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Home Blog Page 332

Polonia da esplorare, una grigia domenica di fine gennaio

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…una grigia domenica di fine gennaio, decido di attraversare la strada da dove abito, verso l’obiettivo che da tanto tempo mi ero posto di visitare; mi avvicino e leggo l’orario: aperto dalle 10 fino a quando c’e` luce, sono scritte sia in lingua polacca e sia in lingua italiana.

Bisogna  suonare, quando il cancello e` chiuso,  per 2 secondi, ecco fatto! Subito dopo aver suonato un abbaiare di cani, arrivano due grossi pastori tedeschi, al di la` della recinzione, subito redarguiti dalla custode:…”dzie? dobry!” e di rimando pure lei  e apre meccanicamente un cancello e poi un secondo.

cimitero militare italiano BielanyEntro nel Cimitero Militare degli Italiani, costruito nel 1926, stile mussoliniano, situato nel quartiere a nord della capitale polacca,  a Bielany, intorno a circondare il luogo un  folto bosco, qua riposano soldati, sia della prima guerra mondiale (898 caduti ) e sia  della seconda guerra mondiale (1425 caduti, di cui 150 circa, sono ancora  senza un nome) provenienti da tutte le regioni italiane, e inoltre sono 5 i generali che vennero trucidati dalle SS tedesche il 25 gennaio del 1945.
Non e` grandissimo, ha una superficie di 0,8 ettari, recintato in muratura bianca, abbastanza ordinato, ma, denota il logorio inevitabile del tempo;

intanto il cielo e`immobile sopra di me, in fondo in una parete in un´apposita lastra di marmo ove sono riportati i nomi di altri soldati italiani, sepolti in terra polacca, ma, dislocate in  diverse piccole e medie località, tra queste e` presente anche  Lwow (Leopoli) oggi parte dell’Ucraina.
Voluto e costruito dal contributo dello Stato italiano e progettato dall’Ufficio Tecnico Centrale sezione Cimiteri Militari  di Roma, ora e` gestito dell’Ambasciata Italiana in Varsavia.
Tre anni fa e` venuto ha rendere omaggio, l´allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi,  piu` di dieci anni fa l´altro ex presidente Francesco Cossiga, inoltre l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini.
Mi soffermo sui nomi, sulle date di morte, sui gradi, che vanno dal carabiniere  alla guardia di finanza, dal maro` al soldato semplice, tanti cognomi e nomi comuni di un passato ormai lontano. Intravedo tra le lapide di un bianco sbiadito altre persone, chi saranno e cosa cercheranno, forse famigliari o reduci, ma, fiori non ne vedo e neppure candele.
Esco dal cancello, solo il rumore della terra sotto i miei piedi richiama la mia attenzione, intanto i pastori tedeschi sono ”rientrati” in casa….

Spettacolo e non solo… teatro, cinema e televisione, ma anche storia, poesia, arte e… fantasia

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Rubrica a cura di Alberto Macchi teatro@italianiinpolonia.org

In questo Numero Zero, miei cari lettori, mi limiterò ad illustrarvi quali sono i miei programmi relativamente alla collaborazione col presente periodico “Gazzetta Italia”, oggi al suo esordio. Uno spazio, questo a me riservato, che io intendo, a mia volta, riservarlo a voi, miei amici e futuri miei nuovi amici, o meglio, a noi, come fossimo tutti insieme riuniti in un cenacolo. Sì, attraverso queste pagine noi, voi ed io, avremo la possibilità di comunicare spaziando senza limiti nell’infinito mondo dello Spettacolo, un mondo che comprende Teatro, Cinema, Televisione, Danza, Musica, Canto, Poesia, Arte, Storia, Letteratura, un mondo che io conosco bene, per esservi stato immerso, più o meno, per tutta la vita; un mondo che parla di uomini, fatto da uomini, condannato, assolto o apprezzato da uomini. Un mondo speciale, che contiene in sé parole speciali, sì parole come TEATRO (il cui anagramma è ATTORE) o come SATIRA (il cui anagramma è RISATA).

Ma coloro che non mi conoscono potrebbero ben dire: “Dicci chi sei, prima di continuare con questo tuo monologo!”. E costoro, credo, avrebbero perfettamente ragione. Sarà bene allora che prima mi presenti. Dunque! Potrei rispondere con la sola frase: “Sono un operatore, o se preferite, un lavoratore dello spettacolo”. Però così non appagherei di certo la loro curiosità. Allora, entro nel particolare, senza intraprendere comunque un nuovo monologo: “Sono un drammaturgo ed un regista, cittadino del mondo, nato a Roma e rinato a Varsavia, che ha sempre viaggiato e che continua a viaggiare, tramite la macchina, i treni e gli aerei, nello spazio e, tramite lo studio, le ricerche e gli spettacoli, nel tempo”. Ecco, io son tutto qui!

spettacolo teatrale macchiOra attendo le vostre lettere, con le vostre domande, con le vostre richieste. Però, per quanto riguarda questo numero, dovendo scegliere l’argomento, ovviamente per mancanza di richieste, ho ritenuto opportuno limitarmi ad informarvi circa l’ultimo spettacolo messo in scena nell’autunno del 2009 a Varsavia, in lingua italiana prima, con attori italiani e in lingua polacca poi, con attori polacchi; sto parlando di “Sigismondo Felice Feli?ski”, di cui vi ho riportato, qui appresso, oltre alla Locandina, e alla Foto di Scena, anche questa mia Nota che, al tempo dell’andata in scena, venne diffusa tra il pubblico:

Il testo teatrale dal titolo “Zygmunt Szcz?sny Feli?ski”, mi è stato commissionato da Padre Miros?aw Nowak Parroco della Chiesa di Ognissanti in Varsavia, perché venga rappresentato in Polonia e possibilmente anche in Italia, nelle due lingue, durante i festeggiamenti per la Canonizzazione dell’Arcivescovo Sigismondo Felice Feli?ski, a partire dall’11 ottobre 2009, giorno in cui a Roma in Piazza San Pietro, Papa Benedetto XVI lo ha elevato agli onori degli altari. 

Ambientato principalmente in Russia, a Jaroslavl’ sul Volga, questo lavoro, è stato da me espressamente arricchito di annotazioni registiche e di didascalie drammaturgiche, per dare a chi, dopo di me dovesse metterlo in scena, l’opportunità di ricreare l’atmosfera di questi momenti solenni. Altre tre operazioni analoghe le feci anni addietro quando, su richiesta del Rettore Padre Casimiro Przydatek della Compagnia di Gesù, scrissi “Stanislao Kostka e il Teatro Gesuitico del XVI secolo”, ambientato, quella volta, a Sant’Andrea al Quirinale a Roma, messo poi in scena in quella Chiesa dei Gesuiti e in Vaticano; ancora quando Padre Edoardo Aldo Cerrato, Procuratore Generale della Confederazione degli Oratoriani, mi commissionò “Cesare Baronio e l’Oratorio Filippino del XVI secolo” perché lo rappresentassi nell’anno 2007, in occasione della Commemorazione del Quarto Centenario dalla morte del Venerabile Cardinale Cesare Baronio ed infine quando Padre Innocenzo Venchi, Postulatore Generale dei Domenicani, m’invitò a scrivere e a rappresentare la vita del Beato Angelico nella Basilica di Santa Maria Sopra Minerva a Roma.

In ogni caso, io personalmente, questa mia proposta la considero un omaggio all’”Uomo Feli?ski”, una figura straordinaria; una persona autentica, generosa, pura d’animo, particolarmente sensibile alle vicende del suo popolo. 

Quest’atto unico, come ogni rappresentazione teatrale, è fiction, naturalmente, con scene di atmosfere e rievocazioni oniriche, ma esso è anche teatro storico e d’azione, oltre che di parola; una pièce scritta per essere rappresentata ovunque, sia in spazi teatrali che in spazi non convenzionali, come antichi palazzi, ville, chiese, musei, con le loro scenografie architettoniche naturali.

La bibliografia e le note incluse in questo dramma, come in tutte le mie precedenti opere teatrali riguardanti biografie di personaggi storici, che ho scritto da quaranta anni ad oggi, sono il risultato di una scrupolosa ricerca.

Il mio compito, comunque, come ho sempre dichiarato in ogni mio scritto che abbia riguardato appunto la vita di personaggi storici, non è quello del critico, del teologo o del filosofo, dello storico o dello storico dell’arte, ma semplicemente quello dell’uomo di teatro, incline a frugare nelle più recondite pieghe dell’animo umano, minatore nelle cave dei sentimenti, approdato per la tenace ricerca, dentro quella miniera inesauribile che furono certamente, in questo caso, il cuore e la mente di Sigismondo Felice Feli?ski”.

Miei cari lettori, vi ho sottoposto quanto sopra perché possiate, attraverso questa – sia  pur sintetica – documentazione, farvi un’idea di quello spettacolo teatrale e di quel personaggio, in previsione d’una prossima replica, a cui spero – questa volta – anche voi possiate partecipare come spettatori. A presto!

I musei di Papa Wojtyla in Valle d’Aosta e in Polonia

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Autore: Michel Barin Champion

Nel periodo estivo, a Bellecombe d’Introd (Valle d’Aosta) è tutt’ora continuo l’afflusso dei turisti e dei pellegrini. Il luogo d’attrazione principale rimane la casa-museo che la Regione Autonoma Valle d’Aosta ha fatto costruire.

Questo museo è costituito da un Settore Fotografico. Qui si possono ammirare le immagini di tutti i viaggi che il papa compi nel mondo e in Valle d’Aosta, dal 1986 quando vi giunse la prima volta, per un totale di dodici soggiorni.

Nel  Settore Tecnico-Informatico della “Maison Musée Jean-Paul II” è attiva una banca dati con inseriti i pronunciamenti pubblici del pontefice.

Le immagini fotografiche sono raccolte su cd-rom e messe a disposizione per la visione.

Il Settore Video: a richiesta del visitatore sono in visione le cassette video di tutti i viaggi del Papa nel mondo.

Papa Wojtyla a Belluno nel 1987Settore Biblioteca. Sono disponibili alcuni titoli per la consultazione in loco.

Settore Oggetti. Qui si trovano indumenti ed oggetti appartenuti al Papa.

Infine, per gli appassionati, esiste anche un settore filatelico e numismatico.

L’altro museo, dedicato al Papa, si trova a Wadowice, nel sud Polonia.

Si tratta della casa natale del pontefice, trasformata  in museo. Qui i visitatori hanno modo di vedere altri indumenti ed oggetti, foto e quanto concerne il famoso personaggio locale.

In questa sede vi sono in più tutti gli affetti personali, camere e ambienti dell’infanzia e della sua vita.

Vi sono belle foto di quando era studente, operaio in fabbrica, soldato nella seconda guerra mondiale, atleta di kayak e sci, attore di teatro.

Visitando i monti Tatry, non lontani dalla casa natia, si può capire perché la Valle d’Aosta gli ricordava la sua terra. Ampi spazi, prati verdi, montagne innevate accolgono il visitatore.

Immergersi tra i boschi valdostani, respirare la particolare aria fresca, contemplare le ampie cime e le profonde valli, per l’uomo Karol significava gustare un nuovo ritorno a casa.

La pace profonda, la riservatezza dei montanari sono un magico insieme che gli consentivano di ritemprarsi e ricaricarsi nel fisico e nello spirito.

La montagna rimane un dominio sacro che ha affinità con le idee d’ascensione, d’altezza, di solitudine, di Dio.

E’ in questi luoghi che il Papa ritrovava se stesso. E’ in questi luoghi che anche noi possiamo curarci e ricaricarci di nuove energie.

 

Per informazioni:

Maison Musée Jean-Paul II Loc. Les Combes 11010 Introd (AO) Recapiti telefonici Telefono: +39 0165 99290 E-mail: info@maison-musee.it

Muzeum Miejskie ul. Ko?cielna 4 34 – 100 Wadowice tel.: 033 8738100 mail: muzeum@muzeum.wadowice.pl

 

 

In giro a far foto

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Autore: Mario Zaccaria

Una piccola presentazione, visto che è la prima volta che ci incontriamo in questi fogli; pur avendo frequentato quasi annualmente la Polonia dal 1978, ora vivo a Varsavia da tre anni abbondanti e faccio il fotografo pubblicitario da trent’anni, sempre abbondanti, così com’è abbondante il mio peso-forma, malgrado qualsiasi mio tentativo di riportarlo alla ragione; in questa velleità Varsavia mi da una mano perché è una città che mi invita a lunghe passeggiate a piedi in compagnìa della fedele (spero) macchina fotografica; al contrario di Milano, la mia città, dove auto e pedoni vivono in una promiscuità imbarazzante e dove molto spesso ci si accanisce nel dimostrare la già ormai dimostrata incompenetrabilità tra due corpi solidi; Varsavia no, Varsavia ha spazi aperti e ambiti in cui io, pedone, posso scorrazzare liberamente e distrarmi senza correre il rischio di trovarmi gli arti inferiori timbrati con il logo di uno degli innumerevoli produttori di pneumatici. Quando poi mi trovo a dover attraversare ambiti di competenza automobilistica, sono facilitato da sovra o sottopassaggi, questi ultimi molto spesso luoghi, per me, di perdizione perché pervasi dai profumi di fornelli al lavoro.

varsavia mario zaccaria gazzetta italiaAltro merito va riconosciuto alla maggior parte degli automobilisti polacchi che, per ora, considerano ancora l’auto come un semplice mezzo di trasporto, senza addossarle l’ingrato compito di rappresentare la propria mascolinità; vezzo così diffuso sul suolo italico, vezzo di cui spero la Polonia ne ritardi il più possibile l’importazione. Dicevo dell’automobilista polacco che si ferma per lasciarmi passare sulle strisce e che si stupisce quando, a mia volta stupito, lo ringrazio… D’altra parte cercate di capirmi: é ancora vivo il ricordo delle innumerevoli volte in cui a Milano, l’adrenalina mi arricciava i capelli del “coppino” allo stridere di pneumatici mentre ero nel bel mezzo di un passaggio pedonale.

Bene!… Cioè male: non ho ancora scattano alcuna foto; fa freddino e né le mani né la macchina fotografica hanno voglia di uscire dalla tasca, eppure di immagini degne di essere tramandate ai posteri ne ho viste parecchie.

Dimenticavo: le piste ciclabili; ce ne sono molte e mi sono riproposto di girare Varsavia a caccia di immagini stando in sella ad una bicicletta… Ma permettetemi di esprimere un po’ della mia mediterraneità: aspetto Primavera; il mio processo di “polacchizzazione” è ben avviato e procede a gonfie vele tuttavia sono ancora molto lontane la stoicità e la noncuranza con cui i polacchi consultano il termometro: oggi non fa freddo, ci sono solo -5°…

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Vitigni d’Italia: il tokaj friulano

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Che l’Italia e la Francia si contendano da sempre il primo posto quanto a Paesi produttori di vino è noto a tutti, anche ai non addetti ai lavori. Gli scaffali con i vini Italiani e i vini Francesi sono ovunque quelli più ampi nei supermercati e nei negozi di tutto il mondo.

jakot tokajNon tutti però sanno che l’Italia supera di gran lunga la Francia in quanto a numero di vitigni autoctoni, cioè vitigni che sono presenti da sempre, da quando è dato storicamente accertare, sul suo territorio in aree più o meno ampie di esso. Si calcola che contro i circa 500 vitigni autoctoni italiani la Francia possa opporne una quarantina appena. Certo, alcuni di quelli francesi hanno avuto successo nel mondo e sono diventati anzi ‘gli internazionali’, perchè si sono dimostrati capaci di attecchire e di produrre ottimi vini un po’ dovunque. Basti pensare all’onnipresente Cabernet Sauvignon o al Sauvignon blanc entrambi di origine bordolese, o all’altrettanto onnipresente Chardonnay proveniente dalla Borgogna. Ma in prospettiva futura, la ricchezza e la diversità del patrimonio ampelografico italiano può rivelarsi, e si sta già rivelando, la carta vincente nella competizione sul mercato globale.

In questa serie di articoli a tema enogastronomico, faremo una carrellata sui vitigni d’Italia, dai più caratteristici a quelli che solo da poco sono saliti all’onore delle cronache.

Uno dei vitigni fortemente legato alle tradizioni della regione in cui è ampiamente diffuso e si esprime ai massimi livelli, è il tocai. In Friuli il vino da tocai è il classico ‘bianco’ servito in osteria all’ora dell’aperitivo quando si chiede il tajut, il ‘taglietto’, ad indicare il segno sul bicchiere che indicava il giusto livello di liquido da servire. Che questo vitigno sia particolarmente amato dai friulani lo dimostra anche un detto locale per cui “cul Tocai a sparissin duc’i mai”(col Tocai spariscono tutti i mali).

Purtroppo da un paio d’anni il nome tradizionale di questo vitigno e del vino che se ne ottiene è stato bandito in seguito a una disputa legale con l’Ungheria che ne chiedeva l’uso esclusivo per il vino proveniente dalla regione di Tokaji, e si sa, le denominazioni territoriali hanno sempre la precedenza su quelle della varietà di uva. Basti però, a testimoniare la profondità del legame con la sua terra di origine, il nome scelto a sostituire quello bandito: semplicemente friulano.

È probabile che i frequenti scambi tra questa regione e i paesi dell’Europa centro orientale siano alla base del cortocircuito linguistico per cui il vitigno più rappresentativo del Friuli sia anche il nome di una città dell’Ungheria, e del suo vino – famosissimo nel mondo. Un cortocircuito in cui tutti rivendicano la primogenitura del nome. In un documento del 1632 nel patto matrimoniale tra la contessa Aurora Formentini e il conte ungherese Adam Batthyany erano comprese “300 viti di tocai” che la sposa portava in dote, il che testimonia la presenza in Friuli di viti ‘tocai’ ancora più antica.

Ma la battaglia sul nome in realtà non avrebbe ragione di esistere se si guarda a quello che questi nomi indicano: due vini completamente diversi l’uno dall’altro. Dolce e intenso il Tokaji ungherese, sempre secco il Tocai friulano. Considerando anche il particolare non secondario per cui il vitigno alla base del vino ungherese non è affatto il tocai friulano, bensì un vitigno autoctono locale, il furmint. Che qualcuno poi giocando con l’etimologia delle parole ha voluto collegare per assonanza al nome della suddetta contessa friulana … Insomma una matassa linguistica difficile da sbrogliare.

Un primo dato di chiarezza si è fatto recentemente studiando il DNA delle uve e stabilendo piuttosto un legame del tocai friulano con il sauvignonasse, un vitigno un tempo piuttosto diffuso in Francia.

In Friuli la battaglia persa sul nome ha generato molti malumori e c’è anche chi, non si vuole rassegnare a non scrivere più sulle proprie bottiglie che quello è vino Tocai, e quindi continua a farlo … magari scrivendolo al contrario (vedi figura).

Come vitigno, il tocai dà una produzione buona e costante ma risente degli eccessi di umidità. Predilige terreni di media fertilità calcarei non troppo siccitosi. Per questo ha trovato sistemazione ideale nelle zone collinari calcaree del Collio Goriziano e nella zona ciottolosa delle Grave in Friuli, che garantiscono un buon drenaggio allontanando i pericoli di ristagno dell’acqua e di eccessiva umidità.

Il vino prodotto da queste uve non è particolarmente aromatico, e accanto a note fruttate presenta solitamente sentori di fiori bianchi e vegetali. In bocca è rotondo, a volte strutturato, spesso poco acido. Presente una nota amara che diventa preponderante se vinificato male. Le migliori espressioni di questo vino vanno bevuti dopo due o tre anni dalla vendemmia, e allora esprimono fino in fondo la finezza del gusto e i tipici sentori minerali e una nota amarognola di mandorla e fieno.

Si sposa egregiamente a piatti di pesce alla brace, spaghetti alle vongole, tacchino al forno, e per tradizione si può abbinare a prosciutto di San Daniele durante l’aperitivo. Se vogliamo tentare un abbinamento con piatti tipici della cucina polacca è sicuramente da provare con la cotoletta di maiale ‘schabowy’ o un arrosto, sempre di maiale. Buono anche l’abbinamento con un piatto di sushi.

Il tocai friulano essendo ampiamente diffuso in Friuli e in parte anche in Veneto, entra a far parte di molte delle denominazioni di origine di queste regioni. Tra le principali ricordiamo solo Collio Goriziano, Colli orientali del Friuli, Friuli-Grave, Friuli-Isonzo e Lison-Pramaggiore.

In Polonia è possibile trovare alcuni vini di tocai dei produttori leader della regione quali Russiz Superiore e Roncus a prezzi che oscillano intorno ai 90 Z?oty a bottiglia.

 

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Nasce Gazzetta Italia

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numero zero gazzetta italia

Tentativo, innanzitutto, di aprire un ulteriore canale di comunicazione, che si spera possa essere efficace, comprensibile, fruibile per tutti. Il nostro è un tentativo di veicolare attraverso questo canale dei messaggi che abbiano un senso.

numero zero gazzetta italiaGrazie al lavoro dei Soci e dei collaboratori dell’Associazione “Italiani In Polonia” inauguriamo con questo numero pilota il giornale periodico della comunità italiana in Polonia.

Questo primo numero ha messo alla prova tutti noi e speriamo che i contenuti siano di Vostro gradimento.

Gazzetta Italia nasce con il desiderio di crescere e di suscitare interesse, con l’obiettivo di fornire agli Italiani in Polonia ed ai Polacchi che mostrano interesse verso il nostro Paese, un’informazione quanto più possibile completa e imparziale.

Nasce come un giornale gratuito perché non vuole fare commercio ma informazione, sia in versione digitale che in versione cartacea.

Abbiamo cercato di organizzare delle rubriche tematiche che rispecchino la cultura italiana: spettacolo, vino, sport, cultura e naturalmente le attività che l’Associazione promuove.

Vorremmo che questo giornale fosse il più interattivo possibile, che sia anche la voce di tutti. Nel più puro spirito pluralistico offre spazio a tutti i pareri, anche a quelli controversi. Siamo infatti convinti che la libertà di parola e di espressione sia alla base della democrazia,  pertanto chiediamo a tutti di inviarci commenti, suggerimenti e perché no, articoli da pubblicare.

Buona lettura a tutti e auguri allo staff Gazzetta Italia.

 

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