Il Metano ti dà una mano? La svista del Protocollo di Tokio che pesa milioni di tonnellate di CO2

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Edoardo Zarghetta

Parafrasando la nota pubblicità di Italgas degli anni Novanta, sembrerebbe di no, il metano non aiuta l’ambiente; almeno secondo i pareri del UNEP (UN Environment Program) e IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), le due agenzie delle Nazioni Unite in materia ambientale. Il dibattito riguarda gli accordi di Kioto e Doha sulle emissioni, basati su una proiezione di incremento delle particelle di CO2 nell’atmosfera che non prende in considerazione il rilascio di gas metano che avviene dal disgelo delle calotte polari dovuto al riscaldamento del pianeta. Tutto nasce con l’inquinamento atmosferico: quando bruciamo combustibili fossili produciamo CO2 che a sua volta, grazie all’effetto serra, riscalda l’atmosfera e gli oceani, attivando lo scioglimento dei ghiacciai perenni dei poli. Oggi scopriamo che il problema del metano contenuto nel ghiaccio polare non è da meno. I poli funzionano come un freezer: nel periodo in cui il ghiaccio si è formato (durante l’ultima era glaciale) ha incamerato il gas metano allora presente nell’atmosfera, occupandosi di trattenerlo fino al proprio disgelo, è utile ricordare che questo gas è venti volte più efficace del CO2 nel trattenere il calore nell’atmosfera quindi è altrettante volte più dannoso per l’ambiente, a causa dell’effetto serra che provoca. Per tanti anni, lo studio del fenomeno del rilascio di metano dal ghiaccio dei poli non è stato affrontato in modo serio, per via dei costi e della complessità dei monitoraggi necessari a livello inter-governativo. Tra i paesi che condividono territori polari alcuni sono economie emergenti (Russia e Cina), notoriamente poco sensibili al problema del riscaldamento del pianeta. Ora grazie allo studio delle due agenzie sopra menzionate, si inizia a comprendere che le emissioni di metano indotte dal fenomeno del riscaldamento del pianeta potranno essere equivalenti a 135 Gt di CO2 nel 2100 (1 Giga tonnellata è pari a 1 miliardo di chilogrammi), o anche il 39% di tutte le emissioni. Inoltre, l’arrivo di queste inaspettate emissioni coincide con il nuovo record storico di 390.9 (ppm) di CO2, registrato nel 2011 dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO). Nonostante ciò gli scienziati consigliano di non perdere fiducia nel Protocollo di Kioto. Val bene ricordare quanto detto da Andrea Correa do Lago, capo della delegazione brasiliana per le negoziazioni sul CO2: “Se i paesi ricchi, che hanno i mezzi finanziari, la tecnologia, una popolazione stabile, un buon ceto medio, non pensano di riuscire a contenere le emissioni per ridurre il riscaldamento globale, come possono essi pensare che i paesi emergenti arrivino a farlo?” Questo è il motivo per cui il Protocollo di Kioto deve essere tenuto valido altrimenti si finirebbe in un “far west” senza riduzioni di emissioni da parte di nessuno. Speriamo pertanto che i prossimi accordi globali non contengano vistose “omissioni di emissioni” come in precedenza, grazie ai nuovi dati che la scienza sta fornendo ai leader delle Nazioni Unite.