Trani, la città con la cattedrale sul mare

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Trani, una delle pittoresche e caratteristiche cittadine pugliesi affacciate sul mare a circa 50 km a nord di Bari, è una meta turistica molto apprezzata e affascinante sia per la bellezza paesaggistica sia per il suo patrimonio storico-artistico.  La città deve senza dubbio la sua grande notorietà alla bellissima Cattedrale di San Nicola Pellegrino,  uno degli esempi più significativi dell’architettura romanica in Puglia. Progettata in una posizione scenografica, su una splendida e ampia piazza affacciata direttamente sul mare, testimonia  ancora oggi lo splendore della Trani medioevale. La Cattedrale è costruita con la particolare pietra di Trani, una varietà di tufo calcareo dalle tonalità che vanno dal bianco al rosa chiaro che al tramonto assume sfumature calde e affascinanti. Altrettanto famosi sono il campanile duecentesco alto 59 metri che domina tutta la zona costiera e il ricco portale chiuso dalla porta bronzea di Barisano da Trani del 1179. L’attuale porta è una copia dell’originale che, dopo il restauro, è conservata e visibile all’interno. Di fronte alla cattedrale è situato il Castello Svevo,  risalente al 1233 e edificato su un banco roccioso per proteggere la città  da eventuali assalti dal mare. Anticamente un fossato, forse di origine naturale, lo separava  dalla terraferma. Il castello venne poi modificato in epoca angioina e usato come carcere nell’Ottocento. Il porto di Trani è stato in passato uno dei porti principali e più importanti della Puglia crocevia delle rotte commerciali tra Oriente e Occidente. Ogni giorno molti pescatori con le loro bancherelle affollano la banchina e si attardano fino a sera a vendere il pesce appena pescato. In estate l’arrivo di numerose imbarcazioni da tutto il mondo lo fanno diventare un vero e proprio albergo sull’acqua a testimonianza che l’insenatura naturale sulla quale si erge maestoso il campanile della “Regina delle Cattedrali di Puglia” risulta ammaliante con il suo fascino storico e naturale. Percorrendolo con lo sguardo si può godere di una visuale suggestiva, quella che fa amare al turista questa città: la sfilata di bellissimi pescherecci a sinistra dai colori intensi e dai nomi evocativi, e la distesa di barche da diporto a destra, entrambi segnali di un mare “abitato”, di un porto funzionante e attrezzato, di una città che ancora guarda al mare, pur senza l’onere di una supremazia da affermare e da difendere. Merita una visita anche il Palazzo Antonacci Telesio. Edificato nel 1761 dalla famiglia Antonacci passò poi per successione ai duchi Telesio che tuttora lo abitano. Con la facciata principale rivolta verso il porto sulla odierna Piazza Quercia, dopo la demolizione delle mura federiciane nel 1845 ha subito un ampliamento sul lato est ad opera dell’architetto Luigi Castellucci di Bitonto; lo stesso architetto  adeguò pure la facciata di Piazza Quercia allo stile neoclassico. Il palazzo ospita al suo interno il Marè Resort, un lussuoso albergo, e il suggestivo Museo delle Carrozze dove si può ammirare una raccolta di 33 carrozze ottocentesche, appartenenti per lo più alla famiglia Telesio, oltre a finimenti e divise da cocchiere. Raccolta importante in quanto illustra l’abilità artigianale dell’epoca e fa rivivere la storia di un’intera classe sociale e di tutti coloro che per essa operavano. Lasciato il porto  ci si addentra verso il borgo antico e percorrendo vicoli e stradine caratteristiche si arriva al quartiere della Giudecca che testimonia l’incontro, agli inizi dell’anno mille, della storia di Trani  con quella del popolo ebraico. “In due giorni di viaggio arrivai a Trani, situata in riva del mare; grazie alla comodità del suo porto, Trani è luogo di raccolta dei pellegrini diretti a Gerusalemme; è una città grande e bella, abitata da circa 200 ebrei con a capo rabbi Eliah, rabbi Nathan il commentatore e rabbi Yaaqov”.

Questi appunti annotava nel suo diario di viaggio il grande Chacham (dottore della Legge ebraica) Beniamin da Tudela giunto a Trani nel 1165. A Trani confluirono ben 6 diaspore: gli Ebrei d’Israele fatti schiavi da Tito, gli Ebrei di Venosa cacciati dai Saraceni nel IX sec., gli Ebrei in fuga dalla Spagna islamica degli Almohadi, gli Ebrei scampati al furore antiebraico della crociata tedesca di Worms e Magonza del 1096,  quelli in fuga da Bari distrutta nel 1156 da Guglielmo I il Malo e quelli espulsi dalla Francia di re Filippo Augusto e giunti a Trani verso il 1182. Grazie alla concessione degli Svevi nel 1155 gli Ebrei tranesi vivevano nella Giudecca a pochi passi dal porto e dalla cattedrale. Il porto di Trani era a quell’epoca molto più incavato nella città e  dalla via che porta alla chiesa di Ognissanti si accedeva a un diaframma urbano tuttora conosciuto come La Galera, usata dai marinai per far stazionare i galeotti rematori. Un intero quartiere di vicoli e cortili a diversi piani con le terrazze contigue, praticamente l’una attaccata all’altra. Sembra che proprio  attraverso le vie di fughe sulle terrazze  i tranesi siano riusciti a salvarsi dagli assedi dei saraceni. Gli Ebrei tranesi si distinguevano anche nella colorazione dei tessuti e della lana, nella sartoria di classe e, non ultimo, nel diritto marittimo. Basti pensare che nel 1063 furono redatti a Trani gli Statuti Marittimi (tuttora internazionalmente validi) e, accanto al console cristiano Nicola de Roggero, gli altri due consoli firmatari erano gli ebrei Simone de Brado e Angelo de Bramo.

Ancora oggi Trani è il capoluogo ebraico della Puglia. La comunità ebraica si riunisce nella Sinagoga Scolanova mantenendo vivi gli antichi riti come quello della Hanukkah, la festa delle luci, che si svolge ogni anno a dicembre nella caratteristica piazzetta davanti al tempio. Non si può lasciare Trani senza aver scoperto e degustato la cucina tranese che utilizza ingredienti tipici della tradizione pugliese. Immancabile  il  tradizionale piatto patate, riso e cozze al forno, con l’aggiunta di cipolle, aglio, prezzemolo e, ovviamente, olio extravergine d’oliva, e poi la frittata di lampascioni, piccoli bulbi simili a cipolle usatissimi nell’Italia meridionale, e le sempre presenti orecchiette alle cime di rape, serviti nella variante tranese con tre alici e abbondante pepe.