Maserati Biturbo, ho un amico

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Quando per la prima volta sono andato a Firenze, all’inizio degli anni ’90, sono rimasto scioccato. Avreste riso a vedermi sollevare la testa per scorgere la punta del campanile di Giotto dal fi nestrino dell’autobus ATAF, passando a quattro metri dal Duomo. In seguito, vedendo il meraviglioso panorama della città da Piazzale Michelangelo, non riuscivo più a capire se questi fossero i primi sintomi della sindrome di Stendhal oppure soltanto l’effetto del sole cocente. Sono venuto in Italia in cerca di un lavoro, ma era agosto, per cui la prima frase che ho imparato nella lingua dantesca fu “chiuso per ferie”. Ci sono ritornato la primavera dell’anno successivo, stavolta subito trovai un impiego in un incantevole hotel pieno di oggetti d’antiquariato. Feci subito amicizia con Tony, il portiere, che due anni dopo fu il mio testimone di nozze. Cosa ha a che fare Tony con la Maserati Biturbo, ve lo racconterò tra poco.

Ma prima vediamo di tornare indietro di una dozzina di anni, quando la Citroen ha capito che l’idea di acquistare la Maserati non ha avuto un gran successo, e la Citroen stessa di Michelin fallì e fu venduta alla Peugeot. La liquidazione della Maserati fu impedita dall’argentino Alejandro de Tomaso che gestiva la finanziaria pubblica GEPI e il quale, l’8 maggio 1975 rilevò il marchio bolognese. Fu un pilota automobilistico di grandissimo talento che correva a bordo di vetture Maserati e che dopo aver concluso la carriera  portiva, visto che si trovava bene nel settore, fondò il proprio marchio di Gran Turismo – De Tomaso. Grazie al suo impegno, ancora prima della Maserati, la GEPI si trovò a gestire aziende come Vignale, Ghia, Innocenti ed anche aziende motociclistiche come Benelli e Moto Guzzi. De Tomaso riuscì a ribaltare la situazione economica della malandata Maserati negli anni della grande crisi petrolifera. Puntò sulla reputazione, la fama e il prestigio che offrì ai suoi clienti a prezzo accessibile. La nuova vettura venne presentata da De Tomaso durante una conferenza stampa il 14 di dicembre 1981. Questa data non è casuale, infatti nello stesso giorno nel 1914 fu fondata la Società Anonima Officine Alfieri Maserati. Tuttavia alcuni sostengono che questa sia stata fondata due settimane prima, nel momento in cui i fratelli Maserati aprirono la loro prima officina a Bologna in Via de’ Pepoli 1.

Il telaio presentato in quel momento differiva da quello a cui erano abituati i fan del marchio. Lo stile assomigliava a quello del modello Quattroporte III disegnato da Giugiaro, con la differenza che il progetto proposto da Pierangelo Andreani fu decisamente più compatto. La coupé a due porte di andamento aggressivamente spigoloso che tuttavia offriva sufficiente spazio per contenere confortevolmente fino a quattro persone in un interno in pelle o velluto accogliente orlato a mano dalla società Recaro. Il tutto fu completato da braccioli, plancia e pannelli laterali con gli stessi materiali arricchiti da elementi in legno. Nella prima serie della Biturbo non sperimenteremo, tuttavia, uno degli attributi delle Maserati successive: i bellissimi orologi analogici svizzeri di forma ovale che iniziarono ad addobbare la plancia delle Maserati solo a partire dal 1985.Nelle serie successive di Biturbo furono installati quattro tipi leggermente diversi di questo amabile gadget. Nonostante gli ovvi valori visuali, questi orologi erano spesso motivo di mal di testa del proprietario poiché era una preda ricercata dai ladri. Sotto il cofano troviamo il motore V6 di tipo C114, utilizzato già nella Citroen SM e Maserati Merak, con aggiunta di due turbocompressori Garrett, una soluzione utilizzata allora solo nelle auto di lusso, il che è stato messo in rilievo orgogliosamente dal nome stesso del nuovo modello Maserati Biturbo.

Come vediamo, la miscela preparata da De Tomaso per i suoi clienti conteneva sia il prestigio e il lusso che il look e le prestazioni da auto sportiva. Bisognava ancora pensare al prezzo che avrebbe adescato una clientela numerosa inducendola ad acquistare il veicolo con il “tridente” sul cofano. Il prezzo ha fatto la propria parte, nel momento del lancio l’auto costava meno di 17 milioni lire. Si potrebbe dire prezzo scandalosamente conveniente. I clienti compravano alla cieca un’auto che non era ancora uscita ufficialmente sul mercato, infatti la vendita ebbe inizio solo a dicembre dell’anno successivo. Non furono scoraggiati nemmeno da ulteriori aumenti legati all’inflazione galoppante, di fatto nell’aprile del 1982 il costo era di 19 milioni lire mentre nel giugno dello stesso anno di 22 milioni lire.

Sembrò che l’unica preoccupazione dell’azienda fosse quella di tenere il passo con l’enorme flusso di ordini. Nel 1983 furono prodotti 5 mila esemplari, la cui meccanica fu assemblata a  odenamentre la carrozzeria nello stabilimento Innocenti a Milano. Ciò nonostante presto tutti si resero conto che l’economico non va di pari passo con la qualità e la tempestività. I materiali di scarsa qualità nelle parti meccaniche, l’inadeguata protezione anticorrosione e le brevi fasi di sperimentazione e collaudo fecero sì che il flusso di ordini si trasformò in breve tempo in una valanga di reclami. Negli anni successivi Maserati introdusse nuove varianti della Biturbo, ossia la 420 e la 222 che però non vennero più chiamate Biturbo, per non richiamare la cattiva fama della precedente.

Questa cattiva fama accompagnò la Biturbo ancora per molto tempo, tanto che pure oggi i collezionisti prudenti la evitano a morte. Ma la verità è che i modelli successivi erano molto più affidabili, come per esempio la Biturbo Spider disegnata da Zagato, o meglio la sua seconda generazione (1991-1994).

Biturbo era un modello che la Maserati vedeva come un possibile concorrente della BMW e Mercedes in grado di competere su un livello di lusso superiore per una clientela della classe media. Se non fosse per la negligenza e la mancanza di tempo, nonché i subfornitori inaffidabili, Maserati avrebbe avuto il potenziale di competere con i suoi avversari su un piano di parità. L’auto, di cui tanti si innamorarono a prima vista, si rivelò essere un fallimento, un amore non corrisposto, il che ha comportato il ritiro di Maserati da un mercato importante come gli Stati Uniti, dove la fine della Biturbo fu riassunta da New York Times in questa breve frase “Rust In Peace” (“arrugginisci in pace”). Tuttavia questa cattiveria non dovrebbe affatto sorprendere se prendiamo in considerazione le sciocchezze come le impugnature in gomma che sostengono il tubo di scarico che a causa della scarsa composizione chimica prendevano fuoco, portando di conseguenza all’incendio dell’intera autovettura.

Se mettiamo insieme tutte le versioni della Biturbo, in tutto sono stati prodotti 40 mila esemplari, una quantità che generò più perdite che profitto per l’azienda. Fortunatamente, nel 1989 vi comparve la buona vecchia FIAT che rilevò inizialmente il 49% delle azioni dell’azienda in fallimento, per poi farla passare definitivamente da De Tomaso alla FIAT nel 1993. Facendo sì che l’azienda rimanesse nelle mani Italiane che senza dubbio sono in grado di capirla come nessun’altro.

Cosa c’entra Tony con tutta questa storia? Dunque, Tony era un felice proprietario di una Biturbo del 1984, colore sabbia del deserto. Ma siamo proprio sicuri che fosse felice?

Ebbene sì, perché questa macchina dà emozioni, oggi la ami e domani quando qualcosa si rompe di nuovo pensi a rottamarla. Sbattendo i pugni dai metà del tuo stipendio al  meccanico, esattamente come Tony, per poi con il sorriso sul viso ringraziarlo per aver riportato in vita il tuo tesoro. Fantastico, ma dopo tre settimane, come diceva Tony, lo senti di nuovo, “plof! plof!” e senti le scarpe inzuppate d’acqua perché l’aria condizionata spruzza l’acqua sul tappetino. Quando Tony la sera arrivava con la sua auto sull’affollato Piazzale non passava inosservato, la sua Biturbo suscitava ancora più interesse quando  aliziosamente si rifiutava di partire e bisognava farla partire a spinta. Però tutto ciò non aveva alcuna importanza perché il sorriso chenon scompariva dal viso del mio amico, nei momenti in cui la macchina non faceva i capricci, ne valeva molto di più.

Per questa ragione quando alcuni anni fa la Michamps ha lanciato il modellino in scala 1/18 della Maserati Biturbo il mio cuore ha battuto più velocemente dall’emozione. Purtroppo il modellino non è apribile per cui l’accogliente interno è visibile soltanto dai finestrini e non possiamo nemmeno esaminare il motore. Per me, come già avrai capito, è uno dei modelli più importanti della collezione, ebbene sì, avrà i suoi difetti, ma, è Biturbo.

Anni di produzione: 1981-1994 tutti
Esemplari prodotti: 11 919 esemplari Biturbo I + versione S, i, Si
Motore: Maserati C 114. V-6 90° biturbo
Cilindrata: 1996 cm3
Potenza / RPM: 180 CV / 6000
Velocità massima: 215 km/h
Accelerazione 0-100 km/h (s): 6,7
Numero di cambi: 5
Peso proprio: 1175 kg
Lunghezza: 4153 mm
Larghezza: 1714 mm
Altezza: 1315 mm
Distanza interasse: 2514 mm

traduzione it: Natalia Kogut
foto: Piotr Bieniek