Pompei, la vita continua

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È possibile sentire l’energia della vita mentre si cammina tra le rovine? Questa sensazione, apparentemente inadatta alle circostanze, mi accompagnava dal momento in cui, ancora camminando lungo via Plinio, stavo lanciando degli sguardi timidi oltre una recinzione in ferro moderna che separa il passato dal presente: l’antica Pompei da quella di oggi.

Ero travolta dal sentimento di appartenenza, dalla gioia di tornare in un posto vicino al mio cuore, anche se lo stavo visitando per la prima volta. Una strana sensazione di comprensione per queste mura, che sembravano ancora pulsare di vita. Come se in queste pietre antiche circolassero costantemente i ricordi non tanto del tragico giorno del 24 agosto del 79, ma piuttosto i ricordi di una semplice, vivace e rumorosa quotidianità.

Vino, labirinto di strade e domus pompeiane

Le viti verdi che crescono vicino all’anfiteatro e una ricca vegetazione sembrano essere le stesse di secoli fa. Le viti silenziose e ferme in piena armonia all’ombra del Vesuvio che veglia sull’equilibrio delle terre che lo circondano. E in effetti, nell’area chiamata Foro Boario, dove, secondo le ipotesi iniziali, si trovò un antico mercato di vendita di buoi, le successive ricerche archeologiche hanno mostrato, tuttavia, delle tracce di un vigneto di notevoli dimensioni, che è stato infatti attualmente ricostruito.

Gli archeologi hanno diviso l’antica città in nove aree, che, come si può facilmente notare, studiando la mappa, sono contrassegnate dalle strade principali della città; ed anche le vie e singoli monumenti sono stati precisamente segnati. Nella regio II, vicino all’ingresso di via Plino, crescono dei pini svettanti, come se volessero competere per dimensioni con i muri affaticati dell’antico anfiteatro. La zona della regio II è un’area di domus restaurate nel 2016: la casa di Ottaviano Quartius e la villa di Giulia Felice. La villa fu una delle prime scoperte dalle mani affaticate degli archeologi. Attualmente, la residenza impressiona con i colori vivaci dei dipinti murali e con un giardino ben curato in cui, quando aguzziamo la nostra immaginazione, risulta quasi possibile sentire ancora il rumore dell’acqua che scorre.

Le strade furono selciate con grosse pietre. I tratti di strade destinate al traffico veicolare possono essere immediatamente riconosciuti dai segni profondi creati dalle ruote dei carri pesanti. Non le vedremo invece camminando per le strade accessibili allora solamente ai pedoni: l’accesso ad esse fu impedito ai carri, a causa di tre o quattro blocchi pesanti di grandi dimensioni messi in fila. Per le strade antiche di Pompei si cammina come se si camminasse in un labirinto silenzioso, che ogni tanto svela i volti spesso commoventi della città sepolta per secoli nelle ceneri: il panificio di Popido Prisco o la casa del Fauno (a cui, a proposito, arriviamo proseguendo il vico del labirinto) è impossibile omettere o non riconoscere.

Il fauno è in realtà una statuetta di bronzo a guardia della fontana già asciutta nell’atrium spazioso. Il pavimento colorato sotto i suoi piedi ricorda una vita colorata, che probabilmente i padroni della casa hanno vissuto. Altri edifici non sono più così evidenti. I muri nudi, rovine coperte di erba non ci dicono nulla, non ci raccontano alcuna storia. Possiamo solo immaginare che stiamo dando un’occhiata dentro la casa di qualcuno. Ci viene voglia di bussare ad una porta invisibile, chiedendo: “C’è qualcuno? Possiamo entrare? Ci piacerebbe conoscere la vostra storia”. Le pareti tacciono, rivelando solo una targa in pietra che le decora con il numero della regio in cui sono collocate. 

L’area della Porta Marina ed il Foro

Vicino al tempio della Fortuna Augusta, un cane sta sdraiato per terra. Senza collare, ma certamente non randagio, sembra appartenere al luogo più delle pietre antiche, sdraiato su un tappeto di morbida erba verde tra i resti di antichi edifici. Con gli occhi socchiusi, osserva assonnato i turisti, senza interessarsi troppo. È a casa, e noi siamo passanti, ospiti di giornata. Nell’interno dell’edificio di Eumachia e degli altri in via dell’abbondanza, notiamo i papaveri che stanno fiorendo. È impossibile non fermarsi per un momento a guardarli, a non dare un significato simbolico alle circostanze che a volte raccontano del passato in modo molto più bello e commovente di molte guide.

A pochi passi di distanza, la nostra attenzione viene attirata dalla statua di Apollo. Quel dio antico, fu fermato immobile con le braccia distese, come se stesse inseguendo qualcosa di sfuggente, passato. In realtà, nelle sue mani delicate manca l’arco, con cui mirava al bersaglio in avanti, prendendo la rincorsa. Il forum racconta del potere della città. Lì, si riprende fiato, notando i templi e gli edifici dove nel passato stava fiorendo il commercio. Il cuore del foro è decorato dalla statua del Centauro di Igor Mitoraj. La scultura, per il suo carattere mitologico ed estremamente misterioso, è quasi parte integrante degli scavi, anche se li sta decorando solo da alcuni anni.

L’area del Foro e dei templi e degli edifici circostanti è la regio VII, riconosciuta come il primo agglomerato. Il modo più veloce per raggiungerla è attraverso l’ingresso di Porta Marina, che collega la settima e l’ottava area, dove nelle vicinanze del tempio di Venere sta Dedalo, un’altra opera di Mitoraj. Dedalo osserva dall’alto il presente: il viale dei Teatri della nuova Pompei, che si trasforma dolcemente in via Plinio. E mi ci ritrovo anch’io, affascinata dalla vista, nelle vicinanze della porta di Nocera, guardando le tranquille strade dell’antica Pompei, selciate in pietra ed il vigile Vesuvio.

Oggi, la nuova Pompei si fa conoscere attraverso un’accogliente via Roma, che conduce alla piazza Bartolo Longo, dove sorge il Santuario della Madonna del Rosario. Mentre il passato rimane silenzioso dietro le mura della zona archeologica, dall’altra parte, i venditori di limoni e souvenir si affollano tra le bancarelle, ed i camerieri tra i tavoli; invece il profumo di un caffè fresco o di una limonata dolce e dei piatti aromatici ci attira nei bar e nei ristoranti accoglienti. Un avvertimento della storia passata sorge accanto ad una vivace vita quotidiana di un spensierato “carpe diem”, il vecchio sta accanto al nuovo. La vita continua. 

foto: Magda Karolina Romanow-Filim