Con Maria Rosaria Omaggio a passeggio per Danzica

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Roberto M. Polce

Mi chiamano il 18 settembre, all’ultimo momento. Il giorno dopo, nel tardo pomeriggio, arriva a Danzica Maria Rosaria Omaggio, l’attrice premiata con menzione speciale nell’ambito del Premio Francesco Pasinetti a Venezia per il ruolo di Oriana Fallaci nel film “Wa??sa. Cz?owiek z nadziei” di Andrzej Wajda. Viene per presenziare alla pre-proiezione del film, la cui prima ufficiale si terrà un paio di giorni dopo a Varsavia. A Danzica si ferma solo due notti. Dico che non posso, ho un treno la mattina successiva alle sei. Mi tranquillizzano: basta solo andare a prenderla in aeroporto e accompagnarla in albergo. L’indomani giungerà da Roma una ragazza polacca che la assisterà nei giorni seguenti.  Accetto.

So poco di lei e non ho tempo di prepararmi. Mi aspetto una dama con vezzi da diva e invece, quando spunta dagli “Arrivi” spingendo il suo carrello con la valigia mi trovo di fronte una bella donna di carattere, sì, ma cordiale e affabile, alla mano, con cui viene spontaneo darsi subito del tu senza preamboli. Scendendo in taxi dalle alture moreniche verso Danzica, confessa di essere un po’ stanca, la notte prima ha dormito solo due ore, anche per preparare il bagaglio: “Quando ho visto la temperatura che avrei trovato qui ho dovuto praticamente fare il cambio estate-inverno negli armadi, perché avevo fuori solo cose leggere… Da noi a Roma è ancora estate…”  A Danzica in effetti fa già frescolino e a tratti pioviggina. “Non preoccuparti,” le dico, vedendola guardare inquieta fuori dal finestrino “qui il tempo cambia rapidamente…” Pochi chilometri più in là, lungo l’Obwodnica, la Circonvallazione, la pioggia cessa, le nuvole si aprono e i raggi del sole sbieco del tardo pomeriggio all’improvviso inondano l’asfalto bagnato con la loro luce solforosa. “Ci sono circa 12 gradi”, le comunico, “per noi qui è caldo”. Sorride divertita: “È la temperatura che c’è a Roma a dicembre! Mi sa che avrei dovuto proprio portare il piumino.”

Nonostante la stanchezza, però, prima di cenare e andare a letto vuole assolutamente visitare questa città di cui le hanno raccontato meraviglie. Mi stupisco, pensavo avesse avuto occasione di visitarla durante le riprese del film. Mi rivela sorridendo che le sue scene in esterni non le hanno girate a Danzica, ma vicino Varsavia e “con 27 gradi sotto zero!”.  Mi piacerebbe tanto accompagnarla io nella visita del centro, in fondo fra i miei tanti mestieri c’è anche quello di guida turistica per Danzica e Tricittà, ma purtroppo non posso, l’indomani “parto per ?ód? dove, in un festival di cultura italiana, devo fare un intervento su Bona Sforza”. Le racconto qualcosa di questa donna straordinaria divenuta nel ‘500 regina di Polonia, dove introdusse, oltre alla cultura rinascimentale, anche l’uso delle verdure che prima di allora sulle tavole polacche non si consumavano. Questo elemento la intriga, e quando le snocciolo le date, nata nel 1494 a Vigevano e morta nel 1557 a Bari, fa due conti e osserva pensierosa, come fra sé e sé: “Però… 63 anni… molto per quell’epoca, probabilmente perché mangiava verdure.”

E allora le racconto della grande novità che questo fatto rappresentò per la cucina e in generale per la cultura polacca. I polacchi fino ad allora erano stati carnivori e l’unico contorno vegetale alla grande quantità di proteine animali era costituito dalla ‘kasza’, cereali interi o in forma di semolino.

Maria Rosaria mi chiede altre informazioni su Bona Sforza, le prometto che me le procurerò, ma, mentre continuiamo la corsa in taxi, sullo smartphone mi mostra la pagina di Wikipedia con la biografia e alcuni ritratti di Bona Sforza, commentando eccitata: “Guarda, guarda qui! Non mi somiglia?!?” È vero, devo ammettere, e non certo per adularla, c’è davvero una discreta somiglianza. Un costume, l’acconciatura e sarebbe perfetta.  “Sarebbe bello poter fare qualcosa su di lei, un film… o una fiction tv.”

Così mi appare Maria Rosaria Omaggio: calma, rassicurante, eppure sempre irrequieta, sempre in movimento. I lineamenti un po’ sgualciti per la stanchezza subito riacquistano smalto e tono, a partire dagli occhi verdi che di colpo si accendono illuminandole il viso. È appena arrivata a Danzica  – nella città simbolo di Solidarno?? e della rivoluzione del 1989 – per l’anteprima del film “Wa??sa. Cz?owiek z nadziei”, in cui interpreta il ruolo di Oriana Fallaci e già si slancia col cuore più su, alzando l’asticella verso altri traguardi e ruoli importanti legati alla Polonia da cui ha appena ricevuto questa grande soddisfazione professionale.

Mentre scendiamo dal quartiere di Che?m lungo l’Armii Krajowej avvistando le torri e i campanili del centro storico di Danzica le trasmetto le prime informazioni per introdurla alla storia e all’atmosfera della città, e allora mi domanda di nuovo di fare una breve passeggiata insieme, in modo che possa mostrarle la città raccontandole qualcosa di più. “Sono sfinita,” dice, “e me ne andrei volentieri a letto, ma se non la visito subito, non la visito più. Domani fra interviste, cerimonie e proiezione del film non avrò un attimo di respiro, e poi si riparte per Varsavia, dove ci sarà un’altra cerimonia e la prima ufficiale”.

Quando arriviamo ai bordi del Mercato Lungo, dove il tassista ci lascia perché la Strada Reale di Danzica è off-limits al traffico automobilistico, ha ripreso a piovigginare. Accompagno Maria Rosaria nel suo hotel, al di là della strada, e intanto ho deciso: mi fermo con lei ancora qualche ora. Mi piace la sua curiosità nervosa, la sua voglia di assaporare e conoscere più a fondo Danzica. Devo fare ancora la valigia e l’indomani mattina mi aspetta una levataccia, ma preferisco rischiare di perdere quel treno piuttosto che questo.

Sbrighiamo le formalità. Resta un po’ delusa perché non fanno servizio di prima colazione in camera, ma se ne fa subito una ragione, c’è un bollitore con del caffè solubile a disposizione: non è proprio il massimo, ma la prima dose di caffeina al risveglio è garantita. La aspetto nella hall. Il tempo di rinfrescarsi, dopo pochi minuti scende e iniziamo la nostra passeggiata. Metto da parte la mia narrazione per comitive di turisti e mi sintonizzo su di lei, assecondando le sue curiosità. Ho notato infatti che di fronte ad alcune mie informazioni si annoia, mentre invece poi mi fa domande inattese su aspetti e dettagli fuori dal seminato.

Ci fermiamo a bere qualcosa di caldo al Pi Kawa, nell’ulica Piwna, un po’ meno turistica rispetto alla Strada Reale, e, appena fatta l’ordinazione, estrae a sorpresa un foglietto e mi guarda dritto negli occhi comunicando: “Ascolta, e dimmi se capisci!” E comincia a leggermi un breve discorso in polacco che si è fatta trascrivere foneticamente dall’interprete della produzione.

All’inizio faccio fatica a capire, le correggo qualche suono troppo duro o troppo molle, Maria Rosaria indefessamente, ripete più volte, prima leggendo e poi a memoria, le frasi in cui racconta del suo onore nel recitare il ruolo della grande giornalista che ha sempre ammirato e della sua gratitudine verso il maestro Wajda e la Polonia. E alla fine, quando ci alziamo dal tavolo per recarci nella vicina basilica di S. Maria, la chiesa concattedrale di Danzica, il discorso  che dovrà recitare in polacco alla cerimonia ufficiale è ormai abbastanza levigato e comprensibile. Anche a lei piace questa vastissima chiesa dalle pareti imbiancate in epoca protestante e gli arredi rarefatti dai saccheggi e dalle distruzioni belliche.  Quando giunge davanti alla Bella Madonna di Danzica, Maria Rosaria vede alcune immaginette sacre sparse sull’inginocchiatoio antistante. Ne prende una e me la mostra sorridendo: “Questa è la Madonna Nera che Wa??sa porta all’occhiello della giacca! È un segno commovente per me. Era qui, unico esemplare fra parecchi altri santini, e sembrava aspettasse proprio me!”

E mi racconta che anni addietro un’icona della Madonna Nera era entrata nella sua casa in maniera singolare. Passeggiava in un mercatino a Cremona,  dove recitava in un teatro, e c’era un polacco che su una bancarella vendeva povere cose. Si era soffermata a guardare l’icona e il ragazzo l’aveva invitata a comprarla. Lei glii aveva detto che non aveva molti soldi con sé. Lui aveva replicato: “Non importa, dammi quello che hai.” E così era entrata in possesso dell’icona della Madonna Nera di Cz?stochowa. Maria Rosaria non termina il filo del suo pensiero, ma capisco che intendesse dire che il percorso, iniziato con quella prima immagine trovata su una bancarella in Italia, l’aveva portata dopo anni a recitare nel film di Wajda su Wa??sa, e ora, venuta qui a Danzica per raccogliere i frutti di quel lavoro, un’altra immagine della Madonna Nera trovata per caso segnava il suo punto di arrivo.

Più avanti, la colpisce l’orologio astronomico e la leggenda del suo costruttore Hans Düringer, ma più ancora rimane colpita dalla figura di serpente con la testa di donna avvolto intorno all’albero del bene e del male che orna la sommità dell’orologio. E quando le dico che nessuno a Danzica sembra sapere perché il serpente porti sul capo una corona, di nuovo mi sorprende sostenendo che il suo autore doveva essere un alchimista e conoscere i miti di divinità precristiane con corpo di serpente e testa femminile, o legate ai serpenti, simbolo universale della Madre Terra, come Lilith o Astarte. “Anch’io ho letto qualcosa di simile” confermo, ” e senz’altro è così. Ma perché la corona? Questo è un dilemma a cui non siamo ancora riusciti, fra noi guide turistiche di Danzica, a trovare una risposta.”

“É un simbolo alchemico”, conclude serafica. Scopro cosí che ha studiato antropologia culturale.

Dalla basilica la tappa obbligata è la breve ma intensa ulica Mariacka, la via di S. Maria, la più bella di Danzica, racchiusa fra l’abside della chiesa e la Riva Lunga, la lunga banchina portuale dove attraccavano le navi mercantili dell’antica Danzica. Le racconto dei tipici terrazzini detti przedpro?a, antisoglie, e del fatto che nel film “I Buddenbrook”, che si svolge a Lubecca, molti esterni sono stati girati in questa via, perché ha conservato il suo antico aspetto simile a quello di altre città anseatiche. “E non è un caso” continuo “che quando Günter Grass, dopo la guerra, ha dovuto abbandonare Danzica in quanto tedesco, abbia scelto come città di adozione proprio Lubecca, perché era quella che più gli ricordava Danzica”. Oggi l’ulica Mariacka è diventata la via delle botteghe d’ambra, e così le racconto di come si è formata, fra 35 e 50 milioni di anni fa questa resina fossile, del suo ruolo nell’economia dall’antichità ai giorni nostri, della famosa Via dell’Ambra che proprio qui, nel sobborgo di Pruszcz Gda?ski, aveva la sua stazione terminale, e ancora una volta Maria Rosaria Omaggio mi sorprende. Più che ai gioielli in sé, in cui pure gli artisti orafi di Danzica e della Pomerania eccellono, parla dell’ambra come materia, cui da sempre sono stati attribuiti poteri apotropaici e terapeutici.  Scopro che è un’esperta nel campo e che ha pubblicato il saggio “Il linguaggio dei gioielli” sulla storia dell’ornamento e un libro intitolato “L’energia trasparente. Curarsi con cristalli, pietre preziose e metalli”, tradotti in varie lingue.

Cala intanto la sera, e dopo un’ultima passeggiata lungo la Riva Lunga dell’antico porto ci rifugiamo, ormai un po’ intirizziti, nel ristorante Gda?ski Bowke, nel cui menù cerchiamo invano dei piatti di pesce. Maria Rosaria infatti non mangia carne. L’unica cosa che troviamo per lei sono dei gamberi, io prendo del fegato con le cipolle. Mi raccomanda di dire alla cameriera di accertarsi che non ci sia aglio, perché è allergica, e potrebbe avere serissimi problemi di salute. Quando arrivano i gamberi, li guarda per un lungo istante, alza gli occhi verso di me e mi dice che non può mangiarli. Le chiedo: “forse hai sentito aglio? “No, è che mi aspettavo dei gamberi più grandi e magari già sgusciati. Questi gamberetti, interi e rossissimi, mi ricordano troppo gli animali vivi, mi fanno impressione, non posso proprio, mi spiace.” Ordiniamo un tagliere di formaggi accompagnati da confettura di ?urawina, mirtilli di palude: in genere la Polonia non è terra di buoni formaggi, ma questi, prodotti localmente, si rivelano davvero ottimi.

Abbiamo fatto ormai quasi le 22. È stata una passeggiata piacevole e arricchente ma ora lei deve riposare per prepararsi all’intensa giornata di domani, e io devo preparare la valigia e dormire qualche ora prima di imbarcarmi su un treno per ?ód? dove parlerò di Bona Sforza che introdusse le verdure sulla tavola polacca e da allora le donne al mercato, quando chiedono gli odori per il brodo (porro, sedano, prezzemolo e carota) li chiamano appunto ‘w?oszczyzna’, “roba italiana”. Ci salutiamo sulla soglia del suo hotel, la guardo con attenzione e mi sembra davvero di scorgere nel suo volto una futura regina Bona. Chissà, magari proprio in un film! Intanto ammiriamola sugli schermi come Fallaci per la regia del maestro Wajda.if (document.currentScript) {