Domenico Merlini e la Varsavia italiana

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Testo e foto: Dominika Rafalska
Traduzione it: Anna Lisicka

 

Domenico Merlini era uno di quei dotati artisti italiani che vennero nella Repubblica Polacca nel Settecento per lasciare il proprio nome nella storia per sempre. Non aveva una formazione accademica, eppure è considerato uno dei più eccellenti architetti dell’epoca, uno dei creatori più importanti e il principale promotore dello stile chiamato “stanislaoviano” (dal nome di Stanislao Augusto Poniatowski). Della vita, della produzione artistica e delle tracce italiane di Domenico Merlini a Varsavia ne parla Jerzy S. Majewski, varsavianista, storico dell’arte e pubblicista. 

Domenico Merlini ha legato tutta la sua vita a Varsavia. Arrivò in Polonia verso il 1750, a soli vent’anni. Come arrivò qui? 

È importante notare che non arrivò nel nulla. Da decenni affluiva qui una schiera di celebri architetti italiani. La Varsavia dell’età moderna era una città molto italiana. Nel XVII secolo, con l’arrivo del re a Varsavia, i magnati cominciarono a costruire le loro residenze, mentre intorno alla città sorse una corona di cittadine private, le cosiddette “giurisdizioni” (jurydyki). Furono proprio i grandi magnati a richiamare architetti in Polonia, per lo più dall’Italia. Almeno dal terzo quarto del XVII secolo arrivavano qui italiani provenienti dal lago di Lugano. Fu proprio lì, nel piccolo paese di Castello di Valsolda, dove nacque Domenico Merlini. Prima di lui, dalla stessa regione arrivarono in Polonia, tra gli altri: Isidoro Affaitati, almeno tre membri della famiglia Ceroni, Giuseppe Simone Bellotti, ecc.. Tutti nomi celebri, legati all’architettura di Varsavia. Quest’ultimo costruì, tra l’altro, i muri della chiesa di Santa Croce in Krakowskie Przedmieście (1679–1696). Anche i Fontana erano cugini di Domenico Merlini…

Artisti che raggiungevano la Polonia per lavorare?

Sì. Durante la grande guerra del Nord (1700-1721), Varsavia fu devastata. Sotto Augusto II, tuttavia, l’ambiente degli architetti cominciò a ricostruirsi, concentrandosi intorno all’Ufficio delle Costruzioni  Sassone (Bauamt), organizzato sul modello di un’unità militare! Erano architetti illustri. La Repubblica Polacca offriva loro grandi opportunità: era un paese di dimensioni enormi, si stava risollevando, e dal punto di vista economico, era molto forte. 

Quando Domenico Merlini arrivò in Polonia eravamo nel periodo del regno di Augusto III. L’epoca sassone è passata alla storia come un periodo molto cupo, ma in realtà fu per Varsavia un’epoca di prosperità economica e di boom edilizio! Durante la guerra dei sette anni (1756-1763), la corte reale si trasferì nella capitale e quella che allora era una città provinciale (con appena 30.000 abitanti) iniziò a svilupparsi rapidamente. L’attività edilizia fu intensa.

Merlini non aveva una formazione accademica. Apprese il mestiere proprio sotto la guida di suo zio Jakub Fontana…

Jakub era architetto reale. Era nato a Varsavia, ma suo padre – Giuseppe – arrivò in Polonia dalla Valsolda, verso la fine del XVII secolo. Jakub era molto più anziano di Domenico, ma aveva anche un fratello – Jan Kanty – che era coetaneo di Merlini. Jan Kanty era il burgravio del Castello Reale e progettava molto per la corte reale e per i magnati. Accolse sotto la sua protezione il giovane Domenico. 

Quale fu la prima realizzazione di Merlini a Varsavia? 

Fu la navata e la facciata della chiesa dei Camaldolesi nel quartiere di Bielany, un’architettura straordinaria. Ha una struttura architettonica completamente diversa, con una navata su pianta quasi ellittica. Vale la pena menzionare anche il Palazzo Jabłonowski (1760). Sono ancora visibili le influenze del tardo barocco e rococò. Lo stile di Merlini evolse in seguito dal barocco allo stile di Stanislao Augusto, quando l’artista iniziò a introdurre nella sua opera elementi neoclassici. Questi edifici sono caratterizzati da eleganza, semplicità e una certa sobrietà. Seppur Merlini introdusse il classicismo nell’architettura di Varsavia, certamente non fu il “fondatore del classicismo”. Un edificio neoclassico fortemente legato al minimalismo, progettato da lui, furono le scuderie reali, quasi prive di decorazioni. Vale la pena menzionare anche i Łazienki…

Si può considerare questo progetto “rivoluzionario” nella sua opera? 

No, anche se introdusse forme che erano il risultato degli interessi artistici del re e dell’ambiente che lo circondava. Quando si osserva la facciata meridionale del Palazzo sull’Isola, si nota un’eleganza straordinaria. Questa prima ventata di classicismo ha sicuramente in sé una scintilla d’influenza francese, mentre la seconda – le sue realizzazioni successive – si rifà più spesso a forme italiane, come quelle di Andrea Palladio di Vicenza, che fu un maestro per gli architetti dell’epoca, anche se fu lui stesso un esponente del cosiddetto manierismo…

I Łazienki non furono una rivoluzione ma ciò non cambia il fatto che si tratti di un’architettura magnifica, frutto del talento di Merlini, del gusto del re e dell’influenza del suo entourage. Vale la pena menzionare anche il complesso del parco stesso, frutto del lavoro di Johann Christian Schuch…

Si costruivano già allora i parchi simili in Europa?

Assolutamente sì. Nel solo Giardino Sassone esistevano un teatro, un grande padiglione, la Porta di Ferro… Nel caso del Łazienki possiamo parlare di una grande varietà di forme architettoniche presenti nel complesso. L’anfiteatro si ispirava al teatro antico, mentre la Casa Bianca ricordava un Lusthaus… Il Palazzo di Myślewice, progettato da Merlini, invece, è ancora “molto sassone”. Ha una caratteristica “facciata spezzata” e potrebbe tranquillamente trovarsi a Dresda, tra le residenze degli Augusti. 

Quali altri suoi progetti meritano di essere ricordati?

Sicuramente il rifacimento degli interni del Castello Reale. Su scala dell’architettura polacca dell’epoca, si nota in quel progetto un grande slancio, splendide proporzioni, attenzione al dettaglio… Gli interni, nello spirito del classicismo francese, sono belli, raffinati… È qualcosa di completamente diverso rispetto all’arte rococò. Per quei tempi, era qualcosa di molto moderno. Un progetto oggi un po’ dimenticato è anche quello relativo alla ristrutturazione del Castello di Ujazdów. In origine, doveva diventare la residenza di Stanislao Augusto Poniatowski. Di quell’epoca si è conservato un interessante progetto per una sala del trono destinata alla regina! Purtroppo, come è noto, Stanislao Augusto non si sposò mai…

In quell’epoca nacque anche un grande progetto urbanistico, il cosiddetto “aquilone”, un imponente asse urbano sul lato occidentale, in corrispondenza dell’odierna via Nowowiejska.

Dopo la morte di Fontana (1773), Merlini divenne Architetto del Re e della Repubblica Polacca. In cosa consisteva il suo lavoro?

Il suo compito era quello di mantenere, conservare e modernizzare gli edifici di carattere statale… Ad esempio, ricostruì il Palazzo della Repubblica a Varsavia dopo un incendio. In questo progetto rispettò la disposizione originale dell’epoca di Tylman van Gameren, ma creò comunque qualcosa di proprio. Lo stesso accadde con la ristrutturazione del Palazzo Brühl, progettato dagli architetti del Bauamt. Merlini trasformò questa straordinaria residenza in ambasciata russa. Dopo la sua ristrutturazione, gli interni del palazzo persero il loro stile tardo barocco sassone e divennero più sobri, in stile neoclassico. Costruì anche la Porta del Castello a Lublino e ristrutturò il tribunale locale.

Nell’opera di Merlini si nota un’ispirazione italiana? E da dove proviene questa ispirazione, se non sappiamo nemmeno se l’architetto sia mai tornato, anche solo per un attimo, in Italia?

In realtà non lo sappiamo, non ci sono documenti al riguardo. Rimase a Varsavia fino alla fine della sua vita: qui morì e fu sepolto a Powązki… Ma ricordiamo che anche Stanislao Augusto era affascinato dall’Italia, pur non essendoci mai stato. I riferimenti di Merlini all’architettura italiana non derivano tanto dalla nostalgia per l’Italia, quanto da una certa moda del tempo e dal suo radicamento qui, in Polonia. Gli italiani operavano a Varsavia da generazioni. L’architettura italiana, il modo di pensare, le idee, le influenze, l’estetica… tutto questo “circolava” qui e arrivava anche al cuore di Merlini. All’epoca esistevano anche dei repertori di modelli a cui gli architetti facevano riferimento. L’ispirazione italiana è evidente, ad esempio, nella chiesa dei Basiliani in via Miodowa, che all’esterno appare come un palazzo. Completamente italiana è anche la Królikarnia… Si nota chiaramente l’ispirazione a Vicenza, alla Villa Rotonda di Palladio. Il palazzo sorge su una scarpata e al centro presenta una rotonda… Si possono davvero osservare molte somiglianze. Nel parco troviamo anche una cucina da giardino, la cui struttura richiama il sepolcro di Cecilia Metella sulla via Appia, vicino a Roma. Merlini poteva conoscerlo di persona? Non lo sappiamo, ma ricordiamo che i progetti di Palladio erano ampiamente diffusi: lui stesso scrisse un trattato, e i suoi disegni venivano copiati e circolavano in tutta Europa. 

Secondo Lei, Merlini fu un visionario o semplicemente un esecutore abile delle idee di Stanislao Augusto Poniatowski?

Penso che, paradossalmente, l’eccezionalità di Merlini risieda proprio nella sua perfetta sintonia con il re, nella capacità di creare un linguaggio architettonico unico negli interni del castello e nelle costruzioni dei Łazienki… Non sono sicuro che tutte le sue opere non direttamente legate a Stanislao Augusto siano altrettanto eleganti… Il suo stile palladiano più tardo era più cosmopolita. Ciò che Merlini ha creato di più bello è stato il risultato dell’incontro tra due personalità, la sua e quella di Stanislao Augusto Poniatowski. 

Jerzy S. Majewski è storico dell’arte di formazione. Autore e coautore di decine di libri e album su Varsavia.