“Ispirato dai pittori italiani del primo Rinascimento”

0
1026

Nato a Zamość nel 1981, dove ha frequentato il Liceo Artistico, Marcin Kowalik ha studiato presso la Facoltà di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Cracovia scrivendo la tesi di dottorato sotto la guida del professor Adam Wsiołkowski, di cui oggi è assistente.

Kowalik è un pittore che suddivide la sua opera in cicli che restano aperti perché, come ammette lo stesso artista, non è in grado di chiuderli: Spaziodeiviaggi, Paesaggionellascatola, nel quale fa riferimenti alla natura, allo spazio del paesaggio; Regnosconosciuto nel quale cerca il dialogo pittorico con gli antichi maestri, tra cui anche gli italiani Paolo Uccello, Piero della Francesca, Masaccio; BacktoBasics in cui si concentra sugli elementi della pittura, sullo spazio della fisica pittorica; Fasedellospecchio, un ciclo ispirato al romanzo di Lewis Carroll, all’osservazione di se stesso nello specchio, al lavoro di Jacques Lacan, la cui teoria ha tradotto nelle sue opere con macchie colorate che spingono chi le guarda a crearsi un proprio spazio pittorico mentale.

Kowalik ritiene che le immagini abbiano una vita propria, e cerca di ascoltarle, di non criticarle cercando di trovarne l’intrinseca ricchezza. Tenta di trarre i fili che lo ispirano anche dalle sue prime opere. Parla del concetto di studio mentale e del vedere attivo. Si figura un luogo dove crea gli abbozzi, progetta un quadro intero, immagina tutti i suoi elementi, li dispone nello “studio”, visualizza la fase iniziale della pittura e solo poi si mette a lavorare.

Com’è nata la collaborazione con Adam Wsiołkowski e che cosa è il progetto 66 33?

Conosco Adam Wsiołkowski dal 2001. Ho studiato pittura nel suo studio presso l’Accademia di Belle Arti, poi, dopo la laurea magistrale, ho fatto il dottorato sotto la sua direzione. Dal 2010 lavoriamo insieme, sono assistente nel suo laboratorio di pittura. Le sue opere mi sono state di ispirazione. Vi è una certa similitudine negli elementi pittorici dei nostri quadri, entrambi ci troviamo bene nell’ambito della geometria in senso ampio, ma abbiamo opinioni completamente diverse sull’approccio verso un quadro, sul processo creativo, sulla tematica. Pensavamo da tempo di mettere in confronto le nostre opere, e cercavamo un interessante denominatore comune. La convergenza delle nostre date di nascita è stata un impulso. I miei 33 anni sono esattamente la metà dell’età del professore (66).

Com’è nato e si è evoluto il suo approccio alla pittura?

Già al Liceo Artistico sapevo che avrei voluto occuparmi solo di questo, dipingevo centinaia di paesaggi, nature morte, figure, ritratti. Ad un certo punto, durante gli studi all’Accademia, ho sentito che riprodurre la realtà nei dipinti non era più sufficiente per me. Sulla base di quello che avevo imparato dalla natura, ho cominciato a costruire immagini prodotte dalla mia fantasia.

Come si sviluppa il suo processo creativo e cosa vuole comunicare a chi guarda le sue opere?

Il destinatario è importante. Mi piace ascoltare le opinioni degli altri sui miei quadri. Dipingendo mi immedesimo nel ruolo di chi osserva, dimentico che sono io il creatore di un quadro per guardare in modo critico il mio lavoro distaccandomene. Cerco di avvicinarmi a chi guarda, di dialogare con lui, mi interessa se il messaggio della mia opera è almeno in parte comprensibile. Vorrei che i miei quadri fossero percepiti in modo multi-dimensionale. In modo che ognuno possa trovare in essi qualcosa per se stesso. Sono contento quando l’immagine contiene una deliziosa combinazione di colori avendo contemporaneamente profondità concettuale.

Da dove trae l’ispirazione per ogni ciclo?

L’impulso alla creazione di un nuovo ciclo è dato dal desiderio di affrontare un nuovo percorso artistico. Per esempio ho capito la mia attrazione verso la pittura antica nel ciclo Regno sconosciuto. Mi attrae in particolare il primo Rinascimento con le sue paradossali gaffe prospettiche. È più facile per me mantenere una distanza da quella pittura, in modo che io possa immergermi in questi dipinti e costruire le mie ipotesi su quello che riguarda le origini dei pittori, ovvero perché così, e non in altro modo, hanno risolto un certo problema. Sulla base di questi “studi” costruisco il mio messaggio. La più preziosa fonte di ispirazione per me sono i pittori italiani del primo Rinascimento: Paolo Uccello, Piero della Francesca e recentemente Masaccio.

“La fede nella pittura”, “Pittura in poche parole”, da dove vengono le idee per questi
progetti?

Sono aperto al prossimo, sempre alla ricerca del contatto con il pubblico, cerco di attrarlo nel fantastico mondo della pittura e anche nella vita cerco di essere utile per il mio ambiente. La fede nella pittura è una borsa di studio che ho creato per i giovani artisti della mia nativa Zamość. Pittura in poche parole è un ampio progetto in cui i bambini dell’Ospedale Pediatrico di Cracovia progettano un quadro che poi realizziamo con i miei studenti. Già due di questi dipinti sono esposti all’Ospedale.

Come si insegna a dipingere?

È difficile “insegnare” la pittura. Si deve stare attenti a non “danneggiare” la delicata individualità dei giovani artisti. Voglio insegnare loro quello che ho imparato, farli sviluppare, aiutarli a credere nel loro
talento.

Qual è la cifra dell’arte contemporanea polacca nel panorama mondiale?  

Attualmente abbiamo molti artisti polacchi di livello internazionale, però il mercato artistico in Polonia è ancora ai primi passi, è necessaria l’educazione e il risveglio nella gente “comune” del bisogno d’arte. Per quanto riguarda il mondo accademico dell’arte, la Polonia è ancora il rifugio dalla pappa postmoderna, paese in cui arrivano gli studenti stranieri non solo con lo scopo di crescere artisticamente ma anche per imparare il mestier.