Uno dei gioielli della Tuscia: Civita di Bagnoregio

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Civita di Bagnoregio, piccolo paese in provincia di Viterbo situato a metà strada tra Bolsena e Orvieto, è un luogo surreale. Al turista che vi arriva dalla vicina Bagnoregio appare come un’isola sospesa nel vuoto ma in realtà è un pianoro vulcanico, un piccolo lembo di terra che si innalza verso il cielo e ospita poche case, collegato al resto del mondo  da un lungo e stretto ponte in cemento percorribile solo a piedi.  Civita è stata denominata dallo scrittore Bonaventura Tecchi  “la città che muore” perché poggia su un’altura di tufo soggetta a lenti movimenti franosi che ne segnano il destino. Il paese, oggi quasi completamente disabitato, ha origini etrusche e medievali e domina la grande valle dei Calanchi, creste d’argilla dalla forma ondulata e talvolta esilissima, inasprite qua e là da ardite pareti e torrioni enormi, soggette ad erosione a causa del vento, della pioggia e dell’acqua dei torrenti che percorrono la vallata. Lo scenario offerto dalla Valle dei Calanchi e dall’abitato di Civita di Bagnoregio, forma uno dei paesaggi più straordinari e unici d’Italia. Affacciati ad uno dei tanti belvedere del paese si ha quasi l’impressione di avere di fronte un ‘mare’ increspato ma immobile e  di assistere ad una tempesta silenziosa.

Il fascino di questo luogo è unico.  Il silenzio che sembra avvolgere l’anima  e  i colori, il rosso tufaceo e dei muretti di pietra naturale che cingono il borgo (i cosiddetti “ponticelli”) e il bianco dei calanchi, provocano nel visitatore una sorta di stordimento. All’improvviso si dimentica il presente e si torna indietro nel tempo.

Questo bellissimo borgo ha infatti origini antichissime. La zona fu abitata sin dall’epoca villanoviana (IX-VIII sec. a. C.), come testimoniano vari ritrovamenti archeologici. In seguito vi si insediarono gli etruschi, che fecero di Civita (di cui non conosciamo l’antico nome) una fiorente città, favorita dalla posizione strategica per il commercio, grazie alla vicinanza con le più importanti vie di comunicazione del tempo. Del periodo etrusco rimangono molte testimonianze: di particolare suggestione è il cosiddetto “Bucaione”, un profondo tunnel che incide la parte più bassa dell’abitato e che permette l’accesso, direttamente dal paese, alla Valle dei Calanchi. Fu quindi abitata dai romani a partire dal 265 a. C divenendo un centro commerciale in virtù della comodità d’accesso alla strada che da Bolsena portava al Fiume Tevere, allora solcato dalle navi mercantili.

Con il collasso dell’Impero Romano,  la città si trovò ad essere facilmente soggetta alle scorrerie delle orde barbariche, finendo man mano sottomessa, tra il 410 ad il 774, ai visigoti, ai goti, ai bizantini e ai longobardi, sino a quando Carlo Magno la liberò e la consegnò alla Chiesa.

Una delle leggende legate a Civita è quella del Re Desiderio che, bagnatosi nella fonte termale che si trova nella valle, guarì da un brutto male e per perpetuarne il ricordo chiamò il paese Bagnoregio (bagno del re)

Anche se ormai la città è diventata famosa come la “città che muore”, in realtà Civita sta ritornando a vivere. I turisti che ogni anno accorrono da ogni parte del mondo hanno riportato gra[cml_media_alt id='113271']Morgantetti - Uno dei gioielli della Tuscia (13)[/cml_media_alt]nde vitalità all’antico villaggio, che, recuperato nel suo aspetto originario, pian piano si sta ripopolando. Molti sono gli spunti d’interesse ambientale. Oltre ai meravigliosi panorami e alla bellezza del paesaggio colpisce infatti l’atmosfera incredibilmente suggestiva del borgo che appare come un luogo “musealizzato”, un esempio, forse unico in Italia, di villaggio tardo-medievale rimasto immutato nel tempo.

Vi si accede  dalla  Porta Santa Maria, aperta da un arco in peperino e sormontata da una loggetta.  Oltrepassato il varco scavato nella roccia  ci si ritrova in una prima piazzetta, su cui si affacciano case e palazzi: di un edificio in particolare rimane soltanto la facciata, con le finestre che lasciano intravedere il cielo. Continuando per la stradina, dopo pochi metri, si arriva nella  Piazza San Donato, che al posto della pavimentazione presenta una breccia mista a terriccio, dando la sensazione di essere improvvisamente piombati indietro almeno di quattrocento anni.  Nella piazza si trova la bella chiesa romanica di San Donato che custodisce  un affresco della scuola del Perugino e un crocifisso ligneo quattrocentesco, ritenuto miracoloso, cui è legata la singolare Processione del Cristo Morto: la sera del Venerdì Santo la scultura viene portata in processione a Bagnoregio,  e la tradizione vuole che essa ritorni assolutamente entro Mezzanotte a Civita, pena la sua acquisizione da parte dei “cugini” bagnoresi. Nella stessa Piazza San Donato, inoltre, a giugno si svolge il simpatico Palio della Tonna, una festa di origine medievale che vede i fantini sfidarsi in un’acerrima e rocambolesca corsa ad anello.
Il centro storico è costituito da una torre di pietra, edifici trecenteschi e palazzi rinascimentali dai quali si dipana un reticolo di vie e vicoli dove si affacciano case medievali con scalette esterne e balconcini fioriti. Spesso al loro interno si trovano graziose botteghe artigiane in cui si può entrare per assistere ad antichi mestieri.  Passeggiando in questo tortuoso dedalo, fatto di spazi inconsueti e di viuzze affacciate sul vuoto, lo sguardo è rapito qua e là da svariati scorci verso la Valle dei Calanchi che al tramonto si colora di strane tonalità offrendo curiosi giochi di luci ed ombre tra gli affilati crinali.

Da vedere inoltre anche il mulino del ‘500 e la casa natale di San Bonaventura, il cardinale filosofo citato da Dante nel canto XII del Paradiso: «Io son la vita di Bonaventura da Bagnoregio, che ne’ grandi offici sempre pospuosi la sinistra cura».

Tuscia magica e tutta da scoprire. I Calanchi di Bagnoregio e Civita sono solo uno dei suoi tanti gioielli . “Tuscia magia della natura”  è il titolo del volume a cura del Prof. Massimo Mazzini (Prof. Massimo Mazzini, Addetto Scientifico presso l’Ambasciata Italiana di Varsavia e Professore Ordinario di Zoologia all’Università della Tuscia – Viterbo), che racconta, attraverso bellissime immagini, la storia di questa regione e  l’essenza della natura e degli animali di questa terra.