network molto specializzati. Esistono le ALL NEWS esistono i canali di intrattenimento, di fatto è subito stata una tv a pagamento in quanto la tv via cavo esiste dagli anni Sessanta, insomma un altro mondo molto diverso dal nostro. Per quanto mi riguarda la televisione attualmente è lo schermo su cui vedere filmati, qualunque siano i filmati e da dovunque vengano, cioè qualunque sia la fonte elettronica o analogica da cui vengono. La tv nel senso della produzione beh, credo che attualmente in Italia ci siano dei grandi ritardi nell’innovazione dei format.”

Può spiegare ai lettori polacchi il fenomeno di un ‘animale televisivo’ come Mike Bongiorno scomparso nel 2009?

“Mike Bongiorno si forma con la tv americana ed è l’unico che porta in Italia il telequiz un’idea meno imbalsamata. Il quiz è davvero la novità della tv. Il telegiornale era solo la lettura delle notizie, i talk show non esistevano ancora, il resto era teatro filmato. Il telequiz di Mike Bongiorno fu davvero una novità.”
Negli anni Settanta il mondo televisivo diventa colorato, sempre più attraente per gli spettatori. Ritornando alla storia, abbiamo detto che dall’anno ’75 la RAI si monopolizza e cominciano a diffondersi i vari canali privati. Cos’hanno portato di nuovo?

“L’arrivo della tv commerciale sembrò la liberazione dal monopolio RAI, non era vero. Con gli anni abbiamo capito a cosa è servito. Ma comunque tra le pieghe della tv commerciale c’è stato sicuramente qualcosa di buono. C’erano pochi soldi all’inizio e quindi molte idee, alcune tv private sono state laboratori importantissimi. Oggi credo che tutto sia superato dal web.”

Qual è stato il ruolo del Primo Ministro Silvio Berlusconi nello sviluppo della Tv italiana? Sì è parlato di una sua dittatura nei media. Come giudicherebbe le sue scelte, i suoi canali (Canale 5, Finivest, acquisto delle reti televisive Italia Uno – da Rusconi nel 1982 – e Retequattro – da Mondadori nel 1984 – che trasforma in un network nazionale) e la collaborazione con Bettino Craxi, allora il presidente del Consiglio?

“Berlusconi, sebbene aiutato politicamente, dopotutto l’Italia è un paese corroso dalla politica, è stato un grandissimo editore. Un direttore artistico eccezionale, un uomo che aveva comunque capito molto degli italiani. Il resto è non commentabile, per quanto mi riguarda la storia politica dell’Italia da venti anni a questa parte è una stortura.”

E così arriviamo ai movimentati anni Novanta che cominciano con il  crollo del sistema tradizionale dei partiti. Nel gennaio 1994 Silvio Berlusconi annuncia il suo ingresso in politica: si dimette da tutte le cariche ricoperte nel Gruppo Fininvest e fonda Forza Italia. Tangentopoli entra in rotta con il Pool di Mani pulite. Come reagisce la TV?

“Beh, la televisione di Berlusconi avrà un grande ruolo nella sua affermazione politica, ma non credo fosse del tutto premeditato, credo sia stata una possibilità che ha saputo cogliere. Non credo nel demonio, nella demonizzazione, credo solo che se le persone non hanno abbastanza cultura per distinguere le cose è colpa loro, non dello Stato, né delle leggi, né di Berlusconi.”

Gli anni 2000 portano la tv digitale incluso la più amata da tutti: SKY. Come descriverebbe l’offerta televisiva presente? Quali sono i suoi programmi preferiti? Quali raccomanderebbe agli spettatori non solo italiani?

“SKY è una rivoluzione, una rivoluzione che funziona. L’offerta tematica usufruibile anche su internet supera di gran lunga il rigido palinsesto offerto dalle tv generaliste. SKY ha sottratto anche milioni di spettatori alle tv generaliste che non stanno affatto cogliendo la gravità di questa cosa e continuano su una strada cieca e a mio parere senza ritorno. Le persone vogliono scegliere cosa vedere e quando vogliono.” Adrian Peperzak, professore ordinario di filosofia all`Università Loyola di Chicago, ascrive al mezzo televisivo una grande responsabilità nella creazione dell`immaginario collettivo. Muovendo da questa convinzione, egli asserisce la necessità di un codice etico che non deve riguardare solo gli esperti del settore, come sostiene Popper, ma deve essere esteso anche ad altri soggetti – filosofi, scienziati, educatori – coinvolti nel processo di conservazione e correzione di certe tradizioni. Secondo lui, lo spettatore televisivo è un osservatore esterno di vicende che non lo riguardano. La televisione, anziché coinvolgere lo spettatore, lo emargina e, così facendo, diviene espressione di una cultura museale. Qual’è il suo parere?

“Sono d’accordo solo in parte. Non credo sia la tv che crea l’immaginario ma l’immaginario che la tv raccoglie, per fare un piccolo esempio non credo che si diventi violenti giocando con videogiochi in cui si spara, ma si spara perché si nasce violenti, non ci si rincretinisce perché la tv ci rincretinisce ma la tv è cretina perché noi siamo cretini. Sono d’accordo con l’ultima parte, che la tv è un’espressione museale, internet ha già superato questo aspetto.”

La tv nei tempi della globalizzazione non è per tutti uguale? I programmi americani come i reality show: Grande Fratello, L’isola dei famosi o programmi musicali, concorsi: X-Factor, Ballare con le stelle (analizzati dai filosofi come Bauman o Deleuze) hanno conquistato tutto il mondo. Come spiega il fenomeno?

“Non la farei così lunga, credo siano trasmissioni d’intrattenimento che hanno anche fatto il loro tempo.”

I volti femminili più famosi della tv italiana sono presentatrici di vecchia data: Antonella Clerici, Milly Carducci, Maria De Filippi e ultimamente anche la giovanissima ragazza argentina Belèn.  Quale di loro apprezza di più? Perché i media scrivono dei così detti ‘tempi di Belén’?

È tutto museificato, come la tv. Non c’è nulla di interessante se non il fatto che sono esistite. Anche se continuano a essere in video per me sono trapassate.”

Da regista del telegiornale TG1, come giudica la qualità dei programmi d’informazione in Italia? In che consiste il suo lavoro?

“Il mio lavoro in questo periodo è prettamente tecnico, non influisco in alcun modo sull’informazione, quello è compito dei giornalisti. Il TG1 nella fattispecie è un giornale governativo come tale è sempre molto ligio nel seguire il governo. Ma non è un problema, cioè è scritto così nel contratto di servizio e la RAI è governativa. Il tutto è rigorosamente serio.”

Perchè Zelig ha così successo?

“Beh, è una trasmissione con dei comici che si esprimono molto velocemente, è una buona trasmissione ma sinceramente non è tra le mie preferite.”

Le serie televisive italiane più famose?

“Sky sta producendo cose interessanti, “Romanzo criminale” è stato un must. Ma purtroppo sono casi isolati.”

In Polonia è famosa la sitcom “Don Matteo”.

“Beh, è una buona serie tv, ma sinceramente non sopporto più l’immagine di un paese di santi, poeti e navigatori.”

Perché ha scelto la tv? Che cosa vuol dire la tv per Lei?

“Io inizio col teatro, poi passo al cinema e nella fattispecie al video. La macchina pubblica è un macchina lenta che credo e spero faccia di tutto per diventare più agile e veloce e per dare migliori possibilità di guida a noi che ci lavoriamo e un servizio sempre migliore a chi ci guarda. La RAI è tra le tv più grandi del mondo, ha prodotto milioni di ore di cose bellissime, è stata all’avanguardia tecnologicamente, speriamo ci sia la volontà di essere ancora un punto di riferimento per l’intera Europa.”

Secondo Lei, cosa ci offrirà nel futuro la tv italiana e quella mondiale? Quali sono le sue previsioni, sensazioni? Cosa vorrebbe che la tv regalasse a Lei?

“Credo che tutto convergerà nel web, schermi molto più grandi entreranno nelle nostre case, segnali sempre più definiti aumenteranno la qualità delle immagini e il web ci farà usufruire di contenuti da tutto il mondo. Non finiranno per questo cinema e teatro, né la musica ma di certo ritorneranno a una dimensione più artistica e artigianale. La grande fruizione avverrà nelle nostre case. Sarà bene o sarà male? Non lo so. Per quanto mi riguarda spero mi dia più lavoro possibile.”