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Home Blog Page 184

Polonia Oggi: Aumenta il consumo di superalcolici

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

L’Ufficio Centrale di Statistica (GUS) riporta che in Polonia il consumo di vodka, liquori e altre bevande ad alta gradazione alcolica è cresciuto fino a 3,3 litri pro capite nel 2017 contro 2,5 nel 2015. Al contempo cala quello di vino e idromele (da 8,6 litri a 6,1 litri). In aumento è anche il consumo di birra, che passa da 80,7 litri annui a 98,5 nello stesso arco temporale. Notizie migliori sono quelle relative al fumo, poiché dal 2005 si registra una riduzione costante; il numero medio pro capite di sigarette fumate nel 2017 è sceso a 1.345. Il GUS informa anche che dal 2015 al 2017 è diminuita la quantità di uova (da 215 a 139), verdura (da 110 kg a 105 kg) e frutta (da 54,1 kg a 53 kg) consumate dai polacchi.

pap.pl

Polonia Oggi: Turisti arabi innamorati di Zakopane

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

Non mangiano maiale, non bevono birra e si tengono alla larga dalle cime più alte. Amano i formaggi locali e il clima. I turisti provenienti dalla penisola arabica si sono innamorati di Zakopane e il sentimento pare essere reciproco. Arrivano soprattutto da Oman, Yemen e Arabia Saudita. Zakopane gli viene raccomandata da amici, ma è spesso soltanto una tappa di lunghi viaggi in Europa attraverso Praga, Vienna e Cracovia. I turisti dal Medio e Vicino Oriente sono sempre stati una rarità, ma quest’anno sono eccezionalmente numerosi, complice l’attivazione di un collegamento aereo diretto tra Cracovia e Dubai. Le locali imprese del settore turistico confermano che i loro ospiti arabi sono ben educati, tranquilli, non causano problemi e sono rispettosi delle tradizioni locali. Sono però anche turisti esigenti che segnalano prontamente quello che non funziona. Non sono amanti delle escursioni in alta montagna e prediligono piscine termali e altre attrazioni acquatiche. Se alcuni imprenditori manifestano il desiderio di indirizzare più risorse verso strutture adatte a questo tipo di turisti, altri sono più cauti. Non è chiaro se il loro arrivo dal Medio Oriente sia un fenomeno duraturo o passeggero. Inoltre non tutti sono contenti. Ci sono commercianti che guadagnano e che apprezzano il fatto di essere pagati in euro da turisti che lasciano anche mance. Altri però lamentano il fatto che gli arabi non mangiano maiale, non bevono e comprano soltanto pizza e formaggio perché sono halal.

finanse.wp.pl

Nello stile delle auto italiane la sintesi di un popolo di artisti e inventori

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“Innovazione, coraggio, personalità, queste sono e dovranno essere anche in futuro le caratteristiche delle macchine italiane. Un popolo ricco di idee se vuole vincere non deve essere conservatore.”

Włodzimierz Zientarski, fot. Piotr Suzin

Włodimierz Zientarski, caporedattore della rivista Auto Moto Sport, non ha dubbi: “nella vita vince chi cambia e spesso gli italiani si sono distinti per essere dei precursori anche se forse oggi il gruppo storico automobilistico italiano sembra mostrare più attenzione alla globalizzazione finanziaria che allo sviluppo di nuove soluzioni.”

Zientarski, vincitore nel 1985 del premio giornalistico Wiktor, è un’autentica autorità del settore. Conduttore di programmi incentrati sulle auto sia in tv, Jarmark, Auto Moto Fanklub, 4×4, Auto Świat TV, Pasjonaci, che in radio, dove affianca la figlia Joanna nel programma Odjechani in Antyradio, Zientarski dal 2007 conduce la trasmissione dedicata alla F1 su TV Polsat.

“Il legame dei polacchi con le auto italiane ha radici lontane che risalgono a prima della Seconda Guerra Mondiale. È la Fiat il maggiore simbolo dei motori italiani ma i polacchi conoscono bene e amano anche gli altri storici marchi come Lancia e Alfa Romeo. Negli ultimi anni il gruppo Fiat ha perso qualche posizione sul mercato polacco. Una situazione dovuta un po’ alla crisi mondiale e un po’ ai cambiamenti interni al gruppo. Intendo dire che una volta l’offerta dei marchi italiani era chiara e ben riconoscibile agli occhi dei polacchi, quando si comprava una Fiat, una Lancia o un’Alfa Romeo si sapeva di cosa si trattava. La fusione con Chrysler ha portato un po’ di sconcerto. Poi Marchionne ha deciso di non produrre alcuni modelli come l’Alfa Romeo 159, che secondo me era uno dei migliori del marchio. Ad esempio rispetto alle macchine tedesche di quel segmento l’Alfa 159 si distingueva per bellezza e individualità. Certo dal punto di vista del mercato globale la fusione di Fiat con Chrysler è una cosa normale e giusta. Ma la domanda da porsi è se questa globalizzazione di marchi storici, profondamente radicati ad un territorio e ad una cultura, sarà gradita dal pubblico. Gli italiani che amano con il cuore e con l’occhio apprezzeranno la diluizione dell’italian style con una spruzzata d’american style?”

Cosa significa macchina italiana per un polacco?

Diversa dalle altre. I polacchi sanno riconoscere subito una Fiat o una Alfa Romeo. I disegnatori italiani sono molto coraggiosi nella progettazione delle carrozzerie, e questo piace. Un ottimo esempio è la Fiat Multipla che ho testato personalmente. Quando l’ho vista per la prima volta non mi è piaciuta per niente ma poi ho rapidamente cambiato parere appena ho iniziato ad usarla. La carrozzeria della Multipla è stata disegnata con coraggio, e l’auto gode anche di ottime caratteristiche tecniche (buon motore affidabile) ed ora questo modello è molto ricercato. In Polonia purtroppo ci sono ancora sciocchi stereotipi come il non comprare macchine con la “F” ovvero Fiat, Ford e macchine francesi. È una grande stupidaggine! Basta dare una occhiata a qualsiasi ranking d’affidabilità delle auto per capire che le macchine con la ‘F’ sono spesso migliori delle altre.

fot. copyright Fiat Auto Polska

La Sua opinione sull’automotive italiano?

Ritengo che l’Italia per le auto sia come Parigi per l’abbigliamento. L’Italia indica il trend, la direzione nell’arte di progettare le macchine ed è fondamentale che difenda questo ruolo importantissimo! Nell’ideazione di un auto italiana scorgo la storia artistica del Bel Paese, nelle linee della scocca e negli interni possiamo ritrovare le tracce dell’inquieto e brutale Caravaggio, il genio di Leonardo da Vinci e la bellezza del Rinascimento. Se penso alla Lancia Thesis, alla sua carrozzeria fatta di eleganti linee curve e agli interni raffinati, esclusivi e ricchi, mi viene in mente la maestosità e il lusso della famiglia Borgia. Una macchina che ha avuto qualche problema nell’elettronica ma che esteticamente è divina.

Qual è l’auto simbolo dell’italian style?

Non ce n’è una ma tante, tra queste cito la 600 multipla, la Fiat Coupè disegnata da Chris Bangle, allora al Centro Stile Fiat, e da Pininfarina, e poi naturalmente la Cinquecento.

Italia terra di design automobilistico, meglio Pininfarina o Giugiaro?

Direi invece I.DE.A. (Institute of Development in Automotive Engineering), che realizza splendidi progetti e che, come mi racconta Justyn Norek, è un’azienda che dà molta libertà creativa ai suoi ingegneri. Tra Pininfarina e Giugiaro la scelta è difficilissima, hanno alle spalle tantissime fantastiche carrozzerie.

La macchina del futuro?

fot. Piotr Suzin

Nel mercato vince chi per primo immagina la macchina del domani che secondo me non potrà che essere ibrida, con il valore aggiunto dell’essere ecologica ed affidabile ovvero di avere bisogno del minimo di manutenzione possibile. Con dolore ho sentito Marchionne dichiarare, durante una conferenza a Ginevra, che per il momento il gruppo Fiat non si concentrerà sullo sviluppo della tecnologia per i modelli di auto elettriche e ibride, gli altri grandi marchi mondiali stanno invece puntando molto sulle propulsioni sostenibili. In ogni caso dobbiamo prendere atto che siamo in una stagione di grande transizione. Le belle macchine del passato, anche quello recente, che abbiamo nel nostro immaginario non torneranno più, l’evoluzione porterà ad apprezzare ed usare mezzi totalmente diversi.

Tecnologia che forse ha fatto perdere anche un po’ d’anima alla Formula 1?

Sicuramente ai tempi di Lauda, Hunt e Regazzoni il fattore umano era molto più importante. Per quanto riguarda la Polonia l’interesse era maggiore quando correva Robert Kubica, oggi la F1 si può seguire sulla TV polacca solo grazie al presidente di Polsat Solorz-Żak che, nonostante la scarsa audience, continua ad acquistare i diritti televisivi della F1 perché è un appassionato di motori.

Gniezno, prima capitale della Polonia

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Al centro della regione della Grande Polonia (dal latino Polonia Maior, ossia più antica), circondata dai laghi Jelonek, Winiary e Świętokrzyskie, sorge la leggendaria città di Lech, il capo della tribù dei Polani, dalla quale avrebbero avuto origine i polacchi (non a caso chiamati anche lechiti). Gniezno fu la sede del potere della dinastia medievale dei Piast.

Spesso colpita da guerre e devastata da incendi, Gniezno non ha conservato intatta la memoria della sua storia più antica. Tra i simboli più importanti di questi luoghi ci sono la cattedrale, presso la quale furono incoronati 5 sovrani incluso il primo, Boleslao il Prode, e il Museo delle origini dello Stato polacco. Gniezno è importante anche per la storia della chiesa in Polonia. Fu infatti la prima sede arcivescovile del regno, a partire dall’anno 1000. Dal 1418 (con una breve interruzione tra il 1992 e il 2009) l’arcivescovo della città detiene anche il titolo di primate di Polonia.

La cattedrale ospita le spoglie mortali di sant’Adalberto, patrono del paese. Già vescovo di Praga alla fine del X secolo, Adalberto partì per la Prussia al fine di evangelizzare le tribù locali ma fu ucciso durante la sua missione. La leggenda narra che re Boleslao riscattò il suo corpo a peso d’oro e lo fece seppellire a Gniezno. Nel frattempo Adalberto venne canonizzato. Il primo santo della Polonia non è dunque un santo polacco.

Gniezno è disseminata di edifici di culto, tant’è che alcuni scherzano dicendo che, ovunque si tiri una pietra, si colpirà sempre un prete. Seconda alla cattedrale per importanza è la chiesa di San Giovanni Battista. La città di Gniezno sorge lungo la via dei Piast, un percorso che collega altre località storicamente importanti della regione, da Ostrów Lednicki, a Giecz, a Kruszwica e a Biskupin, la Pompei polacca. Le vestigia della città, risalente all’età del ferro, sono state conservante dalla pece.

L’oscypek e altri prodotti tradizionali

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L’oscypek è un formaggio a base di latte di pecora, bryndza, redykołka e melata che è soltanto uno dei numerosi prodotti della tradizione culinaria polacca a vedersi riconosciuta una tutela da parte delle normative europee. Le stesse bryndza e redykołka sono altre varietà di formaggio tipiche dei monti Tatra, sui quali molto spesso la pastorizia avviene secondo metodi tradizionali. Le pecore brucano i prati delle colline e durante il periodo estivo i pastori portano le greggi sulle montagne alla ricerca di pascoli migliori.

La bryndza è un formaggio a pasta molle a base di latte di pecora (quello di mucca non può superare il 40%), pallido alla vista e salato al gusto. La redykołka deriva invece proprio dalla lavorazione dell’oscypek. E’ un formaggio a pasta semidura che prende varie forme. Tradizionalmente veniva offerto in dono in autunno, quando la transumanza invernale cominciava.

La Polonia è nota anche per il suo miele eccellente. Il marchio di Specialità tradizionale garantita è stato riconosciuto anche a tipi di idromele quali czwórniak, trójniak, dwójniak e połtorak e a prodotti come il pierekaczewnik, la torta dei Tatari. Non mancano nemmeno la ciliegia nadwiślanka (DOP) e la salsiccia lisiecka (IGP).

Più recentemente, nella lista di prodotti tutelati sono entrati l’aglio galiziano e la krakowska sucha.

Donato Di Gilio: il business italiano ha dato un contributo decisivo allo sviluppo della Polonia

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Manager di grande esperienza, in Polonia da oltre 26 anni e da 24 anni alla guida di CORE, società di consulenza, Donato Di Gilio ha affiancato centinaia di imprenditori e aziende nei loro progetti di sviluppo in Polonia, Paese che secondo il direttore del Centro Studi della Camera di Commercio e dell’Industria Italiana in Polonia, è ancora una grande opportunità per le aziende “sane” che cercano nuovi mercati.

La Polonia è ancora uno dei mercati più appetibili d’Europa?

In un mondo “globalizzato” o meglio “interconnesso” ogni attore, privato o azienda, ha oggi davanti a sé diverse possibilità di orientare le proprie scelte, opportunità che prima del 1989 non erano tali. L’Unione Europea è un mercato unico senza barriere che i nostri padri e nonni non avrebbero potuto immaginare. C’è ancora molto da migliorare in Europa ma non certamente nella logica del “buttare via il bambino con l’acqua sporca” come invece oggi alcuni paventano. Rispondendo alla domanda un’azienda si muove, in questo contesto di libera circolazione, se è “sana”. Da questo punto di vista il mercato polacco è oggi nell’Unione Europea, e non solo, uno dei più interessanti dove investire grazie ad un ambiente in cui il proprio impegno imprenditoriale e personale viene premiato da risultati economici spesso migliori che in altri Paesi che non offrono condizioni così “business friendly”. La Polonia si trova ancora, a mio parere, in un trend positivo nell’attrarre investimenti diretti esteri che, come sappiamo, sono uno degli indicatori fondamentali per garantire ai Paesi un positivo sviluppo oltreché essere la misura della “buona salute” del mercato di riferimento. Su questo punto ricordo che nel 2016 sono affluiti in Polonia circa 12,6 Mld di Euro di IDE (investimenti diretti esteri), un risultato dovuto principalmente alla stabilità del sistema della Polonia rispetto alle varie turbolenze economiche e geopolitiche osservate in altre parti del mondo. Ad ulteriore conferma dell’ambiente positivo vorrei sottolineare la predominante quota di utili reinvestiti e classificati come IDE da parte di aziende già operanti in Polonia, testimonianza questa del favorevole clima imprenditoriale offerto dal Paese. I principali indicatori economici dello scorso mese di giugno, secondo i dati del Ministero polacco per l’imprenditorialità e la tecnologia, parlano di una crescita annuale del PIL stimata nell’ordine del 5,2% trainato dalla domanda interna, di una produzione industriale che aumenta del 6,2%, di una inflazione (CP) dell’1.6%, di una disoccupazione del 5,9%. Indicatori evidentemente positivi che ci fanno dire che la Polonia è un Paese con una crescita consolidata e continua. Naturalmente vi sono anche elementi di criticità da non sottovalutare, per esempio in riferimento al mercato del lavoro dove le aziende devono affrontare problemi di reperimento di risorse umane prima impensabili ed in prospettiva anche il possibile aumento dei costi energetici. Due importanti fattori questi che potrebbero rendere più difficile la crescita del paese negli anni futuri se non governanti con attenzione e lungimiranza tenendo in giusta considerazione le istanze della classe imprenditoriale e della società civile.

Per investire è importante passare attraverso una consulenza invece di affrontare da soli la burocrazia polacca?

Investire in un Paese straniero è sempre una sfida importante che comporta dispendio di energie non solo economiche e finanziarie ma soprattutto umane e mentali in particolare dell’imprenditore e del suo team. Avvalersi dell’assistenza di società di consulenza o di realtà istituzionali che possano favorire la conoscenza del Paese non è obbligatorio ma è altamente consigliato, anzi può fare la differenza tra un investimento che poggia sulla “roccia” ed uno che invece si fonda sulla “sabbia”. Non è solo una questione di competenze professionali – che si dovrebbero dare per scontate se ci si avvale di professionisti di fama o di comprovata esperienza – ma soprattutto della conoscenza dell’ambiente, degli usi, delle consuetudini locali, è importante quindi contare su professionisti in grado di calare il progetto imprenditoriale nella realtà locale e dotati anche di forti relazioni istituzionali. È opportuno prendere in considerazione questo approccio che pur modulabile rispetto alle proprie necessità, è abbastanza imprescindibile se si vuole realizzare progetti vincenti.

 

Dalla caduta del muro di Berlino ad oggi com’è cambiato il mercato polacco, ovvero quali spazi sono stati saturati e quali invece sono ancora interessanti?

Vi sono settori dell’economia dove gli spazi di intervento sono ancora elevati, penso per esempio alle innovazioni tecnologiche dove, per ammissione degli stessi governanti, la Polonia è ancora fanalino di coda o quasi in Europa nonostante le forti dotazioni di fondi EU e governative che stanno finanziando molti progetti altamente innovativi. E poi c’è spazio nelle infrastrutture dove ancora molto è da realizzare (a condizione che il governo ponga in essere delle normative di buon senso che accelerino le decisioni in materia di appalti), nel turismo, nel settore aerospaziale, nelle biotecnologie e nel farmaceutico, nei servizi alla persona, nei servizi outsourcing BPO e nella realizzazione di Centri Servizi Condivisi (SSC). Dalla caduta del muro di Berlino è cambiato tutto e ancora sta cambiando. Negli anni Novanta la Polonia aveva necessità di aiuto e supporto, di investimenti, di know how, di risorse umane con esperienza e soprattutto di ricominciare a credere in sé partendo dall’esaltante esperienza di Solidarnosc. Col passare degli anni il Paese ha riscoperto la consapevolezza delle sue capacità (compresse ma non annullate dal 1939 al 1989), ha recepito velocemente le innovazioni, ha creato le condizioni per elevare il livello di conoscenza delle giovani generazioni, ha fatto tesoro e beneficiato dell’adesione prima alla Nato e poi e soprattutto all’UE ed ha saputo cogliere le opportunità che le venivano offerte valorizzandole e spesso incrementandole – per esempio con il magistrale utilizzo dei fondi europei, la capacità di attrarre investimenti nelle ZES (Zone Economiche Speciali) e il piano delle infrastrutture – insomma si è trattato di un cambiamento epocale.

Molti media sottolineano un recente clima politico in Polonia teso a favorire il capitale polacco rispetto a quello straniero. Quanto c’è di vero?

Che l’attuale governo sul fronte imprenditoriale voglia rimodulare la presenza di capitale polacco pubblico in alcuni ambiti strategici è provato ed è reale. Penso, per quanto ci riguarda, all’acquisizione da parte del settore pubblico polacco della maggioranza delle azioni di Bank Pekao da Unicredit (in realtà sfruttando la necessità di Unicredit di cedere questo importante asset), e poi alla creazione del fondo PFR (di fatto la Cassa Depositi e Prestiti polacca) che ha permesso il consolidamento di molte realtà preesistenti, sempre statali ma autonome, sotto un’unica regia e visione ed all’uso di questo strumento per rafforzare aree strategiche dell’economia polacca. Non direi però che vi sia una esorbitante invasività dello Stato polacco in economia o il tentativo di “bloccare” o disincentivare gli investimenti esteri che, con buona pace di tutti, hanno rappresentato e rappresentano una buona parte del PIL polacco senza il quale certi risultati non sarebbero stati raggiunti. Piuttosto direi che per motivi “culturali”, coerentemente a certi venti che spirano in Europa (anche in Francia ed in Italia), lo Stato polacco vuole essere presente non solo come semplice comprimario ma anche come importante attore dello sviluppo del Paese.

Come si è evoluta la presenza del business italiano in questi ultimi 20 anni?

La presenza italiana in Polonia si è evoluta seguendo il trend del Paese e sviluppandosi in funzione della sua crescita. Oserei dire che l’Italia ha contribuito in modo decisivo allo sviluppo del paese anche in questi ultimi 29 anni, dico “anche” perché le relazioni italo-polacche declinate in vari ambiti hanno radici secolari. Nel business siamo passati da investimenti puramente industriali finalizzati a produrre beni sfruttando il basso costo dei principali fattori della produzione (personale, energia) ad investimenti sempre più sofisticati che hanno beneficiato anche del parallelo incremento delle competenze del personale locale e del miglioramento progressivo delle condizioni economiche del Paese, del suo export (a cui abbiamo molto contribuito) e del mercato interno. Sono presenti aziende italiane che hanno investito in servizi, infrastrutture, nell’agro-alimentare, nella finanza e nel credito, nella chimica e nel farmaceutico, nella logistica, nella meccanica e molte aziende che operano nel commercio all’ingrosso e al dettaglio. E gli investimenti italiani hanno anch’essi contribuito non solo allo sviluppo del PIL ma anche a mio parere all’incremento ed al consolidamento di un positivo clima economico polacco mediante una sorta di virtuosa “osmosi” tra la nostra cultura imprenditoriale e il desidero degli imprenditori polacchi di svilupparsi ed emergere. Oggi la realtà italiana nel paese è molto variegata in termini di mercati ed in termini dimensionali ed è rappresentata da oltre 2500 aziende di cui circa 1300 sono le società di capitali. Il business italiano in Polonia da lavoro ad oltre 80.000 persone e l’Italia rappresenta il quinto partner commerciale del paese ed il settimo dal punto di vista degli IDE (elaborazione Centro Studi Camera di Commercio su dati GUS e NPB 2017).

Lo złoty, storia e curiosità

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Nel corso della storia lo złoty polacco è scomparso e riapparso diverse volte, un po’ come il paese di cui è moneta. Sia il suo valore sia il suo aspetto sono cambiati nel tempo. I ritratti di grandi polacchi e sovrani sono stati stampati sulle banconote soltanto a partire dal secolo scorso. La prospettiva, al momento teorica ma più volte considerata, di un futuro ingresso della Polonia nell’eurozona provoca apprensione anche ai polacchi più europeisti. Lo złoty infatti è un pezzo di storia del paese, una moneta alla quale molti si riferiscono colloquialmente chiamandola złotówka (che si applica anche alla moneta da uno złoty).

In origine esistevano denarii d’argento (X sec.) e il grosz, equivalente a 16 denarii. Una moneta d’oro e rame nota come złoty czerwony (złoty rosso) aveva invece il valore di 32 grosz e talvolta prendeva anche il nome di ducato o fiorino. Intorno al 1480 la moneta principale divenne il grosz d’argento e 1 złoty venne a valere 30 grosz. Nel corso del XVI secolo fece la sua comparsa il talar, una grossa moneta d’argento che valeva quanto un ducato d’oro.

Durante il regno di Giovanni II Casimiro, la zecca reale fu amministrata da Andrzej Tymf, e la moneta che vi veniva coniata, che conteneva 3,36 grammi d’argento, prese proprio il nome di tymf o tynf (una battuta di moda all’epoca diceva che uno scherzo ben fatto valeva un tynf). Le spartizioni avvenute a fine Settecento, che fecero sparire la Confederazione polacco-lituana dalle cartine politiche del continente europeo, determinarono anche la scomparsa di una moneta nazionale. Gli occupanti russi, prussiani e austriaci imposero infatti le loro monete. E’ anche vero però che la prima banconota in cui apparve l’iscrizione złoty polacco risale al periodo dell’insurrezione di Kościuszko.

Dopo che la Polonia ebbe riacquistato l’indipendenza nel 1918, la moneta nazionale venne ripristinata, sebbene il marco restasse in circolazione ancora per alcuni anni. Durante l’occupazione nazista le banconote da 1 złoty erano la divisa principale del Governatorato Generale, chiamate comunemente młynarki, da Feliks Młynarski, a capo della banca centrale. Lo złoty è rimasto in vigore anche dopo la liberazione. Nei primi anni Cinquanta il governo lo deprezzò, causando una perdita di valore dei risparmi dei polacchi. A fine anni Settanta la banconota con il valore nominale più alto divenne quella da 2.000 złoty, ma nel decennio successivo ne apparvero da 5.000, 10.000 e persino 100.000. La guerra contro l’inflazione fu una delle priorità del governo Balcerowicz. Le iniziative di politica economica volute dai pubblici poteri e lo sviluppo dell’economia hanno portato negli ultimi trent’anni lo złoty a tornare una moneta abbastanza stabile.

 

Polonia Oggi: Varsavia tra le città più vegan-friendly

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Il portale americano HappyCow ha stilato una classifica delle città più vegan-friendly e Varsavia ha conquistato il 7º posto. Sul podio si trovano Londra, Berlino e New York, seguite da Portland, Tel Aviv e Los Angeles. La capitale polacca si piazza davanti a Toronto, Praga e Berlino. Il numero di ristoranti vegani a Varsavia è in costante aumento. Attualmente ce ne sono 47.

businessinsider.com.pl

La Juve ricorda Gaetano Scirea, 29 anni fa il campione moriva in Polonia

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Il 3 settembre del 1989 moriva in un incidente stradale in Polonia Gaetano Scirea. Un triste anniversario, ormai il ventinovesimo, che la Juventus come ogni anno ha ricordato con un messaggio. “Oggi ci stringiamo tutti insieme alla famiglia Scirea e pensiamo a lui. Perché Gaetano è sempre con noi”, si legge sul sito della squadra bianconera. Libero della Juventus e dell’Italia campione del mondo nel 1982, Scirea, 36 anni, si trovava in Polonia come collaboratore dell’allenatore dei bianconeri Dino Zoff per visionare il Górnik Zabrze, avversario della Juve in Coppa Uefa. Da allora, sostiene il club, “siamo tutti un po’ più poveri”. “Lo è il mondo del calcio, che ha perso un esempio di lealtà, classe, educazione e civiltà, dentro e fuori dal campo. Lo è il popolo bianconero, che ha semplicemente perso Gai”, come veniva chiamato Scirea. Sul sito della Juventus è possibile guardare un video con le migliori giocate del campione scomparso.

Polonia Oggi: Riconoscimenti europei per l’aglio galiziano e la krakowska sucha

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L’aglio della Galizia e la krakowska sucha, una salciccia affumicata tipica di Cracovia, si aggiungono alla lista di 42 prodotti della gastronomia polacca tutelati dalle normative europee. Per la precisione, l’aglio galiziano è stato iscritto tra i prodotti DOP (denominazione di origine protetta) e IGP (indicazione geografica protetta), mentre la kiełbasa krakowska sucha staropolska è stata iscritta tra i prodotti STG (specialità tradizionale garantita). La salsiccia in questione, talvolta nota anche con il nome tedesco di Krakauer, viene prodotta con carne di maiale di alta qualità tagliata grossolanamente, messa in salamoia, insaccata e affumicata. A darle il suo sapore caratteristico sono determinanti il pepe, l’aglio e la noce moscata. L’aglio galiziano deve invece il suo nome alla regione della Galizia, che dopo le spartizioni della Polonia a fine Settecento finì nelle mani degli austriaci. A contribuire alla qualità, al sapore e al distintivo colore violaceo dell’aglio galiziano sono le condizioni climatiche dell’area.

businessinsider.com.pl