La storia dei Tarocchi. Un mito che sconfisse la realtà storica… tutta italiana

In questo periodo di grandi incertezze molti negozi di articoli esoterici hanno segnalato un aumento della domanda di mazzi di Tarocchi da parte di un pubblico in cerca di nuove modalità per conoscere il futuro. I Tarocchi, ovvero lo strumento di divinazione più conosciuto del mondo, sono oggi tanto diffusi quanto misteriosi. La loro storia è piena di segreti, leggende e miti che facilmente legano queste carte alle persone e ai posti più improbabili.

Il primo mito riguarda l’uso di queste carte: esse si diffondono in tutta Europa originariamente come carte da gioco e solo dopo, nei secoli XVI e XVII, come pratica divinatoria, ovvero l’arte di indovinare il futuro. Il secondo falso mito, tra l’altro estremamente diffuso, è che queste carte provengano originariamente dall’antico Egitto e/o dalla cultura ebraica cabalistica, mentre la verità è completamente diversa. L’origine dei Tarocchi è da ricercare… in Italia, più precisamente nelle corti padane rinascimentali. E nonostante vi siano alcuni documenti storici che fanno presagire che carte simili ai Tarocchi girassero in Europa già a partire dal Medioevo, i mazzi più antichi giunti fino a noi sono nati presso la corte milanese della famiglia Visconti intorno agli anni Quaranta del Quattrocento.

Il gioco dei Tarocchi, chiamato originariamente trionfi (ispirandosi al poema I Trionfi di Petrarca), nasce quindi in epoca rinascimentale come gioco presumibilmente di memoria che raccoglieva immagini care all’aristocrazia dell’epoca: le divinità greche, le virtù cristiane, gli astri celesti e le allegorie delle condizioni umane a scopo didattico e morale. L’aspetto ludico però ebbe il sopravvento su quello educativo nel corso del Cinquecento, testimoniato anche dal cambio del nome da trionfi a tarocchi.

L’invenzione del gioco è attribuibile al principe bolognese Francesco Antelminelli Castracani Fibbia nei primi decenni del Quattrocento, ma la sua diffusione nelle corti avvenne solo nelcorso degli anni Quaranta di quel secolo. Le carte creavano numerose occasioni di svago come il componimento di sonetti elogiativi, scherzosi e perfino satirici o di conversazioni che avevano come tema il soggetto della carta. È interessante che la dinamica del gioco doveva comunque essere molto ingegnosa e complessa perché permise alle carte di salvarsi dalla severa legislazione che proibiva i giochi d’azzardo.

A parte le dinastie dei Visconti e degli Sforza (tra i mazzi più celebri, ancora oggi presi a modello, vi è infatti il mazzo Visconti-Sforza), anche la famiglia d’Este si interessò molto al gioco dei tarocchi rendendo la città di Ferrara nella seconda metà del Quattrocento il più grande centro di produzione di queste carte. Un secolo dopo, come sostengono alcuni storici dei Tarocchi, i primi mazzi arrivarono in Polonia sotto la reggenza di Sigismondo il Vecchio e la regina Bona Sforza. Presso le corti i Tarocchi non erano solo intrattenimento, ma anche oggetti di prestigio unici commissionati a rinomati pittori. Alcuni mazzi immortalavano perfino eventi importanti per la storia familiare o ritraevano figure ispirate a personaggi della corte. Tra le carte più belle dell’epoca rinascimentale, spesso decorate con oro, si ricordano soprattutto quelle dipinte da Bonifacio Bembo per il duca di Milano Filippo Maria Visconti e in seguito per Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti.

La versione moderna dei Tarocchi è composta da 78 carte: 56 carte a seme italiano, ossia Coppe, Denari, Spade e Bastoni, numerate da 1 a 10 a cui si aggiungono le figure di Fante, Cavaliere, Re e Regina e da 22 carte illustrate (chiamate originariamente trionfi) anch’esse numerate e ispirate a figure allegoriche di origine medievale: Il Matto (0), Il Bagatto (I), la Papessa (II), l’Imperatrice (III), l’Imperatore (IV), il Papa (V), gli Amanti (VI), il Carro (VII), la Giustizia (VIII), l’Eremita (IX), la Ruota della Fortuna (X), la Forza (XI), l’Appeso (XII), la Morte (XIII), la Temperanza (XIV), il Diavolo (XV), la Torre (XVI), la Stella (XVII), la Luna (XVIII), il Sole (XIX), il Giudizio (XX) e il Mondo (XXI). In ambito esoterico le prime 56 carte prendono il nome di Arcani Minori e le successive di Arcani Maggiori.

Mentre il termine trionfi, come abbiamo già menzionato, trova la sua origine nel poemetto di Petrarca, il termine “tarocco” con cui a partire dal Cinquecento si identifica il gioco, ha un’origine ancora molto dubbia. Le interpretazioni più diffuse e conosciute sono state proposte da occultisti. Tuttavia risultano essere fasulle, basandosi non su ricerche filologiche e storiche, ma su assonanze fonetiche totalmente casuali allo scopo di confermare le ipotesi, anch’esse false, riguardo le presunte origini di queste carte. Oggi la ricerca ha individuato che il termine “tarocco” deriva dalla carta del Matto definito nel 1500 tarochus. Un’altra ipotesi, che non esclude la prima,è legata al termine altercare dell’italiano antico, poi diventato altarcare e usato dai giocatori per indicare la risposta con una carta di maggior valore al gioco di un avversario. È proprio da questa parola che deriverebbe il termine “taroccare”, ovvero “contraffare” o “barare”, presente nell’italiano moderno.

Nei libri dedicati alla curiosa origine di queste carte appaiono nomi dei più grandi personaggi della storia europea. Vi sono re e regine, maghi e esoteristi, poeti come Dante o Petrarca, ma anche Giacomo Casanova, vi sono cartomanti francesi, il papa Alessandro VI Borgia e il domenicano Girolamo Savonarola che, prima di essere bruciato, bruciò le carte nel famoso “falò delle vanità”, vi è il fondatore dell’occultismo Aleister Crowley, ma anche Salvador Dalí con un mazzo realizzato interamente da lui. Riassumendo, tra quelli che hanno contribuito alla creazione della storia dei Tarocchi vi sono rappresentanti del Bene e del Male, santi e peccatori, uomini e donne, re, cortigiani e gente comune. A guardare attentamente si ha come l’impressione che tutti loro potrebbero finire per formare una sorta di Arcani Maggiori e Minori il cui messaggio universale si ripete all’infinito.

illustrazioni: Kornelia Władzińska