Nel particolare momento storico in cui viviamo temi quali il cambiamento climatico, la difesa e la sostenibilità ambientale sono sempre più presenti non solo nel dibattito politico ma anche nella nostra vita quotidiana. È proprio la nostra generazione, rappresentata da personaggi come l’attivista Greta Thunberg, a vivere più intensamente le battaglie dei movimenti internazionali per la difesa del clima, come Extinction Rebellion o Fridays For Future, e ad aver bisogno di esprimersi sul tema in modo esplicito e deciso. Ma sappiamo tutti che solo insieme possiamo andare lontano e così è fondamentale che una istituzione come la Commissione europea, attraverso il programma Corpo Europeo di Solidarietà, sostenga noi giovani in questa impegnativa lotta per proteggere l’ambiente e fermare i cambiamenti climatici.
Una delle priorità principali per la nuova prospettiva europea per il 2021-2027 è la promozione delle cosiddette “pratiche verdi”, ovvero le attività mirate alla protezione dell’ambiente e alla sostenibilità sostenibilità ambientale. In concreto il Corpo Europeo di Solidarietà guarda ai giovani tra 18 e i 30 anni come protagonisti nella società moderna multiculturale, offrendogli la possibilità di diventare attori del cambiamento – negli ambiti relativi all’ambiente, alla società, alla cultura, nonché alla digitalizzazione – sia su scala europea, offrendo ai giovani la possibilità di fare volontariato all’estero, sia su quella locale, permettendogli di realizzare dei progetti da loro ideati, finalizzati a portare dei cambiamenti importanti nelle comunità locali. Secondo i dati forniti dalla Fondazione per lo Sviluppo del Sistema Educativo (FRSE), che svolge la funzione di Agenzia nazionale, coordinando il programma in Polonia, il numero totale di Progetti di solidarietà realizzati dai giovani polacchi, grazie ai finanziamenti europei nel 2018-020 ammonta a 223 di cui 39 sono progetti focalizzati sulle azioni per il clima, sostenibilità nonché la protezione dell’ambiente. Dalle statistiche rese disponibili dalla Fondazione risulta che nel 2009 in Polonia sono stati realizzati 71 progetti di solidarietà, di cui 11 relativi alla protezione dell’ambiente, nel 2020 altri 141 progetti, di cui 26 di carattere ambientale. Numeri da cui emerge un evidente bisogno della nostra generazione d’essere il motore di un’azione collettiva che possa avere un vero impatto sulle comunità in cui viviamo. E questa è stata anche l’idea di Andrea Grieco, biologo, nonché aspirante agricoltore etico che ha voluto mettersi in gioco, dedicandosi alla promozione della sostenibilità ambientale in città, attraverso la creazione di un orto urbano in uno dei quartieri abbandonati di Matera (la Capitale Europea della Cultura 2009).
“Noi Otradini” – associazione di promozione sociale, fondata da Andrea e dai suoi amici in seguito allo sviluppo del progetto, finanziato dal Corpo Europeo di Solidarietà – è oggi diventata una realtà ben consolidata ed altamente inclusiva che vede coinvolti sia i membri della comunità locale che gli stranieri presenti a Matera, per ridare vita al quartiere Serra Venerdì a Matera. Ho avuto il piacere di intervistare Andrea che, con la realizzazione del suo progetto, ha visto nascere una bellissima comunità di ortolani che vogliono rigenerare le terre abbandonate e stimolare l’integrazione sociale ed intergenerazionale attraverso l’azione collettiva. Spero che questa chiacchierata con Andrea vi stimolerà a mettervi in gioco! Ricordatevi: il mondo è nelle nostre mani!
È un momento storico particolare per la difesa dell’ambiente, raccontaci com’è nata questa bella idea di creare un orto urbano?
Andrea Grieco: Il lockdown ci ha costretto un po’ tutti a stare a casa, io ho deciso di investire questo tempo per fare esperienza sul tema dell’agricoltura, così ho deciso di cominciare a fare attività in uno spazio verde dietro casa dei miei genitori; dove sono tornato a vivere da due anni. Quando ho cominciato non avrei mai pensato che questo potesse evolversi in un’idea progettuale ed in una realtà associativa. Sicuramente è stato l’appoggio della comunità locale a spingermi a presentare un progetto per il programma Corpo Europeo di Solidarietà, il suo accoglimento ha determinato il resto. La nostra realtà associativa e il lavoro che svolge è frutto della motivazione di tutte le persone che a vario titolo partecipano al progetto credendo nell’idea e supportandola in diversi modi.
Sempre più persone sono coinvolte attivamente nel progetto, siete riusciti persino a creare un’associazione di promozione sociale. Dentro di te sapevi che il progetto avrebbe avuto un tale successo?
In realtà, non avevo idea di come sarebbe andata, naturalmente speravo il meglio, ma se tutto questo oggi esiste lo devo soprattutto alle persone che con me hanno deciso di dedicarsi a questa attività, di condividere determinati valori e di rischiare.
Le pratiche che utilizzate prendendovi cura della terra sono virtuose: non usate pesticidi, vi adeguate ai ritmi della natura e seguite i principi della permacultura. Di che cosa tratta esattamente?
Ci piace definire la nostra agricoltura “naturale” oppure etica, questo perché in tutto ciò che facciamo cerchiamo di rispettare gli organismi che incontriamo ed i vari ecosistemi con i quali interagiamo. Le parole d’ordine nella nostra attività sono biodiversità, sperimentazione, lentezza, osservazione, studio. L’attività vera e propria consiste nel lavorare la terra sempre in direzione verticale senza stravolgere la naturale stratificazione del suolo (dal basso verso l’altro), questo possiamo farlo grazie all’utilizzo di attrezzi manuali come la forca vanga e la grelinette. La concimazione del terreno viene fatta attraverso l’integrazione nel suolo di letame maturo di diverso genere. Importante è anche la pacciamatura che utilizziamo in seguito ai trapianti ed alle semine attraverso la quale proteggiamo il suolo dai raggi solari e assicuriamo una certa umidità allo stesso, evitando anche la crescita di piante cosiddette “prime colonizzatrici“ (poaceae). La pacciamatura è importante perché è la materia organica che in seguito verrà integrata nel terreno, quindi nel nostro caso abbiamo pensato di utilizzare pacciamatura di diverso genere nelle diverse aiuole di coltivazione (cippato di legna, paglia etc.). Molto importante anche è il trattamento che riserviamo agli alberi, assicurando una potatura poco invasiva, preservando le specie autoctone. In generale, tuteliamo il selvatico, i fiori per le api e cerchiamo di riprodurre quelli che sono pattern naturali osservando i dintorni.
Come si svolgono le giornate all’orto?
Durante una giornata tipo all’orto si svolgono attività legate alla manutenzione dell’area in base naturalmente alle necessità ed al periodo dell’anno. Spesso ospitiamo gruppi di ragazzi che ci accompagnano nel nostro lavoro in maniera continuativa come un gruppo di ragazzi provenienti da un centro per disabili,oppure alcuni ragazzi che svolgono i loro progetti di volontariato nella città di Matera. In maniera più saltuaria organizziamo giornate dedicate a specifiche tematiche, e facciamo attività per scolaresche e per gruppi scout. La volontà dell’associazione è quella di lavorare su un programma che possa offrire dei servizi sia al settore pubblico che privato durante tutto l’anno. Speriamo di poter cominciare la prossima primavera, la nostra offerta consisterà in laboratori legati alle più disparate attività legate al nostro progetto adottando metodologie alternative come l’educazione all’aperto oppure l’educazione non formale. Infine, la volontà è quella di aprire il nostro spazio a chiunque abbia voglia di organizzarvi eventi. Quest’estate attraverso varie collaborazioni abbiamo realizzato eventi dedicati alla poesia ed alla musica oppure abbiamo ospitato giornate di cinema all’aperto.
Si parla sempre di più dell’importanza di applicare le pratiche sostenibili nel quotidiano. Hai notato un particolare riavvicinamento delle persone alla natura, e magari l’attenzione al modo in cui viene prodotto il cibo che mangiamo?
Sono molto contento di affermare che nel nostro caso specifico proprio la volontà dei più giovani di avvicinarsi alla natura ha permesso all’idea di prendere piede. In generale, si può dire che da quando mi sono avvicinato al mondo dell’agricoltura, ho potuto notare che sono molti i giovani che hanno voglia di riappropriarsi di quelle abilità appartenenti al passato. La cosa bella è che lo si fa con un approccio differente e cioè con la volontà di preservare la natura grazie alla sensibilità propria della nostra generazione: potrei riassumere questo atteggiamento con la parola consapevolezza. Dalle nostre parti in Basilicata c’è un’espressione che dice: “L’orto vuole l’uomo morto”, io l’ho trasformato in: “L’orto vuole l’uomo colto”, in quanto penso che acquisendo una certa conoscenza e mettendo in pratica alcune tecniche rigenerative si possa raggiungere uno stadio in cui si fatica meno, certo in questo modo l’attesa è lunga perché in natura i tempi di rigenerazione sono maggiori di quelli di degradazione.
La cosiddetta “fuga dei cervelli” dal Sud Italia è un fenomeno sempre più evidente. Secondo te, l’attivismo sociale, del quale il vostro orto è un esempio d’eccellenza, può essere una ragione in più per i giovani per restare nelle loro terre d’origine e riscoprire le proprie radici?
Il nostro orto può essere preso come esempio di attivismo civico, pratica che è sicuramente uno dei punti chiave sui quali si dovrebbe fare maggiore formazione per stimolare il processo. La nostra generazione è stata abituata ad ottenere molte cose con troppa facilità, quindi ci si aspetta quasi sempre che qualcuno debba darci una mano. Bisogna invece insegnare ai ragazzi che quando si vuole qualcosa la cosa migliore da fare è alzarsi e cominciare, innescare quello che può essere un processo che se trova terreno fertile sicuramente avrà un seguito ma che comunque necessiterà di tanto, tanto lavoro. In più, la precarietà dei nostri tempi ci obbliga a sviluppare delle competenze cosiddette trasversali o soft skills per adattarci alla richiesta del mercato ed alla multifunzionalità che acquisiscono tutti i settori del lavoro. Quindi il nostro invito a tutti coloro i quali leggeranno questo articolo è di cominciare un processo, di passare all’azione come primo passo verso qualsiasi obiettivo che si abbia nella vita.
L’orto è diventato un punto d’incontro non solo per il vicinato ma anche per la cittadinanza materana. Nel progetto sono coinvolte anche persone provenienti da altri paesi europei e non solo: com’è nata questa collaborazione?
Il coinvolgimento di giovani di altri paesi nasce dalla collaborazione con diverse associazioni operanti sul territorio materano come Basilicata Link, che coordina progetti di mobilità europea attraverso i programmi Erasmus plus ed il Corpo Europeo di Solidarietà, ed il Sicomoro che si occupa di accoglienza dei migranti e della loro integrazione sociale. Siamo felicissimi di essere riusciti a rendere la nostra realtà un luogo di interesse internazionale e soprattutto un posto dove far sentire tutti a casa.
Quali sono i vostri prossimi progetti?
Quest’anno abbiamo come obiettivo ultimare i lavori di messa in sicurezza dell’area attraverso la costruzione di alcune recinzioni e camminamenti, nonché attraverso la piantumazione di tantissime piante arboree e arbustive, delineando così le varie zone del nostro orto urbano. In più, vogliamo utilizzare il periodo invernale per costruire un’offerta formativa da offrire al settore pubblico ed al privato per bambini e ragazzi, attraverso la quale riuscire ad avvicinare i ragazzi alla natura, far comprendere meglio il ciclo di produzione degli alimenti per sensibilizzarli verso pratiche, quali il minor spreco di cibo e la spesa consapevole. Importante per noi è dare a tutti anche la possibilità semplicemente di spendere del tempo nella natura, così da poter sviluppare attraverso attività di gioco un certo senso di protezione verso la stessa, che può svilupparsi solo dopo aver ben compreso l’importanza che ha nelle nostre vite. Speriamo di far crescere la nostra comunità e raggiungere sempre più persone cui trasmettere i nostri messaggi. Infine, mi auguro che nel prossimo futuro la nostra realtà possa diventare una occupazione fissa per alcuni di noi in modo da poter dedicare al progetto maggior tempo dimostrando anche così di aver innescato un processo di autoimprenditorialità.
Per sapere di più sul programma Corpo Europeo di Solidarietà visitate il sito: www.eks.org.pl (PL) oppure https://agenziagiovani.it/corpo-europeo-di-solidarieta/#collapse4856 (IT).
Se avete già un’idea concreta del progetto da realizzare nelle vostra comunità, potete contattare direttamente le coordinatrici del programma Corpo Europeo di Solidarietà in Polonia: Beata Pankowska (beata.pankowska@frse.org.pl) e Olga Kokot (olga.kokot@frse.org.pl)
Se invece volete conoscere Andrea (andreagrieco3@gmail.com) e l’Associazione di promozione sociale Noi Ortadini (noiortadini@gmail.com) più da vicino, scrivetegli oppure seguiteli sui loro canali social: Facebook (LINK) e Instagram (LINK)
foto: Andrea Grieco