Opole, la Sanremo polacca

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Festival di Opole nel 1976, fot. Roman Hlawacz, foto archivio del Museo della canzone polacca di Opole

Andare al festival e dopo dire: “siamo stati a Opole” suona molto bene, un po’ come se avessimo detto “siamo stati a Sanremo”, così scriveva nel 1971 nel suo libro di ricordi “Festiwale opolskie” Jerzy Grygolunas, uno degli inventori del Festival Nazionale della Canzone Polacca di Opole. E in effetti, se si guarda alla storia di entrambi i festival, l’enorme popolarità di cui godono da sempre in Polonia sia il Festival di Sanremo, sia la musica italiana, ma anche le tradizioni del festival ad Opole, non si può che approvare questa affermazione.

A separare Opole da Sanremo, sulla costa ligure, ci sono 1500 di chilometri, oltre alle differenze geografiche, linguistiche e culturali, ma ciò che le unisce è un legame invisibile, la cui essenza si trova nella canzone. Sanremo è diventata la capitale indiscussa della canzone italiana grazie al festival che viene organizzato dal 1952. Opole ha ricevuto lo stesso titolo, nel contesto della canzone polacca, da Jerzy Waldorff, un geniale critico della musica, dopo la prima edizione nel 1963 e così rimane fino ad oggi.

Ovviamente ci sono altre somiglianze tra i due festival. Nell’Italia del dopoguerra l’evento è stato un tentativo di mostrare agli italiani che il loro paese ha una sua musica, moderna, che non ha niente da invidiare alle hit provenienti dagli Stati Uniti e dai Paesi dell’Europa occidentale. A ideare il festival sono stati Piero Bussetti, proprietario del casinò a Sanremo e Giulio Razzi, conduttore della televisione italiana RAI. All’inizio il festival era organizzato nel Casinò e durante la prima edizione si sono esibiti soltanto tre artisti, i quali hanno presentato canzoni nuove, create apposta per il festival, poi anno dopo anno la popolarità dell’evento è cresciuta molto velocemente. Già durante la seconda edizione si sono esibiti molti più cantanti e il festival ha iniziato ad influenzare la musica italiana, sia nelle interpretazioni che nell’arrangiamento stimolando show radiofonici e televisivi. Ed anche se per vari anni il festival ha cambiato spesso formula e si è trasferito dal Casinò a l’iconico Teatro Ariston, è sempre rimasto legato all’idea del concorso. Sanremo è stato un trampolino di lancio per artisti come: Domenico Modugno che ha vinto il festival ben quattro volte, Adriano Celentano, Bobby Solo, Toto Cutugno, Al Bano e Romina Power. Ha poi rappresentato l’inizio della carriera per Andrea Bocelli, Laura Pausini, Eros Ramazzotti e l’anno scorso ha lanciato i Måneskin, un energetico gruppo rock.

Il Festival del 1976, fot. Ryszard Łabus, foto archivio del Museo della canzone polacca di Opole

Una cosa simile è successa ad Opole. Nel 1962 alle porte dello studio del leggendario sindaco della città di quel tempo Karol Musiał, chiamato anche “Babbo”, hanno bussato Jerzy Grygolunas e Mateusz Święcicki, due giornalisti di Varsavia. Sono venuti con l’idea di creare proprio ad Opole un festival rivolto ai giovani musicisti e agli autori polacchi. Il nuovo festival sarebbe dovuto essere il tentativo di mostrare ad un pubblico più grande le tendenze di quel tempo nella musica polacca di intrattenimento. Gli inizi, come in Italia, sono stati difficili, perché anche se i due fondatori hanno fatto un lavoro enorme nel ruolo di manager e di ricercatori di talenti, molti artisti e conduttori si rifiutavano di partecipare. Anche nella costruzione dell’anfiteatro all’aperto hanno dovuto fare una corsa contro il tempo. Per fortuna sia gli artisti che i responsabili degli allestimenti hanno fatto davvero un buon lavoro. L’anfiteatro è stato consegnato solennemente durante il giorno inaugurale del primo festival, il 19 giugno del 1963, e durante i 15 concerti si sono esibiti 102 artisti. Il Festival di Opole, similmente a quello di Sanremo, è diventato un evento rivoluzionario nella storia della musica d’intrattenimento polacca, che ha lanciato nuove star e nuove hit, e ovviamente è diventato anche un famosissimo spettacolo televisivo. La rivelazione del primo Festival è stata Ewa Demarczyk, e nelle edizioni seguenti hanno seguito l’esempio: Anna German, Czesław Niemen, Czerwone Gitary, Skaldowie, Maryla Rodowicz, Urszula Sipińska, Alicja Majewska, Ewa Bem, Maanam, Perfect. Il palcoscenico di Opole ha visto l’esordio di tanti famosi cantanti tra cui Hanna Banaszak, Justyna Steczkowska ed Edyta Górniak.

Teatro Ariston, dove ogni hanno si tiene il Festival di Sanremo, fot. Tracey Pettrone

Per tanti anni la musica italiana, con i suoi artisti e le famose canzoni, che andava in scena durante il Festival di Sanremo, ha avuto una influenza indiscutibile su molti artisti polacchi. Le trasmissioni di Sanremo, all’epoca della Cortina di ferro, tenevano incollati allo schermo milioni di polacchi. “È stata una sorta di modello per noi, il festival più antico d’Europa, ancora attivo, con i suoi alti e bassi”, ricordava Marek Sierocki, un noto giornalista polacco di musica, pluriennale direttore artistico dei festival di Sopot e di Opole. “E le trasmissioni televisive sono state una delle poche opportunità per vedere in azione delle vere star”.

Gli artisti italiani e le loro canzoni sono stati spesso fonte d’ispirazione per gli artisti polacchi. Già nel 1964 durante la seconda edizione del festival di Opole, Ewa Demarczyk si è esibita con una sua reinterpretazione di “24Mila Baci”, hit di Adriano Celentano, presentata a Sanremo tre anni prima. E a Sanremo hanno cantato anche due grandi artisti polacchi: Anna German e Czesław Niemen.

Non è possibile riassumere in poche parole la storia italiana di Anna German. La meravigliosa artista, bella e dotata di una magnifica voce, vincitrice di varie edizioni del festival di Opole è stata invitata in Italia dalla casa discografica CDI (Company Discografica Italiana). La sua carriera, nella solare Italia, ha iniziato a correre. La stampa italiana scriveva della talentuosa polacca chiamandola La Mina dalla Cortina di ferro (“Panorama Europeo”, “La Domenica del Corriere”, “Sorrisi e Canzoni”, fonte: Anna German “Wróć do Sorrento?… Moja Historia”). L’artista si è esibita durante il 17° Festival di Sanremo cantando una canzone intitolata “Gi” scritta da Fred Bongusto sfidando artisti leggendari come Domenico Modugno, Adriano Celentano, Dalida e Luigi Tenco (quest’ultimo morto suicida nella sua stanza dell’hotel poco dopo la sua esibizione). Ed anche se il Festival di Sanremo non è stato tenero né con Anna German, né con altri artisti polacchi, grazie alla sua esibizione ha ottenuto la simpatia degli spettatori e degli ascoltatori italiani. L’affetto del pubblico si è tradotto in molti inviti in programmi televisivi e proposte di partecipazione in altri festival italiani ed infine nella registrazione di quattro dischi (tre singoli e un long play). “Il primo premio a Sanremo è ovviamente una cosa fantastica. Ti permette di mantenerti per un paio di anni! (…) Ma la cosa più importante è: piacere al pubblico! No, non parlo degli snob seduti a teatro, ma di quelli che seguono davanti al televisore. Lo studio televisivo è stato bombardato dalle richieste di mostrare di nuovo la Sua esibizione. Congratulazioni! In Italia è certamente un onore riservato a poche persone”, ha detto Domenico Modugno ad Anna German in occasione della loro esibizione insieme durante il programma televisivo “Giochi in famiglia” (Aleksander Żygariow in “Tańcząca Eurydyka. Anna German we wspomnieniach”).

La storia di successo si è interrotta a causa di un tragico incidente stradale sull’autostrada vicino a Bologna, dopo il quale ci è voluto molto tempo per l’artista per riprendersi completamente. “Se non fosse stato per l’incidente Anna German sarebbe stata una famosa star in Italia per molti anni. Tutto faceva pensare che avrebbe fatto una grande carriera”, ammette Marek Sierocki.

Czesław Niemen al Festival di Opole, fot. Ryszard Łabus, foto archivio del Museo della canzone polacca di Opole

Ad esibirsi a Sanremo ci è quasi riuscito anche un altro artista polacco, cantante, compositore, polistrumentista Czesław Niemen, autore di una delle canzoni di protesta più conosciute intitolata “Dziwny jest ten świat”, per la quale ha ricevuto il premio nel 1967 durante il quinto Festival di Opole. La sua avventura italiana ha avuto inizio a Bologna, grazie alla conoscenza con Antonio Foresti, l’organizzatore di vari festival di jazz internazionali. Nel 1970 Niemen ha registrato una canzone di Nicola di Bari: “La Prima Cosa Bella”. Purtroppo è stato vittima delle proteste da parte dei sindacati di musicisti turchi che non hanno accettato il ritiro del rappresentante del loro paese in cambio di un polacco. La protesta è stata sostenuta dai sindacati dei musicisti italiani per paura di perdere la possibilità di fare ben retribuiti concerti in Turchia. Così la canzone è stata presentata dal suo compositore Nicola Di Bari e Gianni Morandi (la formula dell’epoca prevedeva che ogni canzone dovesse essere cantata da due artisti separatamente) ed ha ottenuto il secondo premio. È diventata un grande hit cantata da generazioni di artisti, la versione più bella è stata forse quella lirica e contemporanea di Malika Ayane. La versione di Czesław Niemen è stata pubblicata sul disco che ha celebrato la 20^ edizione del Festival di Sanremo.

Ad Opole sia German che Niemen sono stati onorati con delle stelle messe lungo la Aleja Gwiazd Polskiej Piosenki (una “Walk of Fame” della Canzone Polacca) che si trova nella piazza della città. La Aleja ricorda molti cantanti, gruppi, compositori e autori di testi. Ogni anno, durante il Festival di Opole, grazie alle autorità cittadine e alla fondazione Stolica Polskiej Piosenki vengono aggiunte delle nuove stelle. Il rituale è diventato una parte importante del Festival. Anche a Sanremo c’è una tradizione simile. La “Walk of Fame” è una strada in cui ci sono le targhe dei vincitori di Sanremo, i titoli delle canzoni che hanno vinto con i nomi degli interpreti. Le targhe si trovano nella principale strada pedonale in via Matteotti, accanto al Teatro Ariston. Ogni anno, un paio di giorni prima dell’inizio del Festival, la città rende omaggio al vincitore dell’anno precedente aggiungendo una nuova targa celebrativa. Accanto alla “Walk of Fame” c’è una statua di bronzo del famoso conduttore italiano Mike Bongiorno il quale ha presentato il Festival per undici anni. Ad Opole invece le statue degli artisti polacchi si possono vedere lungo la Wzgórze Uniwersyteckie, dove sono state messe su iniziativa del professore Stanislaw Nicea, pluriennale rettore dell’Università di Opole, esperto conoscitore della musica polacca di intrattenimento. Fra le statue ce n’è anche una di Czesław Niemen, scolpita da Marian Molenda, un artista di Opole.

Tanti racconti interessanti, resoconti di concerti, ma anche i vestiti ed altri oggetti che hanno a che fare col Festival sono esposti nel Museo della Canzone Polacca creato cinque anni fa, la cui sede si trova nel mitico teatro. Ogni anno il museo attira migliaia di turisti, tra cui anche italiani. Anche Sanremo viene visitato da molti polacchi e ciò succede sicuramente sia per la nostalgia che i polacchi provano verso il famoso Festival, sia per l’amore per la musica italiana. Gli artisti polacchi continuano ad ispirarsi alle canzoni italiane, prova ne è l’ultimo disco di Michał Bajor, un grande cantante polacco di Opole, ambasciatore della capitale della canzone polacca, la cui stella splende da tanti anni nella Aleja Gwiazd Polskiej Piosenki. Sul disco intitolato “Color Cafe” ci sono le canzoni francesi ed italiane più famose, tra cui “Ciao cara, come stai” la premiata canzone di Iva Zanicchi, presentata a Sanremo nel 1974.

La magia dei due festival è iniziata fin dalle prime edizioni ed anche se entrambi gli eventi hanno vissuto una storia di alti e bassi rimangono sempre l’appuntamento musicale più importante nei loro rispettivi Paesi. Festival che è importante seguire almeno per poter poi dire, o addirittura criticare “perché Sanremo è Sanremo” e parafrasando “perché Opole è Opole”.

Bibliografia
  • Dariusz Michalski „Z piosenką dookoła świata”, Warszawa 1990
  • Festiwalowe 1001 Drobiazgów, Muzeum Polskiej Piosenki w Opolu, 2015, 2016
  • „Tańcząca Eurydyka. Anna German we wspomnieniach”, Mariola Pryzwan, Warszawa 2013
  • Dariusz Michalski „Czesław Niemen. Czy go jeszcze pamiętasz?”, Warszawa 2009
  • Anna German „Wróć do Sorrento?… Moja historia”, Warszawa 2012
  • Roman Radoszewski „Czesław Niemen. Kiedy się dziwić przestanę. Monografia artystyczna”, Warszawa 2004
  • Jarosław Wasik, „Moje festiwale opolskie” w: „Opole, dzieje i tradycja”, red. B. Linek, K. Tarka, U. Zajączkowska, Opole 2011

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traduzione it: Antonina Kudasik

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