
Testo e Foto: Alberto Mangili
Apertura delle danze giovedì 9, e gran finale quest’oggi, domenica 12 ottobre 2025, per l’ottava edizione del Festival dello Sport di Trento, uno degli appuntamenti più importanti d’Italia per quanto riguarda il mondo sportivo. La kermesse è organizzata dalla Gazzetta dello Sport (la “rosea” che presta anche il ben riconoscibile colore al tutto) e Trentino Marketing, con la collaborazione del Comune di Trento e della Provincia autonoma di Trento. Si tratta di una quattro giorni all’insegna totale dello sport, con decine e decine di appuntamenti al giorno con sportivi di spicco e figure di riferimento di varie discipline e contesti, dislocate in numerose location della città. Presenti in alcuni punti anche delle zone “gioco” per provare alcuni sport, come il curling o un simulatore per gli sci. Tornando ai nomi, come usuale, nella rassegna ve ne sono tanti grossi, veramente tanti, al punto da rendere pressoché impossibile non solo una selezione per citarne un po’ qui, ma anche la visione stessa degli eventi; banalmente per la contemporaneità spesse volte tra gli incontri, dovuta, ripeto, alla enorme, massiccia presenza di firme prestigiose in questo straordinario Festival. Allego la foto dunque della copertina della speciale edizione della Gazzetta dello Sport per l’occasione, e procedo a raccontare brevemente la giornata che io ho vissuto in loco, venerdì 10 ottobre, e gli eventi a cui ho assistito.
Una giornata iniziata prestissimo, con la sveglia alle 4.30, per essere nella città trentina in mattinata, con un sole irradiante, e iniziare da subito con un incontro legato forse al mio evento sportivo preferito, ossia il Giro d’Italia di ciclismo. Oltre al poter ammirare da vicino quella che è per me, qui senza dubbio alcuno, la concreta coppa sportiva più bella in quanto ad estetica, il “trofeo senza fine”, la presentazione al Palazzo della Regione è stata una vera e propria miniera di dati, per farla semplice, per mettere in luce la straordinarietà della 3 settimane di pedalate nel Bel paese e le decine, centinaia, migliaia di benefici ad esso legati, sul piano dell’export, dell’identità e di infiniti altri aspetti. In seguito mi sono spostato al magnifico Teatro Sociale di Trento, per una presentazione, a soli 118 giorni di distanza dal grande via, dei XXV giochi Olimpici Invernali di Milano – Cortina, in programma dal 6 al 22 febbraio 2026; senza dimenticare logicamente anche i Giochi paralimpici, schedulati per il periodo tra il 6 e il 15 marzo 2026 (seguirò questi importanti e storici eventi, e ve ne racconterò). Presenti tra gli altri l’ex Presidente del Coni Giovanni Malagò, e la pluri-iridata leggenda italiana del pattinaggio artistico Carolina Kostner. Anche qui ho avuto modo di osservare da vicinissimo ciò su cui tutti gli atleti sognano di mettere le mani, ossia le luccicanti e gloriose medaglie.
Pomeriggio poi dedicato al calcio, con due incontri con altrettante leggende di questo sport, ambedue iconici, ambedue campioni del mondo, in momenti e con compagini differenti, e strettamente legati all’Italia. Dapprima è stata la volta di Bebeto, brasiliano salito sul tetto del mondo nel 1994 con il suo Brasile, una squadra costellata di fenomeni e che ha conquistato la rassegna negli USA a spese proprio dell’Italia. Non ero ancora nato allora, ma ovviamente ho visto molte cose a riguardo. Alla Filarmonica Bebeto ha parlato in portoghese, e pur non padroneggiando io la lingua come lo spagnolo, non ho minimamente voluto considerare il fatto di ascoltare una “fredda” traduzione, ma ho voluto cogliere ogni emozione nelle sue parole, sincerità, sentimento, di un uomo straordinario, con un sorriso e un’umiltà da campione, del mondo, della vita. Ha raccontato proprio di quel rigore di Baggio, del rapporto con Romario (mai una sconfitta dei verdeoro in campo assieme) e Zico, fino ai giorni nostri, con anche parole per il neo tecnico del Brasile Ancelotti, tra i migliori (il migliore?) mister italiani di sempre. L’ultimo incontro invece con chi ci ha fatto sia piangere, ad Euro 2000, ma anche gioire, ai Mondiali 2006, ma nel complesso godere, per il suo oggettivo talento e gloria nel pallone: David Trezeguet. Ho sempre ammirato i grandi campioni, ritenendoli una fortuna e un favore complessivo al calcio in sé, indipendentemente dalla maglia indossata: Trezeguet rientra appieno in questa cerchia. Mio nonno era juventino e mia mamma anche tifa Juventus, squadra con cui Re David ha costruito dieci anni di (parte di) meravigliosa carriera, e ho ancora una sua maglietta bianconera che mi fu data da piccolo. Incredibile la risposta del pubblico presente a un gremito Auditorium Santa Chiara: dopo aver ascoltato per un’oretta la sua storia calcistica, molti si sono lanciati sotto al palco per strappare un autografo a un giocatore che, diciamocelo (non sono juventino, ripeto, sono sportivo), oggi forse manca e servirebbe come il pane, a chiunque.
Acquistati degli ottimi canederli da portare a casa al termine di una giornata all’insegna dello sport, ma non dimentichiamoci mai appunto la cucina e la sua ricchezza e peculiarità in ogni parte d’Italia, si torna alla base. Una piccola chiosa finale per l’indomani, sempre a proposito di sport, per un evento assolutamente imperdibile e che mi ha fatto propendere appunto per essere il venerdì a Trento, ossia Il Lombardia. Sabato 11 ottobre è infatti andata in scena la gara che chiude la grande stagione del ciclismo, la “Classica delle foglie morte”, per l’intuitiva collocazione temporale, e al passo di Ganda, dove mi sono goduto la gara, lo scenario autunnale era un tripudio di colori. A contribuire al quinto successo consecutivo di Tadej Pogačar è stato, come sempre quando partecipe, la leggenda polacca Rafał Majka, che quest’estate ho avuto modo di ammirare da vicino per una settimana nel Tour de Pologne. Per il campione biancorosso questa era l’ultima gara della carriera, prima di appendere la “bici al chiodo”, e dedicarsi in primis alla famiglia e, chissà, ad un probabile ruolo dirigenziale nel mondo ciclistico.