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Domenico Merlini e la Varsavia italiana

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Testo e foto: Dominika Rafalska
Traduzione it: Anna Lisicka

 

Domenico Merlini era uno di quei dotati artisti italiani che vennero nella Repubblica Polacca nel Settecento per lasciare il proprio nome nella storia per sempre. Non aveva una formazione accademica, eppure è considerato uno dei più eccellenti architetti dell’epoca, uno dei creatori più importanti e il principale promotore dello stile chiamato “stanislaoviano” (dal nome di Stanislao Augusto Poniatowski). Della vita, della produzione artistica e delle tracce italiane di Domenico Merlini a Varsavia ne parla Jerzy S. Majewski, varsavianista, storico dell’arte e pubblicista. 

Domenico Merlini ha legato tutta la sua vita a Varsavia. Arrivò in Polonia verso il 1750, a soli vent’anni. Come arrivò qui? 

È importante notare che non arrivò nel nulla. Da decenni affluiva qui una schiera di celebri architetti italiani. La Varsavia dell’età moderna era una città molto italiana. Nel XVII secolo, con l’arrivo del re a Varsavia, i magnati cominciarono a costruire le loro residenze, mentre intorno alla città sorse una corona di cittadine private, le cosiddette “giurisdizioni” (jurydyki). Furono proprio i grandi magnati a richiamare architetti in Polonia, per lo più dall’Italia. Almeno dal terzo quarto del XVII secolo arrivavano qui italiani provenienti dal lago di Lugano. Fu proprio lì, nel piccolo paese di Castello di Valsolda, dove nacque Domenico Merlini. Prima di lui, dalla stessa regione arrivarono in Polonia, tra gli altri: Isidoro Affaitati, almeno tre membri della famiglia Ceroni, Giuseppe Simone Bellotti, ecc.. Tutti nomi celebri, legati all’architettura di Varsavia. Quest’ultimo costruì, tra l’altro, i muri della chiesa di Santa Croce in Krakowskie Przedmieście (1679–1696). Anche i Fontana erano cugini di Domenico Merlini…

Artisti che raggiungevano la Polonia per lavorare?

Sì. Durante la grande guerra del Nord (1700-1721), Varsavia fu devastata. Sotto Augusto II, tuttavia, l’ambiente degli architetti cominciò a ricostruirsi, concentrandosi intorno all’Ufficio delle Costruzioni  Sassone (Bauamt), organizzato sul modello di un’unità militare! Erano architetti illustri. La Repubblica Polacca offriva loro grandi opportunità: era un paese di dimensioni enormi, si stava risollevando, e dal punto di vista economico, era molto forte. 

Quando Domenico Merlini arrivò in Polonia eravamo nel periodo del regno di Augusto III. L’epoca sassone è passata alla storia come un periodo molto cupo, ma in realtà fu per Varsavia un’epoca di prosperità economica e di boom edilizio! Durante la guerra dei sette anni (1756-1763), la corte reale si trasferì nella capitale e quella che allora era una città provinciale (con appena 30.000 abitanti) iniziò a svilupparsi rapidamente. L’attività edilizia fu intensa.

Merlini non aveva una formazione accademica. Apprese il mestiere proprio sotto la guida di suo zio Jakub Fontana…

Jakub era architetto reale. Era nato a Varsavia, ma suo padre – Giuseppe – arrivò in Polonia dalla Valsolda, verso la fine del XVII secolo. Jakub era molto più anziano di Domenico, ma aveva anche un fratello – Jan Kanty – che era coetaneo di Merlini. Jan Kanty era il burgravio del Castello Reale e progettava molto per la corte reale e per i magnati. Accolse sotto la sua protezione il giovane Domenico. 

Quale fu la prima realizzazione di Merlini a Varsavia? 

Fu la navata e la facciata della chiesa dei Camaldolesi nel quartiere di Bielany, un’architettura straordinaria. Ha una struttura architettonica completamente diversa, con una navata su pianta quasi ellittica. Vale la pena menzionare anche il Palazzo Jabłonowski (1760). Sono ancora visibili le influenze del tardo barocco e rococò. Lo stile di Merlini evolse in seguito dal barocco allo stile di Stanislao Augusto, quando l’artista iniziò a introdurre nella sua opera elementi neoclassici. Questi edifici sono caratterizzati da eleganza, semplicità e una certa sobrietà. Seppur Merlini introdusse il classicismo nell’architettura di Varsavia, certamente non fu il “fondatore del classicismo”. Un edificio neoclassico fortemente legato al minimalismo, progettato da lui, furono le scuderie reali, quasi prive di decorazioni. Vale la pena menzionare anche i Łazienki…

Si può considerare questo progetto “rivoluzionario” nella sua opera? 

No, anche se introdusse forme che erano il risultato degli interessi artistici del re e dell’ambiente che lo circondava. Quando si osserva la facciata meridionale del Palazzo sull’Isola, si nota un’eleganza straordinaria. Questa prima ventata di classicismo ha sicuramente in sé una scintilla d’influenza francese, mentre la seconda – le sue realizzazioni successive – si rifà più spesso a forme italiane, come quelle di Andrea Palladio di Vicenza, che fu un maestro per gli architetti dell’epoca, anche se fu lui stesso un esponente del cosiddetto manierismo…

I Łazienki non furono una rivoluzione ma ciò non cambia il fatto che si tratti di un’architettura magnifica, frutto del talento di Merlini, del gusto del re e dell’influenza del suo entourage. Vale la pena menzionare anche il complesso del parco stesso, frutto del lavoro di Johann Christian Schuch…

Si costruivano già allora i parchi simili in Europa?

Assolutamente sì. Nel solo Giardino Sassone esistevano un teatro, un grande padiglione, la Porta di Ferro… Nel caso del Łazienki possiamo parlare di una grande varietà di forme architettoniche presenti nel complesso. L’anfiteatro si ispirava al teatro antico, mentre la Casa Bianca ricordava un Lusthaus… Il Palazzo di Myślewice, progettato da Merlini, invece, è ancora “molto sassone”. Ha una caratteristica “facciata spezzata” e potrebbe tranquillamente trovarsi a Dresda, tra le residenze degli Augusti. 

Quali altri suoi progetti meritano di essere ricordati?

Sicuramente il rifacimento degli interni del Castello Reale. Su scala dell’architettura polacca dell’epoca, si nota in quel progetto un grande slancio, splendide proporzioni, attenzione al dettaglio… Gli interni, nello spirito del classicismo francese, sono belli, raffinati… È qualcosa di completamente diverso rispetto all’arte rococò. Per quei tempi, era qualcosa di molto moderno. Un progetto oggi un po’ dimenticato è anche quello relativo alla ristrutturazione del Castello di Ujazdów. In origine, doveva diventare la residenza di Stanislao Augusto Poniatowski. Di quell’epoca si è conservato un interessante progetto per una sala del trono destinata alla regina! Purtroppo, come è noto, Stanislao Augusto non si sposò mai…

In quell’epoca nacque anche un grande progetto urbanistico, il cosiddetto “aquilone”, un imponente asse urbano sul lato occidentale, in corrispondenza dell’odierna via Nowowiejska.

Dopo la morte di Fontana (1773), Merlini divenne Architetto del Re e della Repubblica Polacca. In cosa consisteva il suo lavoro?

Il suo compito era quello di mantenere, conservare e modernizzare gli edifici di carattere statale… Ad esempio, ricostruì il Palazzo della Repubblica a Varsavia dopo un incendio. In questo progetto rispettò la disposizione originale dell’epoca di Tylman van Gameren, ma creò comunque qualcosa di proprio. Lo stesso accadde con la ristrutturazione del Palazzo Brühl, progettato dagli architetti del Bauamt. Merlini trasformò questa straordinaria residenza in ambasciata russa. Dopo la sua ristrutturazione, gli interni del palazzo persero il loro stile tardo barocco sassone e divennero più sobri, in stile neoclassico. Costruì anche la Porta del Castello a Lublino e ristrutturò il tribunale locale.

Nell’opera di Merlini si nota un’ispirazione italiana? E da dove proviene questa ispirazione, se non sappiamo nemmeno se l’architetto sia mai tornato, anche solo per un attimo, in Italia?

In realtà non lo sappiamo, non ci sono documenti al riguardo. Rimase a Varsavia fino alla fine della sua vita: qui morì e fu sepolto a Powązki… Ma ricordiamo che anche Stanislao Augusto era affascinato dall’Italia, pur non essendoci mai stato. I riferimenti di Merlini all’architettura italiana non derivano tanto dalla nostalgia per l’Italia, quanto da una certa moda del tempo e dal suo radicamento qui, in Polonia. Gli italiani operavano a Varsavia da generazioni. L’architettura italiana, il modo di pensare, le idee, le influenze, l’estetica… tutto questo “circolava” qui e arrivava anche al cuore di Merlini. All’epoca esistevano anche dei repertori di modelli a cui gli architetti facevano riferimento. L’ispirazione italiana è evidente, ad esempio, nella chiesa dei Basiliani in via Miodowa, che all’esterno appare come un palazzo. Completamente italiana è anche la Królikarnia… Si nota chiaramente l’ispirazione a Vicenza, alla Villa Rotonda di Palladio. Il palazzo sorge su una scarpata e al centro presenta una rotonda… Si possono davvero osservare molte somiglianze. Nel parco troviamo anche una cucina da giardino, la cui struttura richiama il sepolcro di Cecilia Metella sulla via Appia, vicino a Roma. Merlini poteva conoscerlo di persona? Non lo sappiamo, ma ricordiamo che i progetti di Palladio erano ampiamente diffusi: lui stesso scrisse un trattato, e i suoi disegni venivano copiati e circolavano in tutta Europa. 

Secondo Lei, Merlini fu un visionario o semplicemente un esecutore abile delle idee di Stanislao Augusto Poniatowski?

Penso che, paradossalmente, l’eccezionalità di Merlini risieda proprio nella sua perfetta sintonia con il re, nella capacità di creare un linguaggio architettonico unico negli interni del castello e nelle costruzioni dei Łazienki… Non sono sicuro che tutte le sue opere non direttamente legate a Stanislao Augusto siano altrettanto eleganti… Il suo stile palladiano più tardo era più cosmopolita. Ciò che Merlini ha creato di più bello è stato il risultato dell’incontro tra due personalità, la sua e quella di Stanislao Augusto Poniatowski. 

Jerzy S. Majewski è storico dell’arte di formazione. Autore e coautore di decine di libri e album su Varsavia.

L’A.C. Wawa torna campione degli Italiani in Polonia

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Foto: Bartosz Banaś

 

Con la XII edizione, disputata nel weekend del 5-6 luglio presso il prestigioso Legia Training Center in località Grodzisk Mazowiecki, il Torneo di Calcetto Italiani in Polonia si conferma ancora una volta come l’evento sportivo più importante e partecipato della comunità italiana in Polonia.

La manifestazione, organizzata dal Comites Polonia e da Gazzetta Italia e patrocinata dall’Ambasciata d’Italia a Varsavia, ha visto la partecipazione di oltre cento atleti divisi in dieci squadre provenienti da tutta la Polonia, che si sono affrontate in due giorni di grande calcio sotto un sole cocente che ne ha messo a dura prova la resistenza fisica.

Professionalità ed eleganza della struttura ospitante hanno fornito la cornice ideale per questa edizione che ha visto in apertura il saluto della presidente del Comites Polonia, Silvia Rosato, e del Primo Segretario dell’Ambasciata d’Italia, Dott. Vincenzo Spinelli, in rappresentanza dell’Ambasciatore Luca Franchetti Pardo, assente per un grave lutto familiare. Un momento di particolare commozione si è vissuto prima della finale quando è stato osservato un minuto di silenzio in memoria del padre dell’Ambasciatore, scomparso pochi giorni prima dell’evento.

Confermata la formula del torneo, con gironi all’italiana nella prima fase e successivi incroci ad eliminazione diretta, che come al solito ha garantito spettacolo e suspense fino all’ultimo. Le dieci squadre partecipanti – Il Sogno di Varsavia, AC Wawa, AS Cracovia Calcio, Real Poznan, Italiani a Wrocław, Warszawa United, FC KTM Łódź, Atletico per niente Wrocław, ITAL3MIASTO e Legia Carbonara Varsavia – si sono date battaglia con un caldo infernale.

La giornata conclusiva del torneo è stata caratterizzata da partite tiratissime. Nella prima semifinale, Il Sogno di Varsavia ha superato gli Italiani a Wrocław guadagnandosi l’accesso
alla finale. Nell’altra sfida l’AC Wawa ha avuto la meglio sul Cracovia solo ai calci di rigore, dopo un avvincente pareggio agguantato nei minuti finali dei tempi regolamentari.

La finale, giocata davanti a un pubblico composto dalle squadre presenti, famiglie, amici, appassionati e ospiti del centro sportivo, è stata caratterizzata dal bel gioco e da un equilibrio, rotto poco prima della pausa dal bomber Gennaro Caputo dell’AC Wawa, il quale finalizza una bella azione e realizza la rete decisiva che regala alla sua squadra il titolo di campione della XII edizione. Nonostante i tentativi di riaprire la partita da parte de Il Sogno di Varsavia – trionfatori nelle precedenti due edizioni, l’AC Wawa resiste e torna meritatamente sul gradino più alto del podio, confermandosi nuovamente come la squadra da battere in questo torneo.

I premi individuali sono andati a: Alessandro Purini del Cracovia, capocannoniere con 8 reti, Gennaro Caputo dell’AC Wawa premio di miglior giocatore, Maksymilian Klejewski del Poznan, premiato come miglior portiere, capace addirittura di realizzare una rete dalla propria metà campo.

Il successo di questo appuntamento è stato possibile grazie all’impegno degli organizzatori e al fondamentale supporto degli sponsor: Italmatch Chemicals, sponsor principale, BGTeC, LeoVince, La Bottega da Enrico, Lo Sfizio e Mare e Monti di Enrico Monti, Shardana, Ferrero, SpaccaNapoli e Fundacja Włosko-Polska InteRe. Gazzetta Italia, storico media partner del torneo, come sempre garantisce all’evento supporto organizzativo e copertura mediatica.
Gli sponsor hanno reso possibile anche momenti conviviali e degustazioni di prodotti italiani che hanno accompagnato le due giornate di sport.

Classifica finale: 1) AC Wawa, 2) Il Sogno di Varsavia, 3) AS Cracovia Calcio, 4) Italiani a Wrocław, 5) Warszawa United, 6) Atletico per niente Wrocław, 7) Real Poznan, 8) KTM Łódź, 9) ITAL3MIASTO, 10) Legia Carbonara Varsavia. Tutte le squadre sono state premiate con coppe e medaglie.

IL FESTIVAL DELLO SPORT ILLUMINA TRENTO

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La presentazione dei Giochi Olimpici di Milano-Cortina 2026 al teatro Sociale

Testo e Foto: Alberto Mangili

 

Apertura delle danze giovedì 9, e gran finale quest’oggi, domenica 12 ottobre 2025, per l’ottava edizione del Festival dello Sport di Trento, uno degli appuntamenti più importanti d’Italia per quanto riguarda il mondo sportivo. La kermesse è organizzata dalla Gazzetta dello Sport (la “rosea”  che presta anche il ben riconoscibile colore al tutto) e Trentino Marketing, con la collaborazione del Comune di Trento e della Provincia autonoma di Trento. Si tratta di una quattro giorni all’insegna totale dello sport, con decine e decine di appuntamenti al giorno con sportivi di spicco e figure di riferimento di varie discipline e contesti, dislocate in numerose location della città. Presenti in alcuni punti anche delle zone “gioco” per provare alcuni sport, come il curling o un simulatore per gli sci. Tornando ai nomi, come usuale, nella rassegna ve ne sono tanti grossi, veramente tanti, al punto da rendere pressoché impossibile non solo una selezione per citarne un po’ qui, ma anche la visione stessa degli eventi; banalmente per la contemporaneità spesse volte tra gli incontri, dovuta, ripeto, alla enorme, massiccia presenza di firme prestigiose in questo straordinario Festival. Allego la foto dunque della copertina della speciale edizione della Gazzetta dello Sport per l’occasione, e procedo a raccontare brevemente la giornata che io ho vissuto in loco, venerdì 10 ottobre, e gli eventi a cui ho assistito. 

Una giornata iniziata prestissimo, con la sveglia alle 4.30, per essere nella città trentina in mattinata, con un sole irradiante, e iniziare da subito con un incontro legato forse al mio evento sportivo preferito, ossia il Giro d’Italia di ciclismo. Oltre al poter ammirare da vicino quella che è per me, qui senza dubbio alcuno, la concreta coppa sportiva più bella in quanto ad estetica, il “trofeo senza fine”, la presentazione al Palazzo della Regione è stata una vera e propria miniera di dati, per farla semplice, per mettere in luce la straordinarietà della 3 settimane di pedalate nel Bel paese e le decine, centinaia, migliaia di benefici ad esso legati, sul piano dell’export, dell’identità e di infiniti altri aspetti. In seguito mi sono spostato al magnifico Teatro Sociale di Trento, per una presentazione, a soli 118 giorni di distanza dal grande via, dei XXV giochi Olimpici Invernali di Milano – Cortina, in programma dal 6 al 22 febbraio 2026; senza dimenticare logicamente anche i Giochi paralimpici, schedulati per il periodo tra il 6 e il 15 marzo 2026 (seguirò questi importanti e storici eventi, e ve ne racconterò). Presenti tra gli altri l’ex Presidente del Coni Giovanni Malagò, e la pluri-iridata leggenda italiana del pattinaggio artistico Carolina Kostner. Anche qui ho avuto modo di osservare da vicinissimo ciò su cui tutti gli atleti sognano di mettere le mani, ossia le luccicanti e gloriose medaglie.

Pomeriggio poi dedicato al calcio, con due incontri con altrettante leggende di questo sport, ambedue iconici, ambedue campioni del mondo, in momenti e con compagini differenti, e strettamente legati all’Italia. Dapprima è stata la volta di Bebeto, brasiliano salito sul tetto del mondo nel 1994 con il suo Brasile, una squadra costellata di fenomeni e che ha conquistato la rassegna negli USA a spese proprio dell’Italia. Non ero ancora nato allora, ma ovviamente ho visto molte cose a riguardo. Alla Filarmonica Bebeto ha parlato in portoghese, e pur non padroneggiando io la lingua come lo spagnolo, non ho minimamente voluto considerare il fatto di ascoltare una “fredda” traduzione, ma ho voluto cogliere ogni emozione nelle sue parole, sincerità, sentimento, di un uomo straordinario, con un sorriso e un’umiltà da campione, del mondo, della vita. Ha raccontato proprio di quel rigore di Baggio, del rapporto con Romario (mai una sconfitta dei verdeoro in campo assieme) e Zico, fino ai giorni nostri, con anche parole per il neo tecnico del Brasile Ancelotti, tra i migliori (il migliore?) mister italiani di sempre. L’ultimo incontro invece con chi ci ha fatto sia piangere, ad Euro 2000, ma anche gioire, ai Mondiali 2006, ma nel complesso godere, per il suo oggettivo talento e gloria nel pallone: David Trezeguet. Ho sempre ammirato i grandi campioni, ritenendoli una fortuna e un favore complessivo al calcio in sé, indipendentemente dalla maglia indossata: Trezeguet rientra appieno in questa cerchia. Mio nonno era juventino e mia mamma anche tifa Juventus, squadra con cui Re David ha costruito dieci anni di (parte di) meravigliosa carriera, e ho ancora una sua maglietta bianconera che mi fu data da piccolo. Incredibile la risposta del pubblico presente a un gremito Auditorium Santa Chiara: dopo aver ascoltato per un’oretta la sua storia calcistica, molti si sono lanciati sotto al palco per strappare un autografo a un giocatore che, diciamocelo (non sono juventino, ripeto, sono sportivo), oggi forse manca e servirebbe come il pane, a chiunque. 

Acquistati degli ottimi canederli da portare a casa al termine di una giornata all’insegna dello sport, ma non dimentichiamoci mai appunto la cucina e la sua ricchezza e peculiarità in ogni parte d’Italia, si torna alla base. Una piccola chiosa finale per l’indomani, sempre a proposito di sport, per un evento assolutamente imperdibile e che mi ha fatto propendere appunto per essere il venerdì a Trento, ossia Il Lombardia. Sabato 11 ottobre è infatti andata in scena la gara che chiude la grande stagione del ciclismo, la “Classica delle foglie morte”, per l’intuitiva collocazione temporale, e al passo di Ganda, dove mi sono goduto la gara, lo scenario autunnale era un tripudio di colori. A contribuire al quinto successo consecutivo di Tadej Pogačar è stato, come sempre quando partecipe, la leggenda polacca Rafał Majka, che quest’estate ho avuto modo di ammirare da vicino per una settimana nel Tour de Pologne. Per il campione biancorosso questa era l’ultima gara della carriera, prima di appendere la “bici al chiodo”, e dedicarsi in primis alla famiglia e, chissà, ad un probabile ruolo dirigenziale nel mondo ciclistico. 

Gazzetta Italia 113 (ottobre – novembre 2025)

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Stanislao Poniatowski, Maria Konopnicka e Jarek Mikolajewski, celebrati dalla splendida copertina disegnata da Arkadiusz Hapka, sono i simboli dell’Italofonia in Polonia. Un numero 113 che vi farà volare dalla settimana della lingua italiana, con intervento dell’Ambasciatore Franchetti Pardo, alla moda con l’omaggio a Giorgio Armani, ai viaggi tra Matera e le avventure di Elzbieta Dzikowska, alla cultura con il prete napoletano che profetizzò la liberazione della Polonia, al cinema con gli echi dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia, e poi la storia della Maluch (Fiat 126) tra Torino e Bielsko-Biala, la riflessione sull’anniversario di Andrea Camilleri firmato da Maciej Brzozowski, la storia di successo di Dorota Koziara in Italia e tanto altro ancora oltre alle nostre rubriche dalla lingua al cibo, dai fumetti alla musica. Un numero imperdibile! 

Italian Pizza Championship in Poland: la pizzeria Enigma (Wrocław) vince la prima edizione

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Foto: Bartek Banaś

Il Com.It.Es. Polonia ha organizzato la prima edizione dell’Italian Pizza Championship in Poland, con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Varsavia e dell’ITA – Italian Trade Agency, Ufficio di Varsavia. Un progetto nato in collaborazione con il Maestro Pizzaiolo Gabriele Costabile — per valorizzare il saper fare italiano e promuovere il Made in Italy attraverso uno dei suoi simboli più amati: la pizza.

Dopo le selezioni locali che hanno coinvolto circa 45 pizzerie tra Cracovia, Wrocław e Varsavia, la finalissima, ospitata presso il ristorante Abruzzo a Varsavia, ha visto sfidarsi i tre vincitori: Sette (Cracovia), Enigma (Wrocław) e Dziurka od Klucza (Varsavia). Sotto il giudizio della Giuria Tecnica – Chef Mutti Carlo Casoni, Walter Busalacchi (proprietario Non solo Pizza), Chef Influencer Mattia Centini – e con la conduzione di Witold Casetti, la finale ha incoronato Enigma (Wrocław) come “The Best Italian Pizza in Poland”, seguita da Dziurka od Klucza e Sette, tutti e tre premiati dall’Ambasciatore d’Italia in Polonia Luca Franchetti Pardo. La Giuria dei Media ha poi assegnato il premio “Pizza più mediatica” a Dziurka od Klucza.

L’iniziativa, alla sua prima edizione in Polonia, ha registrato un’ottima partecipazione e grande interesse da parte di pubblico e operatori del settore, confermando la qualità delle pizzerie nelle tre città coinvolte e aprendo la strada a un possibile ampliamento ad altre località della Polonia nelle prossime edizioni. L’organizzazione ringrazia gli sponsor: Mutti, Molini Pizzuti, Gusto Food Service, Frantoio Verna, Cuore Nero, Di Sipio e i media partner: Gazzetta Italia, Throwback Pasta e il co-organizzatore: Fundacja Wlosko-Polska InteRe. Per il Com.It.Es. Polonia, il campionato rappresenta una tappa significativa nella missione di promuovere l’eccellenza gastronomica italiana e rafforzare il dialogo culturale italo-polacco.

Le pizzerie interessate a partecipare all’edizione 2026 possono scrivere a segreteria@comitespolonia.pl

Foto: Bartek Banaś

POLONIA. PARTECIPAZIONE DELL’AMBASCIATORE FRANCHETTI PARDO E DEL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA DIFESA ITALIANO GEN. PORTOLANO ALLA CERIMONIA RELIGIOSA IN ONORE DEI CADUTI ITALIANI RINVENUTI A ŁAMBINOWICE

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Foto: Diana Wietrzykowska-Pizoń

 

Varsavia, 2 ottobre 2025 – Si è tenuta oggi presso la Cattedrale dell’Esercito Polacco a Varsavia la solenne cerimonia in onore dei Caduti italiani della Seconda Guerra Mondiale rinvenuti nell’area dell’ex campo di prigionia tedesco di “Lamsdorf” (oggi Łambinowice) – una tra i ritrovamenti più significativi per l’Italia negli ultimi anni.

Alla Santa Messa officiata dal Nunzio apostolico in Polonia, Monsignor Antonio Guido Filippazzi, hanno preso parte l’Ambasciatore d’Italia in Polonia, Luca Franchetti Pardo, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Gen. Luciano Antonio Portolano, il suo omologo polacco, Gen. Wiesław Kukuła, e il Capo dell’Ufficio per la tutela della cultura e della memoria della difesa (UTCMD), Gen. Andrea Rispoli. Hanno altresì partecipato numerosi rappresentanti delle Autorità polacche e della comunità italiana in Polonia, nonché diversi familiari dei Caduti.

Rivolgendo un affettuoso saluto ai familiari presenti, l’Ambasciatore Franchetti Pardo ha ringraziato le numerose Autorità civili e militari polacche che hanno sostenuto l’Italia in tutte le fasi del progetto di ricerca e di esumazione delle salme.
Egli ha ricordato come sia fondamentale “custodire la memoria del sacrificio dei Caduti della Guerra per alimentare il legame tra generazioni e per comprendere il valore e l’importanza del bene supremo che tale sacrificio ha consentito di edificare, ossia la pace”.

Da parte sua il Capo di Stato Maggiore della Difesa Gen. Portolano ha sottolineato come grazie al lavoro instancabile di archeologi, storici, volontari e delle nostre istituzioni sia possibile finalmente restituire ciò che meritano: una memoria, una dignità e un’adeguata sepoltura.
Il Gen. Rispoli, Capo dell’UTCMD, ha infine evidenziato l’importante ruolo dei cimiteri come luoghi di riposo e ricordo, “dove i nostri cari attendono in pace” e “la loro memoria vive per sempre”.

Dopo la benedizione, le cassette contenenti i resti dei 31 Caduti sono state traslate presso il Cimitero militare italiano di Bielany, a Varsavia, per la successiva sepoltura. Per le spoglie degli altri 29 Caduti, che verranno rimpatriate, si prevedono solenni commemorazioni in Italia.

LA PALLAVOLO PARLA ITALIANO! AZZURRI COME LE AZZURRE, STORICO BIS MONDIALE. BRONZO POLONIA

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Foto pag. FB Italia Team

Capitano momenti, nella storia dello sport, in cui si ha la fortuna di poter vivere in un periodo particolarmente propizio, per la presenza di certi campioni, di una particolare rivalità, e questo anche in senso universale: ma se ciò a cui un tifoso sta assistendo è in rappresentanza dei propri colori, allora ha ancora più sapore. E il momento della pallavolo azzurra è già nientemeno che, per l’appunto, pura storia.

Non si scopre di certo in questo settembre 2025 il valore e la forza delle selezioni italiane, femminile e maschile, allenate con sapienza da Julio Velasco e Ferdinando De Giorgi, e costellate da interpreti del gioco di livello assoluto (Sylla, Egonu e Danesi da un lato, Michieletto, Giannelli e Romanò dall’altro, per dirne giusto alcuni, ma dovrei dilungarmi molto con questo elenco), visti i titoli già ottenuti. Incidere il proprio nome però ancor più negli annali, conquistando uno storico doppio titolo mondiale, è un modo direi abbastanza efficace per rendere il tutto ulteriormente manifesto ed oggettivo, oltre che prettamente concreto, pratico. Thailandia, 7 settembre, Italia 3-2 Turchia; Filippine, 28 settembre, Italia-Bulgaria 3-1: campionesse del mondo, campioni del mondo.

E la Polonia? Sempre sulla strada dell’Italia. Tanto i ragazzi quanto le ragazze, prima di poter arrivare a mettersi la medaglia d’oro al collo, hanno dovuto affrontare il sempre ostico scoglio biancorosso. Nel ranking mondiale femminile è l’Italia a godere della prima posizione, mentre le polacche occupano la quarta piazza. L’incrocio in questa rassegna è arrivato ai quarti di finale, ma Stysiak e compagne, allenate dall’italiano Lavarini, nulla hanno potuto fare per arginare l’onda azzurra, che si è abbattuta con un netto 3-0. Stesso, sorprendente (si può dire) punteggio che si è registrato ieri nella semifinale dell’edizione maschile, nella finale anticipata tra le due compagini più forti al mondo, con Polonia e Italia rispettivamente a ieri prima e seconda nella graduatoria a punti. Nella mattinata di oggi, prima della finalissima tra l’Italia e la ostica Bulgaria (anche qui un coach italiano, Blengini), Wilfredo Leon e compagni hanno ottenuto il bronzo contro la Cechia, 3-1 il punteggio finale, per un risultato comunque, logicamente, di assoluto prestigio.

Per concludere, Italia e Polonia hanno avuto (e ci auguriamo continueranno ad avere) ruoli di grandi o addirittura assolute protagoniste nella pallavolo degli ultimi (e prossimi, appunto, speriamo!) anni. L’Italia femminile si è innegabilmente stagliata come principale potenza, mettendo in cascina tra le altre l’Europeo del 2021, i giochi Olimpici nel 2024, e ben tre delle ultime quattro Nations League, competizione nella quale la Polonia ha registrato invece ben tre bronzi consecutivi. Le selezioni maschili invece si sono divise il palcoscenico, e gli ultimi tre incroci, prima di quello di ieri, erano tutte finali valevoli per un titolo:  Nations League 2025 ed Europeo 2023 in favore della Polonia, Mondiale per l’Italia nel 2022. Titolo difeso dunque, con una prestazione straordinaria (due set ben gestiti, un terzo molto sofferto, ed un quarto finale schiacciante), il quinto mondiale, titolo bissato, titolo per “far compagnia” alle ragazze azzurre, tutti insieme e tutte insieme, sul tetto del mondo. Grazie ragazze, grazie ragazzi!

Maristella, autentici sapori d’Italia

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traduzione it: Aleksandra Niziołek

 

Le classiche tovaglie a quadretti bianco-rossi, foto di grandi attori e cantanti, cartoline anni Venti del Novecento mandate dai bisnonni in vacanza in Italia, maschere veneziane e bottiglie sarde, ma soprattutto la simpatia dell’accoglienza e l’autenticità della cucina italiana. Così accoglie i suoi clienti il ristorante Maristella gestito da Tadeusz e dalla chef Edyta che vanta una lunga esperienza personale in Italia a Caserta, e una lunga esperienza professionale al fianco di chef italiani in vari ristoranti varsaviani. 

“Abbiamo aperto nel 2019 proprio pochi mesi prima dell’arrivo della pandemia. Quando è arrivato il Covid e le restrizioni con il mio socio Tadeusz ci siamo chiesti se aveva senso continuare. Abbiamo resistito! Consegne a domicilio e anche supporto alimentare ai pazienti di qualche ospedale. Poi finalmente siamo ripartiti ed ora siamo ormai un ristorante ben noto nella zona con affezionati clienti che vengono da noi da anni.”

Che piatti proponete?

“Naturalmente italiani con particolare attenzione alla cucina sarda. All’inizio i clienti erano un po’ sorpresi perché conoscevano poco l’isola e la sua cucina ma col tempo si sono abituati anche perché hanno scoperto la Sardegna come meta turistica. Proponiamo sia carne, come la guancia di manzo brasata, che pesce, come orata al forno, frutti di mare, piatti con la bottarga, e spesso abbiamo piatti del giorno che non sono nel menù, questo perché suggeriamo ricette con le primizie di stagione. Ci tengo poi a sottolineare che utilizziamo i migliori prodotti italiani dall’olio al tartufo, dai formaggi al vino ovviamente, di cui si occupa Tadeusz che in sala riceve i clienti. Naturalmente abbiamo anche i classici primi italiani come la carbonara però li facciamo in modo speciale”.

Ovvero?

“Frequentando gli chef della sezione polacca della Federazione Cuochi Italiani ho imparato alcuni segreti, tra questi la pasta “risottata”, pasta fresca cotta come un risotto nella pentola del sugo, buonissma!”

La tua specialità?

“Il piatto più richiesto è la carbonara, che facciamo molto bene, ma la vera specialità della casa sono i culurgiones sardi, ripieni di patate, pecorino e menta che poi condiamo con pomodoro fresco e bottarga. Farli è un gran lavoro quindi sono un piatto che proponiamo ogni tanto, posso dire che ho la lista di persone in attesa della serata culurgiones! Un’altra serata molto attesa è quella dell’ultimo giovedì del mese in cui facciamo un particolare evento degustazione con cinque piatti associati ad altrettanti vini”.

Il ristorante Maristella è così diventato un piccolo scrigno di sapori italiani grazie all’esperienza di Edyta e alla passione di Tadeusz che ha conosciuto l’Italia a Castelgandolfo dove vive la sorella.

“Oggi i polacchi viaggiano abitualmente in Italia, e stanno diventando dei veri esperti delle ricette popolari tanto che a volte tornati dalle vacanze vengono da noi per ritrovare i gusti italiani ma spesso anche per raccontarci d’essere finiti in ristoranti turistici in cui di qualità italiana nei piatti ne hanno vista poca. Questa è la miglior conferma che siamo per loro un punto di riferimento culinario”, raccontano con orgoglio Tadeusz ed Edyta.

La Mostra dietro le quinte

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La Mostra del Cinema non è solo proiezioni e concorso per il Leone d’oro. È anche un evento sociale che attira masse di fan avidi di toccare o almeno d’avvicinare le star e respirare la stessa aria dei divi.
Si mettono davanti al red carpet dalla prima mattina con ombrellini, che riparano dal sole o dalla pioggia, sedie, tappettini, sacchi a pelo, coperte termiche e diversi tipi di scale per vedere meglio. Alcuni perfino dormono lì per paura che qualcuno gli rubi il posto privilegiato conquistato a fatica. Così aspettano le sfilate pomeridiane e quelle serali delle star. Sono a caccia d’autografi, foto e video con i loro idoli che poi metteranno sui social per vantarsi: “Io c’ero”, “L’ho visto/a e toccato/a”. Sono cose che contano e ti fanno sembrare più importante e le puoi aggiungere alla tua lista di esperienze. È un modo per uscire, almeno per un attimo, dalla routine quotidiana e vedere gli attori senza la barriera dello schermo. È impressionante la preparazione di questi ragazzini, sanno perfettamente tutti i nomi (di influencer, top model, gente dello spettacolo, divi più famosi e anche se non li conoscono l’autografo si prende lo stesso, non si sa mai!), i giorni e gli orari in cui si presentano sulla passerella. E poi, quando l’oggetto del desiderio finalmente sfila su red carpet, arriva la liberazione con urla, strilli, lacrime e conquista dell’autografo.
La Mostra pare sia diventata anche un’ottima vetrina per gli annunci. Quest’anno è diventato famoso un signore con addosso un cartello “cerco moglie top model”. Anche se lui di un top model non ha nulla (sicuramente avrà altri pregi), ha svelato che gli sono già arrivate svariate proposte. In effetti da qualche giorno è sparito, si vede che sta valutando le candidate.
E poi il Festival dà a tutti (anche agli autoctoni) la possibilità di farsi vedere e quindi si vedono outfit specificatamente pensati per la Mostra: vestiti da gala con tacco dodici (anche quando non fai il red carpet, rigorosamente con foto o video mentre si sfila tra i palazzi del Festival, proprio come fanno le star sul red carpet), peluche in testa attaccato al codino (che in realtà sono i giochi degli animali lasciati a casa, tre gatti e un cane: “così li sento vicini e la nostalgia è meno forte”, dice uno di accreditati), vestito elegante bordò con una borsetta fatta di peluche piccoli (i peluche quest’anno sembrano essere l’ultimo grido di moda!), scarpe che sembrano carri armati con le gonnelline corte o vestitini eleganti, capelli colorati e sabot di plastica con i gioielli attaccati e molto altro. Non mancano ovviamente vestiti eleganti con scollature e spacchi che non lasciano nulla all’immaginazione.
Insomma è una sfilata di moda, non sempre di buon gusto. Ma cosa non si fa per essere notati e ricordati (e ogni tanto anche fotografati, postati o pubblicati in un giornale)! Viva la Mostra anche per il divertente, colorato, popolo che porta al Lido.