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Joanna Mendys-Gatti, di giorno medico, di notte pittrice

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L’Italia per me è una seconda patria. Qui mi piace tutto. L’Italia è un paese talmente ricco di arte e di architettura che vivendoci e guardando ogni giorno questa bellezza non si può restare indifferenti. La vita qui è splendida e diversa da quella in Polonia. Nonostante la crisi economica la gente rimane allegra, aperta e spontanea. Quando ho raggiunto il mio marito italiano sono stata subito ben accolta e accettata. Il fatto che fossi polacca non ha mai fatto alcuna differenza per gli italiani. Ma non ho mai perso la relazione con il mio Paese e la mia vita si svolge tra Milano e Cracovia, città cui torno spesso ed in cui ho tanti amici. 

Di professione medico ma per passione pittrice?

Personalmente amo dipingere quanto fare il medico e così faccio entrambe le cose. Qui la gente viene ai vernissage per avvicinarsi all’arte e se trova qualcosa che gli piace la comprano. Ho fatto tante mostre in Italia e a nessuno interessava in quale accademia mi fossi laureata e con quale professore. In Polonia l’approccio è un po’ diverso. La pittura mi ha sempre affascinato e ai tempi del liceo ero indecisa tra l’Accademia delle Belle Arti e la facoltà di diritto. Poi, all’improvviso, ho avuto la premonizione che dovevo studiare medicina. Scegliendo tra medicina e accademia ho pensato che se mi fossi laureata in medicina poi avrei comunque potuto dipingere, ma il contrario non sarebbe stato possibile.

Come concili attività così diverse?

Nella mia vita, come in quella di tanti altri medici, c’è spazio sia per la professione che per l’arte. Per esempio durante la Riunione Mondiale dei Medici Polacchi si presentano anche gli interessi extra-medici dei partecipanti. In maggio a Danzica arriveranno molti medici illustri, i quali oltre alle relazioni sul proprio lavoro mostreranno anche le loro creazioni artistiche: pittura, fotografia e addirittura poesia. Anch’io avrò la mia mostra.

Parlavi italiano prima di trasferirti a Milano?

No. Ma durante i miei studi di medicina tutte le diagnosi si scrivevano ancora in latino, quindi lo conoscevo correntemente. Grazie a ciò dopo 3 mesi di soggiorno nel Bel Paese riuscivo già a parlare italiano abbastanza bene. 

Quali sono i tuoi luoghi preferiti in Italia?

Adoro la Toscana, è bellissima. Ogni anno ci torno per le vacanze con un sentimento speciale visto che qui ho incontrato mio marito. Ma non andrei a viverci. Per me Milano, e tutta la Lombardia, sono ideali per lavorare al meglio. Amo anche Roma. Ci vado a volte senza motivo, semplicemente per fare una passeggiata. E poi sono bellissime la Sardegna e la Sicilia. 

Non è da stupirsi che dipingi paesaggi.

Dipingo ciò che sento nell’anima. L’Italia mi ispira profondamente. Tutto può diventare tema di pittura. Fotografo i momenti fuggevoli e poi li riverso sulla tela. Dipingo spesso di notte, dopo aver passato una giornata di lavoro con i miei pazienti.

Dipingi partendo dalle foto?

Al giorno d’oggi con una tale evoluzione tecnica della fotografia quasi tutti dipingono a partire dalle foto. Durante gli incontri all’aria aperta con la mia associazione posso anche permettermi il lusso di dipingere direttamente dalla natura. Ma quotidianamente chi ha il tempo per questo?

Quali tecniche utilizzi?

La tecnica dipende dal tema. Dipingo su tela oppure su tavola, con vernici ad olio, un pennello e una spatola. Spesso comincio con il pennello e termino con la spatola. Creo quadri di varie dimensioni, però prediligo i grandi formati, perchè danno slancio, spazio.

I temi?

Paesaggi, fiori, natura morta, animali, uomini, ritratti. Anche rappresentazioni di santi. Tutto.

Quando hai cominciato a dipingere?

Dopo gli studi di medicina a Cracovia ho conosciuto mio marito e sono partita per l’Italia. La Polonia non era ancora nell’Unione Europea e dunque ho dovuto convalidare la mia laurea, cioè ripetere la maggior parte degli esami all’Università di Milano. Sono stati anni di tirocini, corsi, due specializzazioni in odontoiatria e medicina estetica, il dottorato di ricerca, il lavoro, la famiglia, i bambini. Dipingere era un sogno nel cassetto. Il giorno in cui ho cominciato a sentirmi realizzata professionalmente mi sono detta: o provi adesso oppure è la fine del tuo sogno. Ed ho ricominciato a studiare, stavolta disegno e pittura. Lavorando come medico non avevo il tempo per studi regolari, così ho scelto un percorso individuale di apprendimento. Ho terminato parecchi corsi di lungo periodo all’Università di Milano Brera e all’Istituto Paolo Borsa a Monza, ed ho fatto anche lezioni private nelle botteghe degli artisti.

Una vita di studio e lavoro!

Si’. Per fortuna non ho bisogno di dormire molto, quindi di giorno lavoro e di notte dipingo. Dunque alla domanda cosa faccio di professione, rispondo che di giorno faccio il medico e di notte la pittrice. Seguo le mie due passioni.

La prima mostra?

Alla Galleria d’Arte a Pescarenico, nel 2004, è piaciuta molto sia ai critici che al pubblico. Ero felice e ho valutato questa esperienza come un successo. Ho preso coraggio. Poi ho fatto altre mostre in Italia, a Parigi e quindi hanno cominciato ad invitarmi in altre città e la passione è diventata un’attività molto concreta e intensa. Ho esposto in Italia, Francia, Polonia, Usa, Germania, ora ho contemporaneamente una mostra a Lodz e una a Piacenza. Sono membro della Compagnia Artistica Paolo Borsa di Monza, della Bottega dell’Arte a Missaglia e di CIAC a Roma.

Hai parlato anche di quadri con i santi come tema.

Sì lo faccio come volontariato. Ho dipinto anche l’immagine del Gesù misericordioso, 140×80 cm, per la parrocchia di San Lorenzo a Żółkiew, vicino a Leopoli, dove mi sono trovata in occasione del 100° anniversario dell’apertura dell’ordine dei medici in Polonia. Il quadro nelle cornici dorate sostituirà il poster di carta che pende oggi in questa chiesa. Ho dipinto anche la rappresentazione del Cristo su commissione della chiesa di Linas presso Parigi. Mi hanno chiesto anche di fare un dipinto per una parrocchia in Congo. Recentemente inoltre sono stata coinvolta nel rinnovamento di una cappella, vicino a Cracovia, per salvare la scultura di Stryjeński “Madonna con Gesù Cristo”, distrutta e danneggiata, come tutta l’installazione.

Altri progetti?

Collaboro con alcune case editrici. Daniele Bertoni, un artista e scrittore toscano, nel suo libro, che simbolicamente fa riferimento alle rose, ha progettato la copertina sulla base del mio dipinto ‘Rose’. Marek Orzechowski, il corrispondente polacco di PAP, sta per finire un libro sulla cultura musulmana in Tunisia e ha già scelto per le illustrazioni alcuni dei miei lavori. Il quadro “I dervisci ballanti” è stato scelto per la copertina. Attualmente sto dipingendo il ritratto di Cristoforo Colombo, per un libro di cui non posso svelare nulla a parte il fatto che la commissione mi è arrivata dagli USA. In generale comunque penso che il mondo non abbia né limiti, né vincoli, anzi apre davanti a noi tante strade, tutte interessanti… Io passo la vita ad imparare sempre qualcosa di nuovo, questo è il mio progetto di futuro.

 

Mille Sapori e Casa Gheller: nuova collaborazione per promuovere il Made in Italy in Polonia

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10 settembre al Ristorante San Lorenzo di Varsavia si è svolta la serata d’inaugurazione di una nuova collaborazione esclusiva di Mille Sapori con il brand Casa Gheller. Alla serata erano presenti l’Ambasciatore d’Italia in Polonia Aldo Amati, il Direttore dell’ICE Antonino Mafodda, l’export manager di Casa Gheller Flavio Geretto, manager del Wine Department di Inalca Food & Beverage Sandro Randazzo e CEO Mille Sapori Plus Luciano Pavone oltre a rappresentanti dell’Ambasciata e tanti manager specialisti del settore. La collaborazione tra l’Italia e la Polonia sta diventando sempre più importante per Mille Sapori che, insieme al Gruppo Cremonini a cui appartiene, cerca di promuovere la qualità del prodotto italiano e del vero Made in Italy. Per questo motivo tra una serie di collaborazioni di alto livello è iniziata anche quella con Casa Gheller che dagli anni Settanta fa parte del Gruppo Villa Sandi. Il prosecco Casa Gheller è un prodotto tradizionale proveniente dall’area per eccellenza del prosecco Valdobbiadene e la sua qualità unica sta nella particolare cura dedicata alla produzione con una ricetta originale immutata dagli inizi del marchio fino al giorno d’oggi. Come ha dichiarato Sandro Randazzo Casa Gheller non è solo il prodotto ma un marchio che vogliamo promuovere in tutto il mondo soprattutto adesso quando il prosecco è diventato il patrimonio dell’Unesco ovvero un prodotto da proteggere e valorizzare a livello mondiale. Casa Gheller sarà l’unico prosecco presente in offerta di Mille Sapori per il canale Horeca a prezzi veramente accessibili. Per promuovere questa nuova e forte partnership Mille Sapori ha in programma una serie di eventi di wine tasting nelle maggiori città polacche.

Re Matteuccio Primo, pubblicata la prima edizione integrale in lingua italiana

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È finalmente nelle librerie italiane la prima e unica edizione integrale di Re Matteuccio Primo (Villaggio Maori Edizioni), il grande classico della letteratura d’infanzia polacca. Scritto nel 1922 da Janusz Korczak, al secolo Henryk Goldszmit, l’illustre pedagogo, medico, pubblicista e scrittore polacco, ucciso nel campo di sterminio di Treblinka insieme ai bambini del suo orfanotrofio, il romanzo racconta le vicissitudini del giovane erede al trono Matteuccio, che deve presto rinunciare a un’infanzia felice e spensierata perché costretto a succedere al re suo padre morto improvvisamente. Re Matteuccio vive un avvincente susseguirsi di avventure e disavventure, che lo portano a crescere in fretta, a farsi nuovi amici e nemici, ma soprattutto a scontrarsi con la dura realtà. Infatti Re Matteuccio, talvolta riformatore, talaltra tiranno, impara a sue spese preziose lezioni di vita: capisce che non c’è azione senza conseguenza (più o meno grave) e che non sempre chi ci circonda è chi dice di essere. In effetti il romanzo rispecchia la vocazione educativa dell’autore, poiché aiuta i bambini suoi lettori a comprendere meglio i meccanismi della politica e mostra loro come imparare dai propri errori e affrontare a testa alta tutte le sconfitte e le amarezze della vita. Allo stesso tempo, pure gli adulti, il secondo destinatario dell’opera, ricavano interessanti spunti di riflessione da questa lettura. Ogni capitolo si legge tutto d’un fiato grazie alla pregevole traduzione di questa nuova versione italiana, curata da tre nomi di rilievo della nostra polonistica, Andrea Ceccherelli, Lorenzo Costantino e Marcin Wyrembelski. L’edizione ha il merito di rispettare appieno lo spirito e lo stile della prosa dell’originale polacco ed è impreziosita da un’utile prefazione, nonché dalle belle illustrazioni di Alessio Maggioni. Insomma un’impresa splendidamente riuscita, tanto che un po’ dispiace arrivare all’ultima pagina. Non ci rimane che sperare nella pubblicazione del sequel!

JUST LIKE HOME, investire bene nell’immobiliare

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UŚMIECH, SZCZĘŚCIE, RADOŚĆ (Sorriso, gioia, felicità) …. Nella lingua polacca ci sono tante parole difficili da pronunciare non solo per un italiano. Se qualcuno viene qui per un lungo periodo gli serve imparare la lingua? Non necessariamente, tanti italiani vivono in Polonia senza parlare il polacco soprattutto se riescono a comunicare in inglese. Esiste però un’espressione che vale la pena di conoscere: “proprietà di beni immobili”. Non tutti sanno che potenziale si nasconde nel settore immobiliare polacco. L’acquisto di una casa per affitti in Polonia può essere un’alternativa interessante per le persone che vogliono fare un investimento sicuro.

Per ragioni storiche ed economiche in Polonia c’è una carenza di case – ci sono 376 appartamenti ogni mille abitanti – mentre in altri paesi dell’Unione Europea il risultato è molto più alto, in media 435 appartamenti ogni mille persone. Il deficit di abitazioni è stimato in 2-2,5 milioni di appartamenti e questo contribuisce ad un aumento della domanda di appartamenti in affitto. Dal punto di vista di un potenziale investitore il fatto che i polacchi non possano permettersi di comprare casa è molto significativo perché questo li constringe a cercare opportunità di affitto. È inoltre significativo che in Polonia è molto evidente una tendenza a non essere proprietari di un appartamento. Nonostante la situazione finanziaria consolidata, molte persone (soprattutto i cosiddetti millenials) decidono spesso di affittare un appartamento piuttosto che comprarne uno. Sta diventando di moda anche la tendenza di condividere un appartamento con altri giovani lavoratori, una cosa che finora facevano piuttosto gli studenti, invece oggi (soprattutto nelle grandi città) affittare un appartamento insieme ad altre persone che lavorano è uno scenario molto frequente. Non trascurabile è anche il fatto che i centri di studio e ricerca polacchi, grazie alla loro buona reputazione, sono molto popolari tra gli studenti stranieri che decidono di studiare all’università polacca e cercano un posto in cui vivere.

Dopo aver preso la decisione di prendere una casa in Polonia vale la pena di riflettere su una collaborazione con qualcuno che offre un supporto completo in tutto il processo di investimento. Una delle aziende che offre tale supporto agli stranieri è JUSTLIKEHOME. Partiamo da un’approfondita analisi legale e fiscale degli effetti delle potenziali transazioni, segue la ricerca di un immobile con un grande potenziale, la ristrutturazione e infine affitto. JUSTLIKEHOME prende in gestione l’appartamento acquistato dall’investitore garantendo la pluriennale collaborazione a determinate condizioni e il beneficio passivo dall’immobile in possesso. Il gruppo JUSTLIKEHOME ha l’esperienza di undici anni nel settore immobiliare polacco e gode di una grande fiducia degli investitori da anni offrendo aiuto anche riguardo agli immobili già in possesso dell’investitore. Tutti quelli che collaborano con noi ricevono dai propri immobili un ritorno del 5-10% all’anno. Forse conviene quindi ricordarsi il termine menzionato sopra “proprietà di beni immobili” perché può introdurre alla nostra vita anche le parole difficili da pronunciare come UŚMIECH, SZCZĘŚCIE e RADOŚĆ…

Sito web: www.justlikehome.pl
E-mail: patrycja@justlikehome.pl

Polański e Komasa premiati alla 76ᶺ Mostra del Cinema

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Si è conclusa sabato scorso la 76ᶺ Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con il trionfo di “Joker” di Todd Phillips con lo strepitoso Joaquin Phoenix come protagonista. Una edizione non proprio memorabile, tra i film in concorso qualche delusione soprattutto per quelli firmati da registi affermati da cui tutti si aspettavano non dico un cambio radicale di stile ma almeno mantenimento di un certo livello a cui ci hanno abituati. Livello alto che invece ha senz’altro mostrato Roman Polański che con il suo J’Accuse ha vinto il Gran Premio della Giuria. La storia, ispirata al famoso caso del capitano Alfred Dreyfus, giovane ufficiale dell’esercito francese accusato di essere un informatore dei tedeschi, dimostra fino a che punto possono arrivare le autorità politiche per difendere gli interessi del paese, un tema che sotto tanti aspetti è estremamente attuale.

 

Ma la Mostra non è solo il concorso ufficiale e in effetti molte emozioni hanno offerto agli spettatori le sezioni Orizzonti, Settimana della Critica e Giornate degli Autori con in programma film coraggiosi provenienti da tutto il mondo. In quest’ultima sezione segnaliamo “Boże Ciało”, del regista polacco Jan Komasa, la coinvolgente storia di Daniel, un ventenne che vive una trasformazione spirituale mentre sconta la sua pena in un centro di detenzione, vincitore a Venezia 76 del premio Europa Label Cinemas e di una menzione della giuria. Il film, con la straordinaria performance di Bartosz Bielnia nel ruolo del carismatico protagonista, è un bellissimo racconto sulla ricerca di sé stessi e sul forte desiderio di essere accettati. Da segnalare anche la coproduzione italo-polacca “Sole” di Carlo Sironi presentata nella sezione Orizzonti con Sandra Drzymalska nel ruolo della protagonista. Il primo lungometraggio del giovane regista (figlio di Alberto Sironi, regista del famoso commissario Montalbano) racconta la storia di Lena, una giovane ragazza polacca che arriva in Italia per vendere la bambina che porta in grembo e poter iniziare così una nuova vita, e di Ermanno che fingendo di essere padre per permettere a suo zio e alla moglie l’adozione veloce tra parenti, inizia a comportarsi come se fosse il vero padre. Un tema non approfondito ancora dal cinema, raccontato in modo essenziale attraverso il crescendo delle emozioni fino alla loro esplosione finale. La varietà delle storie raccontate, la bravura dei registi e degli attori ha fatto sì che il cinema polacco non sia passato inosservato al Lido. Un passo importante soprattutto per i giovani autori che devono ancora affermare la loro posizione nella cinematografia internazionale.

Marco Bernardi: la mia cucina è passione, qualità, autenticità

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Attento alla tradizione ma innovativo, con una grande esperienza alle spalle, simpatico e con in cassetto un tesoro di 365 ricette squisite scritte a mano. È Marco Bernardi lo chef di Scorzè, piccola città a metà strada tra Venezia e Treviso, ben noto a Danzica ed ormai anche in Polonia per l’impronta di autenticità italiana data ad alcuni ristoranti come il San Marco e Al Ponte a due passi dalla Motlawa.

Ma come sei arrivato da Scorzè al Baltico?

“Tutta colpa, anzi merito!, della moglie polacca di un amico. Tornato in Italia al termine di due buone esperienze in Portogallo ed in Giappone sono incappato in un locale che non mi dava soddisfazione e ho cercato subito un altro posto. L’amico mi ha detto “Vai in Polonia!”. Gli ho risposto ok vado ma voglio che ci sia il mare. Così ho guardato la piantina della Polonia e ho mandato il mio curriculum ad una serie di ristoranti di Danzica.”

La svolta avviene due mesi dopo il tuo arrivo a Danzica quando diventi chef del Ristorante San Marco dopo aver conosciuto il manager del locale che essendo di Jesolo era praticamente un tuo conterraneo.

“Sì però la vera svolta è il rapporto con Jarek il mio boss proprietario del San Marco e oggi anche del ristorante Al Ponte. Tra noi è stato uno scontro di caratteri forti ma alla fine Jarek mi ha dato fiducia e mi ha lasciato creare un menù di piatti autentici italiani, in cui sono banditi ketch up e altre deviazioni inutili, tipo l’orribile panna sulla carbonara. Una volta un cliente mi ha chiesto il ketch up da mettere sulla pizza e gli ho detto di no. È andato fuori a comprarselo, quando è tornato gli ho chiesto se avrebbe gradito vedermi mettere dell’aranciata dentro lo zurek. Ha capito e ha rispettato il gusto della pizza italiana.”

A volte è complicato soddisfare il palato polacco?

“Diciamo che di base cercano i gusti forti, ma col tempo stanno imparando a percepire le sfumature delicate dei piatti italiani. A chi mi chiede il segreto del cucinare italiano rispondo: utilizzate pochi prodotti ma che siano di qualità. Se a casa hai solo olio d’oliva, parmigiano e pepe puoi farti una pasta o un riso buonissimi. Un altro consiglio che do spesso a chi si diletta in cucina è di passare meno tempo a postare foto di piatti su facebook ed invece dedicare più tempo a youtube e wikipedia dove si trovano tante informazioni interessanti sulla cucina. E poi provare e rischiare senza aver paura di sbagliare finché non si arriva a qualcosa di buono.”

La tua formazione studentesca è arte fotografica, la cucina è l’hobby che hai trasformato in lavoro e ragione di vita.

“È successo tutto per caso. Da giovane avevo la passione per i vini, ho frequentato molti corsi da sommelier e ho iniziato a lavorare in una osteria. Un giorno restarono senza cuoco e mi chiesero se sapevo cucinare. Non battei ciglio e risposi: certo! Poi grazie allo chef Fabio Cucchelli iniziai un turnover di collaborazioni con ristoranti di qualità e stellati tra cui L’Oca Bianca a Mirano, il Rifugio Fuciade al Passo San Pellegrino, Castelbrando, Villa Crespi e tanti altri. Esperienze da cui ho imparato manualità del lavoro e scelta di abbinamenti di sapori nel rispetto della tradizione.”

Pur se attaccato alla cucina tradizionale sei uno che continua ad innovare, cosa ci dobbiamo aspettare adesso?

“La base della mia cucina è quella tradizionale popolare dell’area compresa tra Venezia e Treviso, ricette di pesce lagunari e verdure e vini della Marca. Ricette che ho imparato da mia madre che mio padre commentava sempre con straordinario senso critico. Poi quando ho cominciato a sottoporgli dei miei piatti se commentava con un “ho mangiato di meglio” era già un gran successo. Tornando ad oggi sto introducendo nuove tipologie di pesci come lo scorfano e la rana pescatrice, e poi i “folpetti” e ricette storiche come il “saor”. Adesso sono tentato di far scoprire ai polacchi le mozzarelle in carrozza e tramezzini, magari rilanciando anche il baccalà che qui ancora non apprezzano come in Italia. Altro progetto cui tengo molto è quello di creare dei corner-shop di prodotti italiani dentro i ristoranti, con formaggi, affettati, olio d’oliva, pasta, mozzarelle di bufala il tutto selezionato in esclusiva da me e dal mio staff.”

A Danzica ti conoscono tutti e la gente ti ferma per strada.

“Mi sono ambientato benissimo, ho tanti amici tra cui l’infaticabile Jolanta Gyza insegnate della scuola Zespol Szkol Gastronomiczno-hotelarskich, dove tengo spesso corsi agli studenti e poi con piacere partecipo agli incontri della Fondazione Ital-Gedania guidata da Roberto Polce. Ma lasciami dire che per noi italiani in Polonia anche l’avere Gazzetta Italia aiuta a farci sentire a casa.”

Umbria: cuore verde d’Italia

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L’Umbria è la meta ideale per le vostre vacanze. Natura e parchi, città d’arte, sport all’aria aperta, eventi di richiamo internazionale e una fantastica cucina regionale renderanno indimenticabile il vostro soggiorno. Ogni luogo ha un’identità inconfondibile, frutto di millenni di civiltà che hanno lasciato memorie e capolavori senza tempo: Umbri, Etruschi, Sabini e Romani prima e le straordinarie stagioni del Medioevo e del Rinascimento poi. L’ingegno contadino ha cesellato pazientemente l’ambiente, bonificando, dissodando e piantando ulivi e vigneti che, oltre a dare vini e oli pregiatissimi, sono diventati il simbolo stesso di questa terra. In Umbria basta percorrere pochi chilometri per scoprire anche una natura selvaggia fatta di faggete secolari, grotte profonde, montagne popolate di antiche leggende. Una regione ricchissima d’acqua che affiora in sorgenti e laghi montani, scorre nei fiumi scavando impressionanti gole di pietra, si allarga in paludi e invasi artificiali che, qui magicamente, si trasformano in oasi naturalistiche. Il Lago Trasimeno, il lento scorrere del fiume Tevere e il salto della Cascata delle Marmore sembrano creati apposta per ispirare poeti e pittori.

Cammini sulle orme di San Francesco

L’Umbria è interessata da ben 10 cammini tra cui spiccano quelli dedicati ai santi, a partire da quelli francescani e benedettini. “La Via di Francesco” (24 tappe per 400 Km) è un itinerario attravesro Toscana, Umbria e Lazio che permette di raggiungere Assisi e la Basilica dedicata a San Francesco partendo da La Verna (9 tappe per 180 km) a nord, o da Roma (14 tappe, a sud). “Più breve e completamente in Umbria è il Cammino dei Protomartiri Francescani (6 tappe per 101 km), che si sviluppa nell’ambito territoriale della diocesi di Terni-Narni-Amelia. Quindi il Cammino di Benedetto (16 tappe per 300 km), un lungo percorso dalla forte vocazione storica e spirituale che attraversa affascinanti zone montuose tra cui la cittadina di Norcia.. La Via Romea Germanica (La Via Romea Germanica percorre quasi 2.200 chilometri da Stade a Roma, e attraversa 3 Paesi, in 94 tappe: 44 in Germania, 4 in Austria e 46 in Italia.) attraversa l’area orientale dell’Umbria tra Natura e Cultura, toccando il Lago Trasimeno,  Città della Pieve e Orvieto.

Antichi borghi

Nell’antichità, nel Medioevo e nel Rinascimento l’Umbria fu un luogo pulsante al centro delle vicende storiche, culturali e religiose italiane. Le città fiorirono in modo straordinario, accumulando un denso patrimonio di meraviglie artistiche fatto di siti archeologici, chiese, castelli e palazzi. Adagiata su un colle dall’andamento irregolare, Perugia è la maggiore delle città d’arte umbre. I suoi gioielli sono quasi tutti racchiusi nel centro storico, delineato da due cerchia di mura etrusche e medievali. Piazza IV Novembre è il fulcro: in mezzo è situata la bellissima Fontana Maggiore, simbolo della città, e intorno si ergono la Cattedrale gotica e il magnifico Palazzo dei Priori, con il Collegio del Cambio affrescato dal Perugino e la Galleria Nazionale dell’Umbria piena di capolavori. Stretta dentro le sue mura Assisi è un luogo magico e il fatto che dal Medioevo ad oggi non sia cambiato praticamente nulla ne ha preservato intatto l’incanto. Non si può rinunciare ad ammirare la Basilica di San Francesco, uno dei luoghi più famosi della cristianità. È composta da due chiese sovrapposte: in quella inferiore, dove si trova la tomba del Santo, si ammirano affreschi di Simone Martini, Cimabue e Lorenzetti; in quella superiore ancora affreschi di Cimabue e soprattutto il ciclo della vita di San Francesco, ventotto riquadri opera di Giotto o da lui supervisionati. Spoleto, capitale dell’antico ducato longobardo, è un denso agglomerato di pietra grigia incastonato nel verde. La sua mole severa nasconde scorci affascinanti e molti tesori architettonici. Oltre alla zona che fu del foro romano e ad alcune chiese notevoli, non bisogna mancare il Duomo romanico (XIII secolo), posto a chiusura di una scenografica piazza: la facciata è un capolavoro. Terni moderna e dinamica deve il suo assetto attuale, dopo i pesanti bombardamenti della seconda guerra mondiale, ai progetti dell’architetto Mario Ridolfi. Conserva parte del suo centro antico ed alcuni notevoli monumenti: la duecentesca chiesa di San Francesco, con la bellissima Cappella Paradisi; l’antica chiesetta di Sant’Alò, piccolo gioiello romanico; la chiesa di San Salvatore, edificata sul Tempio del Sole di epoca romana; quella di San Pietro ed infine il Duomo, eretto nel XVII secolo. Todi è la città natale di Jacopone, mistico poeta delle Laudi. Nei pressi di Piazza del Popolo c’è la chiesa paleocristiana di San Fortunato, trasformata sul finire del XIV secolo in stile gotico, mentre il tempio di Santa Maria della Consolazione, il cui progetto è stato attribuito al Bramante, è considerato uno degli edifici simbolo dell’architettura rinascimentale. Isolata in cima a uno sperone di tufo Orvieto emana un fascino ineguagliabile che rapisce con la sua bellezza i tanti turisti che ogni anno la visitano. La sua fama è legata principalmente al Duomo, uno dei capolavori assoluti del gotico italiano. Per gli amanti del Rinascimento da visitare Città di Castello con il maestoso Palazzo Vitelli, sede della Pinacoteca che conserva lavori, tra l’altro, di Luca Signorelli e Raffaello e il Palazzo Albizzini. Altra città dall’architettura rinascimentale è Foligno, considerata “il centro del mondo”, con i suoi splendidi palazzi tra cui spiccano quelli delle famiglie degli Orsini e dei Trinci, dove sono presenti gli affreschi di Gentile da Fabriano. Qui, nel 1472, venne stampato il primo libro in lingua italiana: la Divina Commedia.

Attività all’aria aperta, natura, parchi e sport

L’Umbria conta diverse aree protette tra cui il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, lo STINA e altre aree più circoscritte, come i Parchi dei Sette Frati e di Villalba, il lago di Alviano (Oasi del WWF) e l’Oasi La Valle. La Valnerina, grazie alla sua rete fluviale e alle montagne circostanti è oggi il luogo ideale per praticare numerosi sport outdoor tra cui il rafting. Gli itinerari da scegliere sono numerosi, da quelli più adrenalinici proprio sotto le Cascate delle Marmore, a quelli più tranquilli e adatti anche ai bambini. La Valnerina offre anche la possibilità di praticare l’hydrospeed e la canoa fluviale a tutti i livelli ed è anche famosa per l’arrampicata sportiva. Il “paradiso” per i climber sono le falesie di Ferentillo. Sicuramente l’attrazione turistica più famosa della valle è la Cascata delle Marmore, che con il suo salto d’acqua di 165 metri di altezza è uno spettacolo da non perdere. All’interno del Parco Fluviale del Nera vi aspetta una fitta rete di sentieri, che oltre a farvi scoprire le numerose bellezze naturali, vi permetterà di raggiungere luoghi storici e culturali di incredibile fascino come l’abbazia di San Pietro in Valle con il suo altare a bassorilievi longobardi, oppure il paese abbandonato di Umbriano. E questi sono ambienti ideali anche per il trekking e la mountain bike. Il Monte Cucco è poi, dal 1980, uno dei campi di gara più frequentati dai piloti di Volo Libero di tutto il mondo. Il Parco di Monte Cucco è il luogo ideale per la pratica di attività outdoor: numerosi sono i centri sportivi con piscine tennis e spa, oltre a divertenti parchi aquatici e laghetti attrezzati per la pesca.

Enogastronomia

L’Umbria vanta una tradizione enologica che risale agli Etruschi e Romani che poterono avviare la coltura della vite grazie ad un territorio in prevalenza collinare a base calcareo-argilloso e ad un clima ideale. Spiccano in particolare tredici vini DOC e due DOCG. Le punte di diamante della millenaria tradizione regionale sono il Torgiano Rosso Riserva DOCG e il Sagrantino DOCG di Montefalco. Per scoprire i segreti dell’arte vinicola suggeriamo le quattro “Strade del vino”, itinerari enogastronomici che strizzano l’occhio alle bellezze storiche e artistiche. Straordinario almeno quanto il vino, l’olio umbro vanta un’alta qualità che ha pochi pari in Italia. Le colline ai piedi degli Appennini sono ideali per una maturazione lenta delle olive che così mantengono una bassa acidità. Molite a freddo e perlopiù miscelate, danno oli fruttati e saporiti dal colore verde intenso, ingredienti fondamentali della cucina tradizionale. La cucina è genuina e fortemente legata ai sapori della terra, tra i primi segnaliamo: gli umbricelli fatti con acqua e farina e annegati nei sughi di pomodoro, gli stringozzi con sugo d’oca o con asparagi di bosco, le tagliatelle tirate a mano, l’imbrecciata (minestra di legumi e cereali), i gobbi (cardi) alla perugina, la zuppa di ceci e castagne nell’Orvietano, le ciriole condite con aglio. Tra i secondi di carne: la testina di agnello al forno, il torello alla perugina, il cinghiale, il capriolo, l’oca arrosto, l’anatra farcita e la gallina ubriaca di Orvieto cotta nel celebre vino locale. La Chianina, allevata in Umbria da più di due millenni, è un bovino che dà una carne pregiata, tenerissima e con pochi grassi, una leccornia. Ma il re indiscusso della cucina tradizionale è il maiale. A Norcia e in Valnerina la lavorazione del maiale è un’arte che si tramanda da secoli e che ha raggiunto livelli di eccellenza impareggiabili: il prosciutto di Norcia rientra di diritto fra i migliori d’Italia. La lista dei secondi piatti prevede anche il pesce d’acqua dolce. La cucina secolare del lago Trasimeno offre, ad esempio, prelibatezze come la carpa regina in porchetta, il tegamaccio (spezzatino di pesce in umido), il persico reale fritto, il luccio (le uova condiscono gli spaghetti) e il latterino. Nel lago si pescano anche due tipi di anguilla. Tutta la cucina umbra, comunque, è ricca di ingredienti speciali. La tradizione rurale ha insegnato a utilizzare una sorprendente varietà di aromi, ortaggi spontanei dei boschi ed erbe di campo. Si consigliano, inoltre, altri prodotti tipici come il fagiolo di Cave di Foligno, la cipolla di Cannara, la patata rossa di Colfiorito, la cicerchia (un piccolo legume molto saporito), il farro di Monteleone e di Spoleto e la lenticchia di Castelluccio di Norcia, lo speciale zafferano di Cascia e di Città della Pieve. Il tocco di magia, però, è dato dal tartufo, oggetto del desiderio che con il suo profumo intenso è leit motiv di moltissime ricette. La terra umbra ne abbonda, dal pregiatissimo tartufo bianco a quello nero di Norcia o di Spoleto, fino allo scorzone che cresce in estate e al bianchetto. E siamo ai dolci: il torcolo di San Costanzo (una ciambella di pasta di pane con olio, cedro candito, uvetta, pinoli e anice), gli strufoli (pasta fritta con miele o alchermes), il torciglione, i maccheroni con le noci (tipici della vigilia di Natale), i tozzetti del pescatore, le fave dei morti, la rocciata, il panpepato, la crescionda, il pampolenta, le cicale e la ciaramicola, tipico dolce pasquale di Perugia, ma soprattutto il cioccolato di cui in Umbria esistono produzioni industriali ed artigianali di eccellenza.

L’ultima Miss Polonia della PRL

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Il 1989 è stato un anno di grandi trasformazioni, entusiasmi, speranze, sogni ed anche dell’ultimo concorso di Miss Polonia prima della caduta del regime comunista. Tutto si svolse nello stile degli anni Ottanta:  trucco esageratamente colorato, pettinature cotonate, abiti scintillanti presi in prestito oppure creati con quello che si aveva in casa. Le ragazze erano spinte a partecipare al concorso dalle famiglie, dagli amici oppure decidevano da sole convinte che sarebbe stata una occasione che avrebbe cambiato la loro vita. Dopo anni di incertezza sul futuro si intravedevano tante nuove opportunità, anche se in realtà non si sapeva come cogliere quelle occasioni. Tutto appariva confinato e pochi riuscivano finanche a immaginarsi supermercati pieni di podotti o una tv satellitare, per non dire internet o i telefoni cellulari. Persino la serie “Dynasty”, simbolo di una vita a colori, non era ancora arrivata in Polonia. Ma grazie ai visionari, alla loro genialità e determinazione, pian piano passammo dal socialismo reale ad una società capitalista.

Il concorso di Miss Polonia negli anni Ottanta era una vera attrazione perché grazie alle sfilate sul palcoscenico in diretta televisiva aveva una straordinaria audience. Per molti polacchi il seguire la sfida tra quelle bellezze era un modo per portare un po’ di colore nella loro quotidianità. Vivevamo una quotidianità semplice e di poche pretese, quindi ogni iniziativa che ci desse l’impressione di poter vivere un po’ di sfarzo e di lusso era ben vista.

Oggi degli eventi e del mondo dello spettacolo sappiamo tutto grazie a internet e alle numerose riviste sgargianti. Invece a quei tempi, a parte qualche sparuta pubblicazione in cui si poteva leggere la vita delle celebrità, si sapeva poco dei personaggi famosi, né si facevano grandi pettegolezzi sul loro conto, il che era sicuramente una cosa positiva. C’erano solo due canali televisivi che trasmettevano i consueti programmi d’intrattenimento e alcuni noti festival musicali: Kołobrzeg, Zielona Góra, Opole e Sopot.

Le foto a colori delle finaliste, accanto ai poster di idoli pop, apparivano nel Dziennik Ludowy (trad. quotidiano popolare), che si poteva trovare in edicola il sabato mattina alle sette se non avevi la fortuna di fartelo tenere. I quotidiani parlavano dei concorsi senza grande slancio, con brevi note e immagini grigie mentre nei luoghi pubblici si esponevano le notizie su bacheche informative affinché ogni “proletario” ne fosse messo al corrente. Dopo il concorso di Miss Masovia furono appese anche le nostro foto come prime tre classificate. Immagini esposte perfino nella bacheca vetrata alla stazione centrale forse per rendere più piacevole l’attesa dei viaggiatori.

Cosa ricordo dell’avventura del concorso? Sicuramente è stato un periodo eccezionale che mi ha dato tanta allegria, nuove esperienze, impressioni e conoscenze ed è diventato un momento segnante nel mio percorso di vita, sebbene non seppi sfruttare appieno ciò che mi era successo. Oggi saprei certamente fare migliore uso del fatto di essere una delle sedici donne più belle della Polonia, e l’essere troppo critica e severa verso me stessa ha reso difficile sfruttare le occasioni di entrare nel mondo dello spettacolo. A dire il vero ottenni una collaborazione con una delle prime agenzie pubblicitarie, ma mi mancavano la faccia tosta e la sicurezza per poter tradurre l’avventura del concorso in attività lavorativa. Non capivo che una chance una volta data non si ripete o forse semplicemente non era il mio ambiente.

Di certo la notizia che avevo vinto il titolo di Seconda Vicemiss Masovia fece rumore e le persone spesso mi sorridevano, però trattavo quel successo solo come l’effetto di una straordinaria avventura. Ho ricevuto proposte di viaggi a Miami e lavorai durante la fiera Elektronika 2000 a Mosca, poi però apparvero nuove finaliste e passai loro la staffetta.

All’epoca erano in voga i viaggi in Giappone, forse per diventar modella, ma nessuna di noi sfruttò questa proposta di cui non ci fidavamo.

Nel rinverdire quei ricordi, ho deciso di coinvolgere alcune persone per fare un racconto comune. Primo nella mia lista è il co-organizzatore, giurato e documentarista Jerzy Szamborski, grazie al quale si è conservato molto materiale filmico e fotografico di quegli anni. Ho chiesto a Jerzy se c’è qualcosa di specifico che ricorda di quel 1989.

Jerzy Szamborski: “Nonostante le condizioni difficili si poteva fare molto all’epoca. La gente era più aperta a simili eventi. Un problema era rappresentato, per esempio, dall’avere i buoni per i prodotti alimentari durante le prove per la finale, ma in qualche modo si risolveva. Il premio per la vincente era un’auto Toyota edizione speciale, ovvero con simboli della corona della Miss sul paraurti. L’unico esemplare di quel tipo al mondo. Per quanto riguarda gli altri premi… Ah, già! In quel concorso il rappresentante della Toyota fu così incantato dalla vista di Agnieszka Angelo che premiò con un’auto anche la Prima Vicemiss Polonia ‘89. Quell’anno ci fu anche un’altra sorpresa. Il rappresentante della Fiat di Bielsko-Biała disse che non volevano essere da meno e anche l’azienda italiana offrì un’auto. La Prima e Seconda Vicemiss ricevettero così in dono la cosiddetta Maluch (Fiat 126 P)!”

Durante il concorso, che durò sei mesi tra eliminazioni preliminari, selezioni regionali, semifinale, finale, le partecipanti strinsero forti amicizie. Non so quante di loro siano tuttora in contatto, perché allora comunicavamo con lettere, cartoline e telefoni fissi (che non tutti possedevano). Io fino ad oggi sono rimasta in contatto con Małgorzata Kobylińska, Miss Masovia ’89, che ci racconta le emozioni di quella esperienza.

Małgorzata Kobylińska: “Dopo la vittoria i resi conto che tutti mi avrebbero d’ora in poi guardata attraverso il prisma del concorso di bellezza. Allora avevo solo 18 anni e quindi andai subito, senza indugi, all’Università, la Warsaw School of Economics, che era il miglior ateneo di economia della capitale. Con il senno di poi, ho un consiglio per le future miss: aspettate 2 o 3 anni, magari anche 4; cambia molto. Personalmente il fatto di essere arrivata tra le dieci donne più belle della Polonia non mi ha portato molti profitti. Mi arrivarono alcune proposte contrattuali dall’estero ma allora mancavano agenzie di modelle che aiutassero ragazze così giovani. Non ebbi il coraggio di partire da sola, era troppo rischioso. Inoltre, dopo il concorso di Miss Masovia, ebbi anche la sfortuna di non ricevere i premi che ci avevano promesso, per esempio nessuna di noi riuscì ad andare a Singapore, che era il primo premio del concorso”.

In effetti con i premi la situazione non era chiara com’è oggi dove tutto è precisato in accordi scritti. A me andò bene, quale Seconda Miss Masovia 1989 ottenni il promesso registratore giallo a due cassette TEC e anche un viaggio a Londra. Ciò avvenne durante la finale all’Hotel Europejski, quando lo sponsor cambiò idea e decise d’emblée di offrire il viaggio a tutte e tre le finaliste.

Ricordi che ancor oggi mi emozionano perché successero fatti sorprendenti che mi resero veramente felice. Oggi viviamo in tempi in cui le piccole cose non hanno lo stesso effetto perché la qualità della vita nel nostro paese, ormai completamente avvolto dal consumismo più spinto, ha viziato le nostre aspettative.

Abbiamo rimosso gli anni delle code per gli alimentari e la carta igienica, la scarsità di mezzi di comunicazione adeguati e le difficoltà legate all’attraversamento dei confini e tante altre situazioni non facili, dagli scioperi alle differenze di vedute. Oggi possiamo esprimere liberamente le nostre opinioni, studiare in tutto il mondo, realizzare i nostri sogni, comunicare con l’ausilio di internet e dei dispositivi mobili. E grazie ai social network possiamo recuperare contatti dopo anni e così mi è successo qualche tempo fa con Anna Kaczyńska, Seconda Vicemiss di Łódź 1989, a cui ho chiesto come faceva ad avere un guardaroba sempre ben assortito in quei tempi e quale impatto ha avuto sulla sua vita il concorso.

Anna Kaczyńska: “Fu una grande lezione di improvvisazione e di capacità d’arrangiarsi. Cucii da sola gli abiti partendo da zero rimodellando vecchi modelli. Per essere ben abbinata su scarpe e orecchini attaccai tessuti presi dai vestiti e anche lustrini. Il vestito della finale era stato cucito da un salone di abiti da sposa, perché nel mio paese non c’era un sarto che creasse abiti da sera. Qualcosa riuscii a procurarmelo al Peweks, qualcos’altro da Moda Polska, e poi rovistai nei cassetti di mia sorella e mia mamma. Il concorso non sconvolse la mia vita, ma una volta finito qualcosa dentro di me era cambiato. Queste esperienze ti aiutano a superare il blocco dell’imbarazzo, è stata una grande lezione di coraggio che sfrutto ancora oggi. E poi imparai anche cose pratiche come camminare sui tacchi a spillo senza alterare la silhouette e curare l’aspetto, la condizione fisica, l’andatura, l’espressione e persino il sorridere in modo serio agli sconosciuti. Apparentemente piccole cose, ma che mi sono tuttora utili in diverse situazioni”.

Quando, con l’inganno, fui portata da mia sorella alle selezioni, tutto fu per me nuovo ed eccitante. Non immaginavo che avrei passato la prima fase e sinceramente non vedevo l’ora che la giornata finisse. Indossando un maglione fatto a mano e con la coda di cavallo, invece di un costume da bagno o da aerobica, sentivo che le mie chances erano scarse. Non ero una di quelle ragazze alte e slanciate in abiti eleganti. Il primo incontro con i giurati, che sollevarono diverse domande mentre sedevano a un grande e lungo tavolo, cui stavo davanti a loro in costume, mi causarono un incredibile stress. Però in seguito ogni nuova apparizione pubblica mi causava sempre meno ansia e il fatto che fossi in prima fila nelle coreografie fece sì che cominciai a sentire la responsabilità per la buona riuscita del tutto.

In occasione di eventi come i concorsi di bellezza si incontrano persone curiose che vogliono sapere di scandali e indiscrezioni da dietro le quinte. Alcuni sostenevano che per arrivare alla finale alcune ragazze avessero pagato.

Nel mio gruppo a tal riguardo fu tutto molto noioso. Non ci fu alcun scandalo o, se ci fu, avvenne senza la nostra partecipazione. Non ricordo invidie, cattiverie, gelosie o lacrime tra le ragazze. Eravamo un gruppo affiatato.

Incuriosita dalla passione con cui tanti polacchi seguivano il concorso ho chiesto un commento a due grandi fan di Miss Polonia: Katarzyna Żebrowska e Dominik Masny. Succedeva che dopo le finali mi chiedevano l’autografo, ma non pensavo che ci fossero dei veri e propri fan del concorso che ricordano i nomi delle finaliste di varie generazioni.

Katarzyna Żebrowska: “Guardai Miss Polonia in televisione per la prima volta nel 1985. Avevo 8 anni. Ancora oggi ricordo le emozioni che provai. L’anno successivo scoprii che Miss Polonia non era solo un evento di una notte ma durava tutto l’anno. Quindi iniziai a ritagliare e collezionare gli articoli di giornale che parlavano del concorso. Queste ragazze per me erano principesse, idoli, inarrivabili e ideali. E se nelle stanze dei miei coetanei erano appesi i poster di calciatori, attori, cantanti pop o stelle del rock, nella mia c’erano i calendari con le finaliste delle diverse edizioni di Miss Polonia. Insomma per me non era solo un hobby ma “vivevo” il concorso. Il 1989 è l’anno di Aneta Kręglicka, naturalmente la sua vittoria come Miss Mondo fu un grandissimo successo, ne fui contenta e orgogliosa come tutti in Polonia. La sua vittoria fu per me una sorpresa. Le mie favorite erano Małgosia Obieżalska, Żaneta Katkowska, Agnieszka Angelo. In seguito, alla finale di Miss Mondo, Aneta Kręglicka appariva già una bellezza ideale. Tuttavia la sua sembrava una bellezza algida, statuaria, inaccessibile. Mi piacque soltanto quando ebbi occasione di parlare con lei personalmente, qualche anno dopo. Allora mi incantarono la sua personalità forte e carismatica, la sua intelligenza e la sua classe. Mi piace molto anche il modo in cui ha gestito la sua carriera sui media.”

Dominik Masny: “La mia passione per i concorsi di bellezza cominciò all’inizio degli anni Novanta in modo abbastanza casuale. Mia nonna mi regalò un videoregistratore e per vedere come funzionava registrai dalla tv la semifinale di Miss Polska ‘91 a Breslavia, e qualche giorno dopo quella di Miss Polonia ‘91 a Katowice. Avevo a malapena 13 anni. Dal ritorno di Miss Polonia nel 1983, i concorsi risvegliavano un grande interesse. Io divenni un formidabile appassionato ricercando e ritagliando gli articoli anche delle vecchie edizioni. All’epoca reperire notizie delle edizioni precedenti non era affatto semplice: non c’erano internet, cellulari, o gli altri mezzi attuali per informarsi. Così scrissi agli organizzatori e agli sponsor chiedendo di inviarmi materiali sul concorso. La registrazione VHS dei concorsi la ricordo oggi con emozione ed un sorriso. Grazie a questa passione sono riuscito a conoscere persone eccezionali e fuori dal comune, tra cui anche fan dei concorsi di bellezza. Apprezzo in particolare l’amicizia con Katarzyna Żebrowska, che conosco dal 1993.”

Oggi tutti fotografano con telefoni cellulari, tablet e altri apparecchi immortalando ogni attimo e potendo poi anche modificarlo esteticamente. Negli anni Ottanta non c’erano strumenti digitali, ma solamente rullini con un numero limitato di foto e camere oscure per svilupparli. L’esposizione e le capacità del fotografo determinavano la qualità dell’immagine. Nessuno si divertiva col ritocco se non nello sviluppo delle foto nelle camere oscure a casa. Tutto era su carta, un vero e proprio quadro. Ho chiesto a Piotr Wolfram com’era fare il fotografo in quell’epoca.

Piotr Wolfram: “Se dico che un rullino di pellicola a colori costava 6 dollari, ossia il salario medio di due settimane, ed era disponibile nei Peweks, nessuno oggi mi crede. È per questo che la maggior parte delle foto di quegli anni sono in bianco e nero. Poiché i materiali fotosensibili avevano grossi limiti (solo 100 ISO), la fotografia scenica richiedeva un obiettivo chiaro e un treppiedi. Di conseguenza un libero riposizionamento durante le finali era complicato. Per quanto riguarda la collaborazione con altri fotografi, era in vigore una sorta di codice che tutti cercavano di osservare. A nessuno veniva in mente di fare ombra a qualcun altro per entrare sulla scena e scattare foto. Oggi, grazie agli strumenti digitali, possiamo fare una quantità infinita di foto, concentrandoci su inquadratura ed esposizione poiché tanto ne sceglieremo soltanto alcune. Una volta le foto andavano ben riflettute. Ogni inquadratura era unica.”

Concludo il mio racconto con Aneta Kręglicką, che oltre alla corona di Miss Polonia 1989 ha conquistato anche il titolo di Miss Mondo, unica polacca ad avere avuto l’onore di indossare la corona mondiale. Divenne icona d’eleganza e bellezza per la maggior parte delle polacche.

Aneta Kręglicką: “La vittoria ai concorsi di Miss Polonia e Miss Mondo mi diede una celebrità che purtroppo non ho mai amato, ma anche, il che fu indubbiamente positivo, la possibilità di viaggiare, di conoscere il mondo e le persone. Fu un’esperienza formante che però mise alla prova le mie capacità. Conoscendo le lingue straniere ed essendo una ragazza già laureata (in Economia all’Università di Danzica), mi muovevo a mio agio in un ambiente per me completamente nuovo. Ero apprezzata e notata. In Polonia spesso si pensa che ci fossero delle connotazioni politiche dietro quella mia vittoria. Forse qualcuno sarà deluso, ma ai concorsi di bellezza internazionali non mi sono mai state fatte domande sulla Polonia, su Wałęsa e sulla situazione politica nel paese. Io stessa non mi addentrai in quel tema, sebbene nel profondo fossi contenta delle trasformazioni che stavano cambiando il Paese. La politica non era il tema principale. Al concorso di Miss Mondo l’unico clamore politico fu sollevato da Miss Russia, perché il paese partecipava per la prima volta.
A mio favore giocarono una certa maturità e riservatezza oltre alla la simpatia dimostratami dalle altre f
inaliste in particolare quelle dell’America meridionale, dell’Australia, dell’Italia e della Scandinavia. In tutte le classifiche interne mi piazzavano sul podio. Ricordo che dopo l’incoronazione, nel backstage, e poi dietro le telecamere, spontaneamente mi rivolsero le loro congratulazioni. Fu forse il momento più bello. Nonostante la vittoria presi le distanze dal concorso di bellezza perché quello che mi interessava era il mondo degli affari. Ora, dopo molti anni, confesso che quando ripenso a quel 1989 mi emoziono ancora.”

In quel indimenticabile 1989 successero molte cose in Polonia: fu l’anno degli accordi della Tavola Rotonda, della conquista delle elezioni democratiche, del ritorno del paese al suo nome tradizionale (Repubblica Polacca, con l’obiettivo di stabilire una continuità con la Seconda Repubblica del periodo tra le due guerre) e all’emblema dell’aquila incoronata. Un anno di riforme graduali grazie alle quali, un paese che era sull’orlo di una crisi economica, con una inflazione galoppante ed un enorme deficit, riuscì a reagire e ad invertire la rotta. Un anno di lotta alla censura, abrogata solamente nell’aprile 1990. Il 1989 fu il passaggio da un’era all’altra e ancora oggi dopo 30 anni, ricordare quel periodo provoca sempre un brivido di emozione, perché quella combinazione di condizioni politiche e sociali fu un unicum irripetibile.

GAZZETTA ITALIA 76 (agosto-settembre 2019)

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Gazzetta Italia 76 propone in copertina il nuovo Teatro Shakespeariano di Danzica, simbolo moderno, dalle radici antiche, delle relazioni italo-polacche che si rinnovano costantemente anche attraverso la progettazione di questo edificio unico. Nel numero di agosto-settembre, oltre all’omaggio al Teatro di Danzica, troverete tante storie personali interessanti che corrono sul filo italo-polacco: italiani che vivono e lavorano in Polonia e artiste polacche che hanno scelto il Bel Paese. La sezione viaggi vi porterà sulla strada per Assisi e dentro le diverse anime della Sardegna. Scoprirete i segreti della lingua italiana attraverso i testi delle canzoni anni Ottanta e Novanta e ancora musica con l’intervista a Justyna Bacz protagonista dello spettacolo dedicato a Dalida, e poi spazio alla cucina, al vino, all’angolo linguistico, ad un ampio resoconto del Torneo di Calcetto in Polonia e a tanto altro ancora!

Westerplatte, dove cominciò la II guerra mondiale

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Questo lembo di terra che si trova presso l’estuario della cosiddetta “Vistola morta”, sul golfo di Danzica, è entrato nella storia la mattina del 1 settembre 1939. Alle 4:48 la nave da guerra tedesca “Schleswig Holstein” aprì il fuoco su un deposito di munizioni polacco a Westerplatte. Questo atto di guerra, non provocato e non dichiarato, diede inizio a uno dei conflitti più sanguinosi nella storia dell’uomo, la seconda guerra mondiale. Le forze armate polacche contavano nella piccola penisola solamente 200 uomini, con l’ordine di difendere il deposito per almeno 12 ore. Sotto il costante bombardamento via mare, via aria e via terra, riuscirono a mantenere la posizione per 7 giorni. I tedeschi non conquistarono Westerplatte in battaglia. Il maggiore Henryk Sucharski si arrese, ma solo dopo aver esaurito scorte e munizioni, quando insomma ogni ulteriore forma di resistenza si era fatta vana.

Nel 1926, questa postazione militare polacca era stata stabilita all’ingresso del porto di Danzica su decisione della Lega delle Nazioni. Si trattava di una spina nel fianco della Germania, che pianificava di conquistare la città libera di Danzica. Non è un caso che le operazioni militari dei tedeschi cominciarono qui. Gli storici hanno discusso a lungo a proposito di come si sono svolti i combattimenti e quante sono state le vittime. Si parla di 20 morti tra i polacchi e 200-300 tra i tedeschi.

La strenua difesa di Westerplatte è diventata un simbolo della resistenza polacca all’invasore. Nei 7 giorni prima della sua capitolazione, molti importanti luoghi caddero in mani tedesche. Quando a capitolare fu la città di Bydgoszcz, ai militari impegnati a difendere Westerplatte fu chiaro che non avrebbero ricevuto rinforzi.

Gli eventi di Westerplatte sono stati resi celebri anche da poeti come Konstanty Ildefons Gałczyński, o dal corrispondente di guerra Melchior Wańkowicz, che nel 1957 pubblicò un libro a riguardo. Il regista Stanisław Różewicz portò il racconto della difesa di Westerplatte sul grande schermo, traendone un film nel 1967.

Tutti gli anni, il 1 settembre alle 4:48 viene letto un appello ai caduti. Nel 1966 il futuro papa Giovanni Paolo II pregò dinanzi al monumento che li commemora e molti capi di Stato e di governo hanno visitato il luogo, inclusi quelli di Germania e Russia.