Leonardo da Vinci, ispirazione e scienza

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Che cosa sappiamo su Leonardo?

Il primo pensiero di tutti sarà: “è facile, era uno straordinario pittore!” In effetti i suoi quindici quadri che si sono salvati fino ad oggi, sono un segno indelebile della sua grandezza. Però ricordando i lavori più importanti di Leonardo dobbiamo immaginarci anche lo sfondo culturale e storico dell’epoca in cui viveva.

Firenze, dove viveva e studiava il maestro era il centro del Rinascimento. Nel 1420 scoprirono la prospettiva lineare che permetteva di disegnare lo spazio tridimensionale su una superficie piatta.

Una scoperta che rese possibile agli artisti di rispecchiare la realtà così come era. Inoltre lo studio delle opere antiche e delle scienze naturali permisero di sperimentare con le nuove forme, finora sconosciute. Nel Rinascimento cambiò anche lo status dell’artista. Da artigiano che doveva seguire le indicazioni di chi commissionava un’opera, si trasformò in un artista indipendente che credeva fortemente di poter diventare immortale grazie alle sue opere. Tutto ciò fu possibile grazie anche al crescente rispetto verso gli artisti da parte dei committenti, ricchi commercianti e autorevoli sacerdoti, per i quali ordinare le opere d’arte era un modo per realizzare una scalata sociale.

Vinci, acquerello

Scoprire la biografia di Leonardo è una grande avventura, una sfida che affrontano non solo i contemporanei storici d’arte ma anche i musicisti, gli artisti, gli ingegneri, gli architetti e perfino i medici! Ci si domanda tuttora come sia stato possibile che così tante scoperte scientifiche, invenzioni ed opere siano fonte d’ispirazione anche oggi e quanto il pensiero di Leonardo e le sue ricerche siano a pari passo con il pensiero scientifico del XXI secolo.

Leonardo nacque ad Anchiano, un piccolo paesino a pochi chilometri da Vinci.

Come tanti elementi nella sua biografia, anche la città natale è una questione discutibile però come punto d’inizio della sua storia si tende a indicare la casa che in parte apparteneva a suo nonno, Antonio da Vinci. Leonardo era figlio di un notaio e di una serva ma crebbe senza i genitori. Per un po’ di tempo abitò in via Roma a Vinci.

Passeggiando per le colline toscane e scoprendo i segreti della natura si poneva tante domande a cui avrebbe cercato di rispondere nel corso della sua vita. Probabilmente già allora si svegliò in lui un grande desiderio di scoprire la struttura del mondo. Il suo grande desiderio di conoscenza, nato nell’atmosfera di poesia e di estetica, lo formò come artista universale.

Il paradosso volle che l’istruzione di Leonardo, nonostante la sua curiosità verso la scienza, fosse molto superficiale e incompleta, lontana da quella che di solito ricevevano i ragazzi delle famiglie più agiate. Come figlio illegittimo non poteva studiare a nessuna delle università prestigiose. Le lacune nella formazione da Vinci le sentiva soprattutto quando cercava di realizzare i suoi grandi progetti. Conosceva ad esempio le basi di latino ma non così bene per poter approfondire il senso del pensiero antico. Lo stesso con la matematica, quello che imparò non poteva aiutare il suo intuito scientifico. All’età di quarant’anni cercò di colmare le lacune scolastiche ma fino alla fine gli rimase la paura di esprimersi attraverso la scrittura, preferì sempre il disegno in cui aveva un enorme talento.

Nell’articolo mi limito solo ad alcuni settori dell’immensa creazione di Leonardo perché come pittrice di disegni medici e chitarrista sono ispirata soprattutto dai suoi disegni anatomici e dagli studi e schizzi dedicati alla musica.

Cecilia Gallerani e una delle batterie di Leonardo

Pittore e disegnatore

Quando aveva 14 anni andò con suo padre a Firenze dove venne ammesso nello studio di Andrea Verrocchio e restò lì per quattro anni per poter registrarsi nella gilda di San Luca che era la più illustre e riceveva i migliori ordini.

In seguito da Vinci ricevette l’incarico di dipingere l’Adorazione dei Magi per la chiesa San Donato a Scopeto a Firenze. Il contratto prevedeva la preparazione dell’opera entro trenta giorni ma il pittore lasciò il lavoro alla fase degli schizzi e non mise mai i colori. Una cosa simile successe con un arazzo per il re del Portogallo, l’artista promise di preparare un disegno per la tessitura e non mantenne la parola. Sotto uno dei suoi disegni possiamo leggere “animale che fugge da un elemento nell’altro” che descrive perfettamente un tratto fuggitivo del suo carattere che rese difficile la sua vita. Nei primi dieci anni della carriera finì solo un’opera! Nonostante tutto il mondo lo ricordi come un genio della pittura ed insuperabile maestro dello sfumato. Quest’ultima tecnica pittorica, che tende a sfumare i colori e le ombre, presto divenne la sua preferita e la studiò alla perfezione. Il più celebre esempio dello sfumato è ovviamente La Gioconda considerata il quadro più famoso al mondo. Leonardo cominciò a lavorare sul quadro nel 1503 e lo continuò praticamente fino alla morte. La Gioconda era sempre presente in tutti gli studi dell’artista, molto spesso ci si fermava per modificare qualcosa o semplicemente per notare un dettaglio che gli era sfuggito prima. Grazie a queste sue meditazioni il ritratto è pieno dei particolari nei colori e nei significati che si possono vedere ma non sono percepibili a prima vista.

Circa trentenne Leonardo cominciò a tenere un piccolo diario, era un quaderno rilegato in cuoio grande come un mazzo di carte, legato in cinta con un cinturino che rivelò un vero grande talento dell’artista. Uno storico americano del Novecento Bernard Berenson così descrive il contenuto e lo stile dei diari: “(…) la sua mente era come un universo dove la pittura e la scultura erano solo un piccolo frammento del suo sapere (…) non credeva che le parole potessero descrivere a pieno le idee visuali perciò scriveva poco.”

Fino ai nostri tempi si sono salvati circa 7 mila manoscritti con i disegni e i pensieri di Leonardo raccolti in dieci volumi di cui uno appartiene alla collezione privata di Bill Gates. Il più grande è il “Codice Atlantico”, conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, nonostante sia incompleto contiene tante descrizioni e gli schizzi dedicati ai diversi settori dell’arte e della scienza. 

I disegni di Leonardo non dovevano solamente far gioire gli occhi, ma gli servivano per registrare i pensieri e le osservazioni. Trasferiva i pensieri su carta come nessun artista o scienziato prima di lui e dopo di lui. Aveva un talento mostruoso, con ogni tocco della matita sulla carta faceva nascere la bellezza.

Angelo che suona la lira da braccio, Ambrogio de Predis

Musicista

Leonardo da Vinci aveva anche talento musicale. Se ne parla e scrive poco perché non ci sono tante prove che lo confermano. Si dice che abbia scritto un libro “Sulla musica e sugli strumenti musicali” che però è scomparso. La sua attività nel settore della musica si svolse a vari livelli: teoretico (trattati sulla filosofia della musica e altri), pratico (musicista, virtuoso), scientifico (descrizioni dei fenomeni acustici), artigianale (progetti e costruzione degli strumenti) e anche ludico (progetti dei giocattoli, delle macchine che riproducono la musica ecc.).

Probabilmente il primo contatto di Leonardo con la musica avvenne nello studio di Verrocchio perché sappiamo che il maestro aveva il liuto e lo suonava. È inoltre probabile che oltre al disegno, abbia insegnato ai suoi allievi le basi per suonare gli strumenti musicali. Giorgio Vasari, l’autore del compendio preziosissimo sulla vita degli artisti del rinascimento e manierismo “Vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori”, descrisse alcune delle esperienze musicali di Leonardo. Può darsi che parlasse con gli amici e gli allievi dell’artista, tra cui forse c’era anche Francesco Melzi, erede del suo patrimonio scientifico. Sarebbe stato lui a raccontare che quando agli inizi del 1482 Leonardo andò a Milano, alla corte di Sforza lo presentarono non come pittore o ingegnere ma come…MUSICISTA! 

Comunque Vasari scrive che Leonardo non era virtuoso di liuto ma di lira da braccio che era in realtà una variazione di viola da braccio, “sorella maggiore della viola”. Questo strumento aveva sette corde fatte dell’intestino animale, “cinque che si accordavano tramite i piroli inseriti dentro una camera dei piroli a forma di un cuore umano e che servivano a dare una melodia” e altre due, dette i “burdoni”, che fuoriuscivano dal manico e, pizzicate con un pollice, producevano solo un tipo di suono. Leonardo, volendo compiacere Ludovico il Moro, arrivò a Milano con una lira da braccio molto particolare (dis.3). Così ne scrisse Vasari: “(…) portò quello strumento, ch’egli aveva di sua mano fabricato d’argento gran parte in forma d’un teschio di cavallo, cosa bizzarra e nuova, acciò chè l’armonia fosse con maggior tuba e più sonora di voce, laonde superò tutti i musici, che quivi erano concorsi a sonare. Oltra ciò fu il migliore dicitore di rime a l’improviso del tempo suo.” Sui tanti quadri dell’epoca si possono vedere le persone suonare questo strumento. Una delle ale laterali del quadro “Vergine delle rocce” contiene un angelo che suona la lira dipinto da Ambrogio de Predis (dis.4). Forse il pittore lo dipinse osservando e ascoltando come suona da Vinci? Un altro strumento-giocattolo fu una batteria su ruote il cui suono fu un intrattenimento di Cecilia Gallerani durante lunghe ore di posa per il quadro “Dama con l’ermellino” (dis.5), l’unico quadro di Leonardo che si trova in Polonia, a Cracovia. 

lira da braccio

Anima

Un altro aspetto molto interessante era come Leonardo percepì la religione e la ricerca dell’anima umana. Guardando il suo disegno che presenta “la sede dell’anima” in un teschio umano subito vengono in mente altre numerose “abitazioni dell’anima” conosciute nella cultura. Tra i diversi posti quello più vicino all’anima era il corpo. Secondo alcuni teorici dell’epoca lei a volte ci abitava costretta sentendosi a disagio, altre invece con piacere traendone i profitti. Aristotele e Leonardo, che era influenzato dal filosofo, credevano che l’anima si nascondesse nella ghiandola pineale, un piccolo organo posizionato alla base del cervello (dis.6). Secondo la scienza la ghiandola pineale è un terzo occhio che si è nascosto nel cervello mantenendo però un collegamento con il sistema visivo. Leonardo non lo sapeva ma inserì l’anima proprio lì. 

Per quanto riguarda la religione da Vinci per anni fu considerato un noto ateista. Però in realtà, un uomo rinascimentale come lui, residente a Milano, dipendente degli Sforza non poteva manifestare apertamente il suo ateismo. O forse non era mai stato un ateista? A prescindere dalle opinioni personali dell’artista bisogna notare che ogni sua opera dimostra una dettagliata conoscenza della Bibbia e degli apocrifi. Qualsiasi cosa pensasse del Papa o dei sovrani dei ducati italiani, i temi biblici erano il suo pane quotidiano senza cui non avrebbe mai finito la maggior parte delle sue opere. 

Ghiandola pineale (dis. di Leonardo e tessuto di D. Pietrzyk)

Anatomopatologo

Nessun altro soggetto ispirava Leonardo più di quello legato all’anatomia del corpo umano. Dopo il 1507 fece regolarmente autopsie. Quell’esperienza, basata sull’osservazione diretta e non solo sulla pura teoria medica, era fondamentale per la ricerca dell’artista. Negli anni 1510-11 da Vinci collaborò con Marcantonio della Torre, un giovane anatomopatologo e medico di Pavia. Invece negli anni 1514-15 fece ricerche a Roma dove fu sospettato di magia nera. Verso la fine della sua vita Leonardo, basandosi sulla “Cosmografia” di Tolomeo e sulla sua esperienza di anatomopatologo provò a redigere il primo atlante anatomico composto da diverse schede. Il lavoro non fu mai finito.

Disegnare è un’attività fortemente intellettuale e per raggiungere un livello alto ci vuole perspicacia e coinvolgimento delle funzioni cerebrali superiori. Se uno analizzasse bene i disegni anatomici di da Vinci, di cui la maggior parte erano solo schizzi, vedrebbe con quanta precisione siano stati fatti. Molto caratteristico per l’artista è l’uso di tante linee l’una sopra l’altra alla ricerca di una forma perfetta. Non cancellava mai le linee inutili, la forma finale del disegno si svelava pian piano da tante prove. È curioso che nei disegni anatomici del cuore non aveva mai fatto nessuna correzione. Potrebbe essere una prova che l’immagine non fu così importante come la descrizione dei pensieri.

Tante illustrazioni anatomiche Leonardo le fece con una penna a inchiostro messa sopra uno schizzo fatto in matita nera. Disegnò su carta azzurra, solo alla fine cambiò le abitudini e scelse la carta color crema. Si suole dire che ogni suo disegno fu un’opera d’arte indipendente però la verità è ancora più interessante. Si può notare infatti diversi scopi del disegno che da una parte sono il risultato di un pensiero visivo e dall’altra una rappresentazione della verità e bellezza.

Seme-cuore (dis. di Leonardo e tessuto di D. Pietrzyk)

I teorici hanno diviso quindi i disegni anatomici di Leonardo in cinque categorie:

  • quelli che rappresentano il processo mentale
  • compilazioni
  • grafici
  • esemplari, pronti per la stampa e riproduzione
  • quattro dimensionali, che imitano un movimento (movimento nel tempo significa la quarta dimensione, assente in qualsiasi altro disegno nella storia dell’anatomia, a parte i disegni dei tempi moderni. Guardando ad esempio il disegno di un braccio abbiamo l’impressione che ruoti davanti ai nostri occhi).

Stupisce anche il paragone del cuore ad un seme che germoglia o ad un cuore di bue (che servì da modello per quasi tutti i disegni del cuore umano) che assomiglia ad una navata (dis.7 e 8).

Sintetizzando voglio ricordare che prima di Leonardo lo studio delle scienze naturali da parte dei pittori consisteva nel miglioramento della rappresentazione della natura in modo più fedele possibile. La scienza fu sottomessa all’arte visiva senza nessun riferimento alla filosofia. Leonardo invece voleva sapere quello che andava oltre all’arte, voleva approfondire i segreti della scienza e la complicata struttura dell’universo. Le sue opere sono per me una continua fonte d’ispirazione. Proprio per questo alcuni lavori di da Vinci sono stati filtrati dalla mia immaginazione e accompagnano questo articolo. Il progetto artistico che sto sviluppando da anni “Un taccuino per Leonardo” è il mio omaggio per il genio. I suoi disegni raccontano la verità, sono intimi, delicati come i merletti, perfetti e affascinanti. Sono tutti insieme il simbolo di un lavoro sistematico, di stupore davanti alla vita e della costante volontà di provare a spiegare il mistero dell’esistenza. Quest’anno si celebrano i 500 anni dalla morte di Leonardo e dopo tutto questo tempo lo stupore verso l’opera di Leonardo non diminuisce. Speriamo rimanga così… Come dice la leggenda l’artista morì il 2 maggio 1519 nelle braccia del re di Francia Francesco I, nel castello Amboise in Francia dove nella chiesa di Saint Hubert si trova la sua tomba.

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Dorota Pietrzyk si occupa di tessuto artistico, disegno e pittura. Ha partecipato a diverse mostre collettive e ha avuto oltre 20 mostre individuali. Da tanti anni lavora come illustratrice nelle case editrici mediche e musicali in Polonia, Francia, Spagna, USA e Canada. 

Navata-cuore (dis. di Leonardo e tessuto di D. Pietrzyk)