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Home Blog Page 255

Biella e dintorni, tra architettura e tradizioni

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Biella è conosciuta in tutto il mondo come la “città della lana”, per l’antica lavorazione dei tessuti, risalente già al periodo medievale e che nel periodo dell’industrializzazione, all’inizio dell’Ottocento, ha cominciato la sua massima espansione grazie alle firme di Cerruti, Piacenza, Piana, Sella e Zegna, per citarne solo alcuni. Tra i filati biellesi più pregiati, ricordiamo la lana di cachemire e il “fresco lana”.

La tradizione tessile incarna profondamente l’identità territoriale di questa zona del Piemonte, dominata dalla moltitudine di fabbriche che invadono tutta la provincia, su un itinerario immaginario lungo circa 50 km, conosciuto come “La strada della lana”, un percorso progettato dal DocBi-Centro Studi Biellesi e dal Politecnico di Torino con la finalità di far conoscere il patrimonio architettonico manifatturiero del Biellese dell’Otto-Novecento attraverso i fondovalle e le comunità. Il percorso mostra gli antichi e i moderni lanifici e i sistemi territoriali e sociali ad essi collegati, come i sentieri degli operai creati tra le alture boscose per raggiungere il posto di lavoro, le opere idrauliche di derivazione dai torrenti per fornire le fabbriche e le centraline elettriche, le evidenze urbanistiche, come le case dei villaggi operai, i convitti, gli asili, i complessi ricreativi e dopolavoristici. Dalla fine degli anni ’90 il settore tessile ha cominciato una lenta regressione, cui però, parallelamente, ha seguito la crescita del comparto dedicato al lusso. Attualmente molti degli stabilimenti industriali sono chiusi, ma una parte di questi è stata riutilizzata e trasformata in musei, centri culturali e sportivi.

Il filo conduttore delle principali attività locali è l’acqua: essa, con le sue buone proprietà chimico-fisiche, oltre ad aver svolto una funzione essenziale nell’industria tessile, è famosa per la ricerca artigianale dell’oro nei torrenti Elvo e Cervo, che per secoli hanno attratto cercatori d’oro da tutta Italia e non solo. L’acqua biellese, è senza dubbio l’origine della tradizione alimentare locale, prima tra tutte quella casearia. Il Biellese vanta diversi riconoscimenti per i prodotti locali, come il presidio slow food per il burro della Valle Elvo e per il formaggio Maccagno, ma anche per la Paletta di Coggiola (il prosciutto di spalla di maiale). Altri prodotti tipici sono la Toma biellese e il riso della Baraggia, entrambi protetti dal marchio DOP. A portare il nome di Biella in giro per il mondo sono il marchio di birra Menabrea e quello dell’acqua Lauretana.

Sulla tavola dell’ospite in visita a Biella, non possono mancare polenta concia e bagna cauda, possibilmente non nello stesso pasto, vista la consistenza dei piatti!

La città di Biella ha origini risalenti al periodo paleocristiano: all’epoca, la città sorgeva nella località Biella Piazzo, una zona collinare sovrastante il quartiere Biella Piano. Il borgo vero e proprio nacque nell’882, quando il vescovo Uguccione di Vercelli concedette cospicui privilegi a chi volesse abitarvici, per facilitare la costituzione di un Comune (che avrebbe avuto effettivamente inizio nel 1245) al fine di creare per il vescovado un rifugio sicuro dalle lotte tra ghibellini vercellesi e guelfi biellesi, sfruttando quindi la posizione collinare e protetta del Piazzo. Questo, circondato da mura difensive, si popolò molto rapidamente, divenendo centro della vita culturale e amministrativa di Biella. Nel 1370 Biella cadde sotto la dominazione dei Savoia e nel 1722, con l’occupazione francese, venne elevata a sede vescovile, ponendo fine alla dipendenza spirituale da Vercelli; di conseguenza, vennero aboliti tutti i privilegi feudali sui quali il Piazzo si era sviluppato e le stesse istituzioni civiche, una dopo l’altra, scesero a Biella Piano, la quale vide il suo pieno sviluppo all’indomani del fenomeno dell’industrializzazione, dal 1700 in avanti. Dalla fine del Cinquecento è documentata la presenza di un nucleo ebraico residente al Piazzo, e agli inizi del Settecento, come nel resto del Piemonte, fu istituito il ghetto. Oggi il Piazzo, con il suo borgo medievale, è la parte storica più affascinante della città di Biella, anche grazie ai caratteristici ristoranti di cucina biellese e ai numerosi eventi artistici e teatrali, responsabili della rinascita culturale del quartiere. Questo, è collegato a Biella Piano tramite numerose coste e salite medievali, oltre ad una piccola funicolare, in grado di trasportare fino a 25 persone, che dal 1885, anno di apertura dell’impianto, è diventato uno dei simboli del Piazzo.

Dal 1911 al 1958, dal centro della città partiva un collegamento tramviario verso Oropa, località che nella seconda metà dell’Ottocento ospitava uno dei primi stabilimenti idroterapici in Italia, meta di  personaggi illustri come Carducci, D’Annunzio, Marconi, Duse e i principi di Casa Savoia. Ad ogni modo, Oropa è conosciuta più per il suo Santuario, il più importante Santuario mariano delle Alpi, situato a 1200m di altezza. Le sue origini risalgono al IV secolo, per opera di S. Eusebio. In principio, le chiese di S.Maria e di S.Bartolomeo erano un punto di riferimento fondamentale per i viaggiatori che transitavano da est verso la Valle d’Aosta. Nel corso degli anni, il sito ha subito diverse trasformazioni ed è diventato un’importante meta di pellegrinaggi e visite devozionali, in una delle quali aveva preso parte (nel 1989) anche Papa Giovanni Paolo II. Il cuore del Santuario è costituito dalla Basilica Antica, realizzata nel 1600 come adempimento del voto che la Città di Biella fece in seguito all’epidemia di peste del 1599. La Basilica si erge sul punto dove un tempo sorgeva la chiesa di Santa Maria e conserva al suo interno il Sacello eusebiano, contenente la statua della Madonna Nera, simbolo del Santuario di Oropa. Si narra, che S. Eusebio portò con sé la statua dalla Palestina nel IV secolo d.C, mentre fuggiva dalla persecuzione ariana e che la nascose tra le rocce su cui ora sorge la Cappella del Roc.

Per ultimo, vale la pena parlare di un altro luogo di interesse culturale nella provincia di Biella, vale a dire il borgo del Ricetto di Candelo, che recentemente ha ricevuto importanti riconoscimenti, prima dall’ANCI, per il quale dal 2002 fa parte del Club dei Borghi più belli d’Italia e successivamente dal Touring Club Italiano, per cui Candelo è Bandiera Arancione dal 2007. Quella del borgo è una struttura fortificata tardo-medievale (XIII-XIV sec.) realizzata dalla comunità contadina. La sua funzione era proteggere i beni della comunità, quindi i prodotti della terra, primi tra tutti le granaglie e il vino; solo in estremi casi di pericolo, vi si rifugiava anche la popolazione. Il ricetto con la sua pianta pseudo-pentagonale, occupa una superficie di circa 13.000mq ed è circondato da mura difensive costruite con ciottoli di torrente posti a spina di pesce, ai cui angoli garantivano la difesa quattro torri rotonde. L’esclusivo uso contadino del sito, ha garantito una perfetta conservazione del monumento, ad oggi, uno fra i meglio conservati in Europa. Il borgo è stato inoltre oggetto di approfonditi studi, anche da parte di università straniere; Durante l’anno, il borgo ospita numerosi eventi artistici e fiere di vario genere, come l’esposizione-competizione “Candelo in fiore”, o l’evento enogastronomico “Vinincontro al Ricetto”.

Apre a Varsavia il primo negozio di food-sharing

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Hands serving shellfish meal around wooden table

Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

A Varsavia verrà aperto il primo luogo dove le persone potranno condividere il cibo. “La condivisione del cibo dovrebbe essere un’abitudine, un’azione quotidiana, non un obbligo”, spiega Agnieszka Bielska, una delle organizzatrici del food-sharing a Varsavia. Jadłodzielnia (food-sharing) è un posto dove ognuno può portare del cibo, perché ad esempio è in partenza e non ha fatto in tempo a consumarlo, ne ha comprato troppo oppure, semplicemente, non gli piace. Il singolare negozio si trova in via Stawka, nei pressi della facoltà di Psicologia a Varsavia. L’idea del food-sharing è nata in Germania dove ha avuto molto successo. Nella Jadłodzielnia si possono portare tutti i tipi di cibo non scaduti, a patto che non contengano carne cruda e uova per motivi di sicurezza. Secondo i dati, nelle case polacche, si sprecano 2 mln di tonnellate di cibo ogni anno.

pb.pl

Ulteriori informazioni: www.gazzettaitalia.pl/it/polonia-oggi

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Un polacco a Padova, che fare?

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Per molti polacchi Veneto vuol dire Venezia. Come la sua più celebre sorella anche Padova è una città d’acqua, con eleganti edifici ereditati dalla Serenissima. Ad ogni angolo, anzi ad ogni targa commemorativa, ci si imbatte nella corposa storia che proprio in quel luogo si è consumata. Sacro e profano si intrecciano da sempre in questa città: da un lato Sant’Antonio, santo taumaturgo e dall’altro Galileo Galilei, fondatore della scienza sperimentale, la rendono sia meta di pellegrinaggi verso la famosa Basilica, sia attrazione per migliaia di studenti ogni anno, da ogni dove ma in particolare dalla Polonia. Di Padova oggi vogliamo esplorare il suo lato cisalpino, che tante sono le impronte di illustri polacchi passati in città. Una parte significativa della elite intellettuale, letteraria e politica della Polonia del XVI secolo è transitata per Padova, ecco perché sarete ben felici di scoprire che esiste una città gemella (Padew Narodowa) a circa 1400 km di distanza in Polonia. Fra i tanti luminari ricordiamo Copernico, Jan Kochanowski (il Petrarca Polacco) e finalmente Jan Zamoyski (una cui statua campeggia in Prato della Valle e un suo busto nella Sala dei Quaranta a Palazzo del Bo). Proprio di quest’ultimo vale la pena scrivere due righe, poiché si innamorò così perdutamente di Padova da volerla rifare tale e quale in terra natia.

Jan Zamoyski discendeva da una nobile famiglia, e dopo un soggiorno di studi a Parigi e a Strasburgo, approdò nella tarda primavera del 1561 a Padova. Qui venne per perfezionare gli studi di diritto, proiettato in una radiosa carriera politica. Jan alloggiava nella contrada del Pozzo della Vacca, che ora si trova all’inizio dell’odierna via Ospedale civile, probabilmente tra il civico 12 e il 22. La sua brillante carriera accademica culminò con un dottorato e successivamente divenne rettore della Facoltà di Giurisprudenza. Rientrato in patria, fu così forte e struggente la nostalgia per Padova, quel posto che lui stesso ammise averlo reso uomo (“Patavium virum me fecit”) che fondò Zamość, una città fortificata in tutto simile a Padova. La città fu eretta dal nulla sui terreni del latifondo Zamoyski, con l’intenzione di rappresentare il concetto di città ideale. Fu progettata dall’architetto padovano Bernardo Morando, sostituito dopo la morte dall’ingegnere veneziano Andrea Dell’Acqua. Per la sua costruzione furono assunti muratori italiani. La città ha un’anima molto padovana, come testimoniano i numerosi portici particolarmente dominanti nella piazza del mercato, e il sistema delle fortificazioni coi bastioni molto simili a quelli padovani. L’ammirazione di Zamoyski per Padova si è trasmessa anche linguisticamente tanto che tuttora padewczyk in polacco non vuol dire soltanto nativo di Padova, ma ha anche un significato storico, si riferisce cioè a un uomo illustre che deve la sua superiore cultura intellettuale, artistica o politica alla città patavina in cui si è formato. Oggi Zamość è conosciuta come patrimonio mondiale dell’Unesco e tutte le guide cominciano le loro visite parlando della città di Padova. Chissà se qualche padovano, ignaro di questa storia, si è imbattuto in Zamość, magari trovandola familiare e forse qualche sospetto gli è venuto, alimentato dalle numerose attività che prendono il nome proprio da Padova. L’itinerario consigliato per ripercorrere le orme di Jan Zamoyski sono una visita al palazzo del Bo, l’Università fondata nel 1222 e una passeggiata in Prato della Valle per trovare tra le decine e decine di statue anche le uniche due che rappresentano due illustri presenze polacche nella città di Padova: Stefan Bathory e Jan Zamoyski appunto. Continuando la passeggiata per le vie del centro storico, possiamo dirigerci verso la Basilica del Santo, dove un’importante rassegna di qualche anno fa, intitolata eloquentemente “Urbs memoriae Polonorum degnissima – I rapporti tra Padova e la Polonia nei discorsi di Giovanni Paolo II” ha illustrato la presenza polacca al Santo, presenza che affonda le radici nella storia italiana ed europea, con il culmine nella cerimonia di donazione alla basilica di un reliquiario contenente una goccia del sangue di San Karol e frammenti ossei di Santa Faustina Kowalska. Ma al Santo le presenze polacche c’erano già, a partire dalla mazza turchesca in argento dorato dono del re Jan Sobieski, dalla lapide che celebra il guerriero Cristoforo Sapieha, dalla Cappella Polacca (o di San Stanislao), riaffrescata nell’Ottocento dal pittore Taddeo Popiel, e per finire con l’altare dedicato a San Massimiliano Kolbe che reca la pala dipinta da Pietro Annigoni tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta del Novecento.

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Duda: “Il punto di unione della società polacca è la nostra presenza nell’Unione europea”

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Poland's President Andrzej Duda speaks during his announcement at Presidential Palace in Warsaw, Poland December 28, 2015. Poland's president signed into law an amendment to how its constitutional court makes rulings, a move critics say will erode checks and balances in government powers and paralyse the highest judicial body. REUTERS/Kacper Pempel

Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

“Non ci sono oggi politici seri che dicono che dovremmo lasciare l’Ue”, ha dichiarato sabato scorso Andrzej Duda nell’intervista rilasciata a Polsat News. Duda ha sottolineato che i problemi con l’opposizione derivano dal fatto che “non tutti cercano il dialogo”. “Io cerco comunque di trovare punti comuni”, ha continuato, citando la festa della costituzione del 3 di maggio e la festa della bandiera. “Un punto comune è anche la nostra appartenenza all’Ue. I polacchi erano felici di entrarci e ne traggono alcuni vantaggi concreti. Dobbiamo ovviamente continuare a lottare per i nostri interessi, ma qui si tratta di un accordo tra i Paesi membri per trovare un compromesso e un punto di vista comune”. Jarosław Kaczyński (leader di PiS), rispondendo sabato alle domande degli internauti, ha sottolineato che nell’Ue si deve “lottare per ottenere cambiamenti positivi. Lo faremo, ma soprattutto difenderemo la sovranità polacca, perché la Polonia sia in qualche modo ‘separata’, anche nella questione dei valori”, ha dichiarato Kaczyński.

pap.pl

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Migliora l’attrattività della Polonia per gli investimenti infrastrutturali

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Secondo il rapporto Global Infrastructure Investment Index, preparato dall’azienda Arcadis, che ogni 2 anni classifica i 41 paesi più attraenti per gli investimenti infrastrutturali, la Polonia ha registrato un piccolo aumento, piazzandosi al 30° posto (nel 2014 la Polonia si è piazzata al 29° posto). “Per misurare l’attrattività dei paesi abbiamo analizzato diverse questioni, ad esempio la facilità di gestire gli affari in ogni mercato, la politica del governo, la qualità delle infrastrutture già esistenti, il PIL pro capite e la disponibilità di fonti di finanziamento”, ha spiegato Arcadis. La Polonia ha ottenuto un punteggio alto per il basso livello di rischio e l’accesso alle fonti di finanziamento, mentre ha perso punti per i fattori economici e la facilità di gestione delle attività di business.

budownictwo.wnp.pl

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Arriva il Registro Centrale delle Fatture e il controllo dell’online

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Un’istituzione importante per il Ministero della Finanza nella lotta contro le frodi fiscali sarà il Registro Centrale delle Fatture. L’avviamento del Registro è stato già annunciato dal governo del PO, e l’idea è stata approvata anche da Paweł Szałamacha, attuale ministro dell’economia. “Stiamo seriamente pensando all’introduzione di registri di vendita online. I cambiamenti saranno introdotti dal 1° gennaio, dunque la data più probabile è per il 2018”, ha dichiarato Leszek Skiba, viceministro dell’economia. Il nuovo sistema di trasferimento dati online porterà anche ad una rivoluzione delle casse fiscali. “Grazie all’introduzione delle casse fiscali speciali, simili a quelle utilizzate in Ungheria, possiamo ottenere un’unica fonte di conoscenza sulla situazione economica. Potremmo analizzare i dati sulla vendita al dettaglio in tempo reale”, ha spiegato Skiba. Attualmente le statistiche dell’Istituto Centrale di Statistica arrivano tre settimane dopo la fine del mese analizzato. Grazie alle analisi in tempo reale, il fisco potrebbe prevedere meglio le entrate del budget.

pb.pl

Ulteriori informazioni: www.gazzettaitalia.pl/it/polonia-oggi

È on line il sito Breslaviamo, la più completa guida italiana su Breslavia!

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È finalmente on-line il sito internet www.breslaviamo.it, il nuovo portale online dedicato alla meravigliosa città polacca di Breslavia.

Il portale in lingua italiana, con possibilità di tradurre il contenuto in polacco ed inglese, si pone l’obiettivo di promuovere la città, nota ai più con il nome polacco di Wroclaw, informando i navigatori sulle innumerevoli opportunità che essa offre al visitatore.

Il momento per il lancio di questo nuovo sito è quanto mai propizio, visto che Breslavia è stata designata quale Capitale Europea della Cultura 2016 e saranno davvero numerose le iniziative di spessore internazionale che andrà ad ospitare nel corso dell’anno.

Nei prossimi mesi una visita a questa splendida città polacca da parte dei turisti italiani, anche quelli più esigenti, è dunque praticamente d’obbligo!

I realizzatori del sito conoscono profondamente Breslavia e non hanno scelto a caso il nome per il loro progetto. “Breslaviamo”, voce del verbo “Breslaviare”, un neologismo sinonimo di “godere delle bellezze e degli svaghi che la città offre”, ossia un simpatico modo per dire “andiamo a Breslavia e divertiamoci!”. Ma anche Breslavi-Amo, come risultato della crasi delle parole Amo Breslavia, per sottolineare che questa è una città da conoscere e soprattutto da amare.

Il portale presenta una grafica innovativa ed accattivante, è di semplice utilizzo, consente una piacevole navigazione e sfrutta le più recenti tecniche del responsive design per una fruizione ottimale sui dispositivi mobili, quali smartphone e tablet.

Breslaviamo.it, ricchissimo di contenuti, rappresenta uno strumento davvero utile per avvicinarsi alla realtà di Breslavia, per conoscerne la storia, la cultura, la società, gli eventi, la cucina, i monumenti ed ogni altro aspetto, che possa destare la curiosità del potenziale visitatore.

Attraverso le pagine del sito il turista potrà organizzare al meglio il proprio soggiorno, scegliendo i mezzi di trasporto per arrivare e per muoversi, le attrazioni, i luoghi da visitare, gli eventi a cui partecipare, i migliori ristoranti e gli alberghi più adatti alle sue esigenze.

Oltre alle parti di interesse generale sono presenti delle sezioni tematiche dedicate ai giovani che intendono studiare a Breslavia, a coloro che vorrebbero trasferirvisi, alle famiglie con bambini, agli amanti degli animali. Una menzione a parte merita, inoltre, lo spazio del sito dedicato alla vita notturna con le dritte per sfruttare al meglio la “movida” cittadina.

E’ anche presente un’area social, con un interessantissimo Blog e la possibilità di condividere i contenuti sui social network più diffusi, tra cui Facebook, Twitter, Google +.

Il sito, che, sin da ora, per la qualità e la quantità dei suoi contenuti, è la migliore e più completa guida in lingua italiana su Breslavia, diventerà sempre di più il canale privilegiato per i turisti italiani interessati a conoscere e a visitare la capitale della Bassa Slesia.

POLONIA OGGI: Waszczykowski: cinesi interessati alla costruzione di un aeroporto al centro della Polonia

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I cinesi sono interessati alla costruzione di un aeroporto, che potrebbe attirare milioni di passeggeri, nella parte centrale della Polonia. L’aeroporto dovrebbe collegare con linee ferroviarie ad alta velocità diverse città polacche. Si tratta di un investimento multilaterale: una parte dei fondi, infatti, potrebbe provenire dalla partecipazione di partner esterni. “I cinesi sono in grado di costruire insieme alla Polonia un aeroporto del genere in 2-3 anni”, ha dichiarato il Ministro degli Affari Esteri Witold Waszczykowski, di ritorno dalla visita in Cina. Il capo della diplomazia polacca ha sottolineato che la Cina è un Paese che ha compiuto passi in avanti nella civilizzazione, soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture e l’innovazione economica. Durante la visita, la delegazione governativa polacca, ha avuto l’opportunità di conoscere l’economia cinese attraverso l’incontro con i rappresentanti di imprese leader, alcune delle quali già insediate in Polonia. Inoltre si è parlato di progetti specifici, tra cui l’espansione degli aeroporti, le nuove vie di comunicazione sia stradali sia ferroviarie, lo sviluppo dei porti, l’economia innovativa e l’elettronica. Durante la visita istituzionale, il Ministro degli Affari Esteri è stato accompagnato dai rappresentanti dei ministeri dello Sviluppo, Tesoro, Infrastrutture e Costruzione, ma anche dall’Agenzia polacca per l’Informazione e gli Investimenti Esteri e da PLL LOT. A Chengdu, tra i membri della delegazione polacca, c’era anche Witold Stępień, presidente della regione di Łódź.

forsal.pl

Ulteriori informazioni: www.gazzettaitalia.pl/it/polonia-oggi

La “gioventù bruciata” secondo Pasolini e Hłasko

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“Non è un Paese per i giovani”: da tempo questa frase è diventata quasi uno slogan, un motto che i giovani di oggi amano urlare in ogni parte del mondo. Una crisi che ormai non riguarda più solo l’ambito economico ma che ha intaccato anche la psiche dei giovani, alle prese con l’ardua ricerca di se stessi e soprattutto del lavoro. È il lavoro che definisce l’uomo, completandolo e dandogli uno scopo, una meta che apre il cammino verso la ricerca. Ed è proprio questo che manca, mettendo in crisi una gioventù che tempo fa avrebbe potuto scegliere quel tipo di lavoro che più le aggradava, ora non più, si deve adeguare. Giovani sempre più cupi, più fragili, più soli, senza ideali, senza genitori, “senza speranze”. Cercano di adeguarsi ma non ci riescono. E non ci riescono nemmeno i “vecchi”, dai quali continuamente sento pronunciare un unico aggettivo per definire questa gioventù: bruciata. Siamo tornati agli anni ’50, quando il mitico James Dean incarnava il perfetto modello di ribelle, nel film “Rebel without a cause” diretto da Nicholas Ray, film che ha contraddistinto quella generazione, e non solo.

Allora mi sono chiesta, come mai i vecchi facciano sempre riferimento a quegli anni ’50 e non magari ai ’70 o al 2000? Le mie ricerche iniziali hanno portato ad una chiara risposta, che vede comparire i primi segnali di questo disagio giovanile proprio negli anni ’50, fino a protrarsi, tra alti e bassi, ai giorni nostri. Sociologi e mass media cominciarono, infatti, ad analizzare questo fenomeno, individuando le cause principali nella trasformazione dei costumi, nella crescita del benessere, e, soprattutto, in questo profondo disorientamento morale e sociale dovuto alla mancanza di modelli forti e autorevoli. Come ben sappiamo, la storia si ripete nel tempo, cambiando solo nome e luogo; così quella gioventù bruciata presente negli anni ’50 in America si era insediata anche in tutta Europa, attraendo continuamente gli storici e diventando il soggetto preferito dei cineasti e degli intellettuali.

Sono rimasta affascinata in modo particolare da due personaggi di spicco in quegli anni, che incarnavano quel modello di gioventù, descrivendo e documentando i cambiamenti e le trasformazioni morali che avevano caratterizzato loro stessi e la società: Pier Paolo Pasolini (1922-1975) scrittore, poeta e regista italiano, e Marek Hłasko (1934-1969) scrittore e sceneggiatore polacco. Due pionieri della generazione degli anni ’50, due miti che avevano molto in comune, non solo perché erano anarchici e provocatori, ma soprattutto perché andavano contro la mentalità bigotta di quel tempo, denunciando i pregiudizi e le ipocrisie radicate nei confronti della gioventù, che in quegli anni iniziava a decadere, o semplicemente a cambiare violentemente, adattandosi alla nuova società. Entrambi sedotti dalla figura del poeta maledetto, col quale spesso si identificavano menzionandolo pubblicamente nelle loro opere, le quali avevano come unico protagonista questa gioventù bruciata dal fuoco delle due guerre mondiali, da un regime che aveva travolto le loro anime costrette a una ribellione che spesso sfociava nel sangue. Una generazione che iniziava a cambiare moralmente, ad assaporare apertamente nuove culture, nuovi gusti sessuali, nuove ideologie che fino ad allora erano tabù e facevano scandalo.

Pasolini riporta tutto ciò in “Ragazzi di vita” (1956), allontanando la vergogna tipica di quegli anni, denunciando in modo cinico le violenze tragiche e silenziose che accadevano a ragazzi poco più che ventenni, nei quali si immedesimava. Quei bei ventenni che troviamo in “Piękni dwudziestoletni” di Marek Hłasko (1966), dove fuoriesce la sua vera essenza: un giovane amante della libertà, intollerante alle convenzioni e alle regole e mosso da un profondo senso di giustizia, come Pasolini.

Hłasko nei suoi “Racconti” scritti tra gli anni ’50 e ’60 esprime un’angoscia estenuante che provava nel vedere le macerie materiali e morali di una Varsavia degradata. La stessa straniante angoscia che provava Pasolini nel vedere una Roma scabrosa, raccontando la fame e la delinquenza che si nascondevano dietro le borgate romane in “Una vita violenta” (1959).

Molti dei loro scritti sono poi diventati film, che, in quegli anni, si scagliavano contro la censura e davano molto scalpore, arrivando ad essere definiti “troppo espliciti”. Dobbiamo guardare i due film da vicino, poiché credo che grazie ad essi i nostri occhi riuscirebbero a comprendere la realtà cruda in cui viveva la gioventù di quegli anni. Cerchiamo di mettere a confronto dei film come “Ósmy dzień tygodnia” scritto da Hłasko e diretto da A. Ford (1957) con “Accattone”, girato nel 1961 da Pasolini. Film che danno una completa visione della Polonia e dell’Italia a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, in modo da poter paragonare e illustrare due nazioni così diverse fra loro ma accomunate da uno stesso protagonista, vittima innocente degli errori della società.

Bisogna raffrontare le due nazioni sotto il punto di vista storico, politico ed economico cosicché si possa tracciare un profilo più ampio e profondo che vada a rialzare quella coltre invisibile sotto cui si celano le cause reali che hanno bruciato la gioventù, trascinando le ceneri fino ai nostri giorni.

Sarà forse il fascino irresistibile del cinema e dei miti degli anni ’50 che ha ispirato la mia tesi specialistica “Gli eroi di Andrzej Wajda”, con la quale mi sono laureata, e che mi spinge tuttora a voler rivivere il fervore di quegli anni, mettendo però al centro del mio lavoro la gioventù, quella comune e periferica, rimasta sempre in disparte, ma dalla quale sono nati i miti che, secondo il ministro italiano dell’istruzione Dario Franceschini, dovrebbero essere presi in considerazione come modelli ai quali i giovani devono ispirarsi. Il ministro ha, infatti, emanato recentemente un decreto per promuovere le iniziative culturali, ispirandosi proprio a Pier Paolo Pasolini usando queste parole riportate dal giornalista Aldo Grasso nel quotidiano “Corriere della Sera”, pubblicato il 30 gennaio 2015: “Gli italiani hanno il dovere di ricordare Pasolini e di trasmettere alle nuove generazioni l’attualità del suo messaggio di ricerca e denuncia.”

Questa frase si addice perfettamente alla figura di Marek Hłasko nel pantheon degli scrittori della letteratura polacca nel dopoguerra, che racchiude in sè la difficoltà di ritrovarsi in questo mondo imperfetto e così diverso dalle proprie aspettative.

KONKURS dot. DAVIDE ZAPPIO i kamienicy przy Rynku Starego Miasta 31

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Konkurs skierowany do studentów i pasjonatów historii, varsavianistów i wszystkich zainteresowanych!

NAGRODA:

I miejsce: wyrób szklany z certyfikowanego szkła artystycznego z weneckiej wyspy Murano (oficjalny prezent od Miasta Wenecja) + roczna prenumerata dwumiesięcznika Gazzetta Italia

Wyróżnienia (II-III miejsce): roczna prenumerata Gazzetta Italia

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WARUNKI KONKURSU:

  1. wykonanie badań historycznych i przedstawienie referatu w formie pisemnej dot. Davide Zappio, weneckiego kupca, który pod koniec XVII wieku przebywał w Warszawie i był jej burmistrzem
  2. badania dot. historii kamienicy przy Rynku Starego Miasta nr 31, na której 7 grudnia ubiegłego roku, z inicjatywy redaktora naczelnego Sebastiano Giorgi, ponownie zagościła płaskorzeźba przedstawiająca lwa św. Marka (więcej informacji: https://www.gazzettaitalia.pl/pl/lew-sw-marka-wrocil-do-warszawy/)
  3. badania dot. samej płaskorzeźby, oryginalnie zawieszonej przez Davide Zappio, która zniknęła z budynku pod koniec lat 20-tych ubiegłego wieku

(powyższe tematy można traktować zbiorczo lub do wyboru, jednak im więcej informacji, tym lepiej!)

WYMAGANIA FORMALNE:

Forma: referat, ok. 10-15 tys. znaków

TERMIN nadsyłania referatów: 31 maja 2016, adres mailowy: giorgi@gazzettaitalia.pl

Preferowany język referatu: włoski lub polski

Zwycięzca o wygranej zostanie poinformowany mailowo. Zebrane informacje naukowe posłużą zgłębieniu tematyki stosunków między Warszawą a Wenecją na przestrzeni wieków, co będzie podstawą dalszej współpracy kulturalnej między miastami.

Zachęcamy do udziału i życzymy POWODZENIA! 🙂