
Cosa si nasconde nei nostri pensieri? Chi vive davvero nella nostra testa? La persona pazza, la persona romantica, la persona passionale, la persona razionale? Oppure c’è una bella folla nella nostra mente? Nel suo nuovo film “Follemente”, che uscirà nelle sale cinematografiche in Polonia il 4 luglio distribuito da Aurora Films, il regista e sceneggiatore Paolo Genovese parla di relazioni interpersonali e di diverse personalità che abitano la nostra mente.
I protagonisti del film sono Piero e Lara. Il loro primo appuntamento provoca in tutti e due un comprensibile stress. Entrambi vorrebbero mostrare il loro lato migliore ed evitare scivoloni, che sono frequenti in situazioni di nervosismo, ma anche conoscere i pensieri e intuire i desideri dell’altra persona. Genovese guarda nel profondo dei suoi personaggi e cerca di capire e mostrare le loro paure, insicurezze, desideri. Tutte le sfaccettature delle nostre personalità vengono alla ribalta, discutendo, litigando e cercando di convincere le altre di avere ragione. Ne viene fuori un caos affascinante che non è sempre facile da domare. Nel cast vediamo: Pilar Fogliati, Edoardo Leo, Emanuela Fanelli, Maria Chiara Giannetta, Claudia Pandolfi, Vittoria Puccini, Marco Giallini, Maurizio Lastrico, Rocco Papaleo e Claudio Santamaria.
Dove nasce l’idea di questo film?
L’idea è sempre difficile da capire. Ho pensato a questo film nel 1999, 25 anni fa. Avevo fatto degli spot per la Rai, dove il concetto era: in ogni abbonato ce ne sono tanti, cerchiamo di accontentarli tutti. Questi spot rappresentavano l’abbonato Rai che aveva nella testa tanti personaggi. Ognuno voleva fare cose diverse e non era mai soddisfatto. E lo spot diceva: “I programmi RAI soddisfano tutte le tue personalità”. Poi questa idea è rimasta lì per anni. Un po’ di tempo fa mi è venuto in mente di raccontare un primo appuntamento e di preciso che cosa succede nella nostra testa, overo emozioni, paure, debolezze, cosa dire, cosa fare. Mi sembrava bello raccontare tutto in una serata e allora abbiamo provato a scriverlo.
Non è che oggi, riparandosi dietro le applicazioni, tendiamo piuttosto a nasconderci e non far vedere tutte queste nostre personalità con cui conviviamo
Sì, è vero. Proprio per questo mi sembrava interessante far vedere un incontro reale e la necessità di dover rispondere d’istinto senza pensarci troppo. Oggi con le applicazioni tipo Tinder, Instagram, Facebook, hai tutto il tempo che vuoi per pensare che cosa rispondere, per dare la migliore versione di te. Invece nella vita vera non hai tutto quel tempo. Ed è bello vedere come molto velocemente si prende una decisione, che può essere anche sbagliata, però almeno è istintiva e vera.
Sì, così fai vedere il tuo lato più sincero.
Non è mai così sincero, perché comunque un filtro c’è. Però almeno non è che stai lì ore prima di rispondere.
Forse potrebbe essere anche un incoraggiamento ai giovani che fanno fatica a confrontarsi con gli altri e soprattutto a far vedere questo loro lato più debole, più vulnerabile.
Sì, perché questo è un film comunque positivo che vuole dare il messaggio che un incontro dal vivo è emozionante nonostante le paure. Quindi il chiudersi dietro il diaframma di uno schermo, di un app dove ti senti più sicuro a iniziare i rapporti perché hai una rete di protezione ti toglie la possibilità di sentire un ventaglio di emozioni e metterti davvero alla prova.
Avete deciso subito che tipi di personalità volevate esaminare?
Tutti abbiamo dentro diverse personalità con cui conviviamo. Con gli sceneggiatori abbiamo voluto trovare le quattro caratteristiche che sicuramente hanno tutti. Quindi la razionalità, l’istinto sessuale, la parte romantica e la parte folle. Ci sembrava che queste quattro personalità fossero comuni a chiunque.
Il film rende perfettamente questo caos che abbiamo in testa. Come avete lavorato sul set per coordinare tutto e avere il feeling anche tra gli attori.
Sai, è un lavoro articolato. Prima di tutto è un lavoro di scrittura, devi essere convinto che la sceneggiatura funzioni. Abbiamo lavorato tanto con gli attori sul set. Questo è stato un po’ difficile perché nel film si vede tutto insieme, ma noi abbiamo girato le scene separatamente, quindi gli attori, delle due teste che interagivano, rispondevano a qualcosa che non vedevano. E gli attori, i due protagonisti, mentre recitavano avevano delle voci che non sentivano, quindi è stato abbastanza difficile. Però mi pare che abbia funzionato.
Durante la scrittura, per te è più importante la parte delle battute o della comicità situazionale?
Sicuramente la comicità situazionale, che è la più difficile, perché capisci se funziona solo quando vedi il film con il pubblico. Le battute, io non sono uno scrittore di film comici però la battuta più o meno capisci se fa ridere o meno. La situazione è una cosa che costruisci pezzo per pezzo, fai un patto con lo spettatore, perché a differenza della battuta che è finita, nella situazione c’è una parte di elaborazione da parte del pubblico, che se non la capisce, non elabora, non ride, per questo è più difficile da costruire.
E su quali registi ti ispiri quando pensi alla comicità?
È difficile avere proprio un’ispirazione, perché poi ogni storia ha la sua formula. Però ti posso dire che il tipo di comicità che a me piace molto, che è di situazione e di parole, è quella di Woody Allen.
Quando lavori con gli attori li lasci liberi o vuoi che siano fedeli al copione?
Gli attori non vanno lasciati liberi. Secondo me la cosa più importante in un film è la sceneggiatura. Se sei convinto che la sceneggiatura funzioni devi riprodurre esattamente quello che tu hai scritto, quello che tu hai in testa. Non devi permettere a nessuno di deviare, perché non è detto che funzioni. Quindi io di solito sono abbastanza severo sulla sceneggiatura. Quello che ho scritto lo voglio. Poi si può aggiungere, ma mai sostituire o cambiare. Poi se un attore ha un’idea, una battuta, va bene, però è sempre qualcosa in più, così che poi al montaggio posso scegliere.
La musica invece come la scegli? Mi è piaciuta l’idea della canzone “Somebody to love” dei Queen cantata da tutti. È molto bella, sembra un inno di tutta la storia. Come mai questa scelta?
Guarda, quella è stata una scelta che è venuta veramente all’ultimo, pochissimo prima di iniziare le riprese. Perché insomma, il concetto di questo film è entrare nella testa e vedere cosa succede in diverse situazioni. Mentre è stato, non dico facile, ma insomma, più facile, forse, trovare cosa succede quando ti dimentichi una parola, quando sei imbarazzato, quando non sai cosa dire, eccetera. Alla domanda cosa succede quando finiamo di far sesso… Non ci veniva in mente niente.
I film raramente mostrano che cosa succede dopo il sesso.
Raramente, o solo il momento quando alla fine veniamo. Quindi noi volevamo trovare qualcosa che funzionasse, che non fosse banale, volgare o già visto. Siamo arrivati quasi a inizio di riprese quando, per caso, ho sentito questa canzone in macchina. Aveva qualcosa di liberatorio, di trionfale e allo stesso tempo anche qualcosa di divertente e ironico. Ho detto: ecco, potrebbe essere questo, potrebbe essere che loro attraverso una canzone si liberano. Però lo devi costruire. Quella canzone funziona perché tu hai un crescendo fino a quel punto in cui anche il pubblico reagisce. In Italia molto spesso in quel momento battono le mani. Perché anche il pubblico si libera insieme agli attori.