Marta Czok – pittrice che ama la satira

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L’articolo è stato pubblicato sul numero 79 della Gazzetta Italia (febbraio-marzo 2020)

Laureata alla prestigiosa Saint Martin’s School of Art di Londra, pittrice specializzata in design di moda. Vive in Italia dal 1974. Le sue opere si concentrano sui commenti satirici sulla realtà.

Nel 2020 celebriamo il centenario della nascita del Papa polacco Giovanni Paolo II, iniziamo la conversazione con il regalo che ha fatto per lui

Infatti, su ordinazione di Società Alitalia, ho fatto un regalo per il Santo Padre, che gli è stato consegnato dalla gestione di questa compagnia. Ho dipinto un altare pieghevole per un aereo, basato sull’arte gotica, ovviamente modernizzato, con l’immagine della Madonna circondata da aerei. In passato ho fatto anche altri lavori per il Papa. Nel 2000, in occasione della Mostra del Millennio al Centro Culturale Francese di Roma ho preparato 4 grandi tele di cui l’ultima rappresentava una folla della piazza romana, dove, se si guarda bene, sullo sfondo, nella profondità del quadro c’era un discreto punto bianco…  era il Papa. La mostra era collettiva, ma l’ambasciatore francese ha detto che solo io avevo capito il suo messaggio spirituale.

Lei abita a Castel Gandolfo, vicino alla residenza estiva dei papi…

E’ stata una coincidenza. Per i primi 5 anni da quando siamo arrivati in Italia, abbiamo vissuto a Roma. Sono arrivati i bambini e non potevamo permetterci una casa a Roma. A Castel Gandolfo, zona che allora non interessava a nessuno, abbiamo trovato qualcosa che potevamo permetterci. E così ci siamo trasferiti in una casa con vista sul lago e sul Palazzo Papale. 

Condizioni pittoriche da sogno: dintorni bellissimi, famosa luce italiana

È solo che la luce italiana ha poca importanza per me, perché lavoro in studio, con la luce artificiale. Mi ci sono abituata negli anni in cui i bambini erano piccoli e potevo dipingere a notte fonda quando dormivano. La luce italiana, il cielo azzurro, mi interessa più come turista che come pittrice. Mi piace il colore grigio, quindi a volte sono più interessata alle nuvole e alle nebbie locali che alla luce. Mi ricordano l’Inghilterra, dove sono cresciuta.

I suoi quadri sono sempre satirici?

Amo la satira. Con essa si possono dire molte verità, senza rischiare di ferire orgoglio di qualcuno. Quello che ho da dire lo comunico con un sorriso. Cerco di commuovere gli altri e se ci riesco, comincio a sentirmi la voce della comunità. Presento le mie opinioni personali su argomenti non personali. Nella mia vita ho avuto una sola mostra intitolata “Children in War”, nata dal mio bisogno personale di liberarmi dalle memorie dell’infanzia segnata dalla guerra. Un argomento del genere non può essere trattato con umorismo.

Secondo lei l’arte dovrebbe essere socialmente coinvolta?

Assolutamente sì. La mia opinione sugli artisti che proclamano la mancanza di coinvolgimento nelle questioni sociali e politiche è che se avessero qualcosa da dire, lo direbbero. 

Chi compra i suoi quadri?

Mio marito si occupa di queste cose, ne sa più di me. Ma a proposito di clienti “importanti”: è stato con grande piacere che ho dipinto un trittico per l’ordine di Alitalia, sapendo che doveva essere presentato al Papa per il suo ottantesimo compleanno. I miei clienti sono collezionisti privati interessati all’arte impegnata.      

Suo marito gestisce una galleria a Castel Gandolfo ed è il suo manager

Sì, abbiamo la nostra galleria. Siamo indipendenti, mio marito come manager, io come pittrice. I collezionisti di miei lavori si trovano in Italia e all’estero. All’inizio degli anni ’80 hanno cominciato a comprare i miei quadri. A quel tempo lavoravamo ancora con gallerie che ricevevano commissioni. Poi, negli anni ’90, la domanda e i prezzi sono aumentati notevolmente. Ora facciamo tutto da soli.

Congratulazioni. Com’era prima?

Quando ci siamo trasferiti in Italia, eravamo poveri. Mio marito stava ancora studiando. Prima disegnavo vestiti, poi, quando è nata mia figlia, dipingevo piccoli quadri, nature morte e paesaggi. Mi pagavano mille lire per un quadro, l’equivalente di 4 pacchetti di sigarette di allora. Dovete sapere che in Inghilterra, attraverso l’Accademia, ho avuto contatti talmente forti che dipingevo ritratti in miniatura di varie persone del Parlamento britannico. Tra l’altro, le immagini delle mogli del primo ministro Wilson e di Lord Ellwyn Jones sono state esposte alla Royal Academy Summer Exhibition, il che mi ha reso un po’ confusa. In Italia ho dovuto ricominciare tutto da capo. È stata un’esperienza molto preziosa: ho imparato a lavorare. Mi ricordo quando, all’inizio degli anni Ottanta, un giorno mio marito mi rese così nervosa che afferrai la tela e mi sono sfogata dipingendo “Mezalians”: una bella sposa circondata dalla terribile famiglia del marito. E così, grazie a questo litigio e a questa pittura, ho scoperto il mio percorso di sviluppo artistico individuale: un’affermazione satirica. Oggi queste situazioni finiscono con il divorzio. Pero quella si è finita con una carriera. Oggi non solo ridiamo di quell’incidente, ma presto apriremo il primo museo privato a Castel Gandolfo che presenta tutto il mio sviluppo pittorico.

Si identifica con la Polonia? 

La Polonia è la patria dei miei genitori, dove sono stato solo una volta, da adolescente. Per me la Polonia è mia madre, che di sera ci leggeva libri polacchi a Londra. E il fatto che la voce di mia madre tremava sempre quando il signor Wołodyjowski stava morendo. E il cimitero polacco di Montecassino. Quando è stato creato, vivevamo a Londra, ero una bambina, ma ricordo quanto fosse importante per i polacchi all’estero.

Si sente italiana?

No. Sono un’estranea ovunque. Non mi sento a casa mia da nessuna parte.

Nonostante 45 anni in Italia?

Sono una figlia della guerra. Nata dopo la guerra, in Libano, dove i miei genitori, polacchi, sono arrivati con l’esercito polacco. Sono stata registrata solo in chiesa, perché a quel tempo il governo polacco di prima della guerra era già fuorilegge. Ero un apolide. Poi siamo finiti a Londra; ho ottenuto la cittadinanza inglese, mi sono diplomata a scuola e poi laureata.

Io ho un marito italiano, ma non mi sento né italiana, né inglese, né polacca vera. Io subisco le conseguenze della guerra, perché se non fosse per la guerra, avrei una patria. E così, oggi, quando parlo bene della Polonia, allora ho il diritto di sentirmi polacca, lodo l’Italia come italiana, l’Inghilterra come inglese. Ma quando inizio a criticare, mi viene subito chiesto: “Da dove viene?” Sono sbucata dal nulla. Sicuramente europea, sicuramente internazionale.

Come descriverebbe il suo stile?

Ho letto da qualche parte che il mio stile è la continuazione della “tradizione figurale polacca del passato”. In Inghilterra sento che il mio stile è italiano, in Italia che polacco. Quindi il mio stile è “estraneo” ovunque. Un po’ come Liszt: si diceva di lui che anche lui è “estraneo”. È confortante che sia diventato un grande compositore nonostante ciò.

traduzione it: Karolina Wróblewska