All’IIC di Varsavia gli artisti italiani e polacchi omaggiano Italo Calvino

0
117

Cinque artisti italiani, cinque artisti polacchi, due curatori. Sono questi i numeri della mostra Qfwfq. Storie di artisti in movimento, recentemente inaugurata nelle sale dell’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia. Visitabile fino al prossimo 6 dicembre, la rassegna pone in dialogo alcuni degli artisti più interessanti e affermati delle scene culturali di entrambi i Paesi, mettendo insieme un nucleo esteso di opere ispirate al tema del viaggio. 

Alla base del progetto espositivo (curato da Leonardo Regano e Alex Urso) c’è infatti l’idea del viaggiare: un concept complesso e sfaccettato, per l’occasione declinato alla figura di Italo Calvino, protagonista nel centenario della nascita. Il titolo stesso della rassegna fa riferimento a Qfwfq, personaggio de Le Cosmicomiche e di Ti con zero: un viaggiatore che si muove oltre lo spazio e il tempo conosciuto, preso metaforicamente come testimone e narratore del tragitto di visita. In ognuna delle opere in mostra, e sul filo della poetica del grande scrittore italiano, il tema del viaggio e delle migrazioni viene dunque affrontato dai singoli artisti con linguaggi e modalità differenti, mettendo a segno un racconto corale dedicato a senso del partire e del tornare

Così è per Karolina Grzywnowicz, che nella sua installazione sonora porta la dimensione del viaggio in una connotazione storica e politica, legandola alla memoria collettiva e identitaria di un popolo. Every Song Knows its Home è un archivio digitale che raccoglie alcuni dei canti popolari che accompagnano il viaggio dei rifugiati. Anche Radek Szlaga e Alex Urso legano la loro ricerca al tema delle migrazioni, attraverso una serie di dipinti su tela e collage di carta nei quali foto private ed elementi riconducibili alle loro esperienze personali si intrecciano a frammenti di mappe e cartine geografiche di territori vissuti o sognati. 

Accende invece i riflettori sulla storia di Cristina Calderón la serie di disegni di Elena Bellantoni, artista che ha fatto della pratica relazionale l’aspetto centrale della sua ricerca: le quattro opere in mostra sono il risultato dell’incontro con l’ultima persona vivente che, da madrelingua, parlava lo yaghan, antico idioma dei nativi americani stanziali nella Patagonia meridionale argentina. 

Il percorso di visita include inoltre una serie di fotografie in bianco e nero di Giuseppe Stampone ispirate alla sua terra d’origine, l’Abruzzo; un prezioso ed esteso collage di Diana Lelonek riconducibile al paesaggio della Slesia; la complessa installazione di Jacopo Mazzonelli (una citazione inedita delle 27 bandiere dell’Unione Europea); tre opere intime ed emozionali di Marta Nadolle, e una delicata scultura in tessuto firmata da Claudia Losi

Iconica e rappresentativa è infine la serie di fotografie e sculture del polacco Michał Smandek, nelle quali alcuni vulcani italiani si palesano agli occhi del pubblico interagendo con degli oggetti presenti in sala. Il “viaggio” di Smandek, tra Italia e Polonia, conclude idealmente il percorso di visita, unendo i dieci artisti nel segno del dialogo e della riflessione comune.