Yvette Żółtowska-Darska: “Mi sento una italiana nata per caso in Polonia”

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Yvette Żółtowska-Darska sullo sfondo del vigneto descritto nel libro di Ference Màté Vigneto Vigneto in Toscana fot. Rafał Darski

Laureata in lingua e letteratura polacca, ha lavorato per l’agenzia pubblicitaria McCann-Erickson, nel consorzio L’Oréal e per la versione polacca della rivista di moda francese Elle. Per sette anni è stata caporedattrice di TVN Style. Dal 2013 si occupa di biografie di sportivi per i bambini, alcune sono state tra i best seller di Empik nel 2015 e 2016.

Quand’è che l’Italia è entrata nella tua vita?

Forse negli anni Ottanta del secolo scorso quando il mio latinista, al liceo di Batory di

Roma, 1966, foto del viaggio dei genitori in Italia / fot. Anna i Stanisław Żółtowscy

Varsavia, utilizzò le foto dei miei genitori per tenere una lezione su Roma e Pompei. In Polonia, in quel periodo, c’era povertà e pochi potevano permettersi di andare all’ovest, io invece avevo tantissime foto dell’Italia, anche se in bianco e nero e di vent’anni prima. I monumenti italiani negli anni sono rimasti uguali. Su quelle foto c’è il mio papà vestito con gli abiti della prima metà degli anni Sessanta, con gli occhiali da dandy posava lungo le strade italiane con le iconiche Fiat 500 sullo sfondo. Mia mamma invece sembrava una vera star dell’epoca, tipo Gina Lollobrigida oppure Sophia Loren. Era una bella donna, indossava vestiti scollati, ballerine e occhiali scuri. Inoltre aveva la vita sottile nonostante fosse nel primo trimestre di gravidanza.

Di gravidanza…?

Esatto, il mio papà, in quel periodo, faceva il ricercatore all’Accademia di Belle Arti di Varsavia e mia madre era una sua studentessa. Si sono innamorati e sposati quando lei ancora frequentava l’università. Sembra una storia d’amore tipica italiana così come il colpo di fulmine nel film Il Padrino. In seguito, dopo essersi laureata nel 1965, mia madre, giovane pittrice molto talentuosa, organizzò le sue mostre per le quali ottenne qualche borsa di studio (quella straniera gli permise di ottenere il passaporto e il visto). Insieme a mio padre decisero di fare una tournée culturale in Italia e Francia. Poco prima di partire scoprirono che mia madre era incinta. Così per la prima volta visitai l’Italia nascosta nel pancione della mia mamma.

Hai foto di quel viaggio?

Certo! Ho creato una serie italiana di questo periodo. I miei genitori viaggiavano in treno. Roma, Venezia, Bologna, Ravenna, Pompei. Mio padre fece tantissime foto delle città, che sviluppò spesso in formato A4. Erano così grandi che poi le usava per dipingere i suoi quadri. Dalla serie italiana dei quadri ce ne ha lasciato solo uno. Si chiama “Firenze“ e ha trovato posto a casa mia. Solo alcuni riconoscono di quale città si tratta, io invece noto subito il fiume Arno e il Ponte Vecchio, i simboli di Firenze.

Parli inglese, francese e conosci anche il latino, ma quando hai imparato l’italiano?

Una mia amica dei tempi dell’università, la giornalista Sylwia Wysocka che attualmente lavora per la PAP a Roma, sposò lo storico corrispondente di Polskie Radio e Radio Wolna

Firenze, 1966, quadro di Stanisław Żółtowski / fot: Yvette Żółtowska-Darska

Europa Marek Lenert. Quando si è trasferita a Roma io sfruttavo ogni occasione per visitarla. Mi sembrava brutto non saper parlare italiano, quindi presi qualche lezione privata. Quando nacque Tosia, la figlia di Sylwia e Marek, io diventai la sua madrina. Il battesimo si tenne a Roma, nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella, la cosiddetta Chiesa Nuova. Una cerimonia tipica in un gruppo ristretto: il prete, Tosia, i genitori e i padrini. Poi andammo in un locale vicino alla chiesa per una cena tipica italiana, ovviamente con la pizza. Quell’atmosfera mi affascinò così tanto che mi promisi che, se nel futuro io avessi avuto un bambino, avrei organizzato quel giorno allo stesso modo… E ce l’ho fatta! Milo è stato battezzato nella stessa chiesa, dallo stesso prete e la cena si è svolta nello stesso locale.

Tuo figlio ha la stessa passione per l’Italia?

Milo, che a volte chiamo Maurizio, suo secondo nome, frequenta una classe bilingue con

Firenze, 1966, Anna Żółtowska con dietro Ponte Vecchio. Foto ispirazione per il quadro / fot. Stanisław Żółtowski

l’inglese e l’italiano. Gli piace la melodia della lingua. Vorrei che andasse in Italia a vivere con una famiglia del posto per poter lavorare, conoscere la cultura e lo stile di vita.
Quando era piccolo, lo portavamo sempre in Italia con noi. Mio marito, architetto d’interni, in primavera andava con la macchina alle fiere che si svolgevano a Milano, io invece con il piccolo Milo prendevamo l’aereo e poi, da Milano, ci spostavamo in Toscana. La nostra ‘tappa fissa’ del viaggio era sempre il soggiorno “da Sergio”, ovvero la nostra prima esperienza in un agriturismo. C’era una bellissima casa in pietra con un giardino con vista su San Gimignano. La

Milo con San Casciano dei Bagni sullo sfondo
fot. Yvette Żółtowska-Darska

seconda settimana la trascorrevamo sempre altrove. Mi piaceva tanto scoprire nuovi posti.

T TAURIx+1 i T TAURIx+2, Anna Żółtowska, / i quadri dipinti per la mostra nel 1965 / fot. Yvette Żółtowska-Darska

 

Hai fatto amicizie con scrittori italiani, tra cui Marlena de Blasi.

In Polonia, a quel tempo, i libri sugli stranieri in Italia andavano di moda. Lessi il libro “Mille giorni a Venezia” di Marlena dove descrisse la vita dalla prospettiva di una donna americana sposata con un italiano. Quel libro mi affascinò così tanto che decisi di contattarla. Ci conoscemmo e facemmo subito amicizia. Ci incontravamo con Marlena e suo marito Fernando de Blasi durante ogni soggiorno in Toscana. Marlena, che fa anche la critica culinaria, organizzò una cena per noi su un prato vicino a Firenze, un’altra volta invece preparò una torta che mangiammo a San Casciano dei Bagni dove si svolge la trama del suo libro “Mille giorni in Toscana”. Milo amava giocare agli indovinelli di logica col cosiddetto “signor Fernando”, ovvero il marito di Marlena. Ricordi indimenticabili.

E Dario Castagno?

Dopo aver letto tutti i libri tradotti in polacco sulla Toscana, cercai anche quelli in inglese e così trovai un toscano in carne ed ossa: Dario Castagno. Faceva la guida turistica in Toscana per gli inglesi e mi descrisse come vedeva “l’invasione” turistica di questa regione d’Italia. Dopo che gli ebbi scritto, Dario ci invitò in un vigneto con cui collaborava. Fu

Cipressi in Toscana in autunno / fot. Yvette Żółtowska-Darska

proprio lui a conferire una nuova luce alle “rovinelle di pietra” che eccitano la fantasia dei turisti che sognano di avere una casa in Toscana. Ci spiegò che dopo la guerra gli autoctoni toscani erano stufi di quelle case di pietra con piccole finestre, senza elettricità né bagno. Perciò, quando negli anni Cinquanta cominciarono a costruire le abitazioni spigolose nelle città (orribili dal nostro punto di vista) ma confortevoli, tante persone vi si trasferirono. Oggi quelle case abbandonate, dopo cinquant’anni, valgono milioni di euro ciascuna. Come membro del consiglio di sorveglianza della casa editrice Pascal cercai di convincere Dario a pubblicare i suoi libri in polacco. Sulla copertina di una delle sue

Vista su San Gimignano / fot. Yvette Żółtowska-Darska

opere, che si intitola “Too Much Tuscan Sun”, si trova una mia foto scattata a San Quirico d’Orcia.

Le amicizie con gli scrittori hanno stimolato la tua attività letteraria?

Vedendomi così affascinata dall’Italia e dalla Toscana, tutti erano convinti che un giorno avrei scritto qualche libro sui viaggi in questo paese, infatti cominciai a scrivere ma non sulla Toscana, sui… calciatori. Appena divorziato, lasciai il lavoro all’uffi cio. Mio fi glio aveva solo dieci anni e si appassionava di calcio raccontandomi continuamente dei giocatori famosi. Inoltre, lessi l’autobiografi a di Zlatan Ibrahimović, ex attaccante della Juventus,

Wojciech Szczęsny / con la sua biografi a: SZCZĘSNY. Chłopak, który odważył się być bramkarzem

dell’Inter che oggi gioca nel Milan. Quel mondo mi ha rapito. Decisi di provare a descrivere a modo mio il mondo del calcio ai bambini, con tantissime foto concentrandomi sull’infanzia dei grandi atleti. Così nacque “Messi. Mały chłopiec, który został wielkim piłkarzem” che poi avrebbe vinto il premio nel concorso “Przecinek i kropka” quale “Miglior libro per bambini del 2014” e poi tradotto in 9 lingue. Poi scrissi altri libri di questo tipo: su Ronaldo, Ibrahimović, Lewandowski e Szczęsny, libro che nacque proprio durante il suo trasferimento alla Juventus. Adesso invece non vedo l’ora di poter pubblicare la storia del capitano della ‘squadra azzurra’, Giorgio Chiellini. Sì, lo adoro! Inoltre, vorrei mostrare ai bambini che, nonostante la sua carriera sportiva, si è preoccupato della propria educazione laureandosi in economia e gestione! Ho soltanto bisogno di un editore che sia d’accordo con la mia idea.

Cosa ti piace di più dell’Italia?

Dovrei dire l’arte e ovviamente i monumenti, ma sarebbe una grande bugia. In Italia amo soprattutto… i negozi, oltre ogni cosa, anche del cibo. Per le scarpe vai da Tod’s, per i vestiti invece da Max Mara Per anni facevo le spese in Via Condotti oppure Via de Tornabuoni a Firenze, era un mio rito. Ma diciamo la verità. Mi piace tantissimo lo stile di vita italiano, la tranquillità, il clima, il vino e il calcio. Mi piace proprio tutto. Mi sento un’italiana nata per caso in Polonia, lo dico sinceramente. Un po’ come se, durante il viaggio dei miei, nascosta sotto il cuore della mia mamma, avessi già trovato il mio posto nel mondo.