L’Italia di Jarek Wist 

0
167

L’articolo è stato pubblicato sul numero 80 della Gazzetta Italia (maggio 2020)

Jarek Wist, laureato in italianistica, cantante di professione. La sua carriera è iniziata con la vittoria nel programma televisivo “Szansa na sukces”, seguita dal titolo “Speranza e scoperta dell’anno” al gala Fryderyki 2007 e infine la partecipazione alla finale del festival Top Trendy a Sopot. Wist ha pubblicato due album da solista: “Jest zapisane” (2014) e “Na swojej skórze” (2015) e altri due con progetti musicali originali: “Swinging with Sinatra” (2013) con le più famosi canzoni di Frank Sinatra e quest’anno “Dolce VitaM” (2020) con la musica italiana degli anni 50 e 60. 

Jarek com’è nata la tua passione per la musica?

Nessuno della mia famiglia ha legami col mondo musicale ma io ho sempre voluto cantare. I miei genitori non erano contenti di questa passione e non mi hanno permesso di andare al conservatorio perciò ho studiato da solo imitando i miei idoli che guardavo in tv. Sognavo di potermi esibire sul palco accompagnato da una vera orchestra professionale. Poi in seguito ho cominciato le lezioni in un istituto di cultura e infine ho partecipato al programma “Szansa na sukces”, che ho vinto!

Un autodidatta con tanto di talento e tenacia, sembra un inizio ideale della carriera?

Non tanto. Nel 2004 ho dovuto smettere per problemi di salute. Il mio mondo è crollato ma ho pensato che forse era un buon momento per andare in Italia. Ho cominciato a cercare lavoro su vari gruppi online e infine l’ho trovato! Sono andato nella regione Marche ad aiutare nella gestione della loro casa una famiglia che viaggiava spesso. Oltre a lavorare ho frequentato un corso di lingua e ho imparato come cucinare piatti classici come lasagne, ragù e tiramisù. Quando ero lì la comunicazione non era ancora così facile come adesso perciò ho sentito raramente i miei genitori e questo mi ha consentito di immergermi totalmente nella cultura italiana. Proprio durante questo soggiorno ho cominciato a scoprire la musica del Belpaese. Il primo cantante che ho ascoltato era Jovanotti perché era appena uscito il suo disco ma ho ascoltato anche altri artisti. All’inizio non ero molto convinto ma alla fine ho cominciato ad apprezzare i sapori di questa musica che è molto melodica e allegra. I polacchi spesso per forza cercano di dare una veste ad una canzone e di interpretarla in un certo modo. Gli italiani invece sanno esprimere quello che sentono e si percepisce che quello che cantano è sincero.

Sbaglio o il fascino per l’Italia per un periodo ha superato quello per la musica?

Sono due passioni che si completano a vicenda. Una volta tornato in Polonia ho iniziato a studiare italianistica all’Università di Toruń e sono tornato al canto. Facevo una vita da pendolare, tre notti a settimana dormivo nella mia città natale Inowrocław e raggiungevo Toruń per seguire i corsi universitari, i fine settimana invece li dedicavo alla carriera musicale a Varsavia. Dopo aver ricevuto il premio al gala Fryderyki e aver partecipato a Top Trendy, sono arrivate grandi promesse dalle agenzie artistiche che purtroppo non sono mai state mantenute. Sono decollato per poi, indipendentemente da me, precipitare a capofitto subito dopo. Quando il mio mondo musicale, per la seconda volta, è crollato ero al secondo anno di studi. Ho deciso che invece di deprimermi in Polonia era meglio partire per un Erasmus a Venezia che era stata la prima città che avevo visto da ragazzo grazie ad una gita scolastica e mi aveva fatto una grande impressione.

Venezia, lontana dalla vita frenetica delle grandi città, è un buon luogo per scappare?

Tutti quelli che la visitano in bassa stagione turistica hanno la possibilità di scoprirla davvero. Percepiscono che è una città in cui si respira un’aria diversa, è immersa nella nebbia e circondata da una magia unica. Grazie a quei sei mesi ho conosciuto la vera Venezia e quali problemi devono affrontare quotidianamente i suoi abitanti. Mi sono reso conto che se vuoi viverci sei tu che ti devi adattare al ritmo della città. Quando mi sentivo giù scappavo nel labirinto di calli, mi perdevo e ritrovavo. Venezia mi ha rincuorato e mi ha dato tante energie positive. Molto tempo ho dedicato anche allo studio e alla scoperta della musica soprattutto del mio periodo preferito degli anni Sessanta.

È stato allora che hai trovato le tue grandi ispirazioni musicali?

Ad un certo punto ho scoperto la scuola genovese dei cantautori a cui appartenevano, tra gli altri, Fabrizio De André, Gino Paoli, Umberto Bindi e soprattutto Luigi Tenco la cui musica mi ha conquistato completamente. Ogni tanto quando canto le sue canzoni ho impressione che siano scritte per me. Mi identifico sia con il testo che con l’autore e con i suoi sentimenti. È stata la scuola genovese che ha dato alla musica italiana degli anni Sessanta un nuovo gusto attraverso una rottura con la musica tradizionale e una ricerca stilistica più elaborata ed innovativa dotando le canzoni di una profondità e qualità maggiore. Oltre alla scuola genovese una grande ispirazione per me sono anche Massimo Ranieri, Domenico Modugno e la straordinaria Mina.

Nel tuo nuovo album hai scelto un mix interessante tra canzoni note e altre totalmente sconosciute in Polonia, perché?

Le mie dieci canzoni preferite sono altre, quindi se avessi dimenticato chi sono e dove canto, probabilmente avrei scelto solo le canzoni che in Polonia non conosce nessuno. Per fortuna tra le canzoni che canticchiano i miei connazionali ce ne sono tante che mi piacciono e perciò ho deciso di collegarle con quelle meno conosciute della stessa epoca e ne è uscito un buon disco acustico. Accanto alle conosciutissime “Volare”, “Quando, quando” o “Azzurro” ci sono anche le mie canzoni preferite tra cui: “Se bruciasse la città”, “Cosa hai messo nel caffè”, “Mi sono innamorato di te”, “Il cielo in una stanza”. In più ho deciso di aggiungere a questa compilation “Caruso”, un’altra canzone molto importante per me.

Musica di un periodo specifico che però può accontentare diversi gusti musicali?

Pubblicando questo album ho cercato di soddisfare due aspettative: da un lato quella dei polacchi che vogliono ascoltare qualcosa che già conoscono e dall’altro quella del pubblico che conosce un po’ meglio l’Italia e gli italiani. Il mio scopo era anche realizzare il mio sogno personale, cantare in italiano, che ho coltivato a lungo perché inizialmente avevo paura di cantare in italiano. Volevo anche far vedere ai polacchi un altro volto della musica italiana e farli innamorare di canzoni meno note.

Facebook: facebook.com/JarekWist/
Sito web: www.jarekwist.pl