Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl
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Secondo quanto riporta il quotidiano Gazeta Wyborcza, il colosso dell’e-commerce americano Amazon potrebbe finalmente entrare nel mercato polacco a partire da quest’anno. Il quotidiano cita fonti che confermano che la società è “in trattative avanzate” con Poczta Polska, il servizio postale pubblico, che avrebbe già superato “i test di qualità” di Amazon. Finora i polacchi che hanno voluto usufruire del portale di vendite online hanno dovuto fare ricorso al sito tedesco, disponibile anche in lingua polacca dal 2016, ma dovendo far fronte anche ad alti costi di spedizione. Sbarcare ufficialmente in Polonia migliorerebbe il servizio per i compratori polacchi, ma anche per i venditori. In Polonia Amazon possiede già 7 centri di distribuzione (e un ottavo in costruzione), un centro di sviluppo a Danzica e un ufficio che si occupa di servizi web a Varsavia. Il totale dei dipendenti in Polonia è di 16 mila unità.
Se è vero che Amazon arriverà in Polonia quest’anno, la notizia preoccupa ovviamente la principale azienda di e-commerce del paese, ovvero Allegro. Fondata nel 1999, Allegro è posseduta da 3 equity fund privati basati a Londra e nel 2018 ha generato ricavi pari a 1,68 miliardi di zloty. Gazeta Wyborcza suggerisce che l’alleanza tra Amazon e le poste polacche possa servire alla prima per cercare il favore del governo di Varsavia, sensibile a futuri sostegni a Poczta Polska.
Lo scorso 31 gennaio ha debuttato all’ Opera Baltica di Danzica sotto la bacchetta di Massimiliano Caldi, Don Bucefalo geniale melodramma buffo di Antonio Cagnoni, già diretto e inciso da Massimiliano Caldi in CD (Dynamic) in prima esecuzione “moderna” al Festival “Valle d’Itria” nel luglio 2008.
Già allora l’opera aveva riscosso un grande successo e grazie alla collaborazione tra Massimiliano Caldi e l’amico e direttore d’orchestra brasiliano José Maria Florèncio, direttore Artistico dell’Opera Baltica anch’egli attivo da tempo in Polonia, è stata rappresentata in “prima polacca” il 31 gennaio scorso.
Travolgente melodramma buffo di metà Ottocento, Don Bucefalo si inserisce nel ricco filone dei soggetti legati alla satira sul teatro in musica. Composto da un giovanissimo Antonio Cagnoni – aveva solo 19 anni – come saggio del suo cursus studiorum al Conservatorio di Milano nel 1847, il successo di quest’opera fu clamoroso. Crebbe e durò per tutta la vita del compositore e del grande basso Alessandro Bottero, che nel ruolo di Don Bucefalo si specializzò in trovate e improvvisate.
A curare la regia è stato Paweł Szkotak, grande esperto di opera buffa italiana e recentemente regista anche di una produzione di enorme successo de Il barbiere di Siviglia di Rossini, sempre all’Opera Baltica di Danzica.
Un grande trionfo, dunque, quello della “prima” che è stato riproposto l’1 e il 2 febbraio e anche il 14, 15 e 16 dello stesso mese e che ha visto una mole di lavoro incredibile: l’orchestra, i cantanti, il regista, tutto il cast al completo hanno provato ininterrottamente già da metà dicembre, con svariate letture dell’opera.
L’orchestra “ha funzionato” molto bene, Massimiliano Caldi è riuscito a trasmettere una grande armonia tra tutti i componenti tenendo conto della storicità del pezzo, della sua collocazione nel tempo, nonostante fosse la prima volta in cui il Maestro Caldi, l’Orchestra e il Coro dell’Opera Baltica si incontravano. Le numerose prove hanno permesso di creare con l’orchestra un tutt’uno, dimostrando cosi la profonda conoscenza della partitura che ha permesso di arrivare al cuore dell’opera, cercando nota dopo nota di comprendere appieno il messaggio del Don Bucefalo.
Un messaggio che si può definire una sorta di “bonaria (ma non troppo) denuncia” del mal costume e dell’anarchia a cui erano arrivati i teatri d’opera italiani a metà ‘800. Cagnoni, ad opera del librettista Calisto Bassi, affida a Don Bucefalo le parole che vorrebbe pronunciare lui stesso e condanna lo strapotere dei cantanti e degli impresari e la mancanza di chiarezza nel ruolo dei direttori d’orchestra e di teatro, che accettano le bizze ed i capricci delle primedonne, senza curare più la validità degli allestimenti. Fu d’altronde il motivo per il quale Rossini all’epoca si era già allontanato dai teatri per dedicarsi esclusivamente alla composizione di musica sacra.
La fatica è stata ampiamente ripagata: pubblico in piedi e congratulazioni al maestro Caldi, a tutta l’orchestra e al coro con applausi interminabili hanno reso l’atmosfera vibrante e piena di emozione.
In sala era presente fra gli altri S. E. l’Ambasciatore italiano Aldo Amati che ha presenziato, nel corso dell’intervallo, ad una conferenza su Antonio Cagnoni, tenuta dalla musicologa dott.ssa Mariateresa Dellaborra. La realizzazione della conferenza è stata possibile grazie all’intervento dell’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia, nella persona del dott. Roberto Cincotta, e del circolo culturale italo-polacco in Lombardia, nella persona della presidente dott.ssa Barbara Gluska Trezzani, anch’ella presente alla conferenza in qualità di traduttrice.
Danzica, Teatro dell’Opera Baltica
Antonio Cagnoni: “Don Bucefalo”
Artur Janda – Don Bucefalo
Joanna Moskowicz /Ewelina Osowska – Rosa
Aleksander Kunach – conte di Belprato
Liang-Hua Gong/Tomasz Tracz – Carlino
Bartlomiej Misiuda/Lukasz Motkowicz – Don Marco
Gabriela Golaszewska – Agata
Katarzyna Nowosad – Giannetta
Paweł Szkotak, regia
Damian Styrna, scenografia
Anna Chadaj, costumi
Orchestra e Coro dell’Opera Baltica di Danzica
Massimiliano Caldi, direttore
Tra i prossimi impegni del maestro Caldi c’è il 14 marzo presso lo studio S-1 il concerto con il pianista solista Maurizio Baglini, alla testa della Polska Orkiestra Sinfonia Iuventus a Varsavia. In quella occasione verrà eseguito un brano di Giorgio Battistelli (Sciliar) in prima esecuzione polacca, oltre a musiche di Rota, Verdi, Leoncavallo, Bellini e Puccini. Questo appuntamento cade quasi in occasione dei 20 anni dal suo primo concerto a Varsavia proprio nella stessa sala, il 9 aprile del 2000 e che arrivò in seguito alla vittoria del Primo premio assoluto nel dicembre del 1999 del Concorso Internazionale in direzione d’orchestra “G.Fitelberg”. Il 6 aprile dirigerà invece al Teatro dell’Opera di Varsavia un concerto sinfonico dedicato alle musiche di Nino Rota, in occasione dei 100 anni della nascita di Federico Fellini.
33 aziende vinicole di 7 regioni italiane si sono presentate alla IV edizione della “Borsa Vini Italiani” svoltasi lo scorso 6 febbraio a Varsavia. Una manifestazione, organizzata dall’ICE, che è stata aperta dall’ambasciatore Aldo Amati. “Registro con piacere i numeri del successo italiano in Polonia, nel settore vino siamo primi sia in volume esportato che in valore. Il segno che la crescita di potere d’acquisto delle famiglie polacche sta aiutando le nostre esportazioni,” ha dichiarato l’ambasciatore. Numeri esplicitati dal direttore ICE di Varsavia Antonino Mafodda: “la Polonia è in crescita economica costante da 15 anni, uno sviluppo che si riflette anche nello stile di vita e questo di conseguenza è un fattore positivo per i prodotti di qualità italiani. Nel settore vino le nostre esportazioni sono raddoppiate negli ultimi 5 anni e questo grazie all’accresciuta conoscenza del consumatore medio polacco, anche se purtroppo rimane la concorrenza forte di prodotti “italian sounding”, ovvero che portano nomi italiani ma sono prodotti altrove. Il mercato del vino in Polonia ha un alto potenziale, che riporta incrementi oltre il 5 per cento annuo, e che negli ultimi anni ha registrato un costante trend positivo, passando da 209 milioni di euro nel 2014 a 324,9 milioni nel 2019. Dal 2011 l’Italia si conferma primo fornitore di vini della Polonia, sia in valore che in volume, con una quota di mercato che secondo le stime ha raggiunto il 24,7 per cento nel 2019, per un valore complessivo di 80,2 milioni di euro”. Le imprese italiane provengono da: Abruzzo, Basilicata, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Queste le aziende presenti: Alberto Loi, Azienda Agricola Contesa, Cantina Fuschi, Cantina Pedres, Cantina Tani, Cantine Di Dolianova, Caruso & Minini, Cinquesegni, Collefasani Cantine, Colli Della Murgia, D’Alfonso Del Sordo, Dragone Vini Matera, Erminio Campa Viticoltore, Farro, Gruppo I Vinai, Il Feuduccio, Leonarda Tardi, Marchesi De’ Cordano, Menicucci Vini, Pasetti, Pepe Stefania Azienda Agri Bio Vitivinicola, Rosarubra, San Lorenzo Vini, Società Agricola Vasari, Summanera, Tenimenti Grieco, Tenuta Giustini, Tenuta Patruno Perniola, Tenute Martarosa, Tenute Soletta, Terrecarsiche1939, Torre Zambra, Vigneti Radica.
Jerzy Gruza è un artista versatile. Ha cominciato come regista di teatro televisivo, in seguito ci sono state le famose serie televisive come “Wojna domowa” e una serie cult che racconta un tipico polacco quarantenne “Czterdziestolatek” (1974, 1993). Gruza ha anche girato i lungometraggi: “Il picchio” (1970), “Trasloco” (1972), “Sono un farfallone ovvero una tresca del quarantenne” (1976). Dal 1983 è stato direttore del Teatro musicale di Gdynia dove ha diretto grandi spettacoli musicali tra cui “Il violinista sul tetto” (1984) in Polonia messo in scena per la prima volta. Ed è anche scrittore: “Quarant’anni sono passati come un giorno” (1998) e “L’uomo con attaccapanni. La vita professionale e sociale” (2003). All’ultimo Festival dei Film Polacchi di Gdynia ha ricevuto il premio per la carriera e ha divertito il pubblico con il suo brillante discorso.
Un uomo rinascimentale, si può dire, in qualsiasi settore abbia lavorato ha ottenuto successo. Il Maestro stesso dichiara quanto sia difficile per lui chiudersi in un mestiere solo.
C’è ancora qualcosa con cui ci può sorprendere?
Ho già girato parecchie serie tv che in modo caricaturale e divertente dimostrano i nostri difetti, adesso troverei difficile girarle di nuovo. Dovrei dichiararmi verso una parte politica e io sono piuttosto uno scettico e lamentone, questo potrebbe non piacere a tutti. Adesso qualsiasi cosa tu faccia ricevi subito un’etichetta politica. Nel corso del mio lavoro ho dovuto combattere con il partito, con il comunismo, con la burocrazia ma ogni volta mi confrontavo solo con uno schieramento, adesso la situazione è molto più complessa. Ma d’altra parte non riesco a non descrivere la realtà che mi irrita e fa ridere. Sono pieno di testi di conversazioni, incontri, dialoghi giovanili e vorrei pubblicarli.
Esiste un modo per salvare la cultura e separarla definitivamente dalla politica?
Sono abbastanza scettico per quanto riguarda l’attività musicale e cinematografica contemporanea. Non credo che la cultura sia libera di fare qualsiasi cosa oggigiorno. Creiamo le cose con tale velocità e in seguito siamo allagati con le cose scadenti tra cui è difficile trovare quello che ha veramente valore. Le perle muoiono sotto una valanga di chiasso informativo futile.
Allora torniamo ai classici, tra gli autori italiani ci sono quelli che l’hanno ispirata in modo particolare?
Nessun autore può ignorare i classici del cinema e della cultura italiana. Il Neorealismo mi ha influenzato parecchio, soprattutto i meravigliosi film come “Ladri di biciclette, “Miracolo a Milano”, “La terra trema” e molti altri. Grazie al professore Jerzy Toeplitz gli studenti del cinema avevano il contatto diretto con gli autori e produttori perciò queste opere ebbero un impatto non solo artistico ma anche personale su di noi. Influenzarono quello che pensavo e volevo fare nella vita. La realtà italiana di quell’epoca, i fatti della vita politica e pubblica erano molto stimolanti. Non era possibile vivere restando indifferenti alla cultura e società di quel paese.
Anche la letteratura polacca è piena delle influenze italiane iniziando dai classici e finendo agli autori odierni. I grandi autori polacchi, come Iwaszkiewicz e Herling-Grudziński, descrivevano l’Italia in modo unico. I racconti di Iwaszkiewicz sulla Sicilia o su Napoli sono ricchi di descrizioni così precise che potrebbero servire da guida turistica.
Va aggiunto però che tutte le opere che descrivono e illustrano la cultura e l’arte italiana, creano grandi aspettative che spesso non sono appagate quando si scontrano con la realtà. Così è stato nel mio caso. Secondo me, è meglio non viaggiare nei paesi che si ammirano tanto oppure bisogna andarci per vivere.
I viaggi in Italia l’hanno delusa?
Le esperienze turistiche sono divertenti, a volte drammatiche ma nello stesso tempo molto banali. Non mi ha dato niente di speciale vedere alcune opere e posti con i miei occhi. L’immaginazione, finzione letteraria e cinematografica, i racconti degli altri nel mio caso funzionano molto meglio delle mie esperienze personali. Ho tre racconti legati ai viaggi italiani che illustrano perfettamente quello che sto dicendo e mi convincono che è meglio rimanere a casa.
Milano
Andai in Italia dopo gli studi con il bagaglio della conoscenza teorica sul paese e la testa piena delle immagini cinematografiche. Non parlavo l’italiano perciò dopo aver passato il confine comprai un giornale, “Il Popolo” se non sbaglio, e cominciai a studiare la lingua. Basandomi su qualche parola che lessi ero in grado di trattare i prezzi e negoziare sulla scelta di una camera migliore. Ero più bravo di un amico che, almeno così sosteneva, conosceva la lingua perfettamente. A Milano andai in Piazza del Duomo. Una volta arrivato all’improvviso mi trovai in mezzo a due gruppi che litigavano scambiando i slogan politici. Non dissi una parola perché ovviamente non capì niente delle loro grida, e loro probabilmente mi avevano preso per un italiano che non vuole dire la sua. Mi salvò un amico e così potei finalmente andare a vedere L’ultima cena di Leonardo Da Vinci. Non mi entusiasmò tantissimo e, tornando al discorso di prima, mi ha fatto più effetto vederlo nei libri che dal vivo.
Highway to hell
L’autista della nostra macchina ogni volta aspettava l’ultima goccia di benzina prima di fermarsi per riempire il serbatoio. Vedevamo la lucina rossa lampeggiare e lui continuava ad andare. Infine siamo rimasti senza benzina in mezzo all’autostrada. Per punizione l’abbiamo mandato a piedi con una tanica in cerca di una stazione. All’orizzonte non si vedeva niente quindi il colpevole ebbe abbastanza tempo per ripensare al proprio comportamento. Mentre lo aspettavamo arrivò la polizia stradale. Spiegammo la situazione e io con le parole rubate da “Il Popolo” aggiunsi che si trattava di un uomo vecchio e debole. Volevo essere furbo, pensai che gentilmente sarebbero andati a prenderlo in macchina. Ci guardarono malissimo e chiesero perché invece noi giovani non eravamo andati a prendere la benzina!
Roma
Ogni tanto ci viene in mente di passare il capodanno all’estero, in una piazza con un altro milione di persone. In televisione sembra un idillio, in realtà è nient’altro che un mucchio di gente ubriaca, bottiglie rotte e il rumore insopportabile dei fuochi d’artificio. Ho un’esperienza del genere dall’Italia, fu una tragedia. Anche se all’inizio il capodanno a Roma, città eterna e piena di sole, ci sembrava una splendida idea. All’arrivo ci accolse una bufera di neve e il freddo. Le finestre dell’albergo, dove avevamo prenotato la camera con vista davano sull’edificio di fronte. Non ci aspettavamo il cupolone ma neanche il climatizzatore! Nonostante tutto ci vestimmo eleganti e andammo in Piazza di Spagna dove avevamo programmato di passare la serata. La piazza era piena zeppa di gente, come anche i ristoranti e bar, solo per caso trovammo posto in uno dei locali strapieni. Tutta la sera, molto prima di mezzanotte, si sentivano le esplosioni. Tutti buttavano i petardi a caso. Mi incurosì soprattutto un uomo sulla piazza. Lui era diverso, prendeva i petardi una volta dalla tasca destra, una dalla sinistra e le buttava accanto a sé stesso. Sembrava ipnotizzato. Volevo chiedere il motivo per cui lo facesse ma non ebbi il modo di parlargli. Subito dopo mezzanotte, congelati e assordati dalle esplosioni, decidemmo di tornare in albergo. In mano avevo ancora una bottiglia di prosecco non bevuto a causa di troppe emozioni. Ad un certo punto sento che qualcuno mi strappa la bottiglia, fu un poliziotto che ci spiegò che in metro non potevamo bere. E così non facemmo neanche un brindisi all’anno nuovo e alla nostra fantastica idea di passarlo a Roma!
Dicono che il primo giorno dell’anno influisce su quello che succede durante altri 364 perciò decidemmo di cenare in un elegante ristorante in Via Veneto. Ero affamato, aspettando i nostri piatti squisiti assaggiai un pezzo di focaccia che non era di prima freschezza. Dopo un primo morso mi spezzai un dente. Finì in questo modo il mio indimenticabile capodanno. Riassumendo: il freddo, i petardi, il pane vecchio e il dente spezzato. Assomigliavo più ad un pezzente del quartiere Praga Sud che a Mastroianni nel “Divorzio all’italiana”.
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