La ragazza del ”Deserto Rosso”

0
125

Quest’anno il mondo ha detto addio a una delle icone più importanti del cinema italiano. Una specialista dei ruoli complicati, a base psicologica, la musa di Michelangelo Antonioni. Bellezza bionda con un carattere non facile, che usava un linguaggio tagliente. Parliamo della leggendaria Monica Vitti.

Roma negli anni Trenta del secolo scorso diventava sempre più importante. Il fascismo cresceva pericolosamente, e all’inizio del decennio è apparsa la “Dottrina del fascismo” di Mussolini. L’anno 1931 è quello in cui inizia le trasmissioni la Radio Vaticana e Papa Pio XI pubblica l’enciclica Quadragesimo anno, in cui esprime la sua preoccupazione per la sorte delle persone che vivono del lavoro delle proprie mani. In questo anno vengono al mondo l’otto volte campione del mondo e campione olimpico, il ciclista Guido Messina, uno dei più grandi esperti del repertorio di Verdi e Puccini, il direttore d’orchestra Nello Santi e la ragazza del deserto rosso Monica Vitti, in realtà Maria Luisa Ceciarelli.

Michelangelo Antonioni, Monica Vitti
(Mostra del Cinema di Venezia)

La ragazza cresce in una casa dove, ha ammesso dopo anni, veniva ignorata dai suoi genitori (Adele Vittiglia e Angelo Ceciarelli). Suo padre era un ispettore del commercio estero e doveva portare con sé tutta la famiglia, e quindi c’erano trasferimenti continui tra cui Messina in Sicilia. La piccola Maria Luisa soffriva questi trasferimenti e quindi si convinse che la sua infanzia fosse infelice perché cresceva giocando da sola. Nessuno le prestava attenzione, nessuno la lodava né la motivava. Con la madre, che si prendeva sempre cura della casa, ha avuto una relazione tesa, litigava con lei e spesso erano in competizione tra loro. Sentiva di essere trattata ancora peggio dai suoi fratelli maggiori. “Ho avuto genitori molto duri. I miei due fratelli avevano potere e libertà. Ero impotente e sola.” Questo fa fuggire Maria nel suo mondo, un mondo di fantasia, di amici immaginari e giochi in cui poteva sorridere. La carenza di attenzioni e le cattive relazioni con i genitori sono state ritenute il motivo principale per cui non ha mai avuto una propria famiglia e ha iniziato a cercare l’accettazione e l’interesse in persone sconosciute. È facile intuire che queste persone le ha trovate sul palco del teatro dove ha potuto provare, anche se per un momento, la sensazione di essere apprezzata.

Maria ha debuttato in teatro abbastanza presto, a quattordici anni. Fare l’attrice era una forma di evasione. Il nuovo mondo e l’esprimersi attraverso la recitazione furono per lei una salvezza. Nelle interviste, ha detto che la sua solitudine le faceva sentire una scarsa voglia di vivere. L’attrice sopravvisse ad un primo tentativo di suicidio. Recitare le ha dato l’opportunità di fingere di essere qualcun altro e fare ridere la gente. Quando Maria ha diciotto anni la sua famiglia fatica nella realtà del dopoguerra e vive in una crescente povertà, che sta colpendo tutta l’Italia. Ignorando i desideri di Maria la famiglia, con i fratelli, decide di emigrare in America. Maria rimane in Italia dove inizia e completa con successo l’Accademia Nazionale Romana di Arti Drammatiche. Fare l’attrice sta diventando per lei sempre più importante, ma ha anche dei lati negativi. La fantasia diventa un rifugio sempre più comodo. Impara a sfuggire le vere emozioni, si nasconde dietro le varie interpretazioni e tiene lontana la realtà. All’inizio degli anni 50 decide di abbandonare completamente la sua identità. Nel 1953, prende il soprannome di Monica Vitti.

I primi passi di Monica non sono speciali. È semplicemente una giovane attrice quasi anonima e sconosciuta che va in Germania con una troupe italiana e partecipa allo spettacolo “La Mandragola” di Niccolò Machiavelli. Il teatro si combina con partecipazioni in film, l’industria cinematografica le dà spazi meno attraenti, ma porta guadagni migliori. La sua carriera cresce, la televisione si aggiunge al teatro e al cinema. Durante questo periodo recita in una farsa poco ambiziosa di Feydeau, ma grazie a questo ruolo sarà notata da Michelangelo Antonioni, che ha già girato fi lm di successo; tra cui “L’amore in città”, “Le amiche” premiato al festival del cinema di Venezia o “La signora senza camelie” con l’attrice dello stesso anno di Vitti, Lucia Bose.

Monica Vitti, Michelangelo Antonioni
(Mostra del Cinema di Venezia)

La proposta che riceve da Antonioni non è quella sognata. Inizialmente, il regista decide di usare solo la sua voce, per doppiare la giornalista interpretata da Dorian Gray nel film “Il grido”. Vitti accetta ogni proposta e cerca di fare il suo lavoro nel miglior modo possibile. Un giorno, lavorando nello studio del doppiaggio, Monica non si accorge che Antonioni è entrato e sta dietro di lei ad osservarla. Quando finisce il doppiaggio Antonioni le si è avvicina e le dice: “hai un bel collo. Puoi recitare nei film”. Fu una svolta e l’inizio dell’avventura più importante della vita di Monica Vitti, non solo un’avventura cinematografica.

Monica Vitti diventa rapidamente musa e amante del regista. In questo senso, il loro rapporto era simile a quello di Jean-Luc Godard e Anna Karina, le loro controparti in Francia. Nei ricordi dell’attrice, Michelangelo era un intellettuale, estremamente sobrio e coscienzioso. Un uomo affascinato dalle donne e dagli attori sui set dei suoi film, per loro era sempre disponibile quando ne avevano bisogno. La sua origine e la sua educazione differivano notevolmente da quella della Vitti, perché Antonioni aveva avuto un’infanzia felice e per questo è stato in grado di darle ciò che non aveva ricevuto dal padre. Era circa vent’anni più vecchio di lei, è possibile che a spingerla verso di lui sia stata proprio la differenza d’età. Antonioni era un forte supporto per la Vitti e, in qualche modo, ha riempito il posto del padre.

La loro prima collaborazione è durata due anni, ci mette così tanto la produzione de “L’avventura”, film con cui Antonioni vince il Premio della giuria al Festival di Cannes. È una storia di un gruppo di amici che viaggiano verso un’isola, e allo stesso tempo una ragazza scompare in circostanze misteriose. Durante la ricerca, la sua amica e l’amante si avvicinano. Questo è un punto di svolta per entrambe le loro carriere. La proiezione del film è fischiata, ma la mattina dopo la situazione è invertita. Un gruppo di rinomati registi e critici, guidati da Roberto Rossellini, fa una dichiarazione forte: ”Consapevoli dell’eccezionale significato del film “L’avventura” di Antonioni e spaventati dall’ostilità che ha suscitato, i sottoscritti critici e rappresentanti della professione desiderano esprimere la loro ammirazione per il creatore del film”. La confusione che riguarda il primo capolavoro di Antonioni è ampiamente commentata dalle cronache dell’epoca. Per molti, è un lavoro completamente senza compromessi nella narrazione utilizzata, che in verità manca. Tensione minima, ritmo d’azione quasi congelato, paesaggi deserti; sia fisici che emotivi. I suoi eroi sono tristemente chiusi in sé stessi, incapaci di stabilire relazioni, e muoiono di noia piuttosto che vivere la propria vita.

L’anno successivo, in un sondaggio per la rivista cinematografica britannica Sight and Sound, 70 critici di tutto il mondo hanno definito “L’avventura” come il secondo più grande film mai realizzato, subito dopo “Citizen Kane” di Welles. A Berlino, Antonioni presenta “La notte” ricevendo il premio principale, l’Orso d’oro per il miglior film e il Premio della Federazione Internazionale Critica (FIPRESCI). Monica Vitti accompagna sullo schermo icone del cinema come Marcello Mastroianni e Jeanne Moreau. Il rapporto di Vitti con Antonioni è ampiamente chiacchierato. Monica acquista un appartamento a Roma grazie ai guadagni per il film “L’avventura”. Michelangelo si trasferisce nell’appartamento sopra di lei, con le scale interne che li collegano. Passano tutto il tempo insieme e lavorano sui nuovi film. Nascono nuovi capolavori come “L’eclisse” e “Il deserto rosso”, il primo, premiato con una menzione speciale della giuria a Cannes, in cui la Vitti e Alain Delon sono una coppia alle prese con il passato, il secondo film invece, racconta della malattia mentale incurabile di una casalinga, interpretata eccezionalmente dalla Vitti, vince il Leone d’oro al Festival di Venezia.

Poco dopo la Vitti e Antonioni si separano, fatto che non fu facile da superare per nessuno dei due. Per la Vitti fu un periodo difficile che ebbe anche un impatto sulla sua carriera. Per reagire l’attrice torna alla commedia e al grottesco. Sceglie ruoli leggeri che le permettono di sorridere. Nel corso del tempo le arriva una proposta da Hollywood, poi un’altra ma le rifiuta tutte. Questo non significa che la sua popolarità stia diminuendo, anzi. Sui giornali, confessa che fare ridere la gente le rende grande
piacere. Diventa rapidamente una star e una specialista in questo genere. Monica è la prima donna protagonista in una commedia che fino a quel momento era stata dominata dagli uomini. I suoi due grandi successi sono soprattutto “La ragazza con la pistola” e “L’anatra all’arancia”. In questo periodo la Vitti recita in un altro film importante: “Il fantasma e la libertà” di Louis Buñuel.

Negli anni 80 la Vitti ha recitato in altri film, tra cui l’ultimo con Antonioni, ma non ha avuto molto successo. Il cinema ha avuto sempre meno da offrirle anche perché non era più così giovane. Monica così decise di tornare a teatro sia come attrice che insegnante. Questo è anche il periodo in cui l’attrice comincia a scrivere libri. Per l’ultima volta è apparsa sullo schermo nel 1990 nel film diretto da lei e intitolato “Scandalo segreto”. Il ruolo di protagonista è stato interpretato da Roberto Russo, marito della Vitti dal 1995. Dopo la diagnosi di Alzheimer è uscita dalla vita pubblica.

Monica Vitti è stata sempre coraggiosa nelle sue opinioni. Negli anni 70, ad esempio, ha cercato zdi incoraggiare le ragazze italiane a pensare alle loro passioni, alla soddisfazione della vita privata e professionale invece di sposarsi o mettere su una famiglia. Era una ribelle, a volte anche provocatrice. Evitava la stampa pensando che le interviste fossero stupide perché non riportano la verità e lei non voleva che i giornali pubblicassero frasi che lei non aveva detto. La Vitti non era una persona facile e aveva abitudini che spesso creavano difficoltà sul lavoro. Nei ricordi del famoso fotografo e addetto stampa Enrico Lucherini l’attrice era insopportabile, ribelle: “Era una spina nel fianco. Lei ha fatto il primo Photoshop con la penna: le ho mandato le foto dal set di “La ragazza con la pistola” e poi me le ha mandate tutte segnate con le modifi che. Al contrario, nei ricordi di Claudia Cardinale, la Vitti emerge come un’amica molto intima, con la quale rideva sempre molto e aveva molti argomenti comuni da discutere. Emma Marrone aggiunge che era misteriosa, malinconica e tragica allo stesso tempo.

“Io non sono come nei fi lm di Antonioni, né come mi vedete nelle commedie. Sono completamente diversa. Sono una femminista e, d’altra parte, voglio che gli uomini mi vizino, sono egocentrica ed egoista. Il mio lavoro è una psicodramma, nel senso stretto del termine. Lavoro per spingermi a vivere e a guarire. L’ho capito quando ho saputo che in alcune cliniche psichiatriche, i malati interpretano ruoli diversi come cura” ha dichiarato Vitti in una delle interviste. Gli ultimi anni la Vitti li ha passati lontana dai rifl ettori per nascondere al mondo la sua malattia progressiva. Monica Vitti è stata uno dei volti più importanti del cinema europeo del XX secolo e nella storia del cinema, fu molto di più di una splendida donna.

Tłumaczenie it: Dominika Klimaszewska
Foto: Gianfranco Tagliapietra