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Home Blog Page 274

La Polonia è buon partner per utilizzo fondi europei

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Grande interesse per le forme di cooperazione tra regioni in modo da utilizzare al meglio le opportunità e i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea, con particolare riferimento al settore dei brevetti.

È l’esito dell’incontro avvenuto ieri a Pianeta Lombardia tra la delegazione guidata da Iwona Wendel, sottosegretario di Stato allo Sviluppo e Infrastrutture della Repubblica di Polonia, e Promos, azienda speciale della Camera di Commercio di Milano. Tra i partecipanti alla riunione, avvenuta nell’ambito degli incontri business to business che si svolgeranno nei sei mesi di Expo in accordo con Regione Lombardia, quattro governatori di altrettante regioni, accompagnati da consiglieri regionali.

La Lombardia e le regioni della Polonia orientale, è stato sottolineato nel corso della riunione, possono fare sistema per unire best practice e incrementare la loro competitività soprattutto sui mercati esteri come Cina, Medio Oriente, Middle East e America Latina.

“Expo si dimostra una straordinaria occasione – ha commentato l’assessore regionale alla Casa, Housing sociale, Expo e Internazionalizzazione delle imprese Fabrizio Sala – non solo per avvicinare culture e sapori del mondo ma anche per allacciare rapporti con Paesi con cui sviluppare business. L’incontro con la delegazione della Polonia orientale testimonia il grande interesse per la Lombardia e la sua capacità di competere oltre che di attrarre investimenti”.

“Lublin – racconta Aleksander Czechowski, responsabile per lo sviluppo economico della Presidenza del Voivodato del Lublin – è una città con oltre 300.000 abitanti e il suo tessuto economico è costituito principalmente da produttori di frutta, mele soprattutto, e trasformatori alimentari con export verso l’Europa e verso i Paesi non Ue. I nostri territori confinano con Bielorussia e Ucraina, quindi siamo una sorta di ‘gateway’, una porta da e verso l’Europa”.

“Siamo molto interessati a collaborare con la Lombardia, che è il motore e la benzina dell’economia italiana, – ha commentato Czechowski – e Expo costituisce per noi un’ottima opportunità per approfondire le modalità con cui fare rete insieme e utilizzare il sostegno dei fondi europei per la cooperazione tra regioni per proporci ai mercati non europei”.

Anche alla delegazione polacca è stato fatto provare il gioiello tecnologico con cui Pianeta Lombardia accoglie i suoi visitatori, gli speciali occhiali ‘Oculus’ che hanno conquistato subito l’interesse per le bellezze e la ricchezza artistica presente nei territori lombardi che ospitano i dieci siti Unesco. Particolarmente gradito il brindisi finale con una degustazione di vini dell’Oltrepò pavese di cui è stato molto apprezzato un rosé, il Pinot Nero rosé – Cruasé.

milano.ogginotizie.it

Gentiloni: Polonia partner “fondamentale” nell’Ue

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L’Italia considera la Polonia un partner “fondamentale” nell’Unione europea per il suo tasso di crescita e sviluppo “invidiabile”. Lo ha spiegato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, al termine del suo incontro a Varsavia con l’omologo polacco Grzegorz Schetyna.

Gentiloni ha ricordato “le relazioni molto forti” tra Roma e Varsavia, con un “interscambio di 18 miliardi”. In Polonia si registra inoltre “una presenza molto importante” di piccole e medie imprese italiane: “sono circa 1.300”, ha detto il ministro.

Da parte sua, durante la conferenza stampa congiunta con l’omologo italiano, Schetyna ha ringraziato l’Italia per gli eccellenti rapporti bilaterali ed ha ricordato che il nostro Paese è per la Polonia il secondo partner nell’Ue. (askanews)

Consigli di sopravvivenza nei rapporti italo-polacchi

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disegno di: Luca Laca Montagliani

“Vuoi un altro po’ di dolce?”, mi chiede la bella e dolce padrona di casa in una fredda sera varsaviana. “Dziekuje! (grazie!)” rispondo raggiante. E lei gelidamente voltando lo sguardo altrove si allontana offrendo il dolce ad un’altra persona. Nella piccola guida di sopravvivenza di un italiano in Polonia bisogna segnarsi anche questo. Ovvero se qualcuno vi offre qualcosa la risposta italiana “grazie”, che nel Bel Paese equivale al ringraziamento per aver volentieri accettato quello che vi viene offerto, corrisponde in Polonia a “no, grazie non voglio”. Quindi immaginate l’espressione di delusione dipinta sul mio volto quando, ancora alle prime armi con le usanze polacche, davanti ad una succulenta proposta di una seconda porzione di Charlotka ho risposto entusiasticamente “grazie!” con il risultato di vedermi sfilare sotto il naso l’ultima fetta di torta finita nel piatto della persona che avevo al mio fianco! Diciamo la verità le incoerenze tra usi e costumi, italiani e polacchi, sono un automatico generatore di situazioni al limite del ridicolo. Per un italiano i modi polacchi sono una scuola di psicologia sociale e sicuramente anche una quotidiana occasione per allenare l’autocontrollo. Facciamo un esempio, l’italiano che entra in un bar ha un obiettivo chiaro: ordinare e ottenere l’ordinazione nel più breve tempo possibile. Quindi la strategia è: 1) percorrere a passo rapido la linea retta più breve tra la porta e la cassa; 2) sfruttare l’ampio panorama di frasi e gesti, di cui il DNA italico abbonda, per ottenere l’attenzione della cassiera e ordinare prima di chi ci sta di fianco o davanti. Questo naturalmente è l’approccio “lento” ovvero quello cui siamo obbligati quando entriamo in un bar dove non ci conoscono. Se invece ci conoscono allora applichiamo l’approccio comunicativo “veloce”, ovvero pretendiamo – cosa assolutamente possibile in Italia, ma azione piuttosto temeraria in Polonia – che già dal ciglio dell’entrata, incrociando lo sguardo della cassiera o della cameriera, basti una nostra espressione concludente per far capire cosa vogliamo. Anch’io, inevitabilmente intriso di tale back ground culturale, ho impiegato un po’ di tempo per capire il motivo dello stupore della cassiera polacca al mio presentarmi dritto davanti a lei chiedendo con temperamento frettoloso, e qualche zloty in mano, un caffè. Solo alla quarta o quinta volta mi sono ahimè reso conto che di fianco alla persona che mi stava davanti alla cassa, l’unica che pensavo mi precedesse, c’era un’ordinata fila di clienti in attesa ZEN lungo il bancone del loro turno. Clienti che mi guardavano con lo stesso stupore della cassiera. Sì ammetto la nostra impazienza italica è proverbiale ma allo stesso tempo è leggendaria anche la scarsa empatia dei camerieri polacchi. In centro a Varsavia, per alcuni mesi, mi è capitato di andare allo stesso bar, alla stessa ora, ordinando le medesime cose (caffè e croissant), alle stesse 2 cameriere che si alternavano. Risultato: dal primo all’ultimo giorno mi hanno guardato come fosse sempre la prima volta che entravo in quel bar e neppure la ripetitività della mia ordinazione ha aiutato, ero e sono rimasto uno perfetto sconosciuto. Ma spesso mi domando se in realtà tali incomprensioni siano veramente involontarie. Ho spesso la sensazione che dietro i canoni delle formalità verbali e comportamentali polacche ci sia un sottile gioco ironico. Nel frattempo in attesa di approfondire il tema ci ha pensato mia figlia Matilde a darmi una lezione di humor nordico. Seppur totalmente a digiuno dell’idioma polacco Matilde, tornata a Venezia dopo una settimana a Varsavia, maneggiava già con sicurezza le quattro parole imparate. “Matilde ti sei preparata per l’interrogazione di storia?”, chiedo paternamente. “No”, risponde seccamente. “Come no???” ribatto già infuriato. “No, tak, tato! (sì certo papà)” risponde sorniona.

Quattro giorni in Campania

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Da oltre 6 mesi sono in Erasmus a Siena, la mia amata cittadina medievale in Toscana. Non solo perfeziono il mio parlato, vivo la vita da studentessa e studio all’Università per Stranieri, ma sfrutto il mio soggiorno in Italia anche per viaggiare. Lo scorso semestre sono riuscita a visitare le città più importanti del Nord Italia, questo semestre invece lo dedico alla conoscenza dell’Appennino Meridionale. Per iniziare volevo recarmi in Campania e in Puglia. Nelle gite maggiori a volte mi accompagna un’amica, che mi raggiunge dalla Polonia. Anche questa volta dovevamo partire insieme. Il pernottamento su CouchSurfing trovato, il passaggio iniziale su Bla Bla Car idem (volevamo continuare il nostro viaggio in autostop). Ma all’ultimo minuto, all’improvviso, abbiamo dovuto cambiare i piani e mi sono trovata di fronte alla scelta: andare da sola in Wild Wild South e rischiare o rimanere a casa sana e salva? Ho scelto il primo, limitando il mio trip alla sola Campania.

Non sono riuscita a trovare un passaggio diretto da Siena a Napoli; il conducente con cui viaggiavo mi ha lasciato a Caserta. Il piano era di prendere subito il treno da Caserta e andare a Napoli. Ma quando sono arrivata ho capito che la maggiore attrazione turistica locale, la Reggia di Caserta, è situata nell’immediata vicinanza della stazione dei treni! Essendo così vicina e avendo qualche oretta di anticipo ho deciso di vedere il palazzo Borbone settecentesco. Mi è subito venuto in mente Sanssouci, il palazzo di Hohenzollern a Potsdam, che mi è piaciuto molto. Sono entrata nel parco e ho sentito la gioiosa voglia di godermi ogni momento in questo posto meraviglioso. Mi aspettava una passeggiata lunghissima lungo le deliziose fontane che conducono alla scarpata con torrente. L’arrampicata alla cima della collina si è dimostrata essere un’ulteriore attrazione e la veduta mi ha compensato lo sforzo del viaggio in un caldo inconsueto per il mese di marzo. Ho passato così tanto tempo al parco che poi il palazzo ho dovuto vederlo di corsa, ma comunque sono uscita dall’intero complesso con un senso di soddisfazione turistica. La tappa seguente della mia avventura è stato il viaggio in treno a Napoli, dove in cerca di una presa funzionante mi sono trovata nello stesso scompartimento con persone poco raccomandabili e per un attimo mi sono pentita della mia decisione di viaggiare da sola… Ma poi tutto e andato per il meglio!

Dal momento in cui il mio primo host Andrea è venuto a prendermi dalla stazione tutto è andato come un orologio. Molto presto ho avuto l’occasione di vedere e assaggiare ciò che più mi aspettavo andando a Napoli. La stazione metro Toledo in realtà si è rivelata anche p[cml_media_alt id='113397']Kurkowska - Campania (12)[/cml_media_alt]iù bella che nelle foto, è veramente incredibile! Poi ho saputo che Andrea e il suo coinquilino Filippo abitano nel centro e hanno la vista sul Vesuvio. A cena invece mi hanno portato nella migliore, secondo loro, pizzeria a Napoli, Pellone. Per me la pizza lì è stata troppo pesante, ma non mi stupisce la loro scelta da maschi. Ho deciso pero di condurre una mini-indagine e creare un proprio ranking!

Il secondo giorno ho dato ancora uno sguardo di addio al Vesuvio e mi sono trasferita nella casa del secondo host, Paolo, da cui sono rimasta fino alla fine del soggiorno a Napoli. Sono passata un attimo alla Galleria Umberto I e mi pareva di essere a Milano! Nella nuova casa come antipasto mi hanno servito la vera mozzarella locale, che mi ha fatto capire perchè quella imballata del negozio non mi piace tanto. Di seguito siamo andati a fare una passeggiata nel centro storico, dove abbiamo visto il vecchio quartiere di Forcella, il Duomo e la via dei Presepi. Paolo mi ha regalato un peperoncino portafortuna, il cosiddetto cornetto: funziona solo se lo otteniamo come regalo! Siamo passati da una delle botteghe per osservare il lavoro degli artigiani sui presepi; uno di loro ci ha fermati e si è messo a raccontarci qualcosa. Io ho spento il mio cervello quasi subito, visto che del dialetto napoletano non capisco quasi nulla. Finito il racconto, Paolo mi ha guardata con un’espressione per farmi capire che manco lui ha tratto molto dalla conversazione… Abbiamo deciso di recarci alla Certosa di San Martino, da cui c’è un bel panorama di Napoli. Nel frattempo abbiamo mangiato sfogliatelle e babà, i tipici dolci locali. Giunti alla Certosa abbiamo notato che tutta la vista era coperta da foschia, cioè nebbia meno densa, una specialità locale. Abbiamo deciso di tornare a casa usando la Pedamentina, cioè scale del XIV secolo che portano dalla Certosa fino a Spaccanapoli, la via che divide la città in due. A cena ho mangiato forse la pizza più buona della mia vita, a Sorbillo in via dei Tribunali. Ve la consiglio vivamente!

Il terzo giorno della gita è stato segnato da Sorrento e piaceri epicurei. Verso mezzogiorno siamo saliti con Paolo sul treno della Circumvesuviana e dopo meno di un’ora eravamo lì. Oltre alle bellissime vedute sul mare e le tipiche cupole a piastrelle giallo-verdi, Sorrento ci ha offerto anche gli onnipresenti alberi di limoni che creavano un’atmosfera di vacanze e spensieratezza. Non si può omettere la buonissima delizia di limone che ho assaggiato nella versione tiramisù. A pranzo ci siamo concessi gnocchi alla sorrentina, con mozzarella fusa. Alla fine di questo giorno piacevole abbiamo guardato il tramonto osservando le navi che tornavano da Capri…

L’ultimo giorno l’abbiamo iniziato con una passeggiata sul lungomare. Siamo arrivati al porto e da lì c’erano solo quattro passi per il Castel dell’Ovo, su cui ovviamente siamo saliti per avere una vista migliore della zona e della gente sdraiata sulla costa rocciosa come foche. Quelli più audaci hanno deciso anche di fare bagno! Il tempo era bellissimo, quindi perché no? Dopo pranzo ho incontrato ancora una volta Andrea e Filippo, che mi hanno portato a Pozzuoli al vulcano Solfatara. Quando ci siamo avvicinati alle paludi di zolfo bollenti mi sono davvero pentita della nostra idea e volevo scappare: in tutta l’area si sentiva un odore soffocante di uova sode! Andrea riteneva che le inalazioni sulfuree fanno bene ai polmoni e quasi si tuffava negli sbuffi di vapore, mettendomi al contempo disgusto e stupore. Dopo un attimo però anch’io mi sono abituata al particolare “profumo” e la parte restante della nostra visita alla riserva mi è piaciuta di più. I visitatori possono avere l’impressione di essere sulla Luna, vista la bianchezza del suolo e la presenza di numerosi crateri da cui esce il vapore: un’esperienza inusuale! Quel giorno il tramonto l’abbiamo visto al Lago d’Averno, dopodiché siamo tornati a Napoli, dove ho mangiato ormai l’ultima pizza al famoso ristorante da Michele. Molto buona, ma secondo me non vince con Sorbillo!

Il giorno successivo, mentre tornavo a Siena, guardavo le foto dalla gita ed ero triste perché era finita. Ero grata alla sorte per aver avuto degli host bravissimi, ma sentivo anche che mi sarebbero mancati, cosa paradossalmente non positiva. Il viaggio solitario si è concluso con successo, perché grazie a CouchSurfing non ero affatto da sola, anzi, ho avuto l’opportunità di conoscere meglio la cultura e la gente locale. Mi rimangono ancora molte cose da vedere in quelle parti dell’Italia, forse la prossima volta mi accompagnerà la mia amica. Ma stavolta, anche viaggiando per conto mio, contrariamente al proverbio: ho visto Napoli e non sono morta! 😉

Pino Daniele

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Pino Daniele, il celebre bluesman napoletano, è morto all’età di 59 anni a causa di un infarto la sera del 4 gennaio ma la sua grande musica vivrà per sempre. Il cantautore e chitarrista è stato uno degli ultimi grandi innovatori della musica leggera italiana, grazie alla sua originale formula che lo ha portato ad unire in modo straordinario la tradizione della canzone partenopea al blues, al jazz ed al rock. Daniele sarà ricordato per il valore innovativo della sua musica ma anche per l’alto valore dei suoi testi in dialetto napoletano con cui ha raccontato la sua città in modo realistico e poetico al tempo stesso. Fra le sue canzoni: classici come “Napule è”, “’Na tazzulella ‘e cafè”, “Terra mia”, “Je so’ pazzo”, “Quanno chiove”, “A me me piace ‘o blues”, “Yes I know my way”, “Tutta n’ata storia” e “Quando”. La sua voce acuta, capace di volteggiare con naturalezza fra melodie complesse e la sua interessante vena di chitarrista hanno fatto di lui uno dei pochi artisti italiani in grado di collaborare con le star della musica internazionale. Pino Daniele ha avuto modo di suonare con autentiche leggende del jazz, come Wayne Shorter, Alphonso Johnson, Chick Corea, Steve Gadd, Pat Metheny, Al Di Meola, Gato Barbieri, Ralph Towner, Steps Ahead e Yellow Jackets. Il 24 giugno 2011 a Cava de’ Tirreni, inoltre, è stato protagonista di uno straordinario concerto in coppia con il suo idolo di sempre, uno dei più importanti chitarristi blues e rock della storia: Eric Clapton. Numerose le collaborazioni dell’artista partenopeo con i grandi della musica italiana, come Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Ron, Fiorella Mannoia, Claudio Baglioni e Mia Martini. Daniele, inoltre, ha avuto modo di suonare anche con autentici pilastri della canzone napoletana tradizionale, come Roberto Murolo. Pino Daniele ha anche costituito una coppia artistica tutta partenopea con il grande Massimo Troisi, scomparso prematuramente nel 1994, per il quale ha scritto delle grandi colonne sonore. In particolare per il film “Pensavo fosse amore…. invece, era un calesse”, il cantautore ha scritto una delle sue canzoni d’amore più belle e delicate: “Quando”.

Pino Daniele è nato a [cml_media_alt id='113389']Bugliari - Pino (1)[/cml_media_alt]Napoli il 19 marzo 1955, primo di sei figli di una famiglia povera. Il padre era un lavoratore del porto del capoluogo campano. Dopo aver lavorato in sala d’incisione e in tour per altri artisti (Jenny Sorrenti, Gianni Nazzaro e Bobby Solo), nel 1976 diventa il bassista dei Napoli Centrale, guidati dal sassofonista James Senese. Si tratta di una delle prime formazioni che mischia il jazz ed il rock, sulle scia dei grandi gruppi statunitensi come i Weather Report, con la tradizione napoletana. Nel 1977, Pino Daniele pubblica il suo primo grande album “Terra mia”, contenente forse la sua più bella canzone “Napule è”, affresco al contempo duro e poetico della sua città. Nel disco ci sono già tutti gli elementi della musicalità dell’artista che è riuscito a mettere insieme con grande armonia il linguaggio della musica napoletana tradizionale con quello del blues e del jazz. Questo mix per nulla scontato porterà i suoi esiti più importanti nei lavori successivi: “Pino Daniele” (1979), “Nero a metà” (1980), “Vai mò” (1981) e “Bella ‘mbriana” (1982), un’epoca in cui il cantautore si caratterizza per i suoi fantastici tour, in cui dimostra di essere un grande musicista dal vivo capace di reinventare sempre i suoi pezzi attraverso l’improvvisazione e la scrittura di nuovi arrangiamenti. Accanto a lui suonano i più interessanti strumentisti dell’epoca tra cui Tullio De Piscopo (batteria), Tony Esposito (percussioni), Karl Potter (bongos), Joe Amoruso (tastiere), Rino Zurzolo (basso e contrabbasso) e James Senese (sax). Alla registrazione di “Bella ‘mbriana” ha partecipato anche il sassofonista Wayne Shorter, uno dei musicisti della svolta elettrica di Miles Davis e co-leader dei Weather Report insieme a Joe Zavinul. Nello stesso disco c’era anche il bassista dei Weather Report Alphonso Johnson che ha anche seguito in tour il cantante napoletano. Dopo questi anni decisivi per la sua carriera Pino Daniele ha continuato ad incidere ottimi dischi e a fare concerti importanti tra cui con Pat Metheny. Merita di essere citata anche una sua tournée con Francesco De Gregori, Ron e Fiorella Mannoia, testimoniata da un interessante disco dal vivo. Il bluesman partenopeo ora non è più con noi ma la sua musica passerà alla storia, grazie alla meravigliosa eredità musicale che ci ha lasciato.

Marek Bracha: “L’esecuzione è coinvolgente!”

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foto: Bruno Fidrych

Marek Bracha è un pianista professionista che promuove la musica polacca all’estero. Si è laureato presso le due prestigiose università Fryderyk Chopin Università di Musica a Varsavia e il Royal College of Music a Londra, e ha anche vinto numerosi premi e riconoscimenti  in concorsi di pianoforte nazionali ed internazionali.

Durante la nostra conversazione Marek racconta le varie sfaccettature del suo lavoro, i suoi viaggi e il suo amore per la cucina locale.

Perché il pianoforte?

Quando avevo 5-6 anni ho iniziato a frequentare le lezioni di musica. Poi, nella nostra casa è  apparso il primo strumento, un vecchio pianoforte anteguerra molto grande. Un pianoforte che aveva un’anima e un suo suono distintivo. Questo episodio ha indubbiamente influenzato la mia scelta musicale.

Quanto tempo può durare la carriera del pianista?

Quando usciamo sul palco e trattiamo il nostro suonare come una professione, è possibile farlo fino al momento in cui abbiamo abbastanza forza e desiderio di esibirci davanti a un pubblico. Naturalmente, come in ogni altre professione, c’è una cosa come la sindrome da burnout, ma credo che nel caso dei pianisti si verifica raramente. L’esecuzione è come una droga, è davvero coinvolgente!

Qual è  il repertorio in cui ti esprimi meglio e perché?

Mi sento molto bene nello stile romantico, penso ai compositori come Schumann, Brahms e Schubert. Suono anche su strumenti storici e sono molto interessato alle pratiche di esecuzione nei secoli XVIII e XIX. Inoltre, suono il repertorio contemporaneo ed eseguo anteprime mondiali. In realtà, più invecchio, più sento la necessità di ampliare il repertorio.

Un professionista può ancora sbagliare?

Certo,  sono un uomo e mi capita di sbagliare.  Questo fattore umano in questa professione è una priorità, suoniamo per la gente!

Si può dire che i viaggi sono una parte integrante della vita di un musicista?

I viaggi sicuramente sono parte della professione di pianista. Non vedo modo di abitare in una sola città, suonando solo lì. Naturalmente, a volte i viaggi sono noiosi, e hanno ricadute sulla concentrazione e condizione fisica. Tuttavia, tale stile di vita è estremamente eccitante e non si può rinunciare, o dire questo non è per me ”.

So che un sacco di volte hai suonato in Italia e torni lì molto volentieri. Perché?

Mi piace molto suonare in Italia, principalmente perche il pubblico è caldo e poi ci sono ottimi pianoforti e c’è un pittoresco clima tra gli orchestrali. Un paio di volte ho suonato per esempio a Roma, ma i ricordi più piacevoli li ho del concerto per il capodanno a San Cassiano. Dell’Italia mi piace anche la cucina locale e vini. A volte mi capita di andare lì solo per visitare le mie cantine preferite.

Nel giugno 2013 l’Istituto Nazionale di Fryderyk Chopin ha pubblicato il tuo primo album come solista. Era la tua prima registrazione professionale?

Avevo già una serie di registrazioni di prova durante gli studi ma sì, era la mia prima registrazione professionale. Il CD è stato prodotto dalla borsa di studio “Giovane Polonia “, che mi ha concesso il  Centro nazionale di Cultura. Sono stato anche molto fortunato che al progetto si è interessato l’Istituto Nazionale Fryderyk Chopin e il direttore Stanis?aw Leszczy?ski ha espresso il desiderio di pubblicare l’album sotto il nome dell’Istituto. Ho avuto un grande onore, e la collaborazione con il team professionale di registrazione è stato un piacere.

Sull’album ci sono diverse composizioni di Chopin. Perchè?

Non volevo registrare un recital di Chopin, perché penso che questi CD siano spesso troppo  eclettici di solito colpiscono solo i brani che il pubblico conosce. Sul mio CD ci sono diverse forme di musica, il cui denominatore comune è una danza, oltre alle polke e mazurke si possono ascoltare anche danze scozzesi e la danza ballata in metro da ballo. Io ero responsabile per la scelta di questi brani e penso che alla fine il repertorio sia coerente e leggibile.

Dove ti possiamo ascoltare a maggio?

Invito tutti 17 maggio a ?elazowa Wola, dove alle 15:00 eseguirò il recital di Chopin.

Il sito ufficiale di Marek Bracha: http://www.marekbracha.pl/.

Fondi strutturali Ue – rafforzare cooperazione tra Italia e Polonia

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“Utilizziamo i fondi strutturali Ue in maniera esemplare e siamo disposti a condividere con l’Italia know-how ed esperienze”. E’ quanto dichiarato daTomasz Or?owski, neo ambasciatore di Polonia in Italia.

“Durante le due legislature in cui ha guidato il governo, Donald Tusk (ex primo ministro polacco, oggi alla guida del Consiglio europeo, ndr) ha fatto un lavoro apprezzato da molti, non solo in Polonia: in un periodo di profonda crisi economica è riuscito a far mantenere alla Polonia un notevole tasso di crescita. Speriamo che possa contribuire anche al risveglio economico del nostro continente”, dichiara a Tribuna economicaTomasz Or?owski, neo ambasciatore di Polonia in Italia dal 2 aprile 2015. “L’obbligo del presidente del Consiglio europeo è di ascoltare la voce di ogni singolo Paese membro; credo che il presidente Tusk abbia capito molto bene questa realtà”.

Ma Tusk ha saputo anche concentrarsi su temi più internazionali: “La più grande sfida a cui Tusk deve far fronte sono le crisi internazionali e il mantenimento della coerenza dell’Ue” prosegue l’ambasciatore. “Vogliamo che svolga un ruolo politico importante, da vero leader dell’Unione”.

A proposito di Europa, quali sono i temi di maggiore interesse del Paese?

L’Ue dovrebbe rendere la sua politica di sicurezza e difesa comune più ambiziosa, credibile e concreta. I ministri degli Affari esteri e di Difesa di Francia, Germania e Polonia hanno ultimamente firmato una lettera comune indirizzata all’Alto rappresentante Federica Mogherini in cui hanno presentato idee concrete su come può essere raggiunto quest’obiettivo. Bisognerebbe poi aumentare non solo la propria capacità di reagire, ma anche la propria base tecnologica e industriale.

L’Europa deve, inoltre, uscire da un circolo vizioso di crisi economica e intraprendere sforzi e azioni eccezionali concentrandosi su riforme strutturali e su un ulteriore approfondimento del mercato unico. Ci aspettiamo che durante il Consiglio europeo di giugno venga affrontato un dibattito sostanziale sulla strategia per il Digital Single Market che avrà un ruolo chiave nell’innovazione, la crescita e lo sviluppo dell’Europa. Inoltre, in quanto promotrici del gruppo “Amici dell’Industria”, Italia e Polonia portano insieme avanti il progetto della reindustrializzazione dell’Europa come importante fattore della crescita dell’economia comunitaria.

Un altro punto importante è l’idea di un’Unione energetica, presentata dal nostro ex primo ministro Donald Tusk e diventata una delle priorità dell’agenda strategica dell’Ue.

In previsione della futura entrata nell’eurozona, la Polonia vuole partecipare al processo di rafforzamento dell’Unione economica e monetaria che deve essere immune agli choc esterni ed essere in grado di generare crescita e occupazione.

Polonia-Italia: come si posizionano i rapporti commerciali?

Secondo i dati preliminari 2014 del Ministero dell’Economia polacco nel 2014 il valore dell’interscambio commerciale ha superato i 16 miliardi di euro ed è aumentato del 8,3% rispetto all’anno precedente. L’Italia è il quinto Paese di sbocco per le esportazioni polacche verso l’Ue e il secondo Paese fornitore per il volume di importazioni della Polonia, rispettivamente con 7,4 miliardi di euro (+10% rispetto al 2013) e 8,9 miliardi di euro (+7% rispetto al 2013). Il saldo della bilancia commerciale da svariati anni rimane negativo per la Polonia, nel 2014 ammontava a 1,5 miliardi di euro. Un fenomeno che ci rallegra molto è l’esportazione dalla Polonia in Italia dei prodotti tecnologicamente avanzati.

Va notato che l’Italia vanta anche un’ottima posizione sul mercato polacco come sesto principale Paese investitore. L’ammontare degli IDE italiani in Polonia alla fine del 2013 era pari a 9,2 miliardi di euro, secondo le stime della nostra Banca Nazionale. Oltre 1.300 aziende sono presenti sul nostro mercato.

La presenza delle imprese italiane prevale nelle quattro Zone economiche speciali (ZES) soprattutto nelle aree di Katowice, ?ód? e Wa?brzych. I principali settori in cui le aziende sono attive sul nostro territorio, anche con impianti produttivi, sono i settori automobilistico, meccanico, metallurgico, finanziario e della logistica.

Su quali fronti si sta lavorando al fine di intensificare le relazioni bilaterali?

Considerando i nostri dati dell’interscambio commerciale, può sembrare che l’ambito economico prenda il sopravvento nelle relazioni tra i nostri Paesi. Desidero però mettere in evidenza il fatto che – innanzitutto al livello politico – abbiamo degli ottimi rapporti. La collaborazione politica procede anche nel formato Big 6 (i 6 più grandi Paesi dell’Ue) di cui la Polonia fa parte.

Avendo assunto da pochi giorni l’incarico di ambasciatore di Polonia in Italia, accolgo questa sfida con fiducia e con la convinzione che il miglioramento sia sempre fattibile quando ci sono volontà e interesse reciproco e questi non ci mancano.

La Polonia utilizza i fondi strutturali Ue in maniera esemplare. Siamo disposti a condividere con l’Italia il nostro know-how e le nostre esperienze. Un’altra iniziativa da lanciare potrebbe riguardare lacollaborazione sui mercati dei Paesi terzi. Sono tante le opportunità per creare sinergia, per facilitare l’entrata nel mercato alle nostre aziende e ai nostri imprenditori. Bisognerebbe approfittare della conoscenza che abbiamo dei Paesi extra-europei e incentivare le aziende polacche e italiane a costituire delle joint-venture. Qui mi soffermo su un punto chiave: la nostra collaborazione nell’ambito degli investimenti. Il feedback delle aziende che hanno investito in Polonia è molto positivo.

La capacità che abbiamo di attrarre il capitale è davvero considerevole. Dobbiamo sfruttare al meglio le possibilità che vi da il piano europeo per gli investimenti e istituzionalmente dobbiamo capitalizzare lo stretto contatto stabilito tra la nostra banca nazionale di promozione Bank Gospodarstwa Krajowego (BKG) e Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e il buon lavoro che hanno già svolto.

Intendo infine rafforzare la collaborazione tra Polonia e Italia nei settori che ritengo essere di grande importanza: istruzione, ricerca e cultura. In quanto umanista per carattere e istruzione, tengo molto a rinvigorire e intensificare le relazioni culturali tra i nostri Paesi.

Viola De Sando – www.fasi.biz – Intervista a cura di Tribuna economica

VIDEO Roberto Saviano parla del 2 Corpo Polacco

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Roberto Saviano parla del 2 Corpo Polacco dal Cimitero Polacco a Montecassino durante il collegamento televisivo del programma Viva il 25 Aprile 2015.

Aneta Zielińska

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Neolaureata alla Scuola di Progettazione di Abbigliamento a Cracovia e all’Accademia romana Koefia, Zielinska non è ancora una stilista conosciuta nel mercato polacco ma è già riuscita a distinguersi all’estero, partecipando all’Alta Moda Roma Autunno/Inverno (giugno 2014) ed al prestigioso concorso della rivista “Grazia’’ Next Glam Award a Milano (febbraio 2015) la cui giuria era composta da: Carla Vanni, direttrice di Grazia International Network, Giorgio Armani, Jane Reeve, il direttore generale della Camera Nazionale della Moda Italiana, la stilista Stella Jean e Mario Dell’Oglio e il presidente della Camera dei Buyer. I progetti di Zieli?ska, sempre elaborati e cuciti ottimamente, sono caratterizzati da combinazioni interessanti di colori e forme. La stilista ogni anno aspetta con nostalgia l’autunno, la sua stagione preferita, ritorna spesso a Roma e  l’ispirazione per il lavoro gliela danno la vita e le emozioni. Aneta Zieli?ska, che ho incontrato l’anno scorso, non è affatto cambiata. È la stessa persona modesta, sorridente, piacevole e decisa che sa quello, che vuole. Una cosa è sicura: fra poco sarà molto popolare, non solo in Polonia e in Italia.

Da quanto tempo disegni moda, e chi per primo ha notato il tuo talento?

Penso che il talento quale stilista l’ho scoperto all’inizio da sola. Ho sentito che potevo essere brava e per questo motivo ho deciso di studiare nella Scuola di Progettazione e di Abbigliamento a Cracovia. Nel 2010 è stata creata la mia prima collezione di laurea intitolata ”echo” (in italiano ”eco”) che è stata ritenuta la collezione migliore dell’anno durante il Cracow Fashion Awards 2010. Poi la collezione è stata presentata e premiata in altri concorsi e nelle sfilate di moda in Polonia e all’estero. E dopo è venuto il tempo per le altre collezioni…

Quante collezi[cml_media_alt id='113483']Longawa - Aneta Zieli?ska (3)[/cml_media_alt]oni hai presentato, e come descriveresti l’ultima?

Sette collezioni. Ma non sono collezioni grandi, le chiamerei piuttosto serie composte da tre, quattro, a volte cinque modelli. I progetti più nuovi sono, come sempre, elaborati e cuciti ottimamente. Sono una combinazione di bei colori che sono per me una scoperta. Questi vestiti sono pieni di contrasti ed il lavoro sui vestiti è stato per me un periodo di produzione fruttuosa ma di grandi dubbi. I progetti maturavano insieme con i miei pensieri.

Quali sono gli aspetti caratteristici e quali quelli mutevoli nelle tue progettazioni?

Il tempo ci dirà cosa sarà variabile. Sulla forma di una collezione influiscono molti fattori. Sicuramente un elemento invariabile dei vestiti progettati da me saranno i tessuti di alta qualità, l’elaborazione dei dettagli, le cuciture perfette.

Su quali tessuti lavori?

Uso sempre i tessuti belli, di alta qualità, soprattutto naturali: seta, lana, cachemire, cotone. Adoro i ricami finissimi, ricamo sempre da sola. Collaboro naturalmente con le sarte ed a volte con grafici, fotografi e indossatrici.

Com’è stato il tuo soggiorno a Roma?

Vado spesso a Roma dove qualche tempo fa ho studiato all’Accademia Koefia. Per me il premio, nella forma dell’invito alla presentazione della mia collezione durante Alta Moda Roma, è stato un grande onore.

I tuoi prossimi obiettivi?

Sto aspettando l’autunno, adoro essere in Polonia durante questa stagione. Voglio dedicare il tempo a perfezionare il disegno. Mi è stato spesso chiesto delle mie ispirazioni quando disegno. Mi ispira la mia vita, i miei sentimenti, quello che vedo e sento. E poi ci sono tessuti che sembrano da soli in grado di suggerire cosa dovrebbe essere creato di loro.

Il concorso milanese Grazia Next Glam Award 2015 per il miglior progetto di stilisti under 35, provenienti da tutto il mondo è stato vinto dal coreano Jihye Park da Corea. Un[cml_media_alt id='113484']Longawa - Aneta Zieli?ska (6)[/cml_media_alt]a competizione, cui hanno parteciapto 22 stilisti, che si svolge nei paesi in cui esce il magazine “Grazia’’. Tu cosa hai presentato?

Il mio progetto è un mantello di cachemire e lana, di un bel verde menta pastello ed un abito da donna di seta azzurro-piccione con le piccole bretelle. Il taglio del mantello è simile a una vestaglia, il vestito da donna invece è molto simile alla biancheria. Il progetto è sottile e semplice nella forma.

Com’è successo che Grazia Polska ha scelto il tuo disegno?

La partecipazione al concorso mi è stata proposta a settembre dell’anno scorso dall’allora redattore dell’edizione polacca di “Grazia’’, Micha? Zaczy?ski. Micha? è un membro di giuria nei concorsi per gli stilisti giovani ed io spesso ho partecipato a questi concorsi. Lui si è ricordato di me evidentemente gli sono piaciuti i miei progetti. Il concorso era composto di alcune tappe. All’inizio ho inviato il mio portfolio e CV, poi ho dovuto disegnare due progetti sul tema: La donna di “Grazia’’ SS’15. Dopo ho dovuto realizzare il progetto scelto.

Che impressione ti ha fatto Milano?

L’evento che si è svolto a Milano è stato organizzato con uno slancio enorme. All’evento hanno partecipato personalità del mondo della moda come Alberta Feretti o Brunello Cucinelli. Le presentazioni dei progetti mi hanno impressionato tantissimo! La sfilata a Roma è stato un evento molto diverso e più raccolto. Milano mi ha impressionata molto, è una città molto stimolante. Sono rimasta affascinata dal Duomo e dalla Galleria Vittorio Emanuele.

Cosa pensi della situazione presente della moda polacca?

Purtroppo ai giovani stilisti polacchi manca sia l’appoggio finanziario che di management perché possano emergere.

La strada per Menfi e Tebe passa per Torino

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«La strada per Menfi e Tebe passa per Torino». Queste furono le parole pronunciate dal più grande decifratore dei geroglifici egizi, Jean-François Champollion, che giunse a Torino nel 1824 per lo studio delle collezioni del Museo Egizio appena aperto. Ed in questo mese d’aprile 2015 il Museo delle Antichità Egizie di Torino, sale alla ribalta mondiale, grazie all’inaugurazione dei suoi nuovi suoi spazi espositivi, passati da 6.500 a oltre 12.000 mq. Un museo che, oltre ad essere uno dei musei più visitati d’Italia, è l’unico al mondo, insieme a quello del Cairo, interamente dedicato all’arte ed alla cultura egizie, vantando la seconda maggiore collezione di antichità egizie in assoluto, la più importante e ricca al di fuori dell’Egitto.

Un secondo posto di tutto rispetto, di cui il Museo e la città sono sempre andati molto fieri e che ha attirato fin dalla fondazione, nel 1824, non solo turisti e appassionati di egittologia, ma anche i maggiori studiosi di fama internazionale.

L’imponente piano di lavori a cui[cml_media_alt id='113431']Bruno Franco - Museo Egizio (1)[/cml_media_alt]
è stato sottoposto il Museo, sempre all’interno della storica sede in via Accademia delle Scienze, nel cuore della città, ha come obiettivo quello di ottimizzare, restaurare, ampliare e mettere in sicurezza la struttura e le sue ricche collezioni.

Il pubblico può così godere di un nuovo allestimento pensato per valorizzare lo straordinario patrimonio culturale che custodisce questo museo. Il Piano Ipogeo ha una diversa destinazione: diventa infatti l’area destinata ai servizi di accoglienza del pubblico (biglietteria, museum shop, guardaroba, aule didattiche, servizi, ecc.), mentre il percorso museale definitivo, inizia risalendo al secondo piano (dove fino a qualche mese fa era ospitata la Galleria Sabauda) attraverso un sistema di scale mobili collocate in un ideale percorso “di risalita del Nilo” ideato da Dante Ferretti, per concludersi infine al piano terra: una emozionante passeggiata di tre piani attraverso l’affascinante mistero delle antichità egizie. Da non perdere la nuova “Galleria dei Sarcofagi”, allestita con teche contenenti i sarcofagi risalenti al Terzo Periodo Intermedio, esposti in modo regolare e scenografico, il cui restauro è stato possibile grazie agli Scarabei, Associazione Sostenitori Museo Egizio di Torino.

 

Il Museo e Torino

 

Pur non avendo un “carattere italiano”, il Museo Egizio è uno dei grandi poli attrattori culturali di Torino, molto amato da residenti, turisti, studiosi e appassionati. Ma il Museo Egizio di Torino non è solo un tassello dell’offerta culturale e turistica della città: rappresenta infatti un pezzo di storia del territorio, un tratto distintivo della sua identità. Generazioni e generazioni di torinesi sono cresciute visitando le sue sale e scoprendo le sue meravigliose collezioni, con la consapevolezza di possedere un “tesoro”: il più antico museo egizio del mondo. Il percorso di rinnovamento del Museo non risponde quindi solo alle logiche di tutelare e conservare al meglio un patrimonio culturale di eccezionale qualità e di mantenere alto il livello di attrazione turistica, ma è anche il segno della capacità di rinnovarsi della comunità di cui è espressione.

Durante le operazioni di rifunzionalizzazione non si è mai fatto un giorno di chiusura per i lavori in corso e l’impegno della Fondazione per un Museo “sempre aperto” per non penalizzare il pubblico di appassionati e studiosi ha permesso di registrare continui record anche sotto il profilo degli ingressi, con risultati superiori al mezzo milione di visitatori (nel 2013 sono stati più di 540.000, con una crescita del 24,8% rispetto l’anno precedente), grazie ai quali il Museo si è classificato al 9° posto in Italia e nei primi 100 del mondo.

 

Un insieme unico di collezioni[cml_media_alt id='113432']Bruno Franco - Museo Egizio (3)[/cml_media_alt]

Il Museo Egizio è costituito da un insieme di collezioni che si sono sovrapposte nel tempo, alle quali si devono aggiungere i reperti acquisiti a seguito degli scavi condotti in Egitto dalla Missione Archeologica Italiana tra il 1900 e il 1935. Il criterio dell’epoca prevedeva che gli oggetti rinvenuti durante gli scavi fossero ripartiti fra l’Egitto e le missioni archeologiche. Il criterio oggi in vigore prevede che i reperti archeologici rimangano in Egitto. Nelle sale del Museo delle Antichità Egizie sono oggi esposti circa 6.500 oggetti. Più di 26.000 reperti sono depositati nei magazzini, in alcuni casi per necessità conservative, in altri perché rivestono un interesse unicamente scientifico (vasellame, statue frammentarie, ceste, stele, papiri) e sono oggetto di studi i cui esiti sono regolarmente pubblicati.

 

Il faraone che vive in un palazzo del ‘600

 

Sede del Museo Egizio di Torino è sempre stata, ed è tuttora, il Palazzo dell’Accademia delle Scienze: edificio concepito nel 1678 per ospitare un collegio gesuita per i giovani rampolli delle famiglie aristocratiche, da qui l’antico nome di Collegio dei Nobili.

 

Un cantiere di dimensioni faraoniche

1080 giorni di lavoro, 110 maestranze operanti in cantiere, 6.992 mc di terra rimossa, 2.185 mc di calcestruzzo, 254.027 kg di armature in ferro, 160.000 mt di cavi elettrici, 1820 mq di superfici vetrate, 12.500 mq di pittura muraria.

 

Museum Plus

Il Museo Egizio di Torino è il primo museo in Italia ad impiegare il sistema MuseumPlus per la digitalizzazione dei propri reperti, sfruttando così il più avanzato e sofisticato software per la gestione di questo tipo di dati, in sintonia con i più importanti musei dell’Europa centrale. Tra le istituzioni che si avvalgono di questo servizio figurano il Museo del Louvre, i Musei statali di Berlino (tra cui il Museo Egizio) e il Deutsches Museum di Monaco, oltre a numerose collezioni di arte antica e moderna, musei di scienza, storia e tecnologia, fondazioni e gallerie private.