L’arte della pizza secondo Mariusz Vicenti 

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Quando sto andando verso la pizzeria situata su Wielopole già da lontano sento il profumo. Sul posto incontro un gruppo di persone al bancone. Il proprietario gira nel retrobottega curando gli ultimi dettagli prima di mettere la pizza in forno. Sullo sfondo si sente la radio italiana e il chiacchiericcio in diverse lingue. L’atmosfera è informale e famigliare. La Pizzeria Vicenti è proprio così. Sulla pizza e sui polacchi parlo con il proprietario con Mariusz Vicenti che da due anni ha cominciato a mostrare agli abitanti di Cracovia che cos’è la pizza al taglio.

Come è iniziata la tua storia con la pizza?

Questa storia comincia durante la guerra. Mia nonna era italiana di Bari. Il nonno polacco prese parte alla celeberrima battaglia di Monte Cassino e conobbe la sua futura moglie. Dopo la guerra tornarono in Polonia. Fin dall’infanzia ho avuto il contatto con la cultura e ovviamente la cucina italiana. Per la prima volta sono andato in vacanza in Italia nel 1991 e all’inizio non volevo fermarmi troppo a lungo. Ma in Polonia mi aspettava il servizio militare obbligatorio quindi sono scappato a Roma. La pizza è apparsa nella mia vita in modo abbastanza casuale. Non era la mia passione ma semplicemente uno dei primi lavori che mi sono capitati. All’inizio aiutavo un pizzaiolo ma quando si è licenziato, ho preso il suo posto. Poi, quando ho scoperto quanto pagavano ho subito deciso che era il mestiere che volevo fare!

È stato quel pizzaiolo o la nonna ad insegnarti a fare la pizza?

Decisamente lui. La nonna era specialista della pasta quindi non mi ha insegnato nulla sulla pizza. Inoltre in Polonia degli anni Novanta non c’erano ancora tante pizzerie e quelle che c’erano non avevano niente a che vedere con la pizza tradizionale italiana. Mi ricordo quando quel tunisino da cui imparavo mi ha detto di impegnarmi perché questa professione mi avrebbe dato un lavoro in qualsiasi angolo del mondo. 

Hai lavorato oltre vent’anni a Roma, che differenze ci sono nell’approccio polacco e italiano alla pizza?

Tante. Secondo me in Polonia ancora poche persone sanno fare e mangiare una pizza. Quelli che la preparano in modo diversamente che in Italia non dovrebbero chiamarla pizza. Tanti pensano che la vera pizza sia quella rotonda napoletana. Non è vero perché nelle diverse regioni ci sono diversi modi di prepararla. Io sono esperto della pizza romana, quella sottile e croccante. Tempo fa una pizza del genere si mangiava solo per cena e quella al taglio invece si poteva mangiare anche per pranzo. In Polonia stiamo ancora imparando la cultura della pizza.

Alla fine i polacchi impareranno il modo italiano di mangiare pizza?

La cultura della pizza sta pian piano cambiando. Io stesso cerco di educare i miei clienti. Sono in vantaggio perché lo posso fare in italiano e polacco. Se tra il pizzaiolo e il cliente c’è un intermediario prima o poi l’informazione cambia. E di conseguenza anche la pizza cambia perché si tende ad accontentare i clienti e i loro gusti e non mantenere la ricetta originale.

Quindi l’educazione va prima dell’adattamento?

Sì. È difficile ma il mio esempio dimostra che è possibile. Sono qui da tre anni e sto bene. Anche se devo dire che aprendo i nuovi negozi non posso fare tutto da solo e vedo che se lascio qualcosa per un momento, subito le cose non vanno come voglio io. I polacchi imparano in fretta ma altrettanto veloce decidono che qualcosa si può fare meglio ma questo meglio non significa che è come dovrebbe essere. 

A Cracovia quanti locali fanno la pizza secondo la ricetta originale?

Non conosco tutti i posti ma sono stato in tanti dove davvero si mangia una vera e propria pizza italiana. Lo vedo anche dal nome del locale, se il nome è sensato e scritto in un buon italiano vuol dire che probabilmente ci mangeremo una buona pizza. Dove ci sono gli italiani la pizza di solito sarà buona. Secondo me solo due ingredienti devono essere italiani per fare una buona pizza: farina e sugo. Per quanto la mozzarella abbiamo in Polonia fornitori che la fanno nello stesso modo. Inoltre la mozzarella che deve fare tutta la strada dall’Italia non è poi così buona a causa della lunga data di scadenza e degli additivi.

Perché, dopo tutti questi anni, hai deciso di tornare in Polonia per aprire il tuo business?

In Italia non riesci a inventare niente di nuovo e di pizzerie come la mia ce ne sono tante, qui invece sono unico.

In che cosa quindi consiste la diversità della tua pizza rispetto alle altre che si può mangiare a Cracovia?

Soprattutto a Cracovia non esiste la pizza al taglio. Poi la mia pizza si compra in base al peso quindi tutti possono decidere quanta ne vogliono. Inoltre tutti i gusti sono nello stesso prezzo e ogni giorno c’è un gusto nuovo. Piena libertà.

È la famosa pizza con le patate? Se non sbaglio la fai solo tu?

La pizza con le patate è da fare solo come pizza al taglio. Sulla pizza rotonda la patata non si cuoce bene. Ovviamente non è semplice, tutto dipende dalla qualità del prodotto ma se ti piace una volta poi la scegli sempre.

Come sono stati gli inizi della pizzeria?

Nonostante lavori qui da tre anni per me ogni giorno è come il primo. Ci sono sempre clienti nuovi e quindi ogni volta si ripetono le stesse difficoltà come ad esempio la soprannominata educazione. Bisogna spiegare perché la pizza è fredda e va scaldata. Nelle pizzerie c’è la mia foto del 1991 a Roma. È una prova che il tempo passa anche per me (ride) e che non faccio la pizza da ieri e quindi ci si può fidare.

I polacchi tendono ad apprezzare solo quello che conoscono bene, i tuoi clienti sono aperti ai nuovi gusti?

Incontro tante persone aperte. Due anni fa è uscito un articolo che descriveva la mia pizzeria come quella in cui si può parlare della pizza e dove c’è sempre il proprietario. Non so quanto ma secondo me anche questo mi ha aiutato. Poi la conversazione è sempre la migliore pubblicità. Secondo me come clienti siamo contenti se qualcuno più esperto ci guida in qualche modo.

Hai aperto il secondo locale, un altro ancora aprirà a breve, qualche altro progetto hai in casetto?

Voglio crescere e aprire altri locali. Grazie ai nuovi punti vendita la pizza sarà sempre più conosciuta e anche la gente diventa più aperta. Il problema è avere personale con cui si lavora bene. Nonostante io faccia l’impasto per la pizza è difficile coordinare il lavoro nei posti di lavoro diversi. Di solito è più facile formare qualcuno che impara da zero invece di una persona che ha già lavorato con una pizza tonda.

Qual è quindi il segreto di una buona pizza?

Non esiste. Quello che conta è la buona volontà. Ognuno che si metta a fare una pizza deve sempre immaginarsi d’essere un cliente dall’altra parte del bancone, e quindi farla non solo nel modo migliore possibile ma anche come se volesse invitare le persone a casa propria e ospitarle nello stesso modo in cui lui vorrebbe essere ospitato. 

tłumaczenie it: Agata Pachucy

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