L’Ambasciatore Luca Franchetti Pardo: tra Italia e Polonia un’amicizia storica su cui fondare il futuro

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Luca Franchetti Pardo ha assunto lo scorso febbraio il ruolo d’Ambasciatore Italiano in Polonia dopo aver ricoperto – in una carriera diplomatica iniziata nel 1989 – una lunga serie di incarichi in Italia e all’estero tra cui ricordiamo l’esperienza in qualità di Vice Capo Missione a Tel Aviv, alla Rappresentanza Permanente d’Italia presso il Consiglio Atlantico a Bruxelles e poi a Washington. Ambasciatore presso il Consiglio Politico e di Sicurezza della UE e, da ultimo, Vice Direttore Generale per gli Affari Politici e Direttore per la Sicurezza al Ministero degli Esteri.

A Varsavia Franchetti Pardo ha vissuto, diplomaticamente parlando, un battesimo di fuoco con l’arrivo in Polonia delle massime cariche istituzionali italiane: il Presidente della Repubblica Mattarella, due visite del Presidente del Consiglio Meloni, il Ministro del Made in Italy Urso, il Ministro dello Sport e della Gioventù Abodi, il Ministro per il Made in Italy Adolfo Urso, il Ministro della Cultura Sangiuliano, senza contare l’organizzazione della imponente e partecipata Festa della Repubblica Italiana con circa mille ospiti.

“In effetti è stato un battesimo intenso con la visita della premier Giorgia Meloni solo cinque giorni dopo l’avvio del mio mandato. Una visita molto importante anche dal punto di vista simbolico in quanto svoltasi nel giorno del primo anniversario dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Poi dopo un mese è stata la volta del ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso a Varsavia e dopo neanche due mesi c’è stata la prestigiosa visita di Stato del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Una missione lunga e importante che ha portato il Presidente Mattarella anche a Cracovia e ad Auschwitz nel giorno della “Marcia dei vivi” cui hanno partecipato 10 mila persone tra cui tante scuole e alcuni sopravvissuti italiani alla Shoa’”.

Com’è stato l’impatto con la comunità degli Italiani in Polonia?

Pur conoscendo la vivacità della nostra comunità, sono comunque rimasto molto favorevolmente colpito. C’è una rete di imprenditori italiani ben radicata nella società polacca, non sono qui a far affari in modo passeggero ma sono integrati con il paese. E poi c’è anche una intensa interrelazione culturale che si alimenta di tante iniziative ed eventi e che mostra così di portare avanti il testimone delle storiche secolari relazioni tra Italia e Polonia. In proposito, tengo a ricordare la recente visita del Ministro della Cultura Sangiuliano per l’inaugurazione della importante mostra, attualmente in corso, presso il Castello Reale di Varsavia, incentrata sugli albori del Rinascimento italiano.

Oggi la Polonia, vista la sua nuova centralità geopolitica, è un paese ancora più strategico per l’Italia?

La Polonia, per dimensione, demografia e crescita economica è uno dei cinque paesi più importanti d’Europa e in particolare centrale per la sua influenza tra quelli dell’area baltico-danubiana. La guerra in Ucraina ha fatto emergere chiaramente questo dato di fondo. I Polacchi ne stanno prendendo crescente consapevolezza e credo che nell’assumere questo nuovo ruolo cerchino degli alleati. L’Italia sicuramente è un paese amico per la Polonia, sia per le antiche relazioni storico-culturali, sia per l’assenza di retaggi conflittuali che invece esistono verso altri paesi. Un humus di positività tra Roma e Varsavia che ha consentito ai due paesi di sviluppare in questi anni rapporti economici straordinari che raggiungono i 34 miliardi di euro di interscambio. Cifre che, oltre ad essere superiori a quelle che abbiamo con paesi enormi come Brasile e India, mostrano come la strada dell’euro-atlantismo sia un faro di sviluppo. Mi spiego, la pandemia, con l’interruzione delle catene di valore, ha mostrato che l’epoca del globalismo tout court è finita. Oggi il nostro mercato interno è l’Europa ed è in questo contesto che è importante continuare ad investire, perché le catene di valore sono più sicure sia in fatto di distanza sia in fatto di “catene di valori”: ovvero abbiamo a che fare con paesi che hanno standard anche etici simili ai nostri. Questo non vuol assolutamente dire che bisogna fare un “fortino Europa”, tutt’altro, l’Italia ha un’economia fortemente internazionalizzata e ha sempre prosperato dagli scambi internazionali – pensiamo solo al legame economico con gli Stati Uniti – ma ritengo che non bisogna dimenticare quanto sia importante sviluppare le relazioni con i nostri vicini europei.

Alla luce di questa visione cosa succederà il giorno dell’auspicata fine della guerra in Ucraina?

Per prima cosa festeggeremo la fine di una tragedia e, ne sono convinto, una pace giusta per l’Ucraina. In questa prospettiva è chiaro che occorre sin da ora avviare un impegno enorme per la ricostruzione dell’Ucraina, sia a livello infrastrutturale, sia come regole per avvicinare il paese all’Unione Europea che è la sua naturale destinazione. In questa ricostruzione Polonia e Italia possono giocare un ruolo importante, e si stanno già muovendo in questa prospettiva. Degli stretti rapporti polacco[1]ucraini sappiamo tutto ma va sottolineato che anche l’Italia è fattivamente vicina a Kiev: siamo stati infatti tra i promotori della concessione all’Ucraina dello status di candidato ad entrare nell’UE per l’Ucraina. E poi c’è la partita di Expo 2030. La candidatura di Odessa è caduta in conseguenza della guerra e laddove Roma (unica candidatura europea e capitale di un paese, come detto, apertamente schierato a fianco di Kiev) venisse prescelta, si sta muovendo per individuare efficaci formule di collaborazione con Odessa. Mi sembrano tutti ottimi argomenti per sperare di potere contare sul sostegno della Polonia.

Cosa ne pensa della crescita del numero degli iscritti AIRE in Polonia?

La presenza degli italiani in Polonia è in effetti in crescita e mi auguro che questo fenomeno contribuisca a far da volano alle relazioni tra i due paesi. Tra l’altro sappiamo bene che la presenza e la crescita superano ampiamente i dati ufficiali. Come ambasciatore cerco di sviluppare quella che il Vice Primo Ministro del Consiglio e Ministro degli Esteri Tajani chiama “diplomazia della crescita”, ovvero una diplomazia che aiuti l’Italia a crescere economicamente all’interno e nel mondo dove c’è domanda della nostra cultura, economia e lingua: i tre pilastri sinergici dell’italianità all’estero. Per questo siamo attenti anche alla prospettiva di aumentare nei licei polacchi le sezioni in cui si insegni l’italiano e, perché no, anche un istituto integralmente in italiano.

C’è un obiettivo particolare che le sta a cuore e che vuole realizzare in questo suo mandato?

Premesso che il ruolo della diplomazia, e quindi anche il mio, è di dedicare attenzione a tutte le iniziative che rafforzano le relazioni tra Italia e Polonia nei diversi campi, mi piacerebbe che tra le università italiane e polacche si creassero maggiori interscambi e progetti comuni. L’Italia vanta un sistema formativo di base e specialistico di altissimo livello. Siamo un paese che investe in ricerca e innovazione e per questo vogliamo attrarre aziende e giovani dall’estero e naturalmente anche dalla Polonia.