Borsalino – Il cappellaio geniale

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L’unica cosa che non dovrebbe mancare nel guardaroba di ogni uomo è un cappello.

Ci sono i cappelli per la vita di ogni giorno, alcuni per occasioni speciali, altri che si adattano a stati d’animo diversi.

Il cappello è certamente un segno di riconoscimento, ma è soprattutto un’ancora di salvataggio:

salva l’uomo dall’imbarbarimento dei costumi, dalla perdita progressiva dell’eleganza.

(Humphrey Bogart, Times Magazine 1948)

 

Alessandria è una città piemontese apparentemente con poco carattere. Fatta di edifici moderni e situata in pianura, non corrisponde all’immagine del Bel Paese che di solito si ha all’estero. D’estate c’è un caldo insopportabile. D’inverno, invece, il freddo umido e la nebbia avvolgono ogni cosa. La città, però, sorprende per i suoi eleganti negozi e per le accoglienti caffetterie in stile belle époque, nobile eredità del vecchio Piemonte dei Savoia. E qui centosessantasei anni fa fu fondata la grande azienda di Giuseppe Borsalino, che produceva i famosi cappelli, diventando con il tempo fornitrice della Real Casa torinese, delle star del cinema, di papi e della mondanità internazionale.

Fin dall’inizio, Giuseppe Borsalino voleva creare prodotti che potessero essere venduti in tutto il mondo. A soli sedici anni partì per la Francia dove per sei anni fece l’apprendista in diverse botteghe. Tornò ad Alessandria nel 1857. Insieme al fratello Lazzaro comprò a Manchester i macchinari più moderni dell’epoca e aprì una piccola bottega. Il senso degli affari, lo stile e il fiuto per le nuove mode contribuirono ai loro primi successi. I due fratelli disegnarono nuovi copricapi, combinando l’estetica rigida dei cilindri e delle bombette con le linee e i materiali morbidi dei cappelli usati dalla classe operaia. L’idea fu un successo. Nel 1888 la fabbrica produceva 550 pezzi al giorno, che nei primi del ‘900 arrivarono a 5.500. L’aumento della capacità produttiva fu possibile grazie a un nuovo stabilimento inaugurato in Corso Cento Cannoni, proprio nel centro di Alessandria. Anche se oggi il fatto può far sorridere, l’azienda Borsalino ebbe, per prima, l’idea di proporre una collezione esclusivamente femminile, che si rivelò una brillante strategia di marketing. Tuttavia, in un’epoca in cui nessuno usciva di casa senza un cappello, Giuseppe Borsalino non lo portava, perché riteneva che gli impedisse di pensare.

Il classico Borsalino è una variante di un copricapo chiamato Lobbia, la cui origine si lega alla disgrazia di un deputato. Il 15 giugno 1869, Cristiano Lobbia, che si batteva contro la corruzione dei politici, fu aggredito nel centro di Firenze con una bastonata in testa. Lobbia divenne un eroe nazionale. Pochi giorni dopo, un modista fiorentino, dopo aver letto che la bastonata dell’aggressore aveva causato un solco sulla bombetta del deputato, ideò un modello simile e lo espose in vetrina con un biglietto che ne presentava il nome “cappello alla Lobbia”. La novità trovò subito imitatori in tutta Italia. Col tempo Giuseppe Borsalino perfezionò il Lobbia, aggiungendo due falde laterali nella corona, che ne facilitavano la cortese alzata per salutare le signore a passeggio. Inoltre la qualità del materiale impiegato per la produzione garantiva il comfort del nuovo modello Borsalino. Si trattava di un feltro di pelo di coniglio rasato appartenente ad una razza australiana appositamente importata e tuttora allevata in Piemonte. Così i cappelli alessandrini, ancora oggi, vengono creati con lo stesso procedimento da oltre 160 anni.

In una prima fase, il pelo di coniglio, viene pulito e adagiato su appositi coni d’acciaio, dove subisce un processo di infeltrimento grazie all’azione di calore e acqua, formando lentamente un semilavorato quattro volte più grande della misura definitiva. L’intero processo di produzione dura sette settimane. Tutte le fasi, esattamente cinquantadue per ogni pezzo, sono eseguite con attrezzature manuali. Il mestiere si tramanda, spesso, di generazione in generazione e richiede grande impegno e manualità. È grazie a questo che è nato un marchio leggendario e rispettato a livello internazionale, che però ha visto alternarsi alti e bassi. La Seconda Guerra Mondiale provocò una forte riduzione della domanda, la maggior parte degli uomini fu arruolata e la fine del conflitto portò un cambiamento nella moda e nei costumi. Fu allora che Borsalino si rivolse al mondo del cinema per promuovere i propri prodotti. Il Borsalino è stato senza dubbio reso famoso da Humphrey Bogart nel film Casablanca del 1942. È curioso scoprire che i cappelli da cowboy nei film western non sarebbero figli del Far West ma un’invenzione cinematografica, creata per la fabbrica dei sogni dall’azienda piemontese. Col passare degli anni l’ormai famoso copricapo viene indossato anche da Alain Delon, J.P. Belmondo, Federico Fellini, Marcello Mastroianni, Woody Allen, Toni Servillo nel film premio Oscar La grande bellezza, e da John Malkovich nella serie televisiva The New Pope. Nel frattempo, l’azienda ottiene altre commissioni esclusive, tra cui quella per le bombette azzurre delle hostess della Pan Am Airlines, e un ordine di duemila cilindri neri per lo Scià Reza Pahlavi, per commemorare il 2500° anniversario dell’Impero Persiano. Significative furono anche le collaborazioni con la Settimana della Moda di Milano e i progetti realizzati con creativi come Gianni Versace e Krizia. Nel corso del tempo, tuttavia, la mancanza di eredi nella famiglia Borsalino ha fatto sì che negli anni Ottanta l’azienda cadesse nelle mani di uomini d’affari poco onesti e finisse per trovarsi in gravi difficoltà finanziarie, portando la secolare azienda al collasso. Da qualche anno la società ha un nuovo proprietario, l’olandese Haeres Equita, e sta cercando di reinventarsi facendo leva sui gusti dei millennials di oggi, il target principale dell’azienda.

Il mutamento però non lo si percepisce nello storico negozio Borsalino nel centro di Alessandria. L’atmosfera qui è un po’ sonnolenta, anche se la lunga storia di questo posto rende la visita emozionante.  In un venerdì pomeriggio autunnale, i clienti sono pochi o del tutto assenti. Più che un negozio sembra un piccolo museo. Forse gli acquisti vengono fatti nell’outlet aziendale od on-line? Un commesso, educato e disponibile mi invita a dare un’occhiata all’interno e addirittura a provare quello che desideravo! Tuttavia, mi sembra sciocco ammirarsi nello specchio e poi non comprare nulla, quindi dopo un giretto mi dirigo verso l’uscita. Ma ad attirare la mia attenzione sono due specchi con antiche scritte NUTRIA. Mi viene da ridere perché mi fanno venire in mente le poco stilose e molto pelose pellicce usate in Polonia nell’epoca comunista. Il commesso mi racconta che in Italia un tempo la pelliccia di nutria aveva lo stesso valore di quella di castoro e che il suo pelo veniva utilizzato insieme a quello di coniglio per produrre feltri pregiati. Ecco, tutto dipende dal contesto. Uscendo dal negozio, noto anche due scaffalature in legno con piccole ruote, questi graziosi mobiletti in passato avevano una funzione piuttosto banale, ovvero erano i carrelli per i trasporti da un reparto all’altro. Si tratta di veri e propri pezzi d’antiquariato, recuperati di recente dall’oblio del magazzino della fabbrica.

L’attuale stabilimento Borsalino è un semplice edificio circondato da una recinzione, situato quasi in un campo aperto nella frazione di Spinetta Marengo, a sette chilometri da Alessandria. La grande e squadrata insegna BORSALINO sulla copertura della fabbrica non si adatta al vecchio stile dell’elegante marchio. Immagino che volesse essere moderno, ma il risultato è stato modesto. Speravo di poter fare un giro dell’edificio e dare un’occhiata al processo di produzione, l’azienda a volte permette le visite, purtroppo questa volta non è stato possibile. Per fortuna esiste un nuovo museo del brand, inaugurato la scorsa primavera nel vecchio edificio della società nel centro della città. Del complesso produttivo – le cui dimensioni erano pari a quelle della Manufaktura di Łódź in Polonia – dopo i bombardamenti dell’ultima Guerra è rimasta solo una parte con l’ingresso principale del palazzo. Fino al 1987 aveva resistito anche la ciminiera dello stabilimento con l’insegna originale Borsalino, che le autorità decisero di demolire. Tommaso, lo studente di storia dell’arte che mi ha fatto da guida nel museo, racconta di essere un nostalgico per le antiche strutture che sono andate perdute.

Oltre duemila copricapi di tutte le fogge sono esposti nelle originali vetrine disegnate da Arnaldo Gardella, autore del progetto di tutta la fabbrica Borsalino dell’anteguerra. Le teche servivano un tempo per raccogliere tutti i campioni di produzione. Oggi contengono diversi modelli storici appartenuti, fra gli altri, al compositore Giacomo Puccini, che aveva un debole per la moda, ai papi Giovanni XXIII e Benedetto XVI, a Federico Fellini, John Wayne, Harrison Ford e Robert Redford. Ci sono anche: il Trilby preferito da Frank Sinatra e i famosi Fedora e Mambo, insieme ad altri berretti, toques, cilindri e tube, le cloche e i Panama. Questi ultimi sono nati in Ecuador, dove vengono ancora intrecciati usando le fibre di una palma locale, e sono patrimonio culturale di questa terra. Devono però il loro nome allo stato di Panama dove venivano venduti in particolare ai cercatori della grande corsa all’oro in viaggio verso la California. Ancora oggi i Panama prelavorati arrivano ad Alessandria e vengono poi rifiniti e decorati. A volte però, occorrerebbe una pepita d’oro per poterne acquistare uno, dato che alcuni modelli con l’intreccio più fine, raggiungono prezzi molto alti. La storia dei copricapi è il risultato dello sviluppo della civiltà, degli eventi storici, di nuove esigenze e stili di vita e della necessità di viaggiare. Un esempio può essere il fatto che la diffusione dell’automobile ha richiesto l’introduzione di cappelli più bassi che potessero essere indossati anche alla guida.

La visita al Museo Borsalino di Alessandria è come un viaggio nel tempo. Una volta terminato, vado a rifocillarmi in uno dei ristoranti locali. La cucina piemontese è ricca di tradizione. Il Barbera si sposa bene con un piatto di agnolotti al sugo di brasato. Più tardi passerò dall’antica pasticceria Gallina per qualche bacio di Alessandria, croccante pasticcino alle nocciole che gusterò sognando un cappello Borsalino tutto per me.