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Da giugno a settembre si potrà andare dal sud della Polonia alla Croazia in treno

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

Il presidente dell’Ufficio del trasporto ferroviario ha consentito l’accesso ad un tratto dei binari polacchi per RegioJet, un vettore ceco. Il risultato dell’accordo tra le due società sarà un nuovo collegamento ferroviario tra Cracovia e Rijeka/Spalato in Croazia. Ci saranno due treni al giorno ogni martedì, venerdì e sabato, ma soltanto nei mesi di giugno, luglio, agosto e settembre. Il nuovo collegamento connetterà finalmente varie città polacche, tra cui Cracovia, Katowice, Tychy e Rybnik, con la Croazia.

https://www.polskieradio24.pl/100/8912/Artykul/2887690,Pociagi-nad-glowami-Kiedy-likwidacja-szlabanow

Liliana Cavani, una regista disubbidiente

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Liliana Cavani / fot. Graziano Arici

Nella vasta cinematografia italiana dove sono soprattutto gli uomini che definiscono i contorni dell’identità del Bel Paese con le sue città, la sua storia, la mafi a… c’è una donna che nella cinematografia varca continuamente i limiti, intrecciando perfino elementi del bondage col fascismo. Ecco Liliana Cavani.

Una regista disubbidiente, nata a Carpi, in provincia di Modena, negli anni Trenta del Novecento quando dominava il fascismo. Suo padre, architetto di Mantova, che proveniva da una famiglia conservatrice borghese-terriera, era raramente a casa. Mentre la madre, appartenente alla classe operaia che combatteva il movimento fascista, appassionata di cinema, ogni domenica anziché in chiesa portava sua figlia, futura regista, al cinema a vedere i film d’amore che adorava. Tutte quelle storie semplici che non assomigliavano alla realtà ma che allietavano l’esistenza grazie al sorriso del giovane Vittorio De Sica di cui si poteva essere segretamente innamorate. Nel corso del tempo il cinema è diventato una sorta di tutore della piccola Liliana che veniva portata al cinema quando i genitori non potevano starle dietro. Abitavano in Corso Vittorio Emanuele vicino al parco in cui c’era l’ospedale. Dentro l’ospedale c’era un obitorio che suscitava curiosità. È piuttosto naturale che un bambino si interessi di cose proibite e cerchi di entrare nei luoghi proibiti. Liliana aveva sei anni quando decise di scoprire il mistero di questo luogo, dietro le mura di casa, dove la gente entrava sempre in lacrime. Così una volta decise di seguire una persona e così vide i cadaveri, o meglio, i corpi coperti con le lenzuola da cui sporgevano i piedi nudi. I vecchi piedi rugosi. Un’altra volta andò al funerale di una persona sconosciuta e aprirono la bara prima di seppellirla. Di nuovo vide un cadavere. Non capiva perché il corpo morto non riusciva a muoversi. Una delle più importanti esperienze in questa bizzarra curiosità verso la morte fu la morte della madre di un suo amico. La donna si chiamava Igea. Prima del funerale il suo corpo era esposto davanti alla casa per permettere ai familiari e conoscenti di darle l’ultimo saluto. Come anni dopo ha dichiarato la stessa regista quello che la incuriosiva era vedere il corpo di una persona vestita bene, sdraiata immobile, che nessuno cerca di svegliare. In quei tempi l’abisso intergenerazionale era maggiore di quello attuale. I bambini non facevano domande e anche quando le facevano, raramente ricevevano una risposta sul mondo degli adulti.

Liliana Cavani / fot. Graziano Arici

La casa di famiglia di Liliana era diversa dalle case italiane dell’epoca, tradizionali e conservatrici, sature di regole severe e dei principi del cattolicesimo. A casa sua si crescevano i figli con pazienza e comprensione. La regista fino ad oggi ricorda che probabilmente era l’unica ragazza nel cortile che non ha subito violenza domestica, neanche una minima sculacciata. Tutto ciò lo deve ai nonni che l’hanno cresciuta e che erano tolleranti, con valori profondi, desiderosi di creare una società giusta e libera. A casa loro non c’era odio ma la percezione che l’istruzione consista in libero arbitrio e nel rispetto reciproco. Come diceva Cavani: “anche i cattolici della nostra regione erano gentiluomini, più civili della media”. Se i nonni le hanno dato il meglio, di suo padre invece non serba un buon ricordo, fino ad oggi lo ricorda assente nella sua vita, non aveva nessun legame con lui, per questo prese il cognome della madre con cui invece si identificava. La stessa libertà che aveva a casa, l’aveva anche a scuola. La sua insegnante le permetteva di fare tutto ciò che voleva. Liliana era una brava studentessa e imparava le cose velocemente perciò non c’era bisogno di controllarla. Però quando la sua insegnante si ammalò fu sostituita da un’altra che non tollerava tale regime di libertà. Questo fu agli inizi degli anni Quaranta. L’Europa era travolta dalla guerra e la piccola Liliana per la prima volta fu costretta ad affrontare punizioni e la violenza di uno schiaffo dalla sua insegnante.

Anche se voleva diventare archeologa, alla fine si laureò in letteratura e filologia presso l’Università di Bologna nel 1960 scrivendo la tesi su Marsilio Pio, un poeta nobile del XV secolo. Perse l’interesse di indagare i tempi antichi quando per caso scoprì il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, fondato da Benito Mussolini prima della Seconda Guerra Mondiale. Qui Liliana inizia a studiare il documentario e si laurea con i cortometraggi “Incontro notturno”, incentrato sull’amicizia tra un uomo bianco e un senegalese, e “L’evento”, che parlava di un gruppo dei turisti chi uccideva per divertimento. Qualche mese dopo l’inizio degli studi vinse il concorso che le ha poi consentito di realizzare una serie di documentari per la televisione Rai sulla storia del Terzo Reich, sull’epoca di Stalin e sulle donne del periodo della Resistenza. Questo è stato il suo biglietto da visita nel mondo del cinema che era dominato nella maggior parte dagli uomini.

Per comprendere profondamente questa ragazzina nata a Carpi bisogna guardare i suoi film. Non scontati, espressivi, che mettono i protagonisti alla prova estrema. Attenzione merita ad esempio “Francesco D’Assisi” del 1966, il debutto alla regia, lungometraggio prodotto per la televisione e trasmesso in due parti. Il film è ispirato allo stile di Rossellini e alle atmosfere dei film di Pasolini. Un film realizzato nei tempi caldi dell’agitazione politica degli anni Sessanta che doveva diventare il manifesto di un nuovo cattolicesimo. Fu un debutto importante, molto commentato nell’ambiente cinematografico e tra i critici. Alcuni erano entusiasti e altri lo definivano blasfemo e offensivo per la fede del popolo italiano. Un altro film notevole “I cannibali”, del 1970, è liberamente ispirato all’Antigone di Sofocle riambientando la vicenda in un imprecisato futuro distopico. Il film racconta la storia di una donna che deve affrontare le autorità che impediscono di seppellire i ribelli uccisi dalla polizia.

Non si può poi dimenticare il leggendario “Il portiere di notte” del 1974. Una tipologia di storia d’amore a cui non erano abituati gli spettatori degli anni Sessanta e Settanta. È la storia di Max (Dirk Bogarde) che incontra Lucia (Charlotte Rampling) in un campo di concentramento. Lui è un comandante delle SS, lei invece una prigioniera adolescente, ha i capelli corti e il corpo emaciato dalla mancanza di cibo. Tra i due nasce un rapporto perverso. In cambio di sesso, lui le porta regali strani come una scatola con la testa di un altro detenuto. Passano dodici anni dalla fine della guerra e si incontrano di nuovo in un albergo a Vienna, dove lui fa il portiere e lei è un’ospite. Presto emergono i ricordi passati. Ricomincia il rapporto erotico sadomaso e Max cerca di impedire ai suoi amici nazisti di uccidere Lucia.

Questo film ha segnato profondamente la regista. Cavani ha dovuto a lungo difendersi da chi tentava di distruggere il suo lavoro dichiarando che era un film porno. E sebbene in Europa venisse trattata con rispetto, dall’altra parte dell’oceano fu sommersa da un’ondata di critiche. Pauline Kael del New Yorker definì il film “offensivo dal punto di vista umano ed estetico”. Il distributore dagli Stati Uniti, Joseph E. Levine, sfruttò il tema del film per convincere la stampa a scrivere articoli ostili per scatenare la curiosità degli spettatori che infatti correvano a comprare i biglietti. In questa situazione la Cavani ricevette tante offerte di basso profi lo tra cui quella di produttori di film per adulti che volevano convincerla a fare un naziporno. Lei rifiutò tutte le proposte. Comunque poi per decenni il film è stato tolto dalla distribuzione e solo dopo anni è uscito in BluRay. A prendere la parola nella discussione sul fi lm c’erano anche i personaggi famosi che cercavano di decifrare le intenzioni della Cavani. Il sopravvissuto all’Olocausto Primo Levi ha defi nito questo film “splendido e falso” ed ha aggiunto che questo film “non ha niente a che vedere con i campi di concentramento”. Invece lo scienziato Jorg Heiser ha scritto nel 2010 che Cavani trasforma “la realtà del campo di concentramento in “parco giochi per nazisti”. Una cosa è certa però, non esiste un’altra Liliana Cavani, così coraggiosa e ribelle che non si piega al sistema e al conformismo.

traduzione it: Karolina Kaliszczyk

Giorno della Memoria: l’ambasciatrice polacca Anders alla presentazione del libro “La bambina che non sapeva odiare” e del film “Gli ebrei nell’armata di Anders”

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In occasione del Giorno della Memoria l’Ambasciata della Repubblica di Polonia è stata coinvolta in diverse iniziative, tra cui il 26 gennaio la presentazione del libro “La bambina che non sapeva odiare”, di Lidia Maksymowicz e Paolo Rodari, al Senato nella Sala Caduti di Nassirya a Roma in presenza della protagonista Lidia Maksymowicz, polacca di origini bielorusse superstite di Auschwitz, della sen. Virginia Tiraboschi e dello scrittore Paolo Rodari. Nel suo intervento l’ambasciatrice della Polonia Anna Maria Anders ha ringraziato gli amici italiani e soprattutto l’Associazione Memoria Viva per la collaborazione e il loro impegno nei progetti e ha ricordato il legame di Lidia Maksymowicz con la Polonia, sua seconda patria. Maksymowicz durante la sua visita a Roma insieme con la ambasciatrice ha incontrato diverse autorità tra cui il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il ministro delle pari opportunità Elena Bonetti e la presidente della Rai Marinella Soldi. Emozioni intense e grande commozione lo stesso giorno nella Casa della Memoria e della Storia alla proiezione del documentario sui soldati ebrei nell’esercito del generale Władysław Anders. Il film “Gli ebrei nell’Armata di Anders”, realizzato dalla TPN (Società dei Progetti Educativi), tocca un tema spesso sconosciuto al grande pubblico, ovvero quello della presenza e del destino dei numerosi ebrei nell’esercito di Anders. Questo progetto polacco-israeliano racconta non solo i grandi personaggi storici, come il generale Władysław Anders o Menachem Begin, ma soprattutto parla di un esercito di persone comuni e coraggiose strappate alla “terra disumana”. Inizialmente i soldati di origine ebraica erano circa 4 mila, ma prima dello sbarco dell’Armata polacca in Italia, durante la sua permanenza in Palestina, molti di loro lasciarono l’esercito polacco, mossi dalla volontà di lottare per la creazione di uno stato ebraico indipendente: Israele. Tra loro anche il futuro premier di Israele Menachem Begin. Essi lasciarono l’Armata con il tacito consenso del generale Władysław Anders che così si espose alla disapprovazione delle autorità britanniche. Una delegazione dell’Ambasciata Polacca a Roma, con la consigliera Anna Kurdziel, ha reso omaggio alle vittime della Shoah durante la cerimonia di inaugurazione della targa CivicoGiusto in ricordo dei bambini ebrei nascosti nel 1943 al civico 7 di via Olona, che confina con l’ambasciata. Questo nuovo “civico giusto” narra la bella storia di amicizia delle famiglie Trella e Supino.

Ambasada RP w Rzymie

L’imperdibile festival di Sanremo!

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L’articolo è stato pubblicato sul numero 85 della Gazzetta Italia (febbraio-marzo 2021)

Il Festival della Canzone Italiana di Sanremo che celebra quest’anno già la 71-esima edizione si terrà dal 2 al 6 marzo del 2021. Tradizionalmente sul palco del Teatro Ariston si sfidano in gara i maggiori cantanti. Il direttore artistico dell’evento sarà – come l’anno scorso – Amedeo Sebastiani, meglio conosciuto come Amadeus. Per prepararci alle serate musicali che ci aspettano a marzo, riassumiamo sinteticamente un po’ di storia della manifestazione e l’elenco dei partecipanti di quest’anno.

Indipendentemente dall’essere un fan o meno del Festival, non si può negare che si tratta di un evento diventato parte integrante della cultura italiana. Al concorso competono ogni anno canzoni composte da autori italiani sia nella lingua italiana che regionale. È importante sottolineare che i brani possono essere ascoltati per la prima volta solo durante la sera del concorso, non possono essere pubblicate prima del Festival. Il festival si divide in due categorie: Campioni, cioè la sezione principale nella quale competono gli artisti ben noti, e Nuove Proposte, alla quale partecipano i debuttanti.

Che cosa c’è in gioco?

Il vincitore del Festival non riceve un premio in denaro, a sottolineare la dimensione simbolica dell’intero evento, dove l’unico vincitore è la musica. Nonostante la mancanza di un premio in denaro, i vincitori del concorso guadagnano in popolarità che si traduce nel numero di album o biglietti dei concerti venduti. Il brano vincitore diventa un tormentone su tutte le radio acquisendo parallelamente una grande visibilità sui media. Vincere il primo premio nella maggior parte dei casi significa ottenere il biglietto per rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest, consentendo all’artista di presentarsi a un pubblico ancora più ampio. Il vincitore riceve una statuetta commemorativa che rappresenta un leone con la palma, ovvero lo stemma della città. Il trofeo in argento fuso e intagliato a mano è realizzato a Venezia dall’azienda Santi, che produce anche i leoni alati che vengono assegnati in premio alla Mostra del Cinema di Venezia.

Al Festival ci sono anche i premi speciali. Uno dei più importanti è il Premio della Critica Mia Martini, assegnato dal 1982 (e dedicato alla memoria di Mia Martini dopo la sua morte, cioè dal 1996). Si tratta di un premio distinto da quello assegnato dalla giuria del concorso tanto che per alcuni è più importante del primo premio dell’intero Festival (ovviamente si possono vincere entrambi i premi contemporaneamente). Tra i tanti riconoscimenti che vengono dati al Festival, vale la pena citare il premio della Sala Stampa denominata Lucio Dalla, assegnato dai giornalisti; il premio Sergio Bardotti per il miglior testo o il premio Giancarlo Bigazzi per la migliore composizione.

I record

Claudio Villa e Domenico Modugno vantano quattro vittorie ciascuno del Festival, che è il record assoluto. Tre volte ha invece trionfato Iva Zanicchi. Il vincitore più giovane del Festival è, fino ad oggi, Gigliola Cinquetti che vinse il Festival nel 1964 a 17 anni. Il vincitore più anziano invece è Roberto Vecchioni, che ha conquistato la vittoria nel 2011 a 66 anni.

traduzione it: Amelia Cabaj

Trionfano i Måneskin, il rock conquista Sanremo!

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L’articolo è stato pubblicato sul numero 86 della Gazzetta Italia (aprile-maggio 2021)

Le cinque serate della 71^ edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo sono alle spalle. Ed è stata una delle edizioni più strane della storia, poiché per la prima volta il concorso si è svolto senza la partecipazione del pubblico. Le emozioni provate stanno svanendo lentamente, quindi diamo uno sguardo a quello che è successo al Teatro Ariston all’inizio di marzo.

Ospiti

Oltre agli artisti in concorso sono intervenuti tanti ospiti speciali: Loredana Bertè, Negramaro, Alessandra Amoroso ed Emma Marrone, Ornella Vanoni e Laura Pausini, che solo pochi giorni fa aveva ricevuto il Golden Globe per la miglior canzone originale: Io Sì (Seen). Sono saliti sul palco dell’Ariston anche cantanti delle precedenti edizioni, come Diodato, vincitore l’anno scorso, Mahmood, il trionfatore del Festival di Sanremo 2019 e Il Volo, che ha vinto il Festival nel 2015, rendendo omaggio al defunto maestro della musica da film Ennio Morricone. Quest’anno, tra gli ospiti che si sono alternati sul palco, due erano fissi tutte le sere: Zlatan Ibrahimovic e Achille Lauro. Lauro ha mostrato una serie dei quadri audiovisivi che raccontavano i vari generi musicali, performance che saranno sicuramente ricordate a lungo soprattutto per la loro eclettica, controversa forma. Un momento significativo è stata la presenza di Alessia Bonari, infermiera che lavora in un ospedale milanese, molto nota grazie ad una foto pubblicata sul suo profilo Instagram, in cui il suo volto è segnato dalla mascherina. Una foto che ha fatto il giro del web, diventando il simbolo di chi lotta senza tregua contro il Covid. È stato un bel tributo alla battaglia in cui tutti partecipiamo e alle persone come Alessia che combattono in prima linea contro il nemico invisibile.

La classifica finale del Festival

A sorpresa hanno vinto i Måneskin con il brano Zitti e buoni nella categoria Campioni, anche se Ermal Meta era stato in testa nei giorni precedenti con la sua ballata Un milione di cose da dirti, ma come già tante volte è successo al Festival, i risultati delle votazioni dei telespettatori hanno cambiato la classifica finale. I Måneskin hanno ottenuto il 53,15% del televoto, mentre Ermal Meta è arrivato in terza posizione con il 18,2% dei voti. Oltre al prestigioso terzo posto, Ermal Meta ha vinto anche il Premio Giancarlo Bigazzi per la miglior composizione musicale, assegnato dall’Orchestra. Al secondo posto sono arrivati Francesca Michielin e Fedez con la bella canzone Chiamami per nome, una coppia amata più dai telespettatori, i più votati tra i 26 artisti, che dai giurati.

Willie Peyote con il brano Mai dire mai (La locura) ha ricevuto il Premio della Critica “Mia Martini”. Gaudiano, finalista nella categoria Nuove Proposte con la sua Polvere da sparo ha conquistato il favore dei telespettatori risultando tra i vincitori di Ama Sanremo. Le differenze nei punteggi dei giudici e giornalisti erano minime.

Chi sono i vincitori?

Il gruppo musicale dei Måneskin è composto da quattro giovani musicisti: la bassista Victoria De Angelis, il cantante Damiano David, il chitarrista Thomas Raggi e il batterista Ethan Torchio. Nel 2017, la band si è classifi cata seconda al programma X Factor: questo successo è diventato un ottimo biglietto da visita per la loro carriera. Da allora il gruppo ha partecipato a numerosi festival e il loro album in studio Il ballo della vita, uscito nel 2018 e promosso dal documentario This is Måneskin, è stato certificato triplo disco di platino in Italia, mentre il loro ultimo album, Teatro d’ira – Vol.I, è stato pubblicato il 19 marzo 2021. Alla conferenza stampa organizzata dopo l’ultimo giorno di gara, è stato ufficialmente confermato che la band rappresenterà l’Italia al 65° Eurovision Song Contest di Rotterdam.

I Måneskin hanno fatto una rivoluzione, la rock band vincitrice al Teatro Ariston non è certamente qualcosa di abituale, così come l’intera competizione di quest’anno non può essere definita con la parola “standard”. La mancanza di pubblico ha chiaramente causato la perdita di una magia che non poteva essere sostituita in alcun altro modo. Le reazioni spontanee del pubblico creano un’atmosfera straordinaria, soprattutto durante il primo ascolto delle canzoni in gara. I momenti d’emozione con applausi erano limitati e la mancanza delle interazioni dirette durante la competizione è stata particolarmente visibile. E sebbene il Festival sia diventato argomento di vivaci discussioni sui social media dove i fan sostengono i loro idoli in tutti i modi possibili, la platea vuota dell’Ariston, per la prima volta nella storia, sarà purtroppo uno dei ricordi indelebili di questo ultimo 71° Festival di Sanremo.

traduzione it: Natalia Pieśniewska

11 milioni di turisti a Cracovia nel 2021

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

Cracovia è l’unica città polacca ad essere nel gruppo delle destinazioni di viaggio europee più popolari secondo la classifica Travellers’ Choice 2022, organizzata da TripAdvisor. L’elenco comprende 25 città, Cracovia si trova al 24° posto. La classifica si basa sulle recensioni e sui consigli dei viaggiatori che valutano hotel, ristoranti, monumenti, ecc. Cracovia attrae con luoghi come Wawel, Piazza del Mercato, la Basilica di Santa Maria e Kazimierz. La città è apprezzata anche per i suoi valori gastronomici e i numerosi festival ed eventi internazionali. Nel 2021, circa 11,3 milioni di turisti hanno visitato Cracovia. Si stima che hanno speso 5,5 miliardi di złoty.

https://www.pap.pl/aktualnosci/news%2C1065685%2Ckrakow-wsrod-najpopularniejszych-kierunkow-podrozy-wedlug-tripadvisor.html

Czesław Michniewicz nuovo allenatore della nazionale di calcio polacca

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Finalmente è finito il lungo casting di 36 giorni per la carica di nuovo allenatore della squadra nazionale polacca di calcio. Tra i diversi candidati c’erano anche tanti nomi italiani: Cannavaro, Pirlo, Ranieri e Donadoni. Oggi allo Stadion Narodowy a Varsavia durante una conferenza stampa il presidente del Federcalcio polacca Cezary Kulesza ha informato che il nuovo ct. della nazionale polacca sarà Czesław Michniewicz che ha firmato per allenare fino alla fine di quest’anno con possibilità di prolungare ma anche di essere rimosso prima. Czesław Michniewicz classe 1970 durante della sua carriera professionistica di calciatore è stato il secondo portiere di Amica Wronki (1996-2000) dove ha disputato solo 9 gare in Ekstraklasa. La sua avventura come allenatore l’ha iniziata come aiutante nello Schalke 04 (2000), Bayer 04 Leverkusen (2001), Hannover 96 (2002) e Tottenham Hotspur F.C. (2006). Ha debuttato in Ekstraklasa nel 2003 come allenatore del Lech Poznań. Ha vinto il campionato con lo Zagłębie Lubin nella stagione 2006/2007 e con il Legia Warszawa l’anno scorso. Nel 2019 riuscito a qualificarsi con la nazionale U-21 al Campionato europeo Under-21 organizzato in Italia e San Marino, dove si aggiudicato il terzo posto nel girone dietro Spagna e Italia.

Polonia Oggi

L’aringa sparirà dai negozi polacchi?

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A causa del deterioramento delle condizioni del settore ittico e della mancanza di decisioni politiche adeguate, le più importanti attività di pesca di aringhe nell’Atlantico nordorientale e nel Mar Baltico hanno perso la certificazione MSC. Se si continua a pescare l’aringa al di sopra dei livelli scientificamente raccomandati, potrebbe subire la stessa sorte del merluzzo baltico. Se non si interviene immediatamente, l’aringa certificata potrebbe scomparire completamente dai negozi polacchi nei prossimi mesi. “Esortiamo i consumatori a prestare particolare attenzione nell’attuale situazione al fatto che l’aringa che acquistano provenga da una pesca sostenibile. Nei negozi polacchi, possiamo ancora trovare prodotti di aringa certificati MSC, ad esempio del Mare del Nord, dove i branchi di aringhe sono ancora in buone condizioni e la pesca viene effettuata in conformità con i requisiti dello standard MSC. Tuttavia, se non siamo sicuri da dove provenga la nostra aringa, dobbiamo essere pronti ad apportare modifiche al menu e scegliere un altro pesce” sottolinea Anna Dębicka di MSC. Se non vediamo aringhe provenienti da catture sostenibili nei negozi, serviamo ai nostri cari piatti deliziosi con molte altre specie di pesce che provengono da queste e che possiamo facilmente trovare nei negozi. Ci sono quasi 400 prodotti certificati disponibili sul mercato polacco, tra cui salmone selvatico, merluzzo, nasello, tonno ecc. In molte case polacche, il pesce è tradizionalmente dominante sulle tavole alla vigilia di Natale. I più comuni sono le carpe (65%) insieme a aringhe (55%) e pesci bianchi come il merluzzo (42%).
https://www.portalspozywczy.pl/mieso/wiadomosci/sledzie-znikna-z-polskich-sklepow-ekolodzy-bija-na-alarm,206198.html

Caravaggio a Varsavia letto da Wojciech Malajkat

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Ancora per un paio di settimane, fino al 13 febbraio, nel museo al Castello Reale a Varsavia potete ammirare la mostra “Caravaggio e altri maestri. Capolavori dalla collezione di Roberto Longhi.”

Alla mostra troverete il dipinto “Ragazzo morso da un ramarro” di Caravaggio, e altre opere di pittori italiani e nord europei del Cinquecento e Seicento quali Lorenzo Lotto, Matthias Stomer e Jusepe de Ribera.

Tutte le opere provengono dalla collezione di uno grande storico dell’arte Roberto Longhi. Frammenti dei saggi sulla collezione di Longhi e sulle opere di Caravaggio legge per Voi Wojciech Malajkat, rettore dell’Accademia Teatrale a Varsavia.

L’intero articolo sulla mostra è disponibile qui. Maggiori informazioni sulla mostra sul sito di Zamek Królewski.

Istituto italiano di Cultura a Varsavia – Avviso di assunzione di impiegato a contratto

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L’Ambasciata d’Italia a Varsavia ha pubblicato un avviso di selezione per assumere un impiegato con contratto a tempo indeterminato da assegnare alle funzioni di commesso-centralinista all’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia.

Il termine per la presentazione delle domande per partecipare alla selezione è il 14 febbraio 2022 alle ore 14.00.

Le informazioni su come presentare la domanda e sulle modalità di selezione sono pubblicate sui seguenti siti internet: www.iicvarsavia.esteri.it e www.ambvarsavia.esteri.it