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Home Blog Page 297

Martone porta Leopardi sugli schermi, mentre al Lido s’aggira Uma Thurman (qui videoclip del film “Il giovane favoloso”)

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Diciamo subito che “Il giovane favoloso”, il film (in concorso) sulla vita del poeta Giacomo Leopardi, del regista Mario Martone mi è piaciuto. Non è facile raccontare la vita di una figura così significativa della cultura italiana. E non lo è per tanti motivi, innanzitutto perché chi l’ha letto e studiato si è fatto un’idea di Leopardi che non potrà mai essere completamente rappresentata e soddisfatta da nessun film, e poi perché chi non conosce la figura di Leopardi non sarà più di tanto affascinato da un’esistenza malinconica di un intellettuale fisicamente malato che non riesce a trovare scampoli né di serenità, né tantomeno di piacere e che trova il suo unico rifugio nello scrivere. Un film che scorre contrassegnato più dai versi poetici di Leopardi che dagli aneddoti della sua vita. Ottima l’interpretazione di Elio Germano che riesce a rendere palpabile l’inquietudine che domina il poeta di Recanati.

Intanto mentre Vi scrivo Uma Thurman sta gironzolando per il Lido in attesa di assistere alla proiezione di Nymphomaniac (long version), in cui recita una breve ma significativa parte, anche se il vero motivo per cui è arrivata in laguna, accompagnata dai suoi tre figli, è la presenza in concorso del film “Good kill” dell’ex marito Ethan Hawke.

Restando in tema di italianità ho apprezzato il documentario dedicato a Gian Luigi Rondi, mostrato in anteprima ieri alla presenza dello stesso 92enne ex direttore della Mostra del Cinema di Venezia. “Gian Luigi Rondi: vita, cinema, passione”, del regista Giorgio Treves, è anche un ottima occasione per ripercorrere oltre mezzo secolo di cinema italiano, dal neorealismo, al cinema civile, alla commedia all’italiana, attraverso la carriera di Rondi.

Stamattina ho poi provato a vedere “Tsili” (fuori concorso) di Amos Gitai, storia di una ragazza ebrea che sfugge ai massacri della guerra nascondendosi in un bosco. Sarò sincero, dopo aver combattuto per 20 minuti col rischio di appisolamento sono uscito a prendere una boccata d’aria fresca. Aria oggi, forse in onore delle atmosfere letterarie de “Il giovane favoloso”, autenticamente autunnale.

http://paolozennaro.com/gazzettaitalia/4756.mp4

Lanciata la gara d’appalto per la costruzione del tratto dell’autostrada S3 in Bassa Slesia

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Come ha informato GDDKiA (Direzione Generale delle superstrade nazionali e autostrade) sei aziende si sono presentate alla gara d’appalto per la costruzione del tratto di S3 Gaworzyce – Ka?mierzów in Bassa Slesia. Il percorso si estenderà per 17 km di lunghezza e il vincitore della gara avrà 30 mesi di tempo per eseguire l’opera, esclusi i tre mesi invernali.

 

 

“Si prevede di firmare il contratto per l’avvio dei lavori entro la fine dell’anno e saremo attenti a scegliere l’offerta migliore, considerando il prezzo, i termini e la garanzia per il lavoro” ha riferito il portavoce, Joanna Borkowska.

Il percorso S3 collegherà il confine occidentale del paese con quello meridionale e con la Repubblica Ceca.

(fonte: Polonia Oggi)} else {

Celebrazioni per il 75° anniversario dell’inizio della Seconda Guerra mondiale

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c. Come ogni anno a Westerplatte si iniziano le celebrazioni per l’anniversario dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Durante le celebrazioni per il 75° anniversario il Primo Ministro polacco, Donald Tusk, ha detto:

[cml_media_alt id='111473']westerplatte[/cml_media_alt]

“questa “non più guerra” non può essere un’espressione di delusione ed illusione che il mondo è privo di Paesi che con la forza vorrebbero svolgere le proprie politiche”.

Secondo Donald Tusk, ormai non è il tempo per fare un bel discorso e oggi non è il momento per l’ottimismo perché le parole “non più guerra” nel confronto con quello che succede in Ucraina portano un carico completamente diverso.

“Noi europei dobbiamo imparare la lezione di questi tragici anni della Seconda Guerra mondiale, la lezione, che non può essere considerata come ottimismo ingeuo” – ha esortato Donald Tusk e ha aggiunto “Oggi c’è ancora il tempo per fermare tutti quelli in Europa e nel mondo per i quali la violenza, la forza, l’aggressività sono l’arsenale di azioni politiche. Per questo motivo a Westerplatte noi polacchi abbiamo diritto e dovere di dire ad alta voce che nessuno ha il diritto di bloccare le nostre iniziative volte a fare la pace in tutto il mondo”.

(fonte: Polonia Oggi)

Drammi nazionali e dolori privati, a Venezia per ora dominano le trame cupe (nell’articolo una videoclip di “Hungry Hearts”)

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Genocidi e drammi familiari. Il clima cupo che in questi anni si respira quasi ad ogni latitudine del pianeta è abbondantemente rappresentato dai film in concorso a questa 71^ edizione della Mostra del Cinema.

Oggi vi presento due storie drammatiche e intense, una di grandi dimensioni, il genocidio armeno ad opera dei Turchi e l’altra intensamente familiare legata alla paranoia di una madre ossessiva.

“The cut” di Fatih Akin (vi ricordate il suo film “Soul Kitchen”?), è un film epico vecchio stile, lungo 2 ore e 20 minuti, e con ambientazioni sontuose e costose. Attorno alla figura di Nazareth Manoogian (interpretato da Tahar Rhamin), armeno, padre di due figlie, strappato dalla sua famiglia, si racconta il genocidio del popolo armeno avvenuto durante la prima guerra mondiale ad opera dei Turchi. Nazareth miracolosamente sfuggito al genocidio cercherà dopo la fine del conflitto le figlie, partendo dal deserto della Mesopotamia per arrivare fino al North Dakota. Un ricerca resa facile o difficile a seconda della variegata umanità che incontra sul suo cammino. Un film avventuroso e drammatico che nel raccontare una storia di un secolo fa sembra attualissimo. Se vi piacciono i colossal del genere guardatelo.

Dolore e dramma sono protagonisti anche di “Hungry hearts”, firmato da Saverio Costanzo, secondo film italiano in concorso (ma girato in inglese). Qui il dramma si esprime nella dimensione più privata possibile ovvero il rapporto tra madre e figlio. Jude e Mina si conosco casualmente, si piacciono e mettono al mondo un figlio. La sensibilità preparto di Mina si tramuta in una ossessione possessiva ed egocentrica. Fantasie messianiche sul ruolo che avrebbe il figlio unite ad un veganismo intollerante portano il piccolo alla malnutrizione e ad uno sviluppo ritardato. Il padre Jude per amore di Mina regge fin troppo ai deliri della compagna, cercando di nutrire il bambino di nascosto finchè la situazione precipita ed entra in gioco la madre di Jude. Un film intenso non adatto ai cuori sensibili sul tema della maternità.

A completare il clima cupo che regna nella maggior parte delle trame che vengono presentate quest’anno a Venezia, spendiamo due parole sul film “H.” di Rania Attieh e Daniel Garcia, un’opera che rientra nella sezione Biennale cinema-college, ovvero tra film aiutati da un contributo destinato a progetti da idearsi e svilupparsi in 11 mesi e da presentarsi alla Mostra. Il film con buone capacità stilistiche racconta una storia di cambiamenti ed estraneazioni causate da un evento inspiegabile avvenuto in una sperduta cittadina americana. Protagonisti anziane signore che accudiscono bambole come fossero esseri umani e artisti che confondono emotività, fisicità, arte arrivando ad una finale disintegrazione del senso di vivere.

Che dire, speriamo in un cambio tematico nei prossimi film. A domani!

A questo link una videoclip di “The cut”: http://paolozennaro.com/gazzettaitalia/4654.mp4}

Al Pacino e Charlotte Gainsbourg, ovvero sono arrivate le star! (nell’articolo clip video su “3 coeurs”)

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Al Pacino, Charlotte Gainsbourg, Catherine Deneuve, Chiara Mastroianni. È una giornata del Festival contrassegnata dalle star che in conferenza stampa fanno il pieno di applausi e complimenti anche se né i due film di Al Pacino presentati a Venezia, né il francese “3 coeurs” (in cui Deneuve recita al fianco della figlia Chiara Mastroianni e dell’eroina di “Nymphomaniac” Charlotte Gainsbourg) sembrano destinati a far sfracelli al botteghino.

Cominciamo da quello che mi ha deluso di più: “Manglehorn” (film in concorso) diretto da David Gordon Green. La trama è quella di un uomo buono, giunto alla stagione della vecchiaia pieno di rimorsi per aver perso l’amore della sua vita. Vive con la gatta, tra scarsi rapporti umani ed un banale lavoro da fabbro. Un film che cerca di esaltare la normalità di tante esistenze ma che alla fine non incide, nonostante l’ennesima ottima interpretazione di Al Pacino che alla fine si libererà dall’ossessione per l’amore perso e si lascerà conquistare dalla cassiera della banca interpretata da Holly Hunter. Un film che di certo non sarà ricordato tra i più riusciti della celeberrima filmografia di Al Pacino.

Leggermente più intrigante “The humbling” (fuori concorso) in cu Barry Levinson narra la relazione erotica tra il quasi settantenne Al Pacino e la poco più che teenager Greta Gerwig. La trama è abbastanza prevedibile con Al Pacino attore in pensione che si innamora della rude, lesbica ma assolutamente eccitante quanto egoista Greta Gerwig che nel film è la figlia di amici coetanei di Al Pacino che naturalmente quando scoprono la relazione si infuriano. Il film è abbastanza prevedibile ma si fa rendere godibile grazie ad alcune scene piacevolmente ironiche e alla buona recitazione del cast.

“3 coeurs” ci riporta alle atmosfere europee, anzi precisamente dei film di genere “triangolo amoroso” di cui i registi francesi ci hanno sempre offerto a piene mani. È una storia incastonata sugli episodi che determinano il destino di una vita. Coincidenze che portano il protagonista, un funzionario del fisco interpretato da Benoite Poelvoorde, prima ad innamorarsi di Sylwie (Charlotte Gainsbourg) – che però perde di vista mancando ad un appuntamento – e poi casualmente a conoscere e sposare la sorella della stessa Sylwie, la bella e timida Sophie (Chiara Mastroianni). Il melodramma si materializza al matrimonio quando Sylwie torna dagli USA e ritrova l’amante mancato sposato con la sorella. Da quel momento ne nasce un cupo menage a trois alle spalle dell’inconsapevole Sophie ma non della mamma delle sorelle, interpretata dalla sempre più formosa Catherine Deneuve. Un film che si guarda con piacere e che nel finale dà un colpo d’ali facendo oniricamente incontrare i due amanti mancati al famoso appuntamento. Film perfetto da guardare a novembre sotto le coperte mangiando cioccolatini.

Ho trovato invece sufficientemente irritante “Heaven knows what” (in concorso sezione orizzonti) di Josh e Benny Safdie, film che pretende di raccontarci la vita tossica di sbandati a New York dimenticandosi che sul genere “sballo” ci sono precedenti da cui sarebbe il caso prendere spunto: “Trainspotting” tanto per citarne uno. Quindi se non volete sprecare 94’ minuti della vostra vita lasciate perdere questo film.
http://paolozennaro.com/gazzettaitalia/4416.mov

Chi è Donald Tusk, il nuovo presidente del Consiglio Europeo

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Donald Tusk, primo ministro della Polonia, è stato appena nominato presidente del Consiglio Europeo. La sua nomina giunge contemporaneamente a quella di Federica Mogherini come Lady Pesc. Prima di tutto, vediamo di che cosa si occupa il presidente del Consiglio Europeo. Il Consiglio europeo è composto dai capi di Stato o di governo dei paesi membri dell’Unione europea e dal Presidente del Consiglio europeo che ne presiede le sessioni; inoltre partecipa senza diritto di voto il Presidente della Commissione europea. Secondo il trattato di Lisbona, il Consiglio Europeo dà all’Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti politici e le priorità politiche generali.

E invece, chi è Donald Tusk? Classe 1957, nato a Danzica, attivo ai tempi dell’università in Solidarnosc, membro della minoranza casciuga, centrista pragmatico e cattolico praticante (ma laico in politica). In Polonia, era stato sconfitto nel 2005 dal candidato iperconservatore Lech Kaczynski, per poi prendersi una rivincita nel 2007 e rivincere nuovamente nel 2011. Il suo partito è Piattaforma Civica, partito di centrodestra dalla forte connotazione europeista e membro del Partito Popolare Europeo.

La storia politica di Donald Tusk è un po’ quella della nuova Polonia, uno dei pochissimi paesi dell’Unione Europea che anche in questi paesi di magra sta raccogliendo ottimi risultati dal punto di vista economico divenendo un’ennesima meta per i giovani talenti, anche italiani. La situazione economica in Polonia è infatti ottima, se dovessimo usare i criteri numerici del debito pubblico (55%) e della crescita del Pil in anni di recessione (nel 2014 dovrebbe salire del 2,8%). Ciononostante rimane molto alta la disoccupazione (al 10,3%) e soprattutto ci sono ancora vaste aree del paese che vivono in una situazione di povertà.

Nel complesso, però, la tendenza economica della Polonia è molto positiva, tanto più che l’ingresso della Polonia nella Ue ha avuto parecchi risvolti positivi, come scrive Limes: “L’aumento di credibilità del paese nell’arena internazionale, che ha consentito di attirare più facilmente gli investimenti esteri e pagare un premio di rischio più basso in punti percentuali. L’altro è stato l’afflusso dei fondi di coesione dell’Ue, negli ultimi anni pari a circa il 3% del pil, che hanno permesso alla Polonia di vivere una vera e propria rivoluzione infrastrutturale“.

A favore di Donald Tusk ha però giocato anche la “chimica” tra lui e Angela Merkel, chimica che ha fatto sì che in questi anni i rapporti tra i due paesi diventassero strettissimi. Scrive Europa:

L’agenda di Tusk ha portato a risultati apprezzabili, anche grazie alla “chimica” raggiunta con Angela Merkel. Entrambi centristi, entrambi pragmatici, entrambi nati negli anni ’50 (Tusk nel ’57 e Merkel nel ’54) e cresciuti al di là della cortina di ferro. I due paesi, inoltre, hanno sperimentato in questi anni un ulteriore aumento delle relazioni economiche. Si deve tenere conto, infine, anche delle origini polacche della cancelliera tedesca: hanno senz’altro aiutato.

( Andrea Signorelli – www.polisblog.it )

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Sikorski sfida Putin e distribuisce le mele polacche a Milano bandite da Mosca

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La disputa sul frutto della discordia, potremmo chiamarlo, l’ennesima sfida tra Russia e Polonia. Il ministro degli esteri di Varsavia, grande esportatrice di frutta, si è presentato all’incontro informale dei ministri degli Affari Esteri dell’Unione europea in corso a Milano oggi e domani ospitata dal nostro ministro Federica Mogherini, con un cesto colpo di mele e le ha distribuite agli stupefatti giornalisti internazionali presenti affermando: «Mangiatele pure, non sono avvelenate come dice Vladimr Putin» ha detto Radoslav Sikorsky, uomo dotato di forte personalità, riferendosi al blocco delle importazioni del frutto deciso dalla Russia come contromossa alle sanzioni europee per il conflitto in Ucraina.

«Intanto in Ucraina la gente sta morendo e i russi sembra stiano avvicinandosi alla città di Mariupol – ha aggiunto – bisogna essere qui – ha poi sottolineato – per capire quali idee ci sono sul tappeto per fermare Putin».

Nel frattempo si sono susseguiti gli arrivi degli altri ministri degli Esteri della Ue, fra cui quello dell’Estonia Urmas Paet, che ha chiesto il «dispiegamento di truppe Nato alleate nei paesi confinanti con la Russia», quello olandese, Frans Timmermans che ha invocato «l’aumento delle spese militari in Europa» ma avvertendo che non siamo di fronte “al ritorno della Guerra fredda” e quello della Svezia, Carl Bildt, che ha sottolineato: «Siamo di fronte alla seconda invasione russa in un anno (riferendosi all’annessione della Crimea, ndr) e bisogna dare un forte supporto finanziario e politico all’Ucraina. Le sanzioni non servono – ha aggiunto – Putin ha deciso di sacrificare la sua stessa popolazione e per l’Italia addirittura il parmigiano».
( Vittorio Da Rold – www.ilsole24ore.com )

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Prze?mieszne “She’s funny that way”! (w artykule link do fragmentu filmu)

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(tłum. Katarzyna Kurkowska)

Nieodparta ironia, poziom godny Woody’ego Allena, aktorzy (Owen Wilson, Imogen Poots, Jennifer Aniston) arcyprzekonywujący w swoich rolach! Peter Bodganovich, w trzecim filmie na Festiwalu w Wenecji, podarował publiczności znakomitą komedię “She’s funny that way” (poza konkursem), która z pewnością okaże się hitem kasowym. Śmiejemy się nawet zanim padnie żart, bo same sytuacje są przezabawne, a gra aktorska – radośnie teatralna, zgodna z fabułą filmu. Fascynujący reżyser z Broadwayu, Arnold Albertson, z nawykiem ratowania kobiet z opresji, wciąga niechcący do swojego życia piękną call girl (Imogen Poots), która marzy o byciu aktorką. Szkoda tylko, że pewien stary sędzia ma obsesję na punkcie czaru tej samej call girl, która z kolei w tym samym czasie chodzi na terapię do kochanki scenarzysty, który… pracuje z reżyserem. Krótko mówiąc, jak już pewnie zauważyliście, wychodzi z tego niezły galimatias nieprawdopodobnych sytuacji, którym pikanterii dodaje fakt, że ojciec scenarzysty wciela się w rolę detektywa opłacanego przez starego sędziego (oczarowanego ‘pozytywną energią’ call girl) i śledzi każdy krok uroczej Imogen Poots, która z kolei ma za zadanie wnieść odrobinę magii do życia smutnych mężczyzn… Jak tylko film “She’s funny that way” wejdzie do kina, pędźcie, aby go zobaczyć!

Ameryka twarda i pełna cynizmu przedstawiona jest klarownie przez Ramina Bahrani w filmie “99 Homes” (w konkursie); jawi się tam jako bezlitosne państwo, które kocha zwycięzców i nie znosi przegranych, zwłaszcza tych biednych. Reżyser zmusza widza do ciągłego zadawania sobie pytania: jaki jest akceptowalny poziom nieszczerości, gdy chcemy uratować swoją sytuację finansową będąc na skraju przepaści?

W konkursie bierze też udział dokument “The look of silence” Joshuy Oppenheimera, poświęcony dramatowi dyktatury wojskowej w Indonezji, która poniosła za sobą masakrę tysięcy cywili podejrzanych o bycie komunistami. Film, który opowiada (tak jakby to jeszcze było komukolwiek potrzebne) w stylu dziennikarskiego reportażu co oznacza polityka zagraniczna USA, czyli przerażającą wolę niesienia „demokracji” w Azji jako sposób na niedopuszczenie do władzy przeciwnika, którym w tamtych czasach (1965) byli komuniści. Amerykański imperializm i rosnący w siłę islamizm połączone w jedno, aby pokonać tych, którym bliska była idea sprawiedliwości społecznej, oskarżonych o bycie groźnymi wywrotowcami. Film-protest, który być może warto obejrzeć przed wakacjami na Bali.

Fragment “She’s funny that way”: http://paolozennaro.com/gazzettaitalia/4184.mov

Angolo linguistico

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Salve a tutti. Eccoci nel nostro “Angolo del Linguista”. Intanto vorrei ringraziare le persone che mi hanno scritto rivolgendomi delle domande interessanti, non vi preoccupate della forma, siate coraggiosi nel fare le domande, comunque al limite potete scrivere anche in polacco. Ricordo a tutti che l’indirizzo al quale inviare i vostri dubbi linguistici è: lingua@gazzettaitalia.pl

La prima domanda è quella di Kasia. Lei ci scrive che qualche volta ha sentito, e che nell’ultimo numero di Gazzetta Italia, in una intervista ha letto la frase: “(…) sono sicuro che molti turisti polacchi siano arrivati anche indipendentemente.”

A questo punto dice: non ci hanno sempre insegnato che il congiuntivo è il modo dell’incertezza? Allora perché mai dopo “sono sicuro che…” dovremmo usare il congiuntivo?

La domanda è molto interessante. Prima di tutto, in questi particolari casi, sarebbe opportuno analizzare il contesto nel quale la frase è stata espressa. Spesso, facendo dei semplici esercizi di grammatica, non abbiamo il contesto linguistico nel quale calare la nostra frase.

Facciamo un doppio esempio:

  1. Ero sicuro che aveva preso il treno.
  2. Ero sicuro che avesse preso il treno.

Immaginiamo un contesto: siamo alla stazione, stiamo aspettando una nostra amica.

Ora due scenari: nel primo l’amica scende dal treno, nel secondo il treno va via ma noi non vediamo ancora la nostra amica, forse non è neanche arrivata.

Nel primo diremo: ero sicuro che aveva preso il treno… (infatti eccola là che scende)

Nel secondo diremo: (dove è la mia amica?) … ero sicuro che avesse preso il treno … (ma ora ho dei dubbi, visto che non la vedo). In questo caso, allora, il contesto mi ha portato a dubitare della mia sicurezza, ecco che uso il congiuntivo.

In un’altra e-mail, Ania si complimenta per la mia spiegazione, nel box linguistico del mese di marzo, per la parola “anzi”. Mi chiede di fare la stessa cosa per altre parole italiane. Tuttavia le parole da lei elencate sono molto particolari e hanno innumerevoli sfaccettature. Allora le prometto di scrivere un intero articolo sull’uso di queste due parole.

Infine un’interessante domanda sul vocabolario: Hania ci chiede se c’è una differenza fra le parole tavolo e tavola.

Certamente:

Il tavolo è l’oggetto in sé. Il tavolo di legno, un tavolo grande, ecc. La tavola invece è il tavolo apparecchiato pronto per il pranzo o la cena; quindi con tovaglia, posate, bicchieri e tutto quello che rende una tavola invitante e che trasmette il calore della famiglia. La mamma dice ai suoi bambini: “È pronto, a tavola”.