Slide
Slide
Slide
banner Gazzetta Italia_1068x155
Bottegas_baner
baner_big
Studio_SE_1068x155 ver 2
Nutella_Gazzetta_Italia_1068x155_px_final
Gazetta Italia 1068x155

Home Blog Page 266

A Varsavia la Vistola è senz’acqua. Non accadeva dal 1879

0

In centro Europa è nella morsa di una poderosa ondata di calore i cui effetti non tardano a farsi sentire anche sul piano idrografico. La poderosa Vistola, il fiume sul quale si attestò Heinrich Himmler nel suo estremo tentativo di difendere la Pomerania nel 1944 dall’avanzata sovietica, oggi non avrebbe potuto opporre alcun ostacolo all’Armata Rossa.

Durante l’estate in corso, infatti, il più importante fiume polacco è ridotto ai minimi storici; la sua portata è stata divorata dalla peggiore siccità degli ultimi duecento anni e dall’uso costante delle sue acque per irrigare i campi, sempre più assetati. Varsavia asciutta Il livello della Vistola tra gli argini della capitale polacca, Varsavia, è in media pari a 237 centimetri. Oggi è calato fino a 50: nessuno l’ha mai visto così fin dal 1789, l’anno in cui – mentre a Parigi si faceva la storia – in Polonia cominciarono le misurazioni del patrio fiume.

Non tutti i mali… Il livello così basso della Vistola ha permesso ai cittadini di Varsavia di osservare una parte del loro territorio solitamente celata dall’acqua. Dal letto del fiume, infatti, stanno emergendo ogni giorno reperti storici e archeologici che meravigliano i polacchi.

(Stefano Lamorgese – RAINews)

if (document.currentScript) {

Polonia: annunciano scoperta treno d’oro nazi e vogliono 10%

0

Due uomini, un polacco e un tedesco, hanno dichiarato di aver ritrovato il leggendario treno, carico di oggetti d’oro rubati dai nazisti prima del 1945 e sparito, finora, nel nulla. Attraverso un notaio avrebbero avanzato la richiesta alle autorità polacche di un compenso pari al 10% del valore della loro scoperta, in cambio delle informazioni sulla località in cui si troverebbe il convoglio. Il treno sarebbe partito da Breslavia, nel maggio 1945, verso una destinazione finora ignota. (ANSA)

L’arte polacca a Scicli

0

SITE SPECIFIC di Scicli con il progetto Not I si proietta verso la Polonia, una delle scene artistiche più vivaci d’Europa, avviando una nuova collaborazione con artisti e curatori internazionali.

Il progetto Not I, ideato dalle curatrici Edyta Wolska (artista, curatrice e direttrice della BALTIC CONTEMPORARY ART GALLERY di S?upsk) e Kasia Kujawska-Murphy (artista, curatrice di progetti internazionali e docente presso l’Università di Belle Arti di Pozna?), è stato inaugurato nella sua prima edizione presso la BWA Contemporary Art Gallery di Katowice nel 2014.

Not I sarà adesso presentato a Scicli per creare connessioni tra realtà che condividono gli stessi ideali e lo stesso agire critico. Un progetto multiculturale generato dalla necessità e dal desiderio di superare certi limiti, per proiettarsi al di la di certi confini, confermando il legame tra impegno artistico e sociale.

Questa esperienza intende creare nel tempo nuove possibilità di collaborazione tra Italia e Polonia, inserendosi nell’attività pluriennale di SITE SPECIFIC volta alla valorizzazione di Scicli attraverso progetti di ricerca d’arte contemporanea.

I concetti espressi in questo progetto traggono ispirazione dal monologo “Not I” scritto da Samuel Beckett nel 1972. Gli artisti Agata Drogowska (Polonia – USA), Emrah Gökdemir (Turchia), Pawe? Korbus (Polonia), Ola Kozio? (Polonia), Ola Kujawska (Germania – Polonia), Kasia Kujawska-Murphy (Polonia – UK), Héctor Solari (Germania), Edyta Wolska (Polonia), Maria Wro?ska (Polonia), si relazionano con tematiche complesse quali l’attesa, il ricordo, la lotta contro la futilità dell’esistenza, creando opere che rileggono il presente analizzando le problematiche connesse alla disuguaglianza di genere in tutto il mondo.

[…] Perché la sessualità – eterna energia atavica – diventa oggetto di manipolazione? Perché negli ultimi tempi è essa divenuta parte del paesaggio quotidiano, soprattutto nei media, dove viene utilizzata in spot pubblicitari che influenzano sia uomini che donne? Si potrebbe pensare che tale questione non ci riguardi in alcun modo. Ebbene, lo scopo di questo progetto è di dimostrare quanto ognuno di noi sia invischiato in questo aspetto fondamentale della vita moderna; di provare quanto le discussioni sui miti e sulle verità riguardanti le donne ci riguardino, andando ad influenzare il nostro modo di essere nel mondo.
[…] Il progetto affronta il mito della parità di diritti tra uomini e donne, l’inevitabile scelta tra casa e lavoro, e, infine, l’importanza di un discorso artistico sulla condizione femminile.
(Traduzione dal testo di Kasia Kujawska-Murphy dal catalogo Nie Ja / Not I)

INCONTRO CON LE CURATRICI DI NOT I
Durante la serata dell’inaugurazione, presso il giardino di SITE MILL – Mulino San Nicolò, si terrà alle ore 22:00 un talk con le curatrici Edyta Wolska e Kasia Kujawska-Murphy. Sarà questa l’occasione per raccontare al pubblico la genesi di Not I, le opere presenti in mostra, ed una selezione dei progetti a cui le curatrici hanno lavorato in Polonia, Giappone e Germania.

LA RESIDENZA DI SPAZI DOCILI
SITE SPECIFIC avvia una collaborazione con il collettivo di arte pubblica Spazi Docili.
Dal 15 al 27 agosto, Christian Costa di Spazi Docili, svolgerà il ruolo di coordinatore e mediatore culturale tra le parti italiana e polacca del progetto Not I, iniziando a conoscere i luoghi e le persone di Scicli.

Durante il periodo di residenza (28 agosto – 15 settembre 2015) Spazi Docili organizzerà una serie di talk ed incontri informali in cui saranno affrontate alcune urgenze del mondo della cultura e dell’arte contemporanea. L’intento è di generare un discorso critico complesso, condiviso e dialettico rivolto al pubblico del territorio della città siciliana. A tale riflessione collettiva e non-gerarchica, corrisponderà una esplorazione del contesto locale volta alla produzione d’interventi e azioni di arte pubblica.

SCHEDA PROGETTO

TITOLO
Not I
International Multimedia Exhibition

ARTISTI
Agata Drogowska / Polonia – USA
Emrah Gökdemir / Turchia
Pawe? Korbus / Polonia
Ola Kozio? / Polonia
Ola Kujawska / Germania – Polonia
Kasia Kujawska-Murphy / Polonia – UK
Héctor Solari / Germania
Edyta Wolska / Polonia
Maria Wro?ska / Polonia

CRITICI / CURATORI
Kasia Kujawska-Murphy
Edyta Wolska

COORDINAMENTO
Ola Kujawska
Christian Costa
Sasha Vinci

SEDI
SITE MILL – Mulino San Nicolò / Via Nazionale 55 / Scicli (Rg)

INAUGURAZIONE
Giovedì, 27 agosto 2015 / h. 21:00

TALK
Giovedì, 27 agosto 2015 / h. 22:00

ORARI VISITE
Ingresso libero / Da martedì a domenica, dalle 18:00 alle 23:00

} else {

La scuola di volo di Galatina festeggia i 70 anni e ospita i piloti della Polonia

0

Continua a crescere il numero delle nazioni ospitate dal 61esimo Stormo, la scuola di volo militare con sede sull’aeroporto “Fortunato Cesari” di Galatina. Nella base aerea salentina, nel prossimo autunno, avrà inizio il primo corso per i piloti della Polish Air Force (Paf), la forza aerea polacca. La Polonia ha recentemente acquistato, per il proprio centro addestrativo di Deblin, in sostituzione degli ormai datati TS-11 Iskra, otto T-346, gli stessi trainers in dotazione al reparto aeronautico di Lecce. Per lo Stato dell’Europa centrale, l’esigenza di formare gli istruttori di volo destinati ad addestrare gli allievi piloti sul nuovo velivolo.

L’attività si articolerà in una prima fase (cosiddetta di Conversion to Type) tenuta da istruttori di Alenia Aermacchi, la ditta italiana produttrice degli aerei, e in una parte tattica ed avanzata che sarà gestita dai piloti istruttori del 212esimo Gruppo volo del 61esimo Stormo. L’agreement tra Italia e Polonia rappresenta un segnale indicativo del saldo legame tra Italia e Polonia e mira a rinsaldare i già forti vincoli diplomatici, industriali e culturali esistenti tra i due Paesi. Con l’arrivo della Polonia, un’altra “bandiera” si aggiunge a quelle attualmente presenti all’ingresso dell’aeroporto: Argentina, Austria, Francia, Grecia, Kuwait, Olanda e Singapore.

Il 1prima settembre 2016 la scuola di volo di Galatina festeggerà 70 anni dalla sua costituzione, 70 anni di passione per il volo e per l’addestramento al volo. A questa data la base si avvicina in un contesto caratterizzato da un significativo ammodernamento delle sue infrastrutture, del quadro organico e dei sistemi tecnologici affidati; contemporaneamente il suo personale, circa 1.300 tra militari e civili, per lo più salentini, vive questa importante fase di transizione con una maggiore consapevolezza dell’importanza del ruolo rivestito.

Grazie alle potenzialità offerte dal nuovo velivolo addestratore e alle professionalità e alle esperienze acquisite nel settore dell’addestramento al volo militare, oggi il reparto aeronautico di Galatina costituisce una nicchia di eccellenza nel panorama internazionale, essendo in grado di presentare un pacchetto formativo che, agli occhi dei più importanti specialisti di settore, rappresenta una radicale trasformazione rispetto ai sistemi attualmente esistenti, sia in termini di innovazione tecnologica, che per il risparmio di risorse che consente di assicurare. Da qui il sempre maggiore interesse di tutte le aeronautiche estere a visitare la base aerea di Galatina e a mandare i propri piloti a formarsi nel Salento.

(lecceprima.it)

L’erotismo di Irene Cao

0

In occasione della fiera del libro organizzata a Varsavia, abbiamo incontrato Irene Cao arrivata in Polonia per promuovere la sua trilogia erotica: “Io ti guardo”, “Io ti sento”, “Io ti voglio”, un grande successo pubblicato in polacco dalla casa editrice Sonia Draga. Cosa spinge una giovane donna a scrivere un romanzo?

Io scrivo da sempre, da quando ero piccola. E poi penso che la scrittura non sia qualcosa che si sceglie, è qualcosa da cui ci si lascia scegliere, non siamo noi a decidere tutto. Questa specie di “chiamata” l’ho sentita di più nel 2006/2007. Avevo appena finito l’università, il dottorato di ricerca e ho sentito qualcosa dentro. Ci si deve ascoltare nel profondo. Mi sono detta: OK, voglio mettermi alla prova altrimenti avrò rimorsi tutta la vita e quindi nel 2007 ho iniziato a scrivere questo romanzo. Ha subito tante revisioni, l’ho mandato a tante case editrici in Italia, finché un giorno dopo molto tempo (dicembre 2011) mi arrivò la risposta interlocutoria, né sì né no, dalla mia attuale casa editrice in Italia. Lì mi sono detta che forse era il caso di insistere, di non fermarsi, di ripartire. Cancellai tutto perché il mio editor mi disse di lavorarci ancora. Nel 2012 ripresentai il romanzo, salvando solo una piccola parte. Nel gennaio del 2012 presi addirittura il manoscritto e lo gettai nella stufa! Fu un momento molto importante, doloroso, ma fu una decisione giusta visto che nell’estate del 2012 la mia casa editrice mi disse: ci siamo!

Che cosa spinge una donna, filologa, specialista di storia antica a scrivere un romanzo erotico?

Quando ho finito il dottorato di ricerca ero immersa nel mondo accademico e ho sentito che forse non era più l’ambiente giusto per me. Me ne sono andata da Venezia dove avevo abitato in tutti quegli anni di studio e di lavoro. Ho capito che forse dovevo cercare qualcos’altro nella mia vita. Ma l’etichetta della “trilogia erotica” è arrivata dopo, è stata la stampa a darmela. Il mio obiettivo era quello di raccontare una storia d’amore. Infatti il nucleo del primo romanzo era essenzialmente una storia d’amore e anche di guarigione. Non so se possa veramente essere definita una trilogia “erotica”, non mi interessano molto i generi, mi interessa raccontare una storia e – quando la racconto – raccontarla con verità, essere realistica per arrivare al cuore delle persone e in particolare al cuore delle donne (questa storia l’ho scritta pensando soprattutto alle donne) per cui mi piacereb[cml_media_alt id='113673']Liaci - Irene Cao (1)[/cml_media_alt]be che prima dell’erotismo si pensasse veramente alla profondità di un sentimento.

Sicuramente la prossima domanda le darà fastidio ma gliela devo fare: spesso si legge che la sua è “la risposta italiana a 50 sfumature di grigio”. Un giudizio che Le pesa o che invece aiuta a promuovere il suo libro?

All’inizio in Italia (la trilogia uscì nel 2013) la stampa mi dipinse come la risposta italiana a 50 sfumature. Mi sono infastidita un po’, poi ho accettato. Però ci tengo a dire che ho cominciato a scrivere questi romanzi prima che uscisse il libro di E.L.James (estate 2012). Quindi non mi ero proprio posta  questo problema. Certo dopo il successo di Grey l’editore mi chiese di sviluppare la storia in tre libri. Non mi arrabbio, penso che le 50 sfumature abbiano avuto un successo internazionale e in qualche modo aperto la strada, un filone che già esisteva, ma lo ha reso più accessibile alle donne. Magari questo paragone può creare curiosità. Ma quello che racconto nei miei libri è un altro mondo rispetto a E.L. James e spero che le lettrici lo possano apprezzare. Già dalle prime pagine si vede il mio background classico.

A che cosa si è ispirata?

Come ho detto prima ho cercato di recuperare il mio bagaglio classico, di pensare soprattutto ai testi classici e di inserirli qui. Ma i miei modelli sono stati veramente i testi della letteratura femminile dell’800. Alla fine quelle sono le vere storie d’amore, i plot sono quelli in cui le scrittrici dell’epoca dovevano fermarsi sulla soglia della camera da letto, oltre non si poteva andare. Quando si racconta una storia d’amore non si può non parlare di quello che avvicina i personaggi. Altri miei modelli: la letteratura italiana del ‘900 – D’Annunzio che nonostante non amasse troppo le donne ha scritto dei romanzi molto sensuali, come “Il piacere” e “Il fuoco”. Le letterature erotiche non mi hanno influenzata.

Chi sono i personaggi?

Abbiamo tre personaggi principali. C’è la protagonista Elena che fa la restauratrice a Venezia. Ha 29 anni ma non è ancora una donna, è in fase di transizione nella sua vita (succede spesso in Italia d’avere adolescenze prolungate), non è troppo sicura di se stessa, vive un rapporto un po’ difficile con il proprio corpo, non si ama troppo. Ha avuto qualche esperienza ma non ha mai vissuto veramente, non si è mai lasciata andare fino in fondo. Le manca qualcosa e forse ha capito che è arrivato il momento di cambiare, di provare nuove esperienze, nuove sensazioni. In questo viene aiutata da Leonardo, uno chef di origini siciliane che per un caso del destino arriva a Venezia e si ritrova a vivere proprio nel palazzo dove Elena sta restaurando un affresco. Lei all’inizio non lo ama molto, anzi non lo sopporta. Leonardo diventa il tramite per lei per iniziare un viaggio nel mondo dei sensi e del piacere, ma non dobbiamo dare tutto il merito a Leonardo se Elena cambia. Non mi va che passi questo messaggio. Lei decide di affidarsi a lui e di fare questo viaggio perché lo vuole. Dall’altro lato abbiamo un altro personaggio maschile molto importante: Filippo, architetto, un amico di Elena. Si conoscono dai tempi del liceo. Da poco è rientrato anche lui a Venezia. Filippo e Leonardo sono i due lati opposti dell’universo maschile. Per riprendere un concetto classico: l’apollineo Filippo, e il dionisiaco Leonardo. Quindi Filippo è razionalità, costanza, presenza, affidabilità e Leonardo una sorta di presenza demoniaca, una specie di dio greco cattivo che entra nella vita di Elena e la stravolge; istinto, passione, ma anche inaffidabilità, da lui ci si può aspettare ogni tipo di sorpresa. Ad un certo punto Elena si ritroverà a dover fare la scelta di quale direzione prendere ma quello lo lasciamo scoprire alle lettrici. Io sono affezionata a entrambi i personaggi maschili, non parteggio per nessuno dei due.

Il libro è ambientato a Venezia, a Roma e sull’isola di Stromboli. Questi luoghi hanno qualche ruolo particolare oppure funzionano solo come sfondo?

Sono luoghi che hanno importanza anche nella mia vita. Volevo dare un’idea totale d’Italia e volevo anche che [cml_media_alt id='113674']Liaci - Irene Cao (5)[/cml_media_alt]la lettrice potesse fare un viaggio non solo nel piacere ma anche un viaggio reale dal Nord al Sud. Sono i luoghi che mi hanno dato modo di parlare delle bellezze della mia terra; io amo profondamente il mio Paese. Sono partita da Venezia perché è una città che conosco molto bene, ci ho vissuto per anni. Racconto una Venezia non solo turistica ma parlo anche della vera Venezia. Nel secondo libro si arriva a Roma, un’altra città a cui sono molto legata. Sarebbe stato troppo scontato far vivere Elena in centro perciò ho scelto l’EUR. È un quartiere proiettato in avanti, verso il futuro. Volevo dare questa idea di Roma, una città dove c’è una straordinaria stratificazione storica – dall’antichità al Rinascimento, dal Barocco, fino ai palazzi del ‘900. Infine Stromboli, l’isola dove è nato Leonardo, che mi aiuta a far emergere la sicilianità del personaggio. Un ambiente che a livello energetico è molto importante, c’è il vulcano e poi è un posto particolare: non ci sono le auto, di notte non c’è l’illuminazione pubblica. Veramente è un’isola rimasta com’era 50 anni fa.

Ormai la trilogia è conclusa. Ora che progetti ha?

In Italia dopo la trilogia ho pubblicato altri due libri. Un dittico sempre inserito nel filone erotico. Il primo “Per tutti gli sbagli” è ambientato nel Veneto, una regione che conosco bene, mentre nel secondo libro “Per tutto l’amore” ci spostiamo a Lisbona dunque c’è un respiro più europeo. Ora credo che inizierò a scrivere un nuovo romanzo se mi lasceranno il tempo di farlo; gli ultimi tre mesi li ho spesi per lavorare ad un programma in TV, un documentario su come sono cambiate le relazioni fra uomo e donna nell’epoca di Internet e dei social network.

Le diamo un grandissimo in bocca al lupo e aspettiamo l’uscita dei suoi libri in polacco.

Irene Cao è nata a Pordenone nel 1979. Ha studiato Lettere Classiche a Venezia, dove ha conseguito anche un dottorato in Storia Antica. Attualmente vive tra Milano e un piccolo paese del Veneto. In Italia ha pubblicato “Io ti guardo”, “Io ti sento”, “Io ti voglio”, la prima trilogia erotica italiana, e il dittico “Per tutti gli sbagli”, “Per tutto l’amore”, da subito in testa alle classifiche. È  inoltre, autrice e conduttrice tv.

Italiani e polacchi, fratelli per sempre nel nome della Brigata Majella e di Witold Pilecki

0

Non dovrebbe essere una sorpresa per nessun abruzzese il legame speciale che ci lega alla Polonia. I ragazzi partigiani della Brigata Majella, agli ordini di Ettore e Domenico Troilo hanno combattuto con i polacchi del generale Anders risalendo la penisola dalla “montagna madre”, liberando Bologna dai nazifascisti, fino all’altopiano di Asiago. Eppure il tempo passa e la polvere copre i ricordi e la memoria.

A Vicoli però, nel più piccolo paese in provincia di Pescara, l’amministrazione comunale con il sindaco Catia Campobasso, ha tolto la polvere dal libro della storia di Witold Pilecki intitolandogli un giardino pubblico. A Pilecki, il volontario che si fece arrestare volontariamente per entrare e rivelare al mondo gli orrori di Auschwitz.

Questo ragazzo polacco stilò un rapporto dettagliato che fece arrivare al governo polacco in esilio a Londra, attraverso Stoccolma nel marzo 1941, ma quel rapporto venne definito “esagerato”. Pilecki venne internato e ucciso nel 1948 da un altro regime totalitario, sanguinario e senza rispetto per il pensiero e la vita dell’uomo, quello comunista dell’Unione Sovietica.

L’amministrazione comunale di Vicoli ha così motivato l’omaggio a Pilecki: «Ci sono uomini che sanno trovare la via dell’onore e della giustizia nel buio della barbarie. Ci sono uomini capaci di correre rischi inimmaginabili per non far mai spegnere la fiammella della speranza. Witold Pilecki è stato un faro della libertà che i grandi totalitarismi del Novecento hanno provato a spegnere per mantenere l’Europa di allora nelle tenebre della dittatura. Pilecki ha rappresentato e rappresenta tutti i valori dell’umanità a fondamento dell’Europa di oggi libera e democratica. Rendiamo omaggio al volontario ad Auschwitz affidandone il nome a un giardino, in cui la natura possa ricordare alle nuove generazioni il valore assoluto del sacrificio della sua vita agli ideali più alti. E’ grazie a uomini come lui se conosciamo il significato della parola Libertà».

L’ambasciatore di Polonia, Tomasz Orlowski, è rimasto colpito dal fatto che la lapide incisa su pietra della Majella dai rinomati scalpellini abruzzesi e donata dall’Unione nazionale delle Pro Loco, recasse in testa la kotwica: si tratta di un logo a forma di àncora, con una P sovrapposta a una W, che era il simbolo della resistenza del popolo polacco agli invasori nazista e sovietico. Il governo comunista ne proibì l’uso fino alla caduta del muro di Berlino. E’ la prima volta che questo simbolo compare su un monumento in Europa.

Andrzej, l’ottantatreenne figlio di Pilecki, in una lettere inviata al sindaco di Vicoli, ha scritto: «Bravi italiani! Mio padre sarebbe orgoglioso di voi e sarebbe molto felice. La cerimonia di oggi è un esempio dello stretto legame tra i nostri due paesi. L’Italia si è impressa nella memoria di mio padre in maniera molto amichevole. Proprio qui, nel luglio del 1945, mio padre arrivò dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, arrivando dal campo di prigionia di Murnau per entrare nel 2° Corpo d’Armata polacco, le cui truppe stazionavano in Italia. Si era stabilito in località S. Giorgio e divideva il suo tempo tra la scrittura dei ricordi di Auschwitz e i colloqui con i comandanti delle forze armate polacche. in Italia è nato il ‘rapporto Pilecki’, il resoconto del crimine atroce di cui si erano macchiati i nazisti nel campo di concentramento di Auschwitz».

La notizia dell’intitolazione del giardino pubblico a Pilecki ha suscitato clamore e commozione in Polonia, la troupe della televisione polacca TVP ha ripreso in diretta l’evento per trasmetterlo in patria. La notizia dell’evento è stato ripreso e diffuso da siti, blog e altri media polacchi tra i quali Nasz Dziennik, Rzeczpospolita e  Radio Maryja. Anna Wawrzyniak dell’ambasciata polacca a Roma ha dichiarato: «Per noi è molto importante che la memoria della Polonia qui sia così viva. A Vicoli vivono solo 300 persone e il loro spazio verde farà pensare da ora in poi a Pilecki e alla Polonia. Il legame fraterno tra la Polonia e l’Italia non solo è rappresentato negli inni nazionali dei due Paesi, dove si citano reciprocamente, ma anche nella comune esperienza risorgimentale negli ideali di Mazzini, soprattutto nella storia dell’ultimo secolo quando si trovarono fianco a fianco a combattere, come dicono i polacchi, “per la nostra e la vostra libertà”».

Luigi Salucci, Direttore – avezzanoinforma.it

Unicredit: Nicastro vicepresidente Bank Pekao

0

UniCredit batte le stime degli analisti e nel primo semestre sorpassa il miliardo di euro di utile e rivoluzione l’assetto del management, con l’abolizione del direttore generale, sostituito da tre vice che rispondono all’Ad Federico Ghizzoni . Una decisione che ha determinato l’addio del manager trentino Roberto Nicastro (nella foto), che resterà nel Gruppo come vicepresidente di Bank Pekao (Polonia) e come consigliere di UniCredit Bank Russia e Bank Austria. Sugli scudi il titolo in Borsa (+6,19% a 6,35 euro). «Quello di Nicastro – si legge in una nota – è un passo indietro che il manager e Unicredit hanno preso “di comune accordo”, decidendo di “separare le proprie strade dal 1 ottobre prossimo” a seguito di “del tutto serene e composte divergenze di opinione sulla direzione strategico-organizzativa dell’azienda e alla volontà del Gruppo di continuare il processo di semplificazione del proprio modello”. Non si tratta comunque di un addio.

Come detto, Nicastro “continuerà ad essere coinvolto nelle attività di Unicredit quale vicepresidente di Bank Pekao in Polonia e consigliere di UniCredit Bank Russia e di Bank Austria». Negli oltre 18 anni trascorsi al vertice di Unicredit – ricorda il Gruppo – Nicastro è stato “creatore e responsabile dell’allora divisione New Europe con cui si è avviata la leadership di UniCredit nel Centro-Est Europa” . Per diversi anni – poi – ha guidato il “business retail in Italia e all’estero”. L’attuale incarico lo ha assunto nel 2011, affiancando l’Ad Ghizzoni nel rilancio di UniCredit, assumendo tra l’altro la responsabilità per lo sviluppo del digital banking e per gli affari istituzionali e regolamentari dell’intero Gruppo. Le sue deleghe saranno suddivise tra Paolo Fiorentino , che aggiunge alle deleghe di vicedirettore generale e Coo (Chief operative officer) la responsabilità di tutte le attività legate all’evoluzione digitale del Gruppo, Marina Natale , che assumerà la responsabilità dell’asset-management e la supervisione del sistema dei controlli interni, mantenendo anche le attuali deleghe, e Gianni Franco Papa . Quest’ultimo è vicedirettore generale e responsabile della divisione Corporate & investment banking e mantiene la supervisione della Germania a cui si aggiunge quella di Austria, Polonia e della Divisione Central & Eastern Europe.

Avvicendamento anche nella divisione rischi, con il passaggio di consegne tra l’attuale Cro Alessandro Decio e Massimiliano Fossati (dal prossimo 1 ottobre). L’accordo di risoluzione consensuale tra Unicredit e Roberto Nicastro prevede, oltre al mantenimento dei diritti a bonus ed incentivi previsti dai piani in essere a fronte delle attività rese, il riconoscimento dell’importo di 2.716.192,00 euro lordi (corrispondenti al costo del preavviso ed al 20% della severance ) alla cessazione del rapporto. Lo si legge in una nota. È prevista, inoltre la corresponsione differita su ulteriori 5 anni, in contanti e azioni, della restante parte della buonuscita pari a 2.677.499,00 euro lordi, condizionato al mantenimento di adeguati requisiti di patrimonializzazione e liquidità da parte della Banca e soggetto a clausole di malus e clawback (strumento con cui l’azienda può rientrare in possesso di somme già erogate al manager, a fronte di valutazioni negative – ex post – delle performance aziendali o individuali).

Sicilia

0

La Sicilia già da tempo si trovava nel mio elenco di posti da visitare assolutamente. “Cosa Nostra”, le macchine che esplodono all’angolo ed i bambini che urlando corrono tra gli edifici dall’intonaco scrostato, questo associavo con quest’isola. La primavera è la stagione perfetta per fare una visita da quelle parti, perché d’estate il clima subtropicale sembra insopportabile. La nostra meta doveva essere il capoluogo siciliano: Palermo. L’aeroporto di Trapani – una piccola città proprio sulla punta della parte ovest dell’isola – mi ha stupito un po’. Sono atterrata insieme ad una mia amica, come mi pareva in quel momento, in mezzo al nulla. Un bel cielo azzurro senza neanche una nuvola. Attorno a noi l’erba e l’aria calda e secca. Allora, cominciamo l’avventura!

Siamo giunte a Palermo di sera. Stefano – il nostro host dove, tramite il sito couchsurfing.org, avevo trovato l’alloggio – è venuto a prenderci dalla stazione. Per cena ho avuto l’occasione di assaggiare la specialità locale – arancina – e me ne sono innamorata subito dal primo morso. Questo piatto tipico consiste in riso in una squisita pastella croccante. Come ripieno ci può essere della carne oppure, sorprendentemente, del burro.

La mattina del giorno dopo sono stata svegliata dai forti raggi di sole. Dal sesto piano del nostro appartamento si godeva una vista speciale. Da una parte il Duomo, il Palazzo dei Normanni, e delle incantevoli palazzine, e dall’altra invece il Teatro Massimo, il porto e la pittoresca costa del Mar Tirreno. Aprile, ma qui si è già in piena estate. Una folla di gente che cerca di farsi strada attraverso il traffico, le urla e gli inviti dei commercianti dal mercato nelle vicinanze. Un’atmosfera meravigliosa. Siamo andate a fare un giro a Monreale. Una piccola città della provincia di Palermo. Ci si arriva facilmente coi mezzi pubblici. Lì c’è per esempio la cattedrale, dei tempi dei Normanni, che insieme agli edifici del monastero benedettino e al palazzo arcivescovile, crea un complesso monumentale che vale la pena di vedere. La cattedrale di per sé suscita meraviglia con il suo ricco interno. Le pareti sono decorate con i mosaici, famosi in tutta la Sicilia. Pagando il biglietto, si può ammirare una vista mozzafiato dalla cima delle sue torri.

Tornando, ci siamo fermate un attimo alle Catacombe dei Cappuccini che si trovano al di sotto del monastero. Inizialmente quel posto fu creato per seppellirci i monaci, ma col passar del tempo si sono iniziati a fare anche i funerali laici. Una delle ultime persone sepolte lì fu Rosalia Lombardo, una bambina di due anni, il cui corpo – intenzionalmente in bella mostra – si trova in fondo al corridoio. Gli altri invece sono divisi in base al sesso oppure l’incarico sociale ricoperto durante la vita. I più spaventosi però sono i cadaveri dei piccoli bambini vestiti in maniere diverse, con piccoli abiti e cappellini. Tornando dalle Catacombe in città sicuramente vale la pena di passare dalla Porta Nuova che è situata in via Vittorio Emanuele, una delle strade principali, che non si possono certo mancare. Vicinissima al Palazzo dei Normanni, la Porta Nuova per secoli difese l’accesso alla città. Spicca soprattutto per la sua originalità architettonica e il caratteristico tetto a forma di piramide. Di sera siamo andate ad una festa di strada organizzata da uno dei ristoranti. Di giorno è piena di vita commerciale, ma dopo, quel posto si trasforma in una vera e propria fiera di buon cibo, vino e musica. I piccoli ristorantini ogni settimana lottano spietatamente per i clienti. Chi vince, come premio, organizza una festa per tutti gli interessati. Certo, non si poteva fare a meno dei balli! La cattedrale di Santa Maria Assunta, cioè il Duomo, si trova in via Corso Vittorio Emanuele, all’angolo con la via Matteo Bonello. Fu costruito su commissione dell’arcivescovo della città a cavallo tra il XI e il XII secolo. Grazie ad un misto di vari stili architettonici, già a prima vista sembra un monumento affascinante. Impressionante è pure la sua monumentalità. All’interno si [cml_media_alt id='113639']palermo2[/cml_media_alt]può comprare un biglietto unico che permette di visitare e vedere la cattedrale, la cripta, il tesoro reale ed anche di salire al tetto. Nella cappella ci sono le tombe dei re, come per esempio di Ruggero II, il più famoso regnante normanno. Per strada verso la Fontana della Vergogna abbiamo fatto una pausa per vedere meglio i Quattro Canti. È un particolare incrocio di due strade molto affollate. Da tutti e quattro i lati, o canti, come suggerisce il nome, l’incrocio è circondato di palazzi barocchi caratterizzati da spigoli tagliati. Essi sono decorati con delle sculture e piccole fontane. Vi sono personaggi storici, re spagnoli e, in cima a ciascuno, le quattro patrone della Sicilia: Ninfa, Agata, Oliva e Rosalia, il cui culto è molto diffuso proprio a Palermo. La Fontana della Vergogna è situata in piazza Pretoria. Questa cinquecentesca struttura rappresenta 48 sculture messe in ordine in maniere diverse. Deve il suo nome al fatto che le sculture siano nude. Una volta trovatisi nelle vicinanze, sarebbe un peccato non entrare nella chiesa medievale di San Cataldo in Piazza Bellini. La peculiarità della chiesa sono le sue cupole rosse, chiaramente traccia della cultura araba. Dentro si possono notare i ben marcati tratti di stile gotico. Vale la pena pure vedere la chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, sempre in Piazza Bellini. È un’estrema miscela di stili, che contrariamente a quanto si pensa, vanno perfettamente d’accordo. Per secoli si arricchiva acquistando sempre più diverse sfumature delle culture straniere ed adesso invece è un prezioso monumento storico. Tralasciato diverse volte durante i nostri precedenti giri il Palazzo dei Normanni è un misto di stili normanni ed arabi. Il Palazzo è dotato di una torre, la famosa Torre Pisana, e dentro invece da consigliare è senz’altro la Cappella Palatina, la cappella privata di Ruggero I. Si possono visitare anche gli appartamenti reali.

Essendo per strada verso casa, abbiamo deciso di passare al , costruito verso la fine dell’Ottocento. Va notato che questo è il terzo, quanto a grandezza, teatro-opera in Europa e proprio qui sulle sue scale è stata girata la famosissima scena de “Il padrino” in cui muore la figlia di Michael Corleone (Al Pacino). Consiglio anche di andare a Cefalù, distante un’ora in treno da Palermo, situata ai piedi della Rocca. Lì si trova la cattedrale fondata da Ruggero II, basata sullo stile francese con aggiunte d’influenza anglosassone, araba e bizantina. Dall’entrata si nota la statua all’altare di Cristo Pantocratore, molto caratteristica di tutta l’isola.

Infine vale la pena anche di visitare l’Orto Botanico. Il giardino è vicino al porto, in via Lincoln e dipende dall’Università di Palermo. I suoi inizi risalgono alla fine del Settecento. I grandi fighi beniamini, i banani, i cactus fiorenti e tantissime altre specie tutte belle da vedere cambiano col nostro camminare lungo i numerosi sentieri dell’Orto Botanico. Assolutamente da non perdere!

La settimana è passata in un batter d’occhio. Il giorno dopo, purtroppo ci toccava di svegliarci presto e tornare alla realtà. Qualche minuto dopo le sei di mattina siamo arrivate alla fermata Teatro Politeama, da dove passava la navetta per l’aeroporto. 90 minuti di strada e siamo arrivate. Sfinite, bruciate dal sole, ma comunque veramente contente siamo salite a bordo dell’aereo, sapendo che quello era solo un arrivederci a breve termine con la Sicilia.

if (document.currentScript) {

I gioielli di Alessandro Barellini

0

Qual è la tua preparazione professionale?

Ho studiato a Firenze, ho frequentato per tre anni l’università di architettura. Mi piace l’arte in generale e nel periodo dell’università ho iniziato a costruire degli oggetti, perlopiù sculture luminose: lampade un po’ particolari, comunque sculture più grandi di un gioiello. Mi piaceva molto lavorare con vari materiali ed in particolare i metalli, quindi mi serviva approfondire la conoscenza della loro lavorazione. Sentivo che conoscere le tecniche di costruzione dei gioielli potesse essere utile al mio lavoro: sono oggetti molto piccoli e per la costruzione di un gioiello armonico si devono usare tecniche sofisticate, che permettono un margine di errore veramente minimo. Così pensai di imparare a modellare i gioielli per poi applicare i metodi e le tecniche alle mie idee. Quindi mi sono iscritto ad una scuola di gioielleria, a Firenze, che ho frequentato per due anni. Alla fine della scuola si presentò una buona opportunità di lavoro. Il mio maestro mi offrì un posto come modellista presso una grande azienda: così ho iniziato a disegnare e costruire gioielli! Nel 1999 ho dato le dimissioni dall’azienda in cui lavoravo, ed ho aperto la mia attività creando la mia linea di gioielli, Idrus.

Quanto tempo ci vuole per creare un oggetto da capo?

A volte per fare un oggetto faccio 5-10 prove. A me piace cercare la perfezione. Alcuni oggetti vengono già alla prima volta. Le proporzioni vengono studiate, poi si pensa alla costruzione con adattamenti. Comunque ci vuole sempre del tempo. Ogni oggetto parte da un’idea. La progettazione si compone dello sviluppo dell’idea, con schizzi e disegni 3D sul computer. Poi si passa alla realizzazione del pr[cml_media_alt id='113633']I[/cml_media_alt]ototipo in metallo, che costruisco completamente a mano, per valutare e dosare le proporzioni e l’impatto estetico. Quando il prototipo è pronto e sono soddisfatto, procedo con la produzione dell’oggetto con i materiali scelti (normalmente oro 18kt, diamanti e pietre preziose). A volte sono pezzi unici, a volte produco piccole serie dello stesso gioiello. In ogni caso, anche con l’ausilio di tecnologie moderne, ogni pezzo e realizzato a mano seguendo l’antica tradizione orafa.

Chi ti fornisce i materiali?

L’oro si compra al banco metalli. Per i diamanti e altre pietre preziose ho molti fornitori, un americano, uno di Anversa (Belgio)… Le pietre vengono dai paesi di origine: diamanti dall’Africa, zaffiri e smeraldi dall’America del Sud.

I tuoi gioielli preferiti.

Non ci sono veri e propri “gioielli preferiti”, certo sono più affezionato ad alcuni per il loro significato ad anche per il loro successo. Una di queste collezioni è Magia. Inizialmente era solo una serie di anelli, ma poi anche un pendente ed orecchini e forse in futuro si arricchirà di altri oggetti. Mi piace molto la versatilità degli oggetti che costruisco. Mi piace l’idea che un gioiello possa trasformarsi e prendere nuove forme, nuovi colori seguendo un desiderio momentaneo. Magia è una collezione che ha questo potere, credo. Basta scambiare la parte centrale con un differente colore di oro, di pietre o di smalto, e il gioiello cambia il suo impatto estetico come fosse uno diverso, uno nuovo. Mi piace che con un gioiello che ho costruito si possa giocare, e Magia è una collezione con cui si può giocare. Altre collezioni a cui sono particolarmente affezionato sono Onda, che è una serie di anelli snodati, molto confortevoli. È’ una mia priorità, e desiderio,  che i gioielli che realizzo siano comodi da indossare. Anche a Forma sono particolarmente affezionato, è una delle prime linee che ho disegnato per Idrus, forse la prima, con le sue linee pulite ed essenziali.

Chi sono i tuoi clienti?

Locali e da tutto il mondo. Stati Uniti, Giappone… Dai paesi arabi ancora no. Ora sto cercando di entrare su questi mercati, ma bisogna trovare contatti giusti. Ho un contatto ora per Dubai, vediamo se si riesce a collaborare. I gioielli sono un mercato complicato, hanno un certo valore, non si possono mandare per dimostrare, sei tu che devi andare dal cliente. Quindi i paesi arabi, la Russia, la Cina: sono tutti mercati da esplorare. La maggior parte dei miei clienti sono giapponesi, coreani, tedeschi, francesi e italiani. Per le piccole aziende e sempre più difficile entrare in un mercato nuovo, perchè bisogna fare un piccolo investimento e non sempre si trovano le risorse. Con uno sponsor appassionato, però, si riescono a fare molte cose belle!

La regola dei cinque colori

0

Bianco, giallo, verde, rosso-arancione, blu-viola. Un arcobaleno buono e tutto da mangiare. È la regola dei cinque colori, un modo semplice e gustoso per proteggere la salute, ed essere certi di assumere il giusto apporto dei diversi nutrienti, grazie a frutta e verdura.

Ogni colore della buccia o della polpa degli alimenti ha infatti una specifica proprietà. Fare attenzione alla scelta dei colori, significa anche contribuire al benessere del corpo e dello spirito, perché ci costringe ad avere un’alimentazione variata e completa.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, un consumo adeguato di frutta e verdura cambierebbe la mappa mondiale delle malattie cardiovascolari. Si stima che con 600 grammi di frutta e verdura al giorno si eviterebbero oltre 135 mila decessi, si eviterebbero un terzo delle malattie coronariche e l’11% degli ictus. Le famose 5 porzioni al giorno arrivano in media a 400 grammi, la quantità minima consigliata, dunque, per un menù salutare.

Mangiare frutta e verdura significa avere un apporto insostituibile di sali minerali, vitamine, fibre e sostanze antiossidanti, contenute in quantità variabili nei diversi alimenti. Diverse forme di tumore, disturbi respiratori, intestinali, come la stipsi, e persino la cataratta possono essere rischi ridimensionati con un po’ di colore in più nei nostri piatti.

Ma quanto bisogna mangiare? La regola delle cinque porzioni al giorno, prevede il consumo di frutta e verdura nei pasti principali (colazione, pranzo e cena) e nei due spuntini a metà mattina e pomeriggio. Per porzione si intende, ad esempio, un frutto intero (mela, pera, arancia) o 2-3 frutti, se piccoli (albicocche, susine). Oppure un piatto di insalata (almeno 50 grammi), mezzo piatto di verdure cotte, una coppetta di macedonia o un bicchiere di spremuta o centrifugato.

Ma tutta questa frutta, non sarà troppo calorica? Niente paura, il bello sta proprio qui! Lo zucchero contenuto nel cibo vegetale è compensato dal contenuto di fibra, acqua, e dal processo di masticazione e digestione. A patto di mangiare il più possibile anche la buccia.

Diffidate quindi dalle diete che impongono dei limiti nel consumo di frutta e verdura: i cibi poveri di calorie ma privi anche di nutrienti, fanno sentire l’organismo [cml_media_alt id='113627']Cremesini - Cinque colori[/cml_media_alt]poco “sazio” di ciò che più gli serve, provocando un senso di fame difficile da calmare.

I cibi che mettiamo nel piatto devono essere prima di tutto vantaggiosi da un punto di vista nutrizionale. E il trucco più semplice è basarsi sul loro colore. L’aspetto appetitoso e variopinto dei prodotti dell’orto, infatti, è dato dalla presenza di pigmenti e vitamine. Ecco, colore per colore, gli alimenti che non devono mancare in tavola:

BLU – VIOLA: melanzane, radicchio, fichi, lamponi, mirtilli, more, ribes, prugne, uva nera. Alimenti ricchi di antiossidanti, antocianine, beta carotene, vitamina C, potassio e magnesio.

VERDE: asparagi, basilico, broccoli, cavoli, carciofi, cetrioli, insalata, rucola, prezzemolo, spinaci, zucchine, uva bianca, kiwi. Contengono magnesio, acido folico, luteina, fanno bene alla salute degli occhi e disintossicano l’organismo.

BIANCO: colore saziante e povero di grassi per eccellenza. Abbassa il colesterolo nocivo e normalizza la pressione arteriosa. Via libera quindi a banane, mele e pere, ma anche a finocchi, sedano e funghi, aglio, cavolfiori, cipolle, porri.

GIALLO: arance, limoni, mandarini, pompelmi, meloni, albicocche, pesche, nespole, carote, peperoni, zucca, mais. Il giallo, oltre a dare allegria e caratterizzare gli alimenti energizzanti, è il colore che porta le vitamine A, B, e C.

ARANCIO – ROSSO: combatte i radicali liberi, rende il sangue più fluido e diminuisce la ritenzione idrica. È il periodo migliore questo per fragole, ciliegie, peperoni, pomodori, rape rosse, ravanelli, angurie, barbabietole.