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Alessandro De Pedys nuovo Ambasciatore italiano in Polonia

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Alessandro De Pedys è il nuovo Ambasciatore d’Italia a Varsavia. La nomina, deliberata dal Consiglio dei Ministri, è resa nota dalla Farnesina, a seguito del gradimento concesso dal governo polacco.

Romano, classe 1961, De Pedys si laurea in Economia e Commercio presso l’Università di Roma ed entra in carriera diplomatica nel 1989, iniziando il suo percorso professionale alla Farnesina come Capo della Segreteria del Servizio del Contenzioso Diplomatico, Trattati e Affari Legislativi.

Nel 1992 si trasferisce all’Ambasciata d’Italia a Seoul, dove svolge la funzione di Segretario commerciale fino al 1996, anno in cui comincia a prestare servizio presso l’Ambasciata d’Italia a Londra, prima come Segretario e quindi come Consigliere.

Nel 2000 torna alla Farnesina presso il Servizio Stampa e Informazione, dove rimane per oltre due anni. Nel 2002 inizia a prestare servizio alle dirette dipendenze del Direttore Generale per l’Integrazione Europea. Nello stesso anno è Vice Capo della Delegazione per l’Organizzazione della Presidenza Italiana del Consiglio dell’Unione Europea. Nel 2004 comincia a prestare servizio presso l’Ufficio Affari Diplomatici del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica.

Nel 2007 è Console Generale ad Hong Kong e Macao, incarico che ricopre per oltre tre anni. Nel 2010 torna alla Farnesina, in qualità di Capo della Segreteria del Sottosegretario di Stato e poi del Vice Ministro degli Esteri.

Assemblea Generale della Camera di Commercio e dell’Industria Italiana in Polonia

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Lo scorso 24 giugno si è svolta l’annuale Assemblea dei Soci della Camera di Commercio e dell’Industria Italiana in Polonia presso lo Stadio Nazionale a Varsavia. Durante la riunione sono state presentate le attività svolte dal neo nominato Segretario Generale Elisabetta Caprino e il bilancio 2013 presentato dal Vice Presidente Donato Di Gilio. L’Assemblea ha approvato l’operato del Consiglio Direttivo presieduto da Piero Cannas.

Il Presidente ha presentato il programma 2014-15 con all’interno il progetto “Porta due amici” per incentivare l’associazionismo e consentire alla Camera di operare in maniera più dinamica su tutto il territorio nazionale.

A seguire, come ormai da tradizione, si è svolto il ritrovo conviviale per ospiti e soci con sottofondo ahimè l’ultima partita dei mondiali Brasile 2014 per l’Italia contro l’Uruguay.

Confetti variegati, angioletti di pezza e fiocchetti colorati, una tradizione che si trasforma in attività terapeutica

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Pezzettini di stoffa, straccetti ritagliati, palline e perline , fronzoli, pizzi, i nastrini in rafia nei toni delicati di tanti colori regnano ovunque. Ammassi di fili diversi tra di loro, aghi nei puntaspilli, forbicine che mandano segnali alle mani che non possono star ferme. Lavori in cui vengono usati soprattutto materiali di recupero: tessuti, carta, perline, plastica, nastri filati. Infine si passa al cucito creativo, al cartonaggio, alla decorazione, al ricamo e perché no a conferire per esempio al nostro confetto corpo e struttura più belli e più preziosi. Ed ecco a voi un semplice confetto che assume sotto le mani capaci e creative una forma raffinata e gradita. I famosi dolcetti, simbolo di fortuna e prosperità, con una mandorla di Avola dentro, ricoperti di cioccolato bianco o fondente ed associati a vari gusti come limone, arancia, pesca, hanno un’origine molto lontana. Le testimonianze li fanno risalire all’epoca Romana. Anche allora venivano usati per celebrare la nascita e i matrimoni, una tradizone arrivata dall’estremo Oriente. Associati alla bomboniera la cui rinascita si data al XVIII secolo, diventano oggetto da cerimonia. In Italia verso il secolo XV un piatto di ceramica contente dei confetti veniva donato da parte del fidanzato alla futura sposa come segno di fecondità e prosperità per la coppia.

L’abitudine di far realizzare confetti accostati alle bomboniere, fatte rigorosamente a mano dalla nostra artista Giulia, come sono presentati in questo articolo rivelano la loro attualità e sanno incuriosire soprattutto chi è alla ricerca di prodotti particolari.

La fantasia non conosce limiti ed il ricco ventaglio delle bomboniere aumenta. Un confetto avvolto da un panno bianco candido rappresenta una coppia di sposi novelli. Un confetto azzurro associato al maschietto o rosa nel caso della femmina annuncia allegramente a tutti gli invitati il battesimo. Assolutamente indispensabili i nostri confetti anche per molte altre ricorrenze, fest[cml_media_alt id='113158']Janusz - Confetti (3)[/cml_media_alt]e ed eventi importanti. Nulla è lasciato al caso sia per quanto riguarda il colore che il numero dei confetti nella bomboniera, tutto ha un significato: 5 confetti simboleggiano la fertilità, la lunga vita, la salute, la ricchezza, la felicità, 3 confetti si riferiscono alla coppia con il figlio mentre 1 confetto valorizza l’unicità dell’evento. I confetti, menzionati persino nelle opere di grandi scrittori e poeti italiani quali per esempio G. Leopardi, G. Carducci, G. Verga, hanno un loro preciso ruolo anche quando vengono posizionati sulla tavola, spesso contenuti da un cestino.

Il lavoro di Giulia è frutto della passione che sa trasmettere nei suoi lavori che non passano inosservati. Angioletti di pezza, borsette da pane, presine da cucina, accessori, e tanti altri oggetti coloratissimi e bizzarri fatti con varie tecniche di cucito e di lavorazione conquistano gli ospiti. Una tradizione che secondo alcuni sta perdendo importanza ma che in molti ambienti gode tutt’ora di successo.

Grazie all’impegno in tale attività manuale vengono regalati, a persone affette da schizofrenia, con disturbi psichici o di depressione, dei momenti magici e rilassanti. Coloro che partecipano ai laboratori organizzati da Giulia hanno la possibilità di poter comunicare attraverso l’attività creativa. Viene data loro la possibilità di acquisire abilità nuove e sperimentarsi con materiali diversi. Tutto ciò per aiutare la persona malata e darle la possibilità di esprimersi in maniera diversa, cioè attraverso l’esperienza creativa. Spesso queste persone hanno difficoltà relazionali: „e io cerco di fornire loro mezzi di comunicazione relazionali alternativi alla parola”, spiega Giulia. Il laboratorio diventa così quello spazio che facilita l’incontro con gli altri, inoltre partecipare a questi laboratori aiuta a rinforzare l’autonomia e l’autostima.

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Pienza, la città nata dal sogno di un Papa

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Pienza è un’incantevole cittadina della Toscana a circa 50 km da Siena. Grazie al suo bellissimo centro storico rinascimentale è dal 1996 patrimonio mondiale dell’Unesco. La città ha una storia relativamente breve. E’ stata infatti un piccolo borgo, chiamato Corsignano, fino al 1462 anno in cui diventò la realizzazione di un sogno, quello di Enea Silvio Piccolomini di realizzare il prototipo universale di città ideale. Dunque la sua storia è strettamente legata a quella di Piccolomini, nato a Corsignano il 18 Ottobre 1405 e diventato Papa nel 1458 col nome di Pio II. Il progetto di ricostruzione del piccolo borgo fu affidato, dal Papa stesso, al famoso architetto Rossellino che la trasformò in un’incantevole cittadina dalle atmosfere tipicamente medioevali.

Ma chi era Enea Silvio Piccolomini? Letterato, umanista e grande opportunista ebbe una vita molto movimentata che probabilmente oggi potrebbe sembrare poco consona ad un futuro Papa. Ma nel Quattrocento tutto poteva accadere… Enea Silvio fu il primo di 18 figli di Silvio Piccolomini e Vittoria Forteguerri. Nel 1385, a causa della sua appartenenza al partito dei nobili, la famiglia Piccolomini, una delle famiglie più importanti di Siena, venne esclusa dalla vita pubblica della città e costretta a ritirarsi nella signoria avita di Corsignano dove versava in difficili con[cml_media_alt id='113151']Morgantetti - Pienza (5)[/cml_media_alt]dizioni economiche vivendo del lavoro nei campi. Sperando di risollevare le sorti familiari e avendo notato nel figlio una spiccata attitudine agli studi, nel 1423 il padre inviò il diciottenne Enea Silvio a Siena a studiare diritto; ma il giovane, anziché seguire le direttive paterne, nei primi anni diede libero sfogo alla sua divorante passione per le lettere classiche. Nonostante questa sua grande passione però dovette alla fine obbedire al padre e dedicarsi agli studi giuridici. A Siena seguì le lezioni di importanti giuristi implicati a vario titolo nella vicenda conciliare che stava allora sconvolgendo la Chiesa occidentale ma il professore che esercitò su di lui il maggior fascino fu Mariano Sozzini, che lo entusiasmò per la vastissima cultura umanistica con cui arricchiva le sue cognizioni di diritto civile. Incontrò anche S. Bernardino da Siena, le cui prediche lo suggestionarono al punto da mettergli in animo l’idea di farsi frate. Fu lo stesso Santo a dissuaderlo, non vedendo in lui alcuna vocazione alla vita contemplativa. Da Siena, passando prima per mezza Italia, in seguito all’incontro con il Cardinale Domenico Capranica che lo aveva assunto come segretario, arrivò a Basilea dove aderì alla corrente scismatica che si opponeva al Papa Eugenio IV diventando consigliere e segretario di Amedeo VIII di Savoia antipapa con il nome di Felice V.

Il destino (o la Provvidenza) è sempre in agguato: il 10 novembre 1444 un esercito di polacchi ed ungheresi fu distrutto dai turchi sulla Varna. Anche per un diplomatico come l’Imperatore Federico III (ed eterno indeciso nella sua equidistanza tra Papa ed antipapa) era necessario prendere una posizione o quanto meno cercare di riunire le forze per non essere spazzati via dalle orde turche. E chi meglio di Enea Silvio era più adatto per ricucire i rapporti con Roma? Piccolomini, che al tempo era il consigliere dell’Imperatore, fu quindi inviato come ambasciatore a Roma.

Giunto a Roma e dimostrando il suo grande intuito, fece pubblica ammenda dei propri errori riuscendo a farsi perdonare da Eugenio IV che però impose una condizione a Federico III: il riconoscimento di se stesso come unico Papa. E latore del messaggio fu Enea Silvio nominato ad hoc segretario apostolico. Nello stesso momento si ritrovò ad essere segretario del Papa, dell’antipapa e dell’Imperatore alla faccia dei Guelfi e Ghibellini. Giunto ormai alla soglia dei quarant’anni il Piccolomini ritenne quindi che fosse arrivato il momento di resistere (o come diceva Lui sopportare) alla castità … ed entrò nella carriera ecclesiastica che rapidamente scalò, tanto che, nel 1458 a 53 anni, salì sul Trono di Pietro con il nome di Pio II. La sua elezione creò grandi aspettative tra gli altri umanisti del tempo, ma vennero, come spesso accade, amaramente delusi: Pio II voleva sì lasciare una traccia indelebile, non per le sue doti umaniste o di devozione, ma solo come persona fisica.

E realizzare la città perfetta, tanto ambita dai Signori e dai più grandi architetti dell’epoca come Leon Battista Alberti o Francesco di Giorgio Martini e splendidamente dipinta nella città ideale di Piero della Francesca, fu il suo viatico per l’immortalità. Del progetto originale del 1459 oggi rimangono molti palazzi quattrocenteschi specie lungo corso Rossellino e piazza Pio II sulla quale si affacciano la Cattedrale rinascimentale, il Palazzo Comunale e il Palazzo Piccolomini, di fianco al Duomo, considerato uno dei primi esempi di architettura rinascimentale.

I lavori durano poco più di tre anni ed il 29 agosto 1462 per la festività di San Giovanni Battista Pio II consacrava la Cattedrale e inaugurava la nuova città di Pienza. Tra un viaggio e l’altro il pontefice era riuscito a concretizzare un sogno incredibile: costruire una città, progettandola secondo la nuova filosofia che vedeva l’uomo al centro dell’universo. L’antico borgo di Corsignano non esisteva più, la città Utopia era sorta e portava il suo nome: Pienza. Ma né Pio II e nè il Rossellino poterono godere a lungo della loro creatura. Legati da uno strano destino morirono entrambi nel 1464 a distanza di solo due mesi l’uno dall’altro. Il Papa ad Ancona dove stava per imbarcarsi per una crociata ed il Rossellino mentre stava pensando ad una nuova città. Oggi, sei secoli più tardi, visitando questa affascinante cittadina, viene naturale ringraziare entrambi. Pienza è circondata da mura, la strada principale è collegata da due entrate. Grazie a ciò è interamente zona pedonale quindi, se si arriva in automobile o in pullman, si deve parcheggiare al di fuori delle mura della città. Lungo la strada principale che porta fino alla piazza più importante, ci sono incantevoli stradine laterali dai nomi accattivanti come Via Bella Fortuna, Via Del Bacio, o Via Dell’Amore. Portano tutte quante alle mura della città da dove si può godere del meraviglioso panorama del manto verde lussureggiante della Val D’Orcia. Dopo la visita ai luoghi e ai monumenti storici della città il visitatore non può lasciare Pienza senza aver assaggiato il suo famoso pecorino. Il Pecorino di Pienza, particolarmente apprezzato già da Lorenzo il Magnifico, è un formaggio a pasta cotta prodotto con latte crudo intero di pecora di razza sarda. Il Pecorino Toscano D.O.P, apprezzato in tutto il nostro paese, rappresenta una delle eccellenze italiane.

Casarecce siciliane in crema di pistacchi e salmone

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Ingredienti:

(per 4 persone)

  • 400 g casarecce siciliane
  • 80 grammi di pistacchi sgusciati
  • 150 g di salmone affumicato
  • 300 ml di panna da cucina
  • aglio
  • mezzo bicchiere di vino bianco secco
  • prezzemolo

Procedimento:

Lessare per 3 minuti i pistacchi in acqua non salata, scolarli e aggiungere la panna, un pizzico di sale, pepe e 2 cucchiai d’olio extravergine. Con un mixer a immersione frullare il tutto fino ad ottenere un composto liscio e uniforme.

Tagliare il salmone a listarelle, o se preferite a cubetti, e in una padella con 1 spicchio d’aglio tritato saltarlo per un paio di minuti, aggiungere il vino e far evaporare. Quando il vino sarà completamente evaporato aggiungere la crema di pistacchi e cuocere a fuoco bassissimo per 10 minuti, mescolando spesso. Se la crema dovesse restringersi troppo, aggiungere un po’ di panna. Cuocere le casarecce in abbondante acqua salata e poi saltarle in padella con la crema. Servite immediatamente con una spolverata di prezzemolo.

Buon appettito!

Alberto Amati: italiano di nascita, polacco per scelta

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Amati è arrivato in Polonia 4 anni fa e si è subito acclimatato! La passione per la musica l’ha scoperta quando seguiva lezioni di pianoforte al conservatorio Giuseppe Verdi a Ravenna. Intanto affinava le sue capacità vocali sotto l’occhio del Maestro Franco Segurini.

Alberto, quando hai cominciato a cantare e cosa ti ha spinto?

Eh bè, ho cominciato a cantare nel 1992. Mia sorella ha partecipato a un concorso canoro, allora anche io ho voluto mettere alla prova le mie capacità. Nel 1995 ho cominciato una collaborazione con Vellmania Recording Studio e partecipavo ai diversi concorsi canori e festival tra cui lo Stalattite d’oro, e il Festival dell’Unità. Mi sono esibito anche alla TV italiana: Tele San Marino, Video Regione, Rete 1 Faenza.

Ed in Polonia quale repertorio presenti?

Ho un repertorio molto vasto. Sto interpretando canzoni a partire dagli anni 50, fino ad arrivare a canzoni contemporanee. Canto sia in italiano che in inglese. Principalmente sono dei brani che i polacchi conoscono bene e gli piacciono. Sto partecipando a diversi festival della musica, agli eventi, e alle serate italiane, ma canto anche in contesti privati, per esempio ai matrimoni. Il repertorio che sto facendo contiene i canzoni di successo di Celentano, Drupi, Ricchi ePoveri, Modugno, Ramazzotti, Zucchero etc.

Quale musica ascolti di solito? Hai dei tuoi artisti preferiti da cui trai ispirazione?

Si certamente! I miei artisti italiani preferiti sono: Mario Biondi, Francesco Renga, Raffaele Gualazzi, Simona Molinari. Tra gli artisti stranieri mi piace molto Michael Bublé. Invece un musicista polacco che mi sta decisamente ispirando è Piotr Sa?ata.

Cosa ti piace della Polonia?

Della Polonia mi piace molto che i negozi restino aperti molto a lungo e  che non c’è la siesta. Nella mia città in Italia non riesci a comprare niente dopo le 21, e invece qui i negozi sono aperti anche 24h. Un’altra cosa che mi piace molto è il comportamento che hanno i polacchi sulle strade. Qui la gente guida molto bene, rispetta il codice stradale, in Italia sulla strada ti senti come in una giungla, nessuno rispetta le regole. Penso anche che ci sia meno burocrazia in Polonia, e forse per questo funziona meglio di quella italiana, e si perde meno tempo nelle file degli uffici per fare affari.

La cucina polacca ti ha convinto? Hai qualche piatto preferito?

Naturalmente mi piace la nostra cucina italiana, ma mi piacciono anche alcuni piatti tipici polacchi come i pierogi, ?urek, barszcz z uszkami.

Cosa non ti piace della Polonia?

Decisamente non mi piace quando vengono aggiunte alla pizza le salse pronte tipo ketchup o maionese! La pizza polacca non è uguale alla pizza vera…

Osservo anche le differenze culturali, in genere gli italiani sono piu aperti e disponibili a fare nuove conoscenze, qui è diverso.

Sei d’accordo con gli stereotipi che riguardano i polacchi? Prima di arrivare in Polonia ne hai sentiti tanti?

Non credo negli stereotipi, e non ne ho sentito nessuno sui polacchi.

Alberto, quali sono i tuoi piani per il futuro?

Ovviamente vorrei fare più concerti, sogno anche di poter cantare a Varsavia. Prossimamente, il 9 luglio, canterò all’evento “W?oskie Lato” a Bydgoszcz. Penso anche di partecipare al XII Festival internazionale della canzone italiana “La Scarpa Italiana” a Wyrzysk.

Allora non mi rimane altro che augurarti una buona carriera di un musicista in Polonia!  Grazie mille per la intervista!

Grazie a voi!

Mousse al cioccolato bianco con gelatina di albicocche

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Ingredienti:

Per la mousse:

  • 6 g di gelatina alimentare in fogli
  • 240 g di cioccolato bianco a pezzetti
  • 125 g di latte fresco intero
  • 250 g di panna fresca da montare

Per la gelatina:

  • 125 g di albicocche sciroppate
  • 125 ml di acqua
  • 8 g di gelatina alimentare in fogli
  • 80 g di zucchero

Per decorare:

  • albicocche sciroppate
  • zucchero di canna

Procedimento:

Mettete la gelatina alimentare ad ammorbidire in acqua fredda. Nel frattempo sciogliere il cioccolato bianco al microonde oppure a bagnomaria.

In un pentolino portate il latte quasi a bollore, toglietela dal fuoco e aggiungete la gelatina strizzata bene. Versate poi la gelatina dentro il cioccolato fuso amalgamando e lasciate riposare a temperatura ambiente.

Montate la panna ben fredda con le fruste elettriche e  unitela delicatamente al composto di cioccolato solo quando quest’ultimo sarà completamente a temperatura ambiente.

Trasferite quindi la mousse in una tasca e distribuitela nei bicchierini: mettete quindi i bicchierini in frigo per far rapprendere bene la mousse.

Mentre la mousse si raffredda preparate la gelatina di albicocche: frullate con il frullatore a immersione le albicocche. Scaldate a parte l’acqua e fate sciogliere la gelatina precedentemente ammollata per 5 minuti e ben strizzata; aggiungete quindi lo zucchero mescolando e infine l’acqua con la gelatina.

Unite il composto alla polpa frullata di albicocche e lasciate riposare a temperatura ambiente.

Versate la gelatina raffreddata sulla superficie delle mousse e fate rassodare in frigorifero.

Passate infine le albicocche sciroppate nello zucchero di canna chiaro e decorate le mini mousse.

Buon appettito!

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“Brutto è trendy”, ovvero la moda nello stile faux pas

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Osservando gli ultimi trend ho notato che attualmente i look poco attraenti sono al centro dell’attenzione. Le maggiori case di moda nel mondo ci offrono delle proposte che fino a poco fa erano sinonimo di cattivo gusto e oggetto di ridicolo. Intendo sandali di plastica indossati con calzini, ciabatte ortopediche, salopette o gonne-pantaloni.

La famosa blogger Leandra Medine ama lo stile “brutto è trendy”, alla domanda sui birkenstock risponde: “Sono tanto sexy quanto assurdi”. Vi ricordate i jeans delle protagoniste di Beverly Hills 90210? Sì, appunto, quelli con vita alta, finora associati con le donne sui 50. Oggi sono diventate una [cml_media_alt id='113107']Marczak - Brzydkie znaczy modne (3)[/cml_media_alt]hit assoluta e ogni persona fashion deve averli nel suo armadio. La follia non finisce qui. In questa stagione il marsupio alla cintura smette di essere esclusivamente l’attributo di un turista e viene venduto anche nelle boutique di Chanel sulla piazza Vendome a Parigi. Le ciabatte da piscina sono l’apice della moda “brutta”, che domina adesso. Ashley Williams dice di avere un “approccio sentimentale” ad esse e di indossarle anche d’inverno con collant e calzini. In questa situazione ho un’impressione che il mondo della moda sia impazzito e mi chiedo quanto queste assurdità possano resistere. Ora dobbiamo aspettarci nelle prossime stagioni l’assalto ai caschi da bici o ai berretti oppure gonne per uomini? Se ci penso mi vengono i brividi, ma provo a trovare la soluzione di quel mistero: dove finisce la moda e dove inizia l’imbarazzo. Forse il mondo della moda sta cercando di comunicarci che non ci sono cose impossibili, oppure ci sta semplicemente prendendo in giro.

Alcune stagioni fa non avrei mai pensato di indossare i sandali a suola rialzata. Oggi, entrando in negozio, mi chiedo se forse dovrei arrendermi e comprarmene un paio per passare l’estate comodamente.  Poi li indossa tutto il mondo e gli stilisti li amano addirittura! Magari dovrei scegliere una gonna-pantalone o una salopette prima che diventino ribattezzate come il prossimo top del fashion? Alla fine ho deciso di cercare qualcosa nell’armadio della mamma e sentirmi come una trendsetter eccentrica. Ho capito che il leitmotiv di tutte le idee menzionate è la mancanza del buon gusto: se qualcosa non è opportuno è semplicemente cool. La moda di oggi assume un’altra dimensione e smette di essere sicura. Le combinazioni perfette sono prevedibili e semplicemente noiose. C’è un metodo in questa follia: il mondo della moda prova ad insegnarci il coraggio e ci induce agli esperimenti. Possiamo indossare tutto ciò che vogliamo al momento, c’è una sola regola: farlo con orgoglio e confidenza.

Non amo leggere le affermazioni che oggi giorno gli uomini iniziano ad interessarsi alla moda. Secondo me ne erano interessati, la creavano e ne erano parte da sempre. Le donne per anni si sono ispirate ai guardaroba maschili e usavano le loro soluzioni per comodità. Oggi la situazione è inversa perchè gli uomini iniziano ad ispirarsi ai trend finora riservati alle do[cml_media_alt id='113108']Marczak - Brzydkie znaczy modne (5)[/cml_media_alt]nne. Una prova riuscita? Vi presento alcune hit del guardaroba maschile che inconsciamente respingono le donne. Durante la fiera di moda maschile Pitti Uomo si potevano osservare le giacche gettate sulle spalle, esattamente come le indossavano le top fashioniste. Un altro hit della moda maschile di questa stagione è il colore arancione, che non solo è molto difficile nelle stilizzazioni, ma anche non aggiunge bellezza. Jian DeLeon, redattore dell’americano GQ.com dice che “bisogna usarlo con cautela, altrimenti sembriamo come se stessimo per andare alla festa di Halloween o a caccia al cervo”. Il mio favorito assoluto, che ho lasciato come dessert, sono le salopette, specie quelle di cuoio. Non so se ci posso aggiungere ancora qualcosa, ma in tali momenti mi pento di aver buttato via la mia gonna lambada. Le mie parole sono una prova tangibile d’intolleranza, ma so che la maggior parte delle donne preferirebbe che i loro uomini assomigliassero a Ryan Gosling, anzichè a delle fashion victim maschili.

Una terra fra due mari: perché assaporare il Salento?

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In napoletano c’è il detto, che poi si usa spesso anche in italiano, “Ogni scaraffone è bello a mamma soja”. Significa che per una mamma il proprio figlio è sempre il più bello, il più bravo, il più intelligente di tutti. Questo, spesso, vale anche per la propria città. Io vengo dal piccolo paese di Squinzano, in provincia di Lecce, e ovviamente, per me, la penisola salentina è la più bella zona di tutta l’Italia.

          Cerco quindi adesso di spiegarvi il perché voi dovreste rimanere incantati dalla terra che io amo, interessandovene e avendo voglia di andare a visitarla. Il Salento è la parte più a sud e ad oriente della Puglia; per noi è importante sottolineare che la nostra è una terra che meriterebbe un riconoscimento come regione a sè stante, questo per tanti motivi: la nostra cultura, una parte delle nostre origini, della nostra lingua sono diverse da quelle del nord della Puglia. La nostra “Regione Salento” è l’estremo tacco che si trova in mezzo a due mari, l’Adriatico e lo Ionio.

           I due mari. La cosa interessante è che le due coste distano pochissimi kilometri fra di loro, fino ad arrivare alla incantevole città di Leuca, che si trova sull’estrema punta sud-est dell’Italia e quindi del Salento, dove possiamo vedere il punto in cui, simbolicamente, i due mari si abbracciano. Qualcuno potrebbe pensare che il mare è il mare; non è così. L’Adriatico e lo Ionio sono due mari completamente diversi, mostratemi due foto fatte su una o l’altra costa, vi saprò rispondere senza esitazione su quale sia l’Adriatico e quale lo Ionio. Il primo è un mare più blu, le coste hanno delle bellissime grotte e scogliere, a volte anche alte, e una sabbia che è completamente diversa da quella presente sull’altra costa, più scura e consistente. Il secondo è un mare con una tonalità che batte più sul verde, le coste hanno grandi spiagge e la sabbia è più sottile e più gialla. Tutti e due i mari sono cristallini, vi assicuro che ci sono punti dove anche con una profondità di dieci metri, possiamo intravedere il fondale ad occhio nudo e stando fuori dall’acqua. Un salentino non potrà mai fare il bagno a Rimini o ad Ostia, per noi il mare deve essere limpido, pulito, diciamo pure che siamo abituati male.

           La Jamaica del sud. Così viene soprannominato il Salento. La posizione geografica di questa terra ha fatto sì che per tutto il corso della storia il Salento fosse la prima meta di viaggiatori stranieri che cercavano fortuna in Italia. Questo ci ha portato ad avere una società multirazziale, da noi tantissime e diversissime culture sono perfettamente integrate con la nostra gente; questo ha reso le nostre strade piene di un’aria positiva, colorata, colma di musica e razze diverse che convivono in amicizia. Da sempre la nostra storia si fonda con la musica, le nostre sonorità tradizionali sono quelle della pizzica e dello stile reggae, forse è proprio il fatto di aver abbracciato la filosofia reggae che ha portato il Salento ad essere chiamato la Jamaica d’Italia. Insomma, cito canzoncina da stadio: “Salento e musica, è come un’attrazione magica, il sole, il mare, il vento d’Africa, la terra più bella che c’è”!

           Pizzica, danze e piazze. Soprattutto durante l’estate, l’atmosfera che si respira in questo piccolo angolo di paradiso è incredibilmente inebriante. Durante le sagre (feste di piazza nelle quali si esalta la particolarità di un prodotto alimentare: sagra dell’anguria, della piscialetta, un tipo di pane, del polpo, ecc… ma che sono anche l’occasione di festeggiare mangiando e bevendo buon vino con gli amici) la gente si riunisce nella piazze a ritmo di pizzica. La pizzica e la tarantella sono le nostre sonorità tradizionali, un tipo di musica fatta di tamburelli, fisarmoniche, chitarre, voci urlate e flauti per accompagnare un tipo di danza nella quale, la tradizione vuole che la donna, pizzicata dalla tarantola (un ragno velenoso), venga corteggiata da due uomini che si sfidano al ritmo della danza delle spade. Ovviamente ci sono tantissime varianti, anche di significato, nelle configurazioni di questo tipo di danza. Tutte queste piccole serate in piazza sfociano, alla fine di agosto, nel grande concertone “La notte della Taranta”. Mi ricordo ancora quando, solo pochi anni fa, questa era una piccola festa di paese, ora attira turisti da tutta Italia e tutto il mondo, è uno dei più importanti appuntamenti estivi in Italia e registra ogni anno centinaia di migliaia di presenze.

           La bontà della cucina. Non starò qui ad illustrarvi le mille buonissime ricette; basta andare nel Salento per gustarle di persona. Vi voglio sorprendere con quello che al mio palato, dopo dieci mesi consecutivi di Polonia (anche se a me la cucina polacca piace tanto e non sono uno di quelli che pensa che solo in Italia si sappia cucinare) manca di più. Per me le cose migliori sono le più semplici, allora appena arrivo nel Salento ho voglia di un pezzo di pane fatto in casa con sù olio d’oliva extravergine e un po’ di sale. Sì, tutto qui. Un ingredient[cml_media_alt id='113101']Liaci - Salento (2)[/cml_media_alt]e singolo che sa di Salento. In definitiva possiamo definire la nostra dieta senza ombra di dubbio mediterranea, ricca quindi di quei sapori che la nostra terra, generosamente, ci offre. Pomodori, verdure, l’olio d’oliva (uno dei più buoni in Italia), il nostro vino rinomato in tutto il mondo, tutta la qualità del pesce e frutti di mare acquistati direttamente dal pescivendolo di fiducia che, in persona, è andato in mare a prenderli.

           Bevo vino e mi combino. Recita uno dei tanti striscioni da stadio presenti durante le partite della nostra squadra del cuore, il Lecce naturalmente. I nostri vini più pregiati: il Negroamaro, il Primitivo ecc.., abbiamo circa 25 marchi DOC, sono il nostro orgoglio. Il nostro modo di “bere” è una filosofia di vita: si beve soprattutto in compagnia e accompagnando il vino sempre con dell’ottimo cibo. Questo risalta la qualità del nettare degli Dei e fa sì che le nostre serate siano allegre e di qualità. Ovviamente la cosa più importante, per noi, è in compagnia di chi passiamo questi momenti a sorseggiare il nostro rosso o bianco preferiti. Canzone in dialetto: Mieru, mieru, mieru la la, quanti culuri me faci cangià. Oh mio vino, vino, vino, quanti colori (del viso) mi fai cambiare.

           Salento e son contento. Spero che la mia breve descrizione non vi abbia annoiato e vi abbia fatto venire la voglia di fare un salto nel nostro mare e nella nostra cultura. Ovviamente ci sarebbe tanto altro da scrivere sulla terra del barocco. Per chi fosse interessato ad approfondire le sue curiosità su questo angolo d’Italia, ancora non tanto esplorato dai turisti che vengono dalla Polonia, vi rimando a un blog che è appena nato: www.mojesalento.pl. Qui potrete leggere tante cose interessanti sulle nostre tradizioni, sulla nostra cultura, sulla nostra cucina e sul nostro modo di essere; potrete, inoltre, scrivere per chiedere informazioni e per organizzare la vostra prossima vacanza: nel Salento!

Pharrell Williams a Varsavia?

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Ricordiamo i tempi quando il socialismo a Varsavia stava ancora molto meglio che oggi, i biglietti di trasporto pubblico costavano la metà, ma anche l’Orange Warsaw Festival nel 2009 era ancora gratuito, finanziato dal budget della citta. Oltre a Pharrell Williams (con la sua band N*E*R*D) sono passate diverse personalità della scena musicale come per esempio MGMT (una hit assoluta in quella stagione!), il DJ scozzese Calvin Harris, al tempo ancora poco conosciuto, nonche Razorlight e Groove Armada. Un evento magnifico insomma, tranne il fatto che non sono riuscita ad ascoltare il concerto intero di Calvin, visto che dovevo correre a vedere N*E*R*D, e poi, non essendo stata ammessa sul palcoscenico, pur avendo oltrepassato le barriere, mentre altre fan (ovviamente non cosi fedeli come me!) ballavano già al ritmo di “She wants to move”, mi sono girata e sono corsa al concerto di MGMT (un saluto alla ragazza di fronte che con il suo “canto” ha distrutto la mia canzone preferita “Electric feel”).

Ma chi è veramente questo Pharrell? Un polacco medio lo conosce principalmente grazie a “Happy”, eventualmente “Blurred lines” di Robin Thicke oppure “Get lucky” di Daft Punk. Va bene… Però va detto anche che Pharrell Williams è responsabile della MAGGIOR PARTE delle principali hit dell’ultimo DECENNIO (e mezzo). Davvero non conoscete canzoni come “Rock your body” di Justin Timberlake? “Give it to me” di Madonna? “Slave 4 U” di Britney? “Hot In Herre” di Nelly? “Hollaback girl” di Gwen Stefani? “Drop it like it’s hot”, “Beautiful” o “Let’s get blown” di Snoop Dogg? Tutte sono state prodotte da Pharrell Williams oppure dal duo The Neptunes (Pharrell + Chad Hugo, che fa anche parte del N*E*R*D). I brani sopraindicati sono solo un esempio dei meriti produttivi di Pharrell… La sua voce è apparsa anche in superhit come “Barbra Streisand” di Duck Sauce o “One” di Swedish House Mafia. Ha inoltre registrato due album da solista, “In my mind” nel 2006 e “G I R L” nel 2014.

Pharrell è sempre attivo e quando non fa musica si occupa tra l’altro di moda o design di gioielli oppure… mobili. Più volte nominato “best dressed man” nel mondo, può vantarsi di uno stile originale, che spicca in tutte le collezioni del suo marchio Billionaire Boys Club (BBC). Ha progettato tra l’altro per Louis Vuitton o H&M (la campagna Fashion Against AIDS). E’ fondatore di “I am OTHER”, un collettivo che promuove l’individualità e lo sviluppo delle predisposizioni personali (per esempio tramite l’organizzazione From One Hand To AnOTHER, che aiuta i ragazzi delle comunità a rischio a sviluppare il loro potenziale in scienza, arte o matematica).

Una svolta decisiva nella sua carriera e una vera pietra miliare per il suo riconoscimento mondiale è stato l’anno 2013, che ha visto emergere le megahit menzionate, tra cui “Happy”. La canzone è stata accompagnata da un videoclip allegro e si è diffusa subito su internet. Sono cominciate ad apparire versioni alternative del video fatte in tutti gli angoli del mondo (tra l’altro a Varsavia o a Maidan in Ucraina). La follia è giunta al punto che Pharrell è stato scelto dall’ONU come ambasciatore della Giornata Internazionale della Felicità, e sul sito web dedicato a questo evento ogni ora si sbloccavano i nuovi video dalle diverse zone temporali. Per la sua composizione Williams ha anche ottenuto un Oscar per la migliore canzone del film (“Cattivissimo me 2”).

Tutta questa confusione ha accelerato ed esteso la promozione del secondo album da solista di Pharrell chiamato “G I R L”. Williams sorrideva alle varsaviane dagli enormi poster affissi alla stazione di metro Centrum e ha causato l’invidia degli uomini, presentandosi sulla copertina dell’album con un gruppo di ragazze. Il grande successo ha stimolato la proposta di diventare un coach nel programma “The Voice”, ovviamente accettata da Pharrell. In pochissimo tempo è stato ospite nello show di Ellen DeGeneres e di Oprah Winfrey, che ha solo confermato il suo stato di star (ormai comunemente riconosciuta). A fine aprile TIME Magazine l’ha incluso nella sua lista delle 100 persone più influenti al mondo, in categoria Titani.

Aggiornamento: Pharrell Williams ha cancellato la sua performance al festival Pozytywne Wibracje, che sarà rimandato ad altra data.