Jacek Cygan: amo l’Italia

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traduzione it: Natalia Zawadzka

 

Johann Wolfgang Goethe diceva che chi vuole conoscere un poeta deve visitare il suo paese. Il poeta Jacek Cygan parte per un viaggio sulle orme dell’autore di “Faust”, ma sceglie come meta l’Italia di cui ci racconta.

Federico Fellini affermava che i sogni sono l’unica realtà. Se avesse l’opportunità di incontrare in sogno qualche personaggio italiano famoso, sarebbe Claudia Cardinale, che il protagonista del suo racconto “Obietnica o twarzy Claudii Cardinale” incontra un giorno?

Ma io ho davvero incontrato Claudia Cardinale. Proprio nello stesso bar della Galleria Alberto Sordi in Via del Corso, dove la incontra il protagonista del mio racconto, dove ordino sempre un espresso e una piccola grappa. L’ho vista da una finestra aperta, ma non ho avuto il coraggio di disturbare la sua vita privata. Mi sono solo inchinato, e lei ha ricambiato l’inchino con un sorriso.

Chi altro ha incontrato in Italia?

Una volta ho scritto in polacco il testo del pezzo “La canzone di Marinella” di Fabrizio De André, che adoro. E proprio questa canzone l’abbiamo cantata con gli amici al mio compleanno, che ho organizzato in Liguria, al confine tra Portofino e Santa Margherita. Lì, nello stesso luogo e nello stesso momento, ho conosciuto Cristiano, il figlio di Fabrizio.

Un’altra volta, con mia moglie, siamo capitati in una famosa osteria vicino a Roma, di fronte alla sede di Rai Uno. A un certo punto siamo rimasti senza parole: dall’altra parte della sala sedeva Renato Zero. Quando abbiamo brindato al compleanno di mia moglie, lui ha ricambiato con lo stesso gesto rivolto verso di me. Il nostro amico, padre Mirek, che era con noi, ha detto: “Ti ha riconosciuto!” Questo è successo diverse volte. Dopo un po’, si è alzato, si è avvicinato a me e abbiamo iniziato a parlare. Mi ha chiesto chi fossi, e quando gli ho detto che ero un poeta polacco, ha risposto che somigliavo al giovane Karol Wojtyła. Siamo andati al parcheggio, gli ho dato il mio libro di poesie in italiano “Ambulanza”. Un anno dopo, per caso, l’ho incontrato in un ristorante in Piazza Farnese, mi ha riconosciuto e ci siamo scambiati le email. Così il destino avvicina le persone.

E quando è iniziata la sua avventura con l’Italia?

La prima fascinazione per l’Italia è stata grazie ai libri di Jarosław Iwaszkiewicz. Tuttavia, il primo viaggio è stato in un certo senso caricaturale. Nel 1986, io e mia moglie siamo partiti per il nostro primo viaggio in Italia acquistato tramite Orbis. Dovevano essere sette giorni in Italia. Dovevano, o almeno così pensavamo… Il primo pernottamento è stato a Bielsko-Biała, il secondo in Ungheria, il terzo in Slovenia, e infine due notti al Lido di Venezia e ritorno. Tuttavia, mi sono innamorato di questo paese a prima vista.

Qualcosa l’ha sorpreso particolarmente allora?

Incantati da Venezia, ci siamo preparati per un pranzo italiano speciale e abbiamo iniziato a cercare il posto più adatto. Abbiamo scelto a lungo, rifiutando i posti troppo costosi, troppo turistici o troppo poco soleggiati. Quando finalmente ci siamo decisi, erano le 14:30 e il ristorante ha chiuso, invitandoci a tornare alle 19:30… Ci è rimasta la pizza a fette comprata in un chiosco. Ma alle 19:30 è iniziata la festa…

Se all’inizio c’era Jarosław Iwaszkiewicz e i suoi viaggi in Italia, da dove è venuta l’idea di seguire le orme di Goethe?

Ho scoperto il libro “Viaggio in Italia” di Goethe alla fine degli anni ‘90. L’ho cercato a lungo nelle librerie e dagli antiquari, ma non si trovava da nessuna parte. Allora, io e mia moglie eravamo a Krynica Górska e lì, nella biblioteca municipale, ho trovato il libro. Dopo averlo letto, per oltre quindici anni è diventato un elemento inseparabile di ogni viaggio. E poiché si conoscono meglio le persone durante i viaggi, volevo davvero conoscere Goethe, le sue emozioni, le persone che lo circondavano e la sua opera. Mi ha affascinato il fatto che 235 anni fa, in una notte di settembre, il poeta partì segretamente in diligenza da Karlovy Vary, senza dire una parola ai suoi cari, compreso il suo amore platonico Charlotte von Stein, e viaggiò per due anni in Italia.

Molti dei luoghi che visita sulle orme di Goethe li conosceva già, ma con Ferrara è stato diverso.

Ferrara mi ha intrigato. È una città dove despoti sanguinari toglievano la vita alle loro mogli e parenti, ma allo stesso tempo, come grandi amanti dell’arte, accoglievano e coccolavano artisti del calibro di Tiziano, Bellini o i poeti rinascimentali preferiti di Goethe, Ariosto e Tasso. La città mi ricorda un po’ Amsterdam. C’è molta tranquillità, persone che non hanno fretta, molti ciclisti. Quasi in ogni piazzetta qualcuno suona o canta. Curiosamente, sopra il ristorante Al Brindisi, che si vanta di essere il più antico del mondo (la sua apertura risale al 1435), ha vissuto durante i suoi studi Niccolò Copernico.

A Venezia dedica una poesia, quella che dà il titolo alla raccolta “Ambulanza”, e come sottolinea nel suo ultimo libro, il suo posto preferito nella città dei canali è la terrazza in legno dell’hotel Monaco & Grand Canal. Perché proprio quella terrazza?

Non lo so. Probabilmente per i ricordi conservati nella memoria e la luce. La prima volta che ci siamo andati è stato alla fine di marzo, tornando dalle sciate nelle Dolomiti. Venezia era quasi vuota. L’atmosfera di quel luogo è unica, i primi di pasta nel ristorante sono inimitabili. Lì, a 200 metri da Piazza San Marco, c’è il mio centro di questa città. Ho lo stesso con molti luoghi in Italia, mi affascinano, ma il perché, è un mistero imperscrutabile.

Roma. La madre di tutte le città italiane. Goethe scriveva che “chi ha conosciuto bene Roma, non sarà mai completamente infelice”. Com’è la sua Roma?

Roma è il mio luogo preferito sulla terra e so che un giorno, in senso metafisico, mi stabilirò lì per sempre e forse allora incontrerò Goethe. È una città da percorrere a piedi, da Piazza del Popolo a Trastevere ci vogliono alcune ore. Bisogna vagare per Roma, scoprire i propri luoghi, perdersi, fidarsi della città. Sempre dietro l’angolo si trova qualcosa di straordinario, anche solo un pezzo di pietra preziosa. Camminando per Roma, parliamo con noi stessi, ci conosciamo meglio. È la migliore meditazione!

Nella sua avventura italiana, un ruolo significativo svolge anche Igor Mitoraj.

Io e mia moglie abbiamo avuto l’onore di essere amici di questo eminente scultore polacco, che in Polonia è ingiustamente trascurato. È un artista di altissimo livello. L’abbiamo conosciuto meglio a Roma, dove preparava la sua mostra. Dopo una breve conoscenza, siamo andati a bere vino in una trattoria vicino al Pantheon. Ricordo che abbiamo bevuto una bottiglia da tre litri di vino siciliano Planeta, che era caldo, quindi dovevamo raffreddarlo in una bacinella con ghiaccio. Ancora oggi, quando torno lì, il cameriere al mio arrivo esclama: “Signore si ricorda il Maestro Mitoraj!” Dopo quell’incontro siamo diventati amici e Mitoraj ci invitava spesso nella sua casa a Pietrasanta in Toscana.

A Mitoraj deve il titolo del libro “Ciao Goethe!”.

Ho cercato a lungo un titolo per il racconto sulle orme di Goethe in Italia. Un giorno mi è venuta in mente una storia di Pietrasanta. Igor ci ha portato in un ristorante completamente nuovo, dove ci ha accolti una bellissima donna italiana, elegante come Monica Vitti. Lo scultore si è chinato verso di lei al saluto, l’ha baciata sulla guancia e ha detto: “Ciao, bella”. Quel “ciao” era intriso di tenerezza e rispetto. In quel momento ho capito che è un’espressione che si usa solo con le persone care, perché non si dice così agli estranei. Goethe, durante quegli anni di viaggio, mi è diventato una persona vicina. Per questo ho deciso che sarebbe stato proprio “Ciao, Goethe!”.

Come viaggiare in Italia?

Evitare la paura che un determinato luogo possa essere turistico. In ogni trattoria, anche la più affollata dai turisti, si nasconde un cuore, cioè le persone che la creano e la loro storia, che servono nel piatto. E inoltre, parlare con gli italiani, attingere da loro il più possibile. Nella vita si tratta di incontri.

Wiesław Myśliwski ha scritto una volta che, oltre alla patria data dal luogo di nascita, dagli antenati, dalla nostra storia, bisogna trovare la propria patria, sotto forma di una città diversa da quella in cui siamo cresciuti o di un paese. La sua patria elettiva è l’Italia?

L’Italia è la mia scelta consapevole. Non sono attratto da altri luoghi, anche se sono stato anche più lontano, oltre il sud dell’Europa. Una volta un mio amico lodava la Thailandia e i gamberi più economici, che lì mangia a chili. Gli ho chiesto cosa beve con quei gamberi, e lui ha risposto: coca-cola. Gli ho detto che preferisco restare in Italia e gustare i frutti di mare con il mio vino preferito, La Scolca, piemontese, un vino bianco ottenuto da uve Cortese.

Ma questa patria, un po’ come Claudia Cardinale in sogno, la osserva da lontano.

È la mia felicità, alla quale mi piace tornare. Mi piace sentire nostalgia per l’Italia. È possibile che se l’avessi per sempre, nella quotidianità, se la incontrassi davvero come il protagonista del mio racconto incontra la sua Claudia Cardinale sognata, non sarebbe più la stessa emozione. Da desiderata e attesa, diventerebbe ordinaria. È più bello sentire la nostalgia dell’Italia da qui, dalla Polonia.

Goethe diceva che per comprendere un poeta bisogna visitare il suo Paese. Lei visita l’Italia subendone la fascinazione. Ma cosa ha scoperto su di lui?

Naturalmente, prima ho visitato la Germania, soprattutto Weimar. Nella Casa di Goethe mi ha colpito la quantità di oggetti italiani, le sue amate Giunoni o la bellissima Medusa. E poi chili di pietre, lava dell’Etna e del Vesuvio. Nel suo libro “Italienische Reise”, cioè Viaggio in Italia, Goethe si mostra come un osservatore non banale dell’architettura, dei dipinti, delle sculture e delle persone. Grazie a lui, per esempio, ho deciso di visitare Vicenza: mi ha affascinato il suo entusiasmo per l’architetto Andrea Palladio, che da scalpellino divenne un creatore eccezionale e intramontabile. Mi ha anche molto impressionato quando si recò in Sicilia e, a cavallo, con i bagagli trasportati dai muli, partì con tempo piovoso attraverso il cuore dell’isola per vedere i campi di grano più belli.