Nella città dell’ombra. Riflessioni su Perugia

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Un viaggio a Perugia è come il lancio di una moneta: non sai cosa ne verrà fuori. Per alcuni sarà come fare centro, altri resteranno delusi, annoiati dal ritmo della città dell’Italia centrale. Ci sono andato, anche se forse è abbastanza chiaro, per l’opera del Perugino, rappresentante della scuola umbra. Sul posto, questa città pigra e un po’ cupa, si sono dischiusi altri tesori della regione.

Di Perugia spesso non si è parlato molto bene, il che, dopo la mia visita, ha cominciato a sorprendermi. Mi sono venute in mente le parole del libro che portavo con me: “Memoria dell’Italia” di Wojciech Karpiński, in cui si legge che la città appariva all’autore “[…] cupa e brutale. Mi sono sentito soffocato e sopraffatto”. Occorre dire che Perugia non è stata un prestigioso bastione dell’umanesimo e i governi dei despoti hanno avuto effetti abbastanza “pragmatici” nell’approccio ai problemi della vita e della morte. Il sangue qui scorreva a fiumi in età moderna.

La città, che in età romana aveva il nome di “Augusta Perusia”, conta oggi circa 167 mila abitanti. Come molte città italiane, Perugia si trova più vicina alle nuvole che alla terra. Dopo l’arrivo in treno bisogna attraversare la stazione (vale la pena rivolgere l’attenzione alla sala d’attesa, il vuoto appare singolare), dirigersi a sinistra dalla parte della funicolare e con il minimetrò raggiungere la città “vecchia” in alto. Il centro è costituito da Piazza IV Novembre, in mezzo alla quale c’è la Fontana Maggiore (1277-1278), tesoro della città quasi a portata di mano, sulla quale si vede un vasto assortimento di scene: da profeti e santi a scenette con immagini simboliche degli abitanti del villaggio. Gli autori sono Niccolò Pisano e il suo non meno talentuoso figlio Giovanni, scultori che furono maestri del loro tempo, a cavallo tra XIII e XIV secolo, noti per lavori compiuti a Pisa, Siena, Pistoia. La fontana per anni è stata circondata da un particolare rispetto: per legge non vi si potevano abbeverare gli animali, né si poteva raccogliere acqua e oggi dal capolavoro ci separa un’inferriata che richiama questa tradizione.

Da un lato si innalza la cattedrale di San Lorenzo, dall’altro il Palazzo dei Priori, sede del municipio. All’interno si trova la Galleria Nazionale dell’Umbria. Il nome parla da solo, perché rende chiaro che non si può parlare nella loro interezza delle fenomeni artistici senza riferimento alla regione, o sarebbe meglio dire alla “scuola umbra”. Prima di poter iniziare a osservare le opere del suo maggiore rappresentante, il Perugino, bisogna passare le sale di arte minore o che è stata importante solo per l’Umbria, come nel caso di Fiorenzo di Lorenzo e Giovanni Boccati. Vale ovviamente la pena soffermarsi più a lungo presso le sculture di Arnolfo di Cambio, la bella “Madonna” di Duccio di Buoninsegna, il “Polittico di Sant’Antonio”, collocato in una sala scura e il cui autore è il celebre Piero della Francesca. L’opera è ipnotica e induce a soffermarsi per qualche tempo. Dal rapimento siamo destati da altri lavori, quali quelli di Agostino di Duccio, autore della facciata dell’oratorio di San Bernardino, accanto alla chiesa di San Francesco al Prato.

Volevo tuttavia vedere soprattutto i lavori del Perugino, che fu maestro di Raffaello, di cui si celebra il cinquecentenario della morte quest’anno. Perugino acconsentì ad accogliere nella sua bottega il futuro autore della “Madonna del cardellino” ed ebbe sull’attività del giovane artista una grandissima influenza. A testimonianza di quanto l’allievo avesse superato il maestro ci sono i dipinti del 1504 che si occupano dello stesso soggetto, ovvero “Lo sposalizio della Vergine”, vale pertanto la pena confrontare le due opere di Raffaello e Perugino (una si trova a Milano, l’altra a Caen in Francia). Perugino nacque intorno al 1450 a Città della Pieve. Benché formatosi a Firenze e avesse lavorato fuori dalla terra natale, è a Perugia che sviluppò la sua scuola. Lavorò in una maniera che era propria, innamorato dei blu e del plasmarli in modo morbido, a tratti con inclinazioni sentimentali. Sono rimasto incantato dall’opera giovanile della “Adorazione dei Magi” (1475 ca.). È un autentico concerto di gesti che vale la pena ascoltare più a lungo. Dopo l’uscita dal museo bisogna andare all’edificio vicino, dove si trova il Collegio del Cambio, l’antica sede della gilda dei mercanti e di coloro che si occupavano del cambio delle monete. I bellissimi interni sono decorati da affreschi, tra i quali alcuni del già famoso Perugino.

Scendendo lungo via Baglioni (dei patroni di questa via, così come degli Oddi, che hanno impresso un forte segno sulla storia di questa città, si potrebbe dire molto male), raggiungiamo la Rocca Paolina. È una fortezza del XVI secolo costruita per papa Paolo III sul luogo dove c’erano monumenti etruschi, romani e medievali. Visitando i suoi corridoi sotterranei pare di vagabondare per caverne o per singolari prigioni. L’edificio fu demolito a metà del XIX secolo e un paio di anni più tardi di nuovo ricostruito per papa Pio IX, fino a quando questa stupefacente architettura non fu conquistata dall’esercito del Regno d’Italia nel 1861. Vale la pena andarci non soltanto per il clima all’interno, ma anche per le mostre d’arte contemporanea.

Nel centro di Perugia si può trovare nutrimento non solo per l’anima, ma anche per il corpo. All’angolo di una strada appaiono venditori ambulanti e una solida porzione della tradizionale porchetta è in grado di riempire lo stomaco per molto tempo durante le peregrinazioni. A cena però occorrerebbe optare per gli spaghetti alla norcina con salsa di tartufi, specialità esclusiva, nascosta nei boschi umbri, per la quale la regione è nota. E quale miglior complemento se non il vino della vicina Orvieto? È risaputo che l’Umbria è uno dei più antichi vigneti d’Italia. Per concludere vale la pena aggiungere che la città è considerata la capitale italiana del cioccolato. Qui si trova una sua fabbrica e annualmente si tiene un festival dedicato alle leccornie.

La storia di Perugia è incline però a considerazioni amare. Non fu mai un grande centro artistico e la storia della città si fonda su quanto ottenuto al termine di cupe lotte fratricide. All’ombra delle vie pietrose e strette il cuore della città respira l’oscurità di questo passato. Perugia è un luogo di contrasti e per convincersene basta sedersi per un po’ ai Giardini Carducci e immergersi nelle rinvigorenti valli grigio-bluastre dell’Umbria, che conosciamo dai dipinti del Perugino.

foto: Dawid Dziedziczak
traduzione it: Massimiliano Soffiati