Italiani in Polonia nei secoli: Gioacchino Albertini

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Schede storiche di Alberto Macchi, drammaturgo e regista teatrale, con il contributo della Dott.ssa Angela Sołtys, storica dell’Arte presso il Castello Reale di Varsavia

GIOACCHINO ALBERTINI  (Pesaro 30/11/1748 – Varsavia 27/3/1812)

Da ragazzo studia clavicembalo, composizione e direzione d’orchestra e, all’età di ventiquattro anni, debutta a Roma al prestigioso Teatro Tordinona, durante il Carnevale del 1772, con la sua prima opera d’un certo rilievo, “La Cacciatrice brillante”. Proprio in quest’occasione, un nobile polacco che assiste allo spettacolo – con molta probabilità il Principe Stanislao Poniatowski – lo invita a Varsavia; cosicché già nel 1773 lavora nella capitale polacca per il Principe Radziwiłł, come direttore dei suoi teatri privati a Varsavia e a Nieśwież. Nell’aprile dello stesso anno anche il Re Stanislao Augusto Poniatowski, gli commissiona un primo concerto a corte. Albertini lo esegue ottenendo un ottimo successo. Ma egli non è giunto in Polonia per esibirsi: essendo un temperamento riservato, preferisce piuttosto comporre. Infatti, proponendo opere già messe in scena a Roma e opere nuove, come “Przyjazd pana” del 1781, finirà con l’affermarsi prevalentemente come autore. 

Appagato dalla rapida carriera, decide di sposarsi e di metter su famiglia. Nell’estate dell’anno 1782, infatti, il re, entusiasta di lui, lo ha già nominato Maître de Chapelle, a condizione, però, che diriga egli stesso i concerti per almeno due anni. Albertini accetta, ma continuerà contemporaneamente a comporre per il Teatro Pubblico, commedie musicali, inserti di balletto, opere per concerti di corale e per concerti strumentali. Il 23 febbraio 1783 debutta con il suo capolavoro, “Il Don Giovanni o il Libertino Punito” ossia “Don Juan albo Ukarany Libertyn”, traduzione in polacco di Wojciech Boguslawski e qualche mese dopo con “Il Maestro di cappella” ovvero “Kapelmayster”, traduzione di Ludwik Adam Dmuszewski. In questi anni di attività, però, comincia ad incontrare i primi problemi con gli artisti italiani che già lavorano da tempo per il re, come la cantante e attrice Caterina Bonafini che rifiuta di farsi accompagnare nel canto da altri musicisti che non siano il suo personale clavicembalista, neanche se intendesse accompagnarla lo stesso Albertini. Anche un altro clavicembalista italiano, Pietro Floriani di Roma, chiamato da tutti, per gioco, Persichini, dal 1780 a Varsavia, già nominato dal re, Maître de Chambre e direttore dei concerti reali, gli procura una serie di problemi. Infatti, Persichini, sollecitato dal suo protettore, il Nobile Franciszek Ryks, maggiordomo del re, sta già manovrando ai suoi danni, al fine di usurpargli il titolo di Maître de Chapelle. Lo stesso Ryks, che peraltro è anche direttore del Teatro Nazionale, incomincia ad ostacolarlo, tanto che più tardi Albertini arriverà a lamentarsi di lui, per iscritto, con il canonico e politico, Hugo Kołłątaj; eppure, con i precedenti direttori del Teatro Pubblico, Albertini aveva sempre collaborato in perfetta armonia. 

Quando, nel 1779, fu costruito il teatro, tanto il primo direttore, l’italiano Michele Bisesti, che i successivi, i polacchi Marcin Lubomirski e Wojciech Boguslawski, hanno sempre ospitato volentieri i suoi concerti ed egli, insieme ad Ignazio Banaszkiewicz, ha anche curato, per loro, la formazione di solisti e coristi. In preda a tutte queste difficoltà, nel 1784 decide d’allontanarsi per qualche mese dalla Polonia, rifugiandosi a Vienna. 

Quando torna a Varsavia, con sorpresa, scopre che invece il re lo accoglie subito a corte e, per dimostrargli la sua immutata stima, gli commissiona un nuovo concerto e gli fa anche dono di una tabacchiera d’un certo valore. Inoltre, in questo stesso anno l’Albertini inizia a lavorare al servizio del Principe Stanislao Poniatowski, Ambasciatore di Polonia e nipote del re, anche qui, come Maestro di Cappella presso la sua privata Corte di Varsavia.

Così gli capita di viaggiare con frequenza al seguito del principe, in Polonia, in Italia e anche in Europa, per cui ha l’opportunità di rappresentare e far conoscere le sue opere, come: “Circe und Ulysses”, libretto in tedesco di Jonas Ludwig von Hess, allo Stadttheater di Amburgo, nella primavera del 1785; “Virginia”, opera dedicata a Stanislao Poniatowski, il 7 gennaio nel 1786 a Roma, al Teatro delle Dame o D’Alibert, replicato poi a Perugia, a Torino, a Milano, a Berlino, a Londra; oppure “Scipione l’Africano” a Roma, nel 1789. Nel 1795 si trasferisce a Mosca ad insegnare musica e, due anni più tardi, incontra anche i favori dello Zar. Nel 1801 lascia Mosca diretto in Italia, passando per Königsberg – la Kaliningrad di oggi – dove viene eseguito il suo duettino “Quante volte alla finestra”. A Roma, sempre al servizio del principe Stanislao Poniatowski, nel carnevale del 1803, rappresenta al Teatro D’Alibert il dramma serio “La Vergine vestale” con il libretto di Michelangelo Prunetti. In questa occasione, il principe gli dona 200 zecchini d’oro. 

Quello stesso anno, all’età di cinquantacinque anni, decide di tornarsene in Polonia, ma, quando arriva a Varsavia, scopre che Pietro Floriani ha ottenuto il titolo di Maître de Chapelle presso la corte del re. In compenso, però, viene a conoscenza che Stanislao Augusto, per onorare i tanti anni di lavoro prestato al servizio della famiglia Poniatowski e quindi per garantirgli una vecchiaia più serena, gli ha riconosciuto una lauta pensione. A Varsavia, ritrova comunque i suoi amici più affezionati, tra cui Vincenty Lessel, compositore polacco, che seppur lo abbia spesso criticato come persona, ritenendolo un debole, lo ha però sempre stimato come compositore e musicista. Apprezzato ormai in tutta la Polonia come autore di opere liriche, di drammi, di commedie, intermezzi, sinfonie, rondò, cavatine, scene e recitativi, Albertini morirà a Varsavia, nove anni più tardi, dopo una lunga malattia. 

Durante la sua vita ha portato sulla scena tantissimi artisti, tra i quali, i cantanti Giovanni di Pasquale e Gustavo Lazzarini, le commedianti Caterina Gattai, Caterina Bonafini, Anna Davia, Brigida Banti e i castrati, Niccolò Pozzi, Pasquale Bruscolini e Giuseppe Perini. 

Il suo nome passa comunque alla storia principalmente per aver composto il “Don Giovanni o il Libertino punito” del 1783, successivo a “L’ingannatore di Siviglia”, una commedia di Tirso de Molina del 1630, la prima opera che racconta le gesta dell’eccentrico leggendario personaggio Don Giovanni Tenorio, successivo anche ai vari “Don Juan”, di Molière, di H. Purcell, di C. Goldoni, di C. W. Gluck, ma antecedente ai “Don Giovanni” di W. A. Mozart, di Lord Byron, di A. Dumas, di R. Strauss.