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Torino: tra un caffè e un tramezzino, tutte le sfumature dello shopping

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Un po’ fashion e un po’ sabauda dove il classico e il moderno convivono. Lussuosi department store e boutique di alta moda si alternano a concept store e negozi nei quali l’avanguardia e la ricerca sono protagonisti assoluti. Passeggiare lungo le strade del centro e scoprire il fascino che si nasconde sotto i diciotto chilometri di portici che attraversano la città è un’esperienza che, anche per chi non è amante dello shopping sfrenato, regala un’atmosfera magica e coinvolgente. Fare shopping a Torino non è mai stato così bello.

Dalla centralissima piazza San Carlo basta percorrere l’elegante Via Roma, cuore e simbolo di Torino, per imbattersi negli esclusivi negozi delle grandi firme della moda italiana ed internazionale come  Gucci, Prada, Armani, Marina Rinaldi, Hermes, Louis Vuitton, Salvatore Ferragamo, Calvin Klein, Guess, e i marchi più accessibili famosi in tutto il mondo come Zara, Stardivarius e Bershka del gruppo Inditex e la svedese H&M , i fratelli Rossetti per ciò che concerne le calzature di lusso e poi gli sporting store di Foot Locker, Robe di Kappa e Lacoste, l’affollato  Apple Store – il più grande d’Italia – e la lussuosa gioielleria Damiani.

L’area pedonale di via Lagrange è frequentata dai turisti che amano il lusso e l’alta oreficeria. Qui svetta l’imponente centro commerciale “La Rinascente” e le luccicanti vetrine delle grandi firme Chanel, Prada, Miu Miu e Trussardi.

Decisamente più popolare, frequentata soprattutto dai giovanissimi che ne fanno anche un luogo di ritrovo è la vivace Via Garibaldi, il più lungo percorso pedonale della città che unisce Piazza Castello con Piazza Statuto. Qui si possono trovare negozi di diversi marchi in particolare legati al mondo della moda giovanile e low cost, abbigliamento in stile urban e anche accessori di tendenza. Jeanserie, profumerie, gelaterie, noti marchi in franchising e poi piccoli negozi che si succedono senza soluzione di continuità, offrendo articoli a prezzi competitivi.

Per chi ama uno shopping più “pittoresco” è consigliabile visitare anche il grandissimo mercato di Porta Palazzo: luogo di incontro di cultura e folklore, un tripudio di profumi e colori accoglierà i visitatori più curiosi che potranno perdersi tra le innumerevoli bancarelle dalla varia merceologia etnica.

Unica al mondo, è la possibilità che offre Torino di alternare lo shopping a lunghe pause in uno dei tanti famosi caffè storici. Consumare un espresso o tuffarsi nella dolcezza della pasticceria artigianale e della più gustosa cioccolateria piemontese, è una sensazione che si può provare solo nella prima capitale d’Italia.  Ed ecco che da piazza San Carlo fino a piazza Castello, Via Po e Corso Vittorio è facile perdersi nelle atmosfere di questi caffè con le salette ricche di specchi, le tappezzerie di raso, le poltrone rivestite in velluto, marmi pregiati e pezzi unici rimasti intatti nel tempo. Il Caffè Torino, il Caffè del Cambio, il Platti, il San Carlo, il Fiorio, il Caval d’Brons, il Bicerin, dove nacque l’omonima bevanda tipica piemontese fatta con caffè, cioccolato e crema di latte, il Baratti e Milano e il piccolissimo Mulassano che nel 1925 inventò il tramezzino, sono le soste preferite dei turisti e una piacevole abitudine per i torinesi. In questi caratteristici locali con affreschi e quadri che rievocano l’atmosfera risorgimentale, con personale rigorosamente in divisa, un tempo erano soliti fermarsi i Reali di Savoia, gli intellettuali, gli aristocratici e le grandi personalità politiche come Camillo Cavour. Successivamente sono stati ospiti i grandi nomi del cinema e della musica come Totò, Frank Sinatra, Brigitte Bardot e Ava Gardner. Oggi in questi raffinati salotti è facile incontrare industriali, campioni del calcio e cantanti.

Ma la Torino dello shopping non finisce qui. Attorno all’Università, nelle vicinanze di Piazza Carlo Emanuele II, nelle strade della zona di Via della Rocca si trovano negozi un po’ intellettuali e un po’ blasé che riescono a stupire anche i più esigenti e sofisticati appassionati di shopping internazionale. E osservando vetrina per vetrina senza accorgersi del tempo trascorso ci si trova in Piazza Vittorio Veneto, la più grande piazza d’Europa, sul fiume Po, attorniata da edifici costruiti nel medesimo stile, punto d’arrivo e di partenza per un nuovo itinerario che può spingersi fino alla zona pre collinare anch’essa ricche di attraenti negozi e laboratori d’artigianato di grande qualità.

E nella città che diede i natali all’aperitivo, quando più di 200 anni fa nel lontano 1786 Antonio Benedetto Carpano cominciò a produrre in una bottega sotto i portici della centrale Piazza Castello, un vino aromatizzato ottenuto con infuso di erbe e spezie, è obbligatorio, dopo una giornata di shopping, finire il pomeriggio con un drink o un’apericena in qualche locale alla moda sorseggiando sofisticati ed elaborati cocktail creati dalle sapienti mani di barman dal look super trendy.  Il Carpe Diem in via Po, con la simpatia e la professionalità di Gianni e Max uno dei punti più ambiti. Elegante e raffinata ma anche underground e di tendenza, Torino punta sull’originalità, e tra un tramezzino e un bicerin, potrete dare sfogo ai vostri desideri di shopping!

Il presidente Duda a New York

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

“Abbiamo ufficialmente aperto la presenza biennale polacca nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, nell’ambito dell’adesione non permanente della Polonia al Consiglio di sicurezza. Le questioni sollevate dal Consiglio riguardano anche la sicurezza del nostro paese dunque sono contento che anche noi potremo influire sulla soluzione di tali questioni”, ha detto ieri il presidente Andrzej Duda durante la sua visita a New York. Prima il presidente ha anche partecipato al dibattito aperto sulla non proliferazione delle armi di distruzione di massa, nel corso di una conferenza stampa presso la sede dell’ONU. Tra gli argomenti sollevati all’incontro del Consiglio, Duda ha anche menzionato il problema siriano, l’accordo nucleare con l’Iran, nonché il problema “dell’occupazione di una parte del territorio dell’Ucraina“.

L’informazione e la foto provengono da http://pap.pl

L’Organizzazione Turistica Polacca promuove il turismo nazionale

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L’Organizzazione Turistica Polacca (POT) invita albergatori, ristoratori, imprenditori turistici, organizzazioni e altre istituzioni legate al settore turistico a partecipare all’edizione primaverile dell’iniziativa “Polska zobacz więcej – weekend za pół ceny” (Polonia, visitala di più: weekend a metà prezzo). L’evento si svolgerà dal 9 all’11 marzo e le iscrizioni sono aperte fino al 13 febbraio, basta compilare l’apposito formulario disponibile sul sito www.polskazobaczwiecej.pl. “L’iniziativa mira a presentare l’offerta turistica nazionale e a invogliare i polacchi a usufruire delle risorse e dei servizi turistici nazionali anche nei periodi fuori stagione, contribuendo a mantenere dinamico questo settore”, ha dichiarato Grzegorz Cendrowski, portavoce di POT.

L’informazione e la foto provengono da http://rp.pl

50 nuovi tram di ultima generazione a Cracovia

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Il consorzio delle aziende Solaris Bus&Coach e Stadler Polska ha siglato con l’Azienda di Trasporti Urbani di Cracovia (MPK SA) l’accordo quadro per la fornitura di 50 tram alla città, nonché il contratto relativo alla consegna nel 2020 già dei primi 35 mezzi, costati 314 milioni di zloty. Si tratta del nono progetto finanziato dall’Unione Europea. Gli investimenti ammonteranno a più di 1,6 miliardi di zloty, di cui un miliardo proviene da fondi Ue. Tra le caratteristiche dei nuovi tram a pianale ribassato segnaliamo l’installazione della speciale pedana che renderà ogni mezzo facilmente accessibile alle persone disabili costrette a spostarsi sulla sedia a rotelle e la presenza di emettitrici automatiche per l’acquisto di biglietti direttamente a bordo tramite pagamento in contanti o carta di credito. Nei corrimani non mancheranno persino le porte USB per la ricarica di smartphone e tablet dei passeggeri.

L’informazione e la foto provengono da http://forsal.pl

“Ispirato dai pittori italiani del primo Rinascimento”

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Nato a Zamość nel 1981, dove ha frequentato il Liceo Artistico, Marcin Kowalik ha studiato presso la Facoltà di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Cracovia scrivendo la tesi di dottorato sotto la guida del professor Adam Wsiołkowski, di cui oggi è assistente.

Kowalik è un pittore che suddivide la sua opera in cicli che restano aperti perché, come ammette lo stesso artista, non è in grado di chiuderli: Spaziodeiviaggi, Paesaggionellascatola, nel quale fa riferimenti alla natura, allo spazio del paesaggio; Regnosconosciuto nel quale cerca il dialogo pittorico con gli antichi maestri, tra cui anche gli italiani Paolo Uccello, Piero della Francesca, Masaccio; BacktoBasics in cui si concentra sugli elementi della pittura, sullo spazio della fisica pittorica; Fasedellospecchio, un ciclo ispirato al romanzo di Lewis Carroll, all’osservazione di se stesso nello specchio, al lavoro di Jacques Lacan, la cui teoria ha tradotto nelle sue opere con macchie colorate che spingono chi le guarda a crearsi un proprio spazio pittorico mentale.

Kowalik ritiene che le immagini abbiano una vita propria, e cerca di ascoltarle, di non criticarle cercando di trovarne l’intrinseca ricchezza. Tenta di trarre i fili che lo ispirano anche dalle sue prime opere. Parla del concetto di studio mentale e del vedere attivo. Si figura un luogo dove crea gli abbozzi, progetta un quadro intero, immagina tutti i suoi elementi, li dispone nello “studio”, visualizza la fase iniziale della pittura e solo poi si mette a lavorare.

Com’è nata la collaborazione con Adam Wsiołkowski e che cosa è il progetto 66 33?

Conosco Adam Wsiołkowski dal 2001. Ho studiato pittura nel suo studio presso l’Accademia di Belle Arti, poi, dopo la laurea magistrale, ho fatto il dottorato sotto la sua direzione. Dal 2010 lavoriamo insieme, sono assistente nel suo laboratorio di pittura. Le sue opere mi sono state di ispirazione. Vi è una certa similitudine negli elementi pittorici dei nostri quadri, entrambi ci troviamo bene nell’ambito della geometria in senso ampio, ma abbiamo opinioni completamente diverse sull’approccio verso un quadro, sul processo creativo, sulla tematica. Pensavamo da tempo di mettere in confronto le nostre opere, e cercavamo un interessante denominatore comune. La convergenza delle nostre date di nascita è stata un impulso. I miei 33 anni sono esattamente la metà dell’età del professore (66).

Com’è nato e si è evoluto il suo approccio alla pittura?

Già al Liceo Artistico sapevo che avrei voluto occuparmi solo di questo, dipingevo centinaia di paesaggi, nature morte, figure, ritratti. Ad un certo punto, durante gli studi all’Accademia, ho sentito che riprodurre la realtà nei dipinti non era più sufficiente per me. Sulla base di quello che avevo imparato dalla natura, ho cominciato a costruire immagini prodotte dalla mia fantasia.

Come si sviluppa il suo processo creativo e cosa vuole comunicare a chi guarda le sue opere?

Il destinatario è importante. Mi piace ascoltare le opinioni degli altri sui miei quadri. Dipingendo mi immedesimo nel ruolo di chi osserva, dimentico che sono io il creatore di un quadro per guardare in modo critico il mio lavoro distaccandomene. Cerco di avvicinarmi a chi guarda, di dialogare con lui, mi interessa se il messaggio della mia opera è almeno in parte comprensibile. Vorrei che i miei quadri fossero percepiti in modo multi-dimensionale. In modo che ognuno possa trovare in essi qualcosa per se stesso. Sono contento quando l’immagine contiene una deliziosa combinazione di colori avendo contemporaneamente profondità concettuale.

Da dove trae l’ispirazione per ogni ciclo?

L’impulso alla creazione di un nuovo ciclo è dato dal desiderio di affrontare un nuovo percorso artistico. Per esempio ho capito la mia attrazione verso la pittura antica nel ciclo Regno sconosciuto. Mi attrae in particolare il primo Rinascimento con le sue paradossali gaffe prospettiche. È più facile per me mantenere una distanza da quella pittura, in modo che io possa immergermi in questi dipinti e costruire le mie ipotesi su quello che riguarda le origini dei pittori, ovvero perché così, e non in altro modo, hanno risolto un certo problema. Sulla base di questi “studi” costruisco il mio messaggio. La più preziosa fonte di ispirazione per me sono i pittori italiani del primo Rinascimento: Paolo Uccello, Piero della Francesca e recentemente Masaccio.

“La fede nella pittura”, “Pittura in poche parole”, da dove vengono le idee per questi
progetti?

Sono aperto al prossimo, sempre alla ricerca del contatto con il pubblico, cerco di attrarlo nel fantastico mondo della pittura e anche nella vita cerco di essere utile per il mio ambiente. La fede nella pittura è una borsa di studio che ho creato per i giovani artisti della mia nativa Zamość. Pittura in poche parole è un ampio progetto in cui i bambini dell’Ospedale Pediatrico di Cracovia progettano un quadro che poi realizziamo con i miei studenti. Già due di questi dipinti sono esposti all’Ospedale.

Come si insegna a dipingere?

È difficile “insegnare” la pittura. Si deve stare attenti a non “danneggiare” la delicata individualità dei giovani artisti. Voglio insegnare loro quello che ho imparato, farli sviluppare, aiutarli a credere nel loro
talento.

Qual è la cifra dell’arte contemporanea polacca nel panorama mondiale?  

Attualmente abbiamo molti artisti polacchi di livello internazionale, però il mercato artistico in Polonia è ancora ai primi passi, è necessaria l’educazione e il risveglio nella gente “comune” del bisogno d’arte. Per quanto riguarda il mondo accademico dell’arte, la Polonia è ancora il rifugio dalla pappa postmoderna, paese in cui arrivano gli studenti stranieri non solo con lo scopo di crescere artisticamente ma anche per imparare il mestier.

“Cantate! La musica è terapeutica!”

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La musica è condivisione di emozioni ma con la musica si può anche cambiare il mondo. Ne è convinta Jadwiga Niebelska che ci racconta come ha realizzato il suo sogno: diventare cantante d’opera.

 

Qual è il percorso per diventare cantante d’opera?

È una strada lunga, ci vogliono almeno una decina d’anni. Generalmente si fanno 3-4 anni di studi già al liceo e poi 5 anni d’università.

 

Quali lezioni si frequentano presso il dipartimento di canto?

Il programma è abbastanza equilibrato. Nel corso di laurea ci sono molte discipline umanistiche come filosofia o storia dell’arte. Si studiano anche le lingue straniere e si fanno attività pratiche, oltre alle lezioni di canto, abbiamo pianoforte obbligatorio, recitazione, danza e movimento scenico e lezioni di canto in coro.

 

Che lingue straniere studiate?

Quando ho frequentato a Danzica c’erano solo lingue obbligatorie: italiano, russo e tedesco. A Varsavia è possibile scegliere la lingua, ma l’italiano è sempre obbligatorio!

 

La lingua italiana è molto importante nella professione di un cantante?

La verità è che un buon cantante dovrebbe essere un poliglotta. Deve conoscere almeno alcune lingue a livello primario: italiano, tedesco, inglese, russo, e, poi la fonetica spagnola. L’italiano è da sempre il linguaggio internazionale della musica, nonostante il fatto che a livello comunicativo sia stato sostituito dall’inglese, è tuttora importante nelle marcature e dinamiche musicali.

Condividi il parere di Artur Ruciński che l’italiano è la più bella lingua da cantare?

Sì, sono d’accordo. L’italiano è la lingua più comoda per cantare, soprattutto per i polacchi. Non ha suoni difficili per un polacco.

 

Hai mai lavorato con italiani?

Purtroppo, non ho preso parte a progetti nel Bel Paese, ma ho avuto diversi contatti con italiani. Sono persone molto aperte e in fondo un po’ simili a noi polacchi. Abbiamo il medesimo calore umano così come il desiderio di aiutare e di partecipare.

 

Quali sono i tuoi compositori preferiti e i ruoli che sogni interpretare?

Mi piacciono un sacco di tendenze musicali d’opera, tra queste il barocco. Adoro compositori come Händel o Monteverdi. Vicino al mio cuore è anche Verdi. Il ruolo che sogno, per il quale sono ancora troppo giovane, è Azucena ne ”Il Trovatore” di Verdi. Il mio ultimo compositore preferito è Britten, ho avuto l’opportunità di partecipare a due delle sue opere: “Lo stupro di Lucrezia” e “Sogno di una notte di mezza estate.”

 

Ci parli del vostro progetto “Messia”?

“Messia” è stato un concerto-appuntamento natalizio, con quattro solisti: Aleksandra Klimczak, Andrzej Marusiak, Tomasz Raff e la sottoscritta. Abbiamo lavorato con il complesso “Gradus ad Parnassum’’ che suona musica antica. Brani della Sacra Scrittura sono stati letti dall’attore Adam Fidusiewicz. L’obiettivo del nostro progetto era stimolare il pubblico a fare una pausa di riflessione nel periodo natalizio e magari spingere le persone a farsi gli auguri di persona partecipando con gli amici ad un concerto invece che limitarsi ad inviare il solito formale e virtuale messaggio d’auguri.

 

Non è la prima volta che organizzate qualcosa di speciale, sentite d’avere una missione?

Siamo una sorta di artisti bohémien, ci conosciamo dai tempi degli studi. Organizziamo concerti non tanto per mostrare il nostro talento, ma più per evidenziare un tema importante, una ricorrenza o anche per contribuire a risolvere un problema sociale. Vogliamo rimuovere la distanza tra l’artista e il pubblico che dev’essere co-protagonista insieme a noi. L’obiettivo naturalmente è quello di promuovere la musica e il suo messaggio ideale di cambiamento. Inoltre a livello personale tengo corsi estivi con l’Associazione di Artisti “Euforis’’, insieme a Eliza Szulińska. Se siete curiosi potete visitare il sito dell’Associazione: www.euforis.pl.

 

Ci sono persone che hanno svolto un ruolo importante nella tua formazione?

Devo molto alla professoressa Jolanta Janucik che tiene anche corsi di canto in Italia. Oltre alle questioni tecniche, mi ha aiutato a trovare la maturità delle scelte autonome professionali. Vorrei anche menzionare la giovane direttrice, straordinariamente professionale, del Teatr Wielki, Marta Kluczyńska, con la quale ho lavorato quando ero ancora studentessa. La ammiro per la sua capacità di percezione della musica e per come sa comunicare agli artisti la sua visione.

 

Quali consigli daresti a chi volesse iniziare a cantare?

Innanzi tutto: cantate! La musica aiuta in tutto, fa bene ai sensi, sviluppa il cervello, le abilità, spiritualizza, offre un orizzonte più ampio, agevola i contatti. Ricordatevi di cantare principalmente per voi stessi, se ne sarete in grado sarà poi bello anche per gli altri ascoltarvi. E non dimenticate mai di cantare con amore per l’arte e per il prossimo.

 

Siti web:

Sito web di Jawiga Niebelska: http://jadwiganiebelska.com/

Progetto ,, Messia ‘’: http://mesjasz2014.pl/

Società degli Artisti ,,Euforis’’: www.euforis.pl

 

Pietro Bembo e le prose della volgar lingua

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Fa certamente parte della natura stessa di ogni idioma l’esistenza di differenze tra scritto e parlato, ed è normale che il livello elevato, letterario e colto, si contrapponga spesso all’uso corrente. Ma in Italia la cosiddetta “questione della lingua” ha assunto caratteristiche veramente specifiche, in presenza dell’accentuato e prolungato particolarismo amministrativo e del caleidoscopio di volgari neolatini, esiti di radicate identità locali.

A chi chiedesse: “Ma cosa significa lingua italiana?”, credo che risulterebbe molto difficile far capire in poche parole come la risposta alla sua richiesta non possa essere né univoca né rapidissima. Infatti, se consideriamo che uno dei presupposti più semplicistici per definire una lingua è di solito quello di assimilarla all’espressione scritta e parlata di un popolo e di uno stato politico, per l’Italia ci troveremmo di fronte ad immediate difficoltà di allineamento, visto che nessuno mette in dubbio che Dante, nato nel 1265, sia senz’altro il più importante scrittore italiano, ma data anche l’evidenza che il primo Stato unitario italiano risale solo a dopo il 1861, quando Manzoni già da anni aveva scritto (e scritto in quel modo proprio perché ancora non c’era un’Italia unita) I Promessi Sposi.

A partire dal Trecento, nelle varie corti della penisola italiana s’era progressivamente formata una sorta di comunità itinerante di dotti e di letterati, che il problema aveva cercato di eluderlo, utilizzando una lingua cortigiana molto poco stabile, che si dimostrerà però assolutamente inadeguata quando alla fine del Quattrocento si porrà anche una questione pratica e professionale, divenuta particolarmente pressante: la sempre più fiorente industria della stampa esigeva infatti uniformità e una precettistica grammaticale chiara e univoca.

E sarà proprio nella stamperia di Aldo Manuzio, il più grande libraio del tempo, che Pietro Bembo, curando agli inizi del Cinquecento innovative edizioni dei testi di Dante e di Petrarca, cominciò ad elaborare la sua proposta per l’unificazione linguistico-letteraria italiana, ritenendo che potesse avvenire solo sulla base della tradizione letteraria illustre, applicando lo stesso metodo utilizzato per il latino classico, che si era esemplato sui modelli per eccellenza di Cicerone, per la prosa, e di Virgilio, per la poesia.

Così nel 1525, con le Prose della volgar lingua, un trattato divenuto fondamentale per la nostra storia letteraria e linguistica, il veneziano Bembo convinse tutti a usare il toscano letterario come lingua “italiana”, ovviamente solo scritta; indicando come modelli la lingua e lo stile del Canzoniere di Petrarca (che aveva imitato Virgilio), per la lirica, e la lingua e lo stile della cornice del Decameron di Boccaccio (che aveva imitato Cicerone), per la prosa.

Akrai: Missione archeologica polacca in Sicilia

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La Sicilia, la più estesa tra le isole del Mar Mediterraneo, da secoli attrae con sole perennemente  splendente, ottima cucina e panorami  mozzafiato. Tra i suoi numerosi tesori, a prescindere dall’aromatico gustoso olio d’oliva e dal paesaggio vario e sublime, raffigurato anche da William Turner in una serie di quadri dedicati ai suoi viaggi in terra siciliana, ci sono anche le numerose testimonianze dell’antichità che da secoli affascinano turisti, viaggiatori e ricercatori. L’innegabile fascino di quest’isola mediterranea era noto fin dagli antichi Greci. La Sicilia era spesso meta finale delle spedizioni durante il periodo della grande colonizzazione ellenica, compreso tra l’VIII e il VI sec. a.C. I greci approdati sulle coste italiche fondarono numerose città e villaggi che goderono della grande prosperità dovuta al notevole potenziale dell’isola. Con il trascorrere del tempo i greci iniziarono a esplorare le aree interne collinari, ovvero quelle più difficilmente accessibili, ma ancor più affascinanti. Tra i coraggiosi coloni si distinse un gruppo di Dori provenienti da Siracusa. Alla ricerca di un punto strategico ideale per vigilare sui territori circostanti della metropoli costiera in continua crescita, giunsero alla catena dei Monti Iblei, che venne scelto come luogo ideale per fondare nel VII secolo a.C la colonia di Akrai, in latino “Acrae”. Per secoli Akrai, difficilmente attaccabile proprio perché situata nella pittoresca parte sud-orientale dell’isola, svolse il ruolo di “custode” della colonia siracusana, una delle più importanti colonie del periodo ellenistico. Stimolata anche dal culto di Demetra, la dea della fertilità dei campi, la città si sviluppò dal punto di vista economico. Le condizioni favorevoli e l’alleanza stretta con il potere di Siracusa garantirono benessere alla città. Akrai fu costruita in base al modello urbanistico greco cioè lungo la strada principale cui venivano connesse strade minori. Anche i suoi abitanti, come quelli di altre colonie greche, erano fieri di avere il tempio costruito sulla sommità di un colle e il centro con degli edifici pubblici tra cui il teatro e il bouleuterion, cioè il luogo di riunione del Consiglio cittadino. L’alto grado di sviluppo economico-sociale della città venne mantenuto anche dopo l’invasione dell’isola da parte dei romani, in seguito alla quale, nel 241 a.C la Sicilia divenne la prima provincia di Roma. Tuttavia, con l’afflusso di nuovi arrivati, si hanno meno notizie riguardo a Akrai e al suo passato che sembra essere avvolto nel mistero. La storia della scoperta di Akrai inizia nel XVI secolo. Il crescente interesse nei confronti della misteriosa città è dovuto al ritrovamento delle antiche testimonianze scritte ma anche allo sviluppo del viaggiare tra XVI e XVII secolo, estremamente intenso in quest’isola attraente sia per la posizione geografica, sia per l’ambiente incantevole. Le fonti antiche pervenuteci sono state verificate da Tommaso Fazello, il monaco siciliano che nel XVI secolo ha identificato il sito dell’antica città. Le prime importanti scoperte risalgono, invece, all’inizio del XIX secolo, quando la ricerca delle pittoresche rovine venne accelerata dalla fioritura del romanticismo in Europa. Alla fine del secondo decennio del XIX secolo Akrai divenne oggetto di studio del barone Gabriele Judica, che per condurre da vicino le indagini sull’antico sito si trasferì a Palazzolo Acreide, non distante dall’area archeologica. Tuttora, nella città è presente un palazzo storico con la targa commemorativa dedicata allo studioso che analizzò in particolar modo l’antica necropoli, situata nella zona delle cave. Al barone Judica si deve inoltre la scoperta dei resti del teatro greco-romano. Alla fine del XIX secolo, Akrai diventa oggetto d’interesse di Paolo Orsi, considerato il padre dell’archeologia siciliana. Anche lui, come il barone Judica, focalizza la sua attenzione sull’intensivo studio delle cave e necropoli. Nella metà del XX secolo, la ricerca sull’antica città viene intrapresa da Luigi Bernabò Brea che dedica la sua attenzione soprattutto sull’edificazione urbana di teatro, bouleuterion e tempio. Fino agli anni ’70 del XX secolo nell’area di Akrai vengono portati alla luce vari edifici pubblici. La costruzione più antica è il tempio dorico dedicato ad Afrodite, situato su un lieve rialzo del terreno. Tra i monumenti più suggestivi della città va annoverato il teatro greco-romano. Quest’ultimo anche se di modeste dimensioni e posizione inferiore rispetto a quella del tempio, offre una vista impressionante sulle catene montuose circostanti e, durante le giornate limpide, sulla più alta parte del maestoso vulcano Etna. Sicuramente meritano attenzione anche le cave adattate a necropoli. Numerose catacombe, scavate nella roccia calcarea con funzione funeraria, sono rimaste in uso fino al V sec. d.C., quando Akrai divenne uno dei centri siciliani del cristianesimo. Oggi la città di Akrai è di nuovo sottoposta all’indagine ma questa volta da parte della missione archeologica polacca, diretta dall’eccezionale archeologa Roana Chowaniec. La prima ricerca polacca in Italia è resa possibile grazie a un accordo internazionale tra l’Università di Varsavia e la Soprintendenza dei Beni Culturali e Artistici di Siracusa ed è finanziata  dai contributi del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Ministero della Pubblica Istruzione e sponsor privati. L’obiettivo di questa prestigiosa spedizione è scoprire un quartiere residenziale di Akrai, in precedenza mai sottoposto a ricerca, che certamente permetterà di capire meglio com’era la vita quotidiana degli abitanti di quest’antica città.

Polonia Oggi: Boom di visite al Museo Nazionale di Cracovia

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

Nel 2017 circa 1,3 milioni di persone hanno varcato la soglia del Museo Nazionale di Cracovia. “È stata una buona annata per il museo, come dimostrato dal significativo aumento del numero di visitatori rispetto agli anni precedenti”, ha dichiarato in conferenza stampa il direttore del museo, Andrzej Betlej. Ha aggiunto anche che l’anno appena concluso è stato caratterizzato da rassegne di rilievo, 27 in tutto, tra cui “#dziedzictwo”, “Wyspiański”, “Skarby baroku”, “Twarzą w twarz. Sztuka w Auschwitz” e “Onna – piękno, siła, ekstaza”. Si è aggiudicata la maggior parte delle visite (più di 129 mila persone) la “Dama con l’ermellino” di Leonardo da Vinci, in mostra nella sezione principale dal 16 maggio e oggetto della curiosità soprattutto di giapponesi, italiani e francesi. “Tężnia”, l’installazione di Robert Kuśmirowski che campeggia nella piazza antistante al museo, è stata ammirata da oltre 117 mila visitatori, mentre la mostra “#dziedzictwo” conclusasi domenica ha registrato più di 67 mila ingressi.

Fonte: pap.pl

Polonia Oggi: La 26^ Finale della Grande Orchestra per la Beneficenza di Natale

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120 mila volontari per le strade di 109 città polacche e straniere, concerti, eventi podistici, sfilate, aste di beneficenza. Così è iniziata ieri mattina la 26^ Finale della Grande Orchestra per la Beneficenza di Natale (WOŚP), impegnata per la settima volta a raccogliere fondi per macchinari e attrezzature da destinare a vari reparti di neonatologia. Anche se la raccolta fondi iniziava ufficialmente alle 8.30, già alle 7 della mattina erano stati depositati sul conto della Grande Orchestra ben 7 milioni e 631 mila złoty. Del resto, oltre alle caratteristiche scatole usate dai volontari per raccogliere le offerte, sono stati messi a disposizione circa 20 canali attraverso cui versare la quota desiderata. Tra gli oggetti venduti all’asta c’erano il papillon del Presidente Duda, il tailleur indossato dalla First lady in occasione della visita in Polonia del presidente Trump, una copia della Costituzione con la dedica dell’ex presidente Aleksander Kwasniewski, una passeggiata con il professore Leszek Balcerowicz, una poltrona e una penna di Andrzej Wajda o l’invito al campo sportivo di Anna Lewandowska. La manifestazione si è conclusa ieri sera con il grande concerto finale e il magnifico spettacolo di fuochi d’artificio a Varsavia in Piazza Defilad. L’anno scorso la Fondazione WOŚP è riuscita a raccogliere una cifra record di 105 milioni di złoty e in 25 anni sono stati versati sul suo conto di beneficenza circa 825 milioni di złoty.

Fonte: pap.pl