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Prosecco o Franciacorta?

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Quando si parla di bollicine italiane Franciacorta e Prosecco sono tra i nomi dei vini più ricorrenti ed apprezzati in tutto il mondo, compagni ideali di brindisi importanti durante le feste.

Sebbene entrambi i vini spumanti, categoria alla quale appartengono, per ottenere le amate bollicine partano da vini di base sottoposti a rifermentazione, dopo quella alcolica, diverse sono le differenze tra questi due grandi prodotti. Scopriamole insieme.

Le prime differenze fanno riferimento all’ambito territoriale di produzione e al tipo di uve di base utilizzate: il Prosecco viene infatti prodotto da uve Glera coltivate nel Nord-Est d’Italia, nelle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia; il Franciacorta, invece è prodotto in Lombardia, nella provincia di Brescia, con uve Chardonnay e Pinot nero, ma ancora, la differenza fondamentale tra questi due prodotti, risiede nel metodo di produzione.

Per il Prosecco, sia DOC sia DOCG, il metodo Charmat-Martinotti, brevettato nel 1890 dall’astigiano Martinotti ed in seguito nel 1910 dal francese Eugène Charmat, utilizza uve Glera per almeno l’85% e, al termine della prima fermentazione, che avviene in cisterne, il vino base passa alla fase di “presa di spuma”, seconda fermentazione, in contenitori chiamati autoclavi restituendo spumanti giovani, caratterizzati da una spiccata freschezza nei quali risaltano principalmente aromi fruttati e freschi.

Il Franciacorta è prodotto con uve Chardonnay e Pinot nero e viene spumantizzato con il cosiddetto metodo classico utilizzato per ottenere tutte le grandi bollicine trentine e di Champagne.

Seguendo questa procedura, al termine della prima fermentazione, il vino viene imbottigliato con lieviti e zuccheri, rimanendovi per un minimo di 18 mesi, periodo in cui subisce la “presa di spuma”. Nei mesi di posa, i lieviti trasformano lo zucchero in anidride carbonica e alcol, rilasciando al vino sentori secondari quali: crosta di pane, nocciola, vaniglia, caramello ecc. In questo processo produttivo, la manualità e la presenza dell’uomo è fondamentale poiché le bottiglie, durante la seconda fermentazione, vengono periodicamente ruotate, in modo da raggiungere una posizione da orizzontale a verticale a testa in giù, attraverso un processo chiamato “remuage”, che impedisce ai lieviti di depositarsi sulla pancia della bottiglia. Passati i mesi di posa e dopo aver accuratamente spostato le bottiglie tramite il processo di remuage si passa alla rimozione dei lieviti esausti procedendo alla “sboccatura” ed infine al “dosaggio” ovvero un rabbocco che ne determina il residuo zuccherino.

Prosecco e Franciacorta possono essere accompagnati da termini come: pas dosè, brut, extra dry, dry e demi sec. Che definiscono il residuo zuccherino in scala, dai più secchi ai più dolci.

Per scegliere al meglio le vostre bollicine ricordate che quando parliamo di Prosecco, facciamo riferimento ad un vino giovane e fresco che risulta pronto già appena imbottigliato
per il quale non è previsto un lungo invecchiamento, che anzi, preferisce essere bevuto giovane, o, come nel caso del Prosecco Cartizze, di piccolissima produzione, abbinato ad un
classico panettone o pandoro. Al contrario con il Franciacorta si parla principalmente di un vino a lungo invecchiamento che pertanto presenta una certa complessità, ottimo come aperitivo ma che sposa bene anche piatti a base di pesce, tipici della tradizione culinaria italiana.

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AVSI Polska e Fondazione AVSI presentano i risultati del lavoro a favore dei rifugiati ucraini in Polonia durante quest’ anno dall’inizio della guerra in Ucraina

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Giovedì l’Ambasciata Italiana a Varsavia ha ospitato un evento di presentazione dei risultati delle attività annuali che AVSI Polska in collaborazione con la Fondazione AVSI , NGO internazionale con sede centrale in Italia (www.avsi.org, ha realizzato a sostegno dei rifugiati provenienti dall’Ucraina.

L’incontro ha riunito alcuni beneficiari dei progetti insieme a diverse istituzioni pubbliche ed organizzazioni internazionali , aziende a capitale italiano e polacco, volontari e collaboratori di AVSI Polska.

Il nuovo ambasciatore italiano, Luca Franchetti Pardo alla Sua prima uscita ufficiale in Polonia , ha pronunciato il discorso inaugurale, sottolineando l’importanza delle azioni intraprese.

Tra i partecipanti anche Maria Gaudenzi , Desk Officer della Fondazione AVSI, che coordina le attivita’ dei progetti AVSI nell’area e che ha presentato il sostegno fornito ai rifugiati dalla Fondazione AVSI in Ucraina., Romania , Polonia e Moldova. Un impegno che continua ancora oggi.

In Polonia sono stati realizzati 6 progetti , finanziati con 831.000 euro e parte dalla raccolta fondi partita in Italia immediatamente il giorno successivo all’inizio delle ostilita’.

Progetti che, nati come progetti di emergenza, nel tempo si sono evoluti verso il sostegno all’integrazione e che hanno permesso di assistere 8511 rifugiati; ad essi si sono aggiunti 20 micro – progetti finanziati da una raccolta fondi realizzata in Polonia in collaborazione con la Camera di Commercio Italiana in Polonia, l’Ambasciata d’Italia , la società Dante Alighieri ed alcune aziende e privati , micro-grants finalizzati a sostenere iniziative in varie citta’ della Polonia in particolare a favore dei bambini ucraini ivi ospitati.

Particolarmente significativo il progetto finanziato da Banca Intesa San Paolo , finalizzato all’integrazione lavorativa che ha coinvolto 35 aziende e che ha permesso a 155 rifugiate di inserirsi nel mondo del lavoro, di assistere 71 famiglie con bambini; sono state realizzare inoltre 682,5 ore di formazione linguistica oltre a due corsi di formazione per abilitare 5 laureate ucraine in economia alla professione di contabile ( in collaborazione con l’associazione contabili polacca ), ad un corso di formazione per sordomuti, un corso di formazione linguistica specialistica per medici e 26 giornate di corsi di formazioni tecnica. Senza dimenticare 315 incontri singoli in ambito psicologico e di assistenza legale.

Un importante modello che AVSI Polska intende replicare nel prossimo futuro .

All’evento, presentato e concluso da Donato DI GILIO , presidente di AVSI Polska ha partecipato la rappresentante dell’Unione Europea, Marzenna Guz-Vetter, e un rappresentante della banca italiana Banca Intesa San Paolo . Erano presenti anche rappresentanti della Camera di Commercio e Industria Italiana, della societa’ Dante Alighieri ed autorità locali , imprenditori e donatori privati.

L’evento è stato trasmesso in diretta su internet e la registrazione della trasmissione può essere trovata sulla pagina Facebook di AVSI Polska .

Per ulteriori informazioni sulle attività di AVSI Polska e sui dettagli dell’evento, si prega di contattare l’ufficio dell’organizzazione al numero di telefono +48225863300 o via e-mail all’indirizzo office@avsipolska.org.

Visita del ministro Adolfo Urso a Varsavia: “grande sintonia tra Italia e Polonia su molti dossier europei”

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl.

Visita a Varsavia ricca di appuntamenti venerdì scorso per il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. “L’incontro con il ministro polacco dello sviluppo e della tecnologia Waldemar Buda mi ha confermato che c’è piena sintonia tra Italia e Polonia su tanti dossier europei, tra cui quello legato alla transizione ecologica sostenibile che non può essere fatto senza tener conto dell’importanza del mantenere la competitività europea”, ha detto Urso facendo un punto stampa con i giornalisti polacchi e di Gazzetta Italia (audio integrale sul sito gazzettaitalia.pl) presso l’esposizione delle luci del Design Italiano, dove Urso ha incontrato anche uno spaccato della comunità italiana insieme ai vertici di ICE, Istituto Italiano di Cultura di Varsavia, Camera di Commercio, Confindustria. “I rilevanti numeri dell’interscambio economico e della presenza di imprese italiane in Polonia mostrano che tra i due Paesi c’è un forte sistema integrato industriale e commerciale. Questa sarà la base di una cooperazione”, ha spiegato Urso “che diventerà particolarmente intensa nel processo di ricostruzione dell’Ucraina, processo che mi auguro possa in parte iniziare anche in costanza del conflitto. Come Polonia e Italia sono state in prima linea nell’aiutare l’Ucraina fin dal primo giorno di guerra così saranno protagoniste nella ricostruzione di quel Paese a cominciare dalle infrastrutture che serviranno a esportare i prodotti ucraini”. Il ministro ha elencato l’importanza in questo senso dei porti di Trieste e Venezia e dell’interscambio di Verona, che dovranno essere velocemente raggiungibili, quali destinazioni dei prodotti ucraini per poi essere esportati nel resto del mondo. Urso ha poi esplicitamente parlato dell’alta velocità tra Kiev e Varsavia come infrastruttura su cui le aziende italiane potrebbero essere protagoniste. “La ricostruzione dell’Ucraina sarà un motore fenomenale per l’Europa e l’Italia si farà trovare pronta, il nostro Paese non deve essere concepito solo come meta turistica ma vogliamo essere protagonisti del presente” ha affermato Urso aggiungendo che l’Italia grazie a nuove relazioni con Azerbagian, Algeria e anche Libia, appena sarà possibile, vuole diventare l’hub del gas in Europa grazie ai rigassificatori di Piombino, Ravenna e degli altri a terra. Il ministro al termine dell’incontro con la comunità italiana si è recato a Lowic per toccare con mano il progetto di accoglienza di oltre 300 rifugiati ucraini, mamme e bambini, portato avanti dagli imprenditori Umberto magrini e Riccardo Caruso. “Questo impegno dei privati in campo umanitario è un esempio ed anche un onore per il nostro paese”, ha concluso.

https://www.gazzettaitalia.pl/visita-del-ministro-adolfo-urso-a-varsavia-audio-intervista-e-fotorelazione-31-03-23/

Visita del ministro Adolfo Urso a Varsavia. Audio intervista e fotorelazione (31.03.23)

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Petizione perchè Hala Gwardii resti aperta fino all’inizio dei lavori di ristrutturazione

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Anche se i lavori di ristrutturazione di Hala Gwardii non inizieranno prima della fine del 2024, le autorità varsaviane hanno deciso di chiudere la struttura già dal prossimo luglio. Questa decisione non è condivisa dagli affittuari dei locali commerciali, che hanno già inviato una petizione al Comune. “Chiediamo che Hala Gwardii rimanga ancora aperta in modo che noi, le nostre famiglie, i nostri dipendenti e le loro famiglie possiamo mantenere il nostro lavoro; per molti di noi questa è l’unica fonte di sostentamento. Vi lavorano più di 200 persone. In tutti questi anni siamo riusciti a creare un luogo d’incontro accogliente per tutti, distinguendoci dai nuovi locali costosi e inaccessibili per tanti varsaviani. È difficile per noi accettare la notizia della chiusura in attesa dei lavori di ristrutturazione che saranno tra più di un anno. Siamo preoccupati per il nostro lavoro, per il nostro futuro”, si legge nel loro appello.
“Hala Gwardii nella sua forma attuale è la prima a Varsavia, unica e accessibile a tutti i varsaviani, struttura con un’offerta di prodotti di alta qualità e di alto livello. L’atmosfera accogliente di questo posto è stata creata e gestita per sei anni da imprenditori appassionati e onesti. Oltre al mercato di prodotti sani e alla ricca offerta gastronomica, il centro ospita numerosi eventi culturali e di intrattenimento. Abbiamo creato noi questo clima in Hala Gwardii, come ben sanno i residenti di Varsavia, e lo abbiamo fatto seguendo attentamente le esigenze dei cittadini, nostri clienti. La nostra offerta e la forma in cui conduciamo le nostre joint venture sono il risultato dell’enorme coinvolgimento diretto di tutti i commercianti, agricoltori, imprenditori e ristoratori presenti. Noi rappresentiamo Hala Gwardia e siamo quelli che hanno ripristinato il carattere antico del luogo. Siamo autentici in quello che facciamo: per questo Varsavia si è fidata di noi e ha apprezzato quello che abbiamo creato”.

Libri da scrivere

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La collana “Libri da Scrivere”, edita in numerose lingue, fra cui l’italiano, si basa su un’idea originale della casa editrice Austeria, volta a omaggiare soggetti e tematiche particolarmente significativi della cultura in senso lato, tramite un sapiente dosaggio di foto, citazioni e pagine “da scrivere”, a disposizione dell’immaginazione del Lettore. Detto così viene da pensare a un invito un po’ bizzarro a fare uso della propria fantasia concedendosi finalmente il lusso di affi dare a una casa editrice il fatto di un’aspirazione mai nata.

“Libri da scrivere” è di fatto un luogo dove la memoria è sempre in primo piano, ma è anche il posto dove (non a caso, il termine) si realizza – terzo al mondo – un desiderio a lungo rincorso, quello di esserci materialmente a testimoniare tradizioni e cultura ebraiche, ma non solo. (…) progetto unico e originale, il Libro da scrivere, un taccuino ed insieme una raccolta di citazioni e fotografi e che è praticamente un vero e proprio marchio della casa editrice. (Marilena Toscano, dall’articolo apparso il 1 novembre 2022 sul quotidiano “La Sicilia”).

L’iniziativa editoriale, di cui Austeria detiene i diritti d’autore, si sta allargando dunque anche al mercato italiano, per il quale sono stati pubblicati, “Roma ebraica” e “Cracovia” mentre è prevista a breve la pubblicazione di “Trieste” a cura di Salvatore Esposito. Quest’ultimo volume, che segue il precedente “Triest”, curato da Joanna Ugniewska, si rivolge a un pubblico italiano e italofono e in qualche modo lo integra e ne amplia lo spettro, per ciò che concerne il campo d’azione (Gillo Dorfl es, Giorgio Strehler, Lelio Luttazzi), l’epoca a noi più prossima (Rumiz, Covacich, Morris, Brussell, Pahor, Jancar) senza tralasciare apporti polacchi (Joanna Ugniewska stessa, ma anche Jelenski, Gmyz, Kraszewski…).

Italian Design Day, inaugurata a Varsavia esposizione di lampade storiche e contemporanee

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl.

Inaugurata ieri presso la Sala Wandy Telakowskiej dell’Istituto di Design Industriale a Varsavia la IDD – Italian Design Day, la rassegna tematica annuale promossa e organizzata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in collaborazione con il Ministero della Cultura e Agenzia ICE, con la partnership di FederlegnoArredo, Federlegno Arredo Eventi S.p.A., Triennale di Milano e ADI-Associazione per il Disegno Industriale, che vede coinvolta la rete delle ambasciate, consolati, istituti italiani di cultura e gli uffici di ICEAgenzia all’estero. “Il design è un elemento importante nella rappresentazione del settore produttivo italiano perché mette coinvolge una enorme e diversa serie di competenze artigianali e industriali”, ha dichiarato Luca Franchetti-Pardo ambasciatore d’Italia designato in Polonia ricordando anche la candidatura di Roma ad ospitare Expo 2030. “Il design è una delle migliori sintesi tra cultura e sistema industriale italiano, un valore che affonda le radici ai tempi delle eccellenze dell’Italia dei Comuni, quando gli Stati della Penisola si sfidavano in bellezza e qualità artistica. Naturalmente l’apice del design come lo intendiamo oggi è legato al periodo del boom economico degli anni Sessanta quando si creò il concetto di Made in Italy”, ha sottolineato Fabio Troisi direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia. Paolo Lemma, direttore dell’Ufficio ICE di Varsavia, ha poi presentato le aziende e gli oggetti esposti ricordando da un lato il contributo all’evento dato da Simone Balzani, ex responsabile commerciale dell’Ambasciata italiana in Polonia e poi il contributo alla mostra di tante aziende polacche che investono nella promozione e vendita del design italiano in Polonia. Tema della mostra, che resterà aperta fino al 2 aprile 2023, è “La qualità che illumina. L’energia del design per le persone e per l’ambiente” in cui possiamo ammirare una selezione di lampade storiche provenienti dalla collezione privata Fulvio Ferrari “Luce: lampade di design italiane 1950>2000” (a cura dell’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia) e di lampade di design contemporaneo di alcune delle più note aziende italiane del settore (a cura di ICE/ITA-Italian Trade Agency di Varsavia). Nello spazio espositivo sono previste anche due conferenze il 21 e 22 marzo.

Il Santuario di Oropa e altre perle del Biellese

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Lo scorso agosto una giornata della mia parentesi estiva italiana, prima del rientro in Polonia, è stata dedicata ad un corposo itinerario culturale col mio amico Davide. Territorio prescelto quello della provincia di Biella, la meno estesa del Piemonte, con numerose chicche selezionate da andare a gustare, ed un “piatto” principale rappresentato dal maestoso Santuario di Oropa.

La prima tappa di questa avventura risponde al nome di Bondarte, un esiguo gruppo di case quasi nascoste tra le colline che vanno a formare un autentico museo a cielo aperto, grazie a splendidi dipinti, mosaici e sculture. Forse il luogo meno “di grido” della giornata, ma certo il più calzante con la mia idea di turismo selezionato e peculiare.

La seconda meta del programma è il collante con il successivo borgo da visitare – alle porte della Valle d’Aosta – ovvero la Panoramica Zegna che è ben più di una semplice strada. Inserita in un incantevole contesto naturalistico, esaltato al meglio grazie all’opera del celeberrimo imprenditore tessile Ermenegildo Zegna sin dagli anni ’30, lascia ammaliati tornante dopo tornante con emozionanti panorami.

È poi dunque la volta di Rosazza, affascinante paesino che deve il proprio nome e la nuova vita al suo mecenate, in questo caso Federico Rosazza: una figura caratterizzata da un velo di mistero, che ricade ed avvolge in qualche modo tutto il borgo stesso, contraddistinto da particolari scelte architettoniche e da una enigmatica simbologia sparsa in svariati punti.

Ricaricate le pile con un gustoso pranzo tipico, è tempo del preannunciato cuore della giornata, uno dei luoghi di culto più importanti di tutto il Nord Italia, ossia il Santuario di Oropa, dedicato alla Madonna Nera. A rendere più fruttuosa l’esperienza in loco una esaustiva visita guidata con Linda Angeli, responsabile della comunicazione del Santuario, disponibile ed illuminante per comprendere appieno la storia e le specificità del complesso.

“Quello che rende speciale questo luogo, anche secondo il parere di chi viene ad Oropa, è”, racconta Linda Angeli, “l’insieme di tanti elementi forti. Si avverte infatti un aspetto profondamente spirituale, legato alla fede, all’ascesi e alla presenza della Madonna. C’è poi un ambiente paesaggistico straordinario, incontaminato, ed anche un ambiente fatto di arte, cultura e architettura. L’unione di queste tre cose, tre elementi così forti nello stesso luogo, credo che siano rari da trovare tutti assieme”. Un altro tratto che distingue certamente il Santuario è la possibilità per le persone di potervi pernottare, come evidenzia Angeli: “L’accoglienza esiste da quando c’è il Santuario, e storicamente anche su questo Oropa è originale: non nasce infatti in seguito ad un miracolo o ad una apparizione, ma proprio con la vocazione all’accoglienza, che ha mantenuto nei secoli. Quella “domus et ecclesia” citata nei documenti del 1200 era questo, un luogo che ospitava le persone che transitavano da Biella verso la Valle d’Aosta e viceversa, cercando accoglienza spirituale, oltre a cibo e un ricovero per dormire”.

Un elemento di vicinanza con la Polonia è ovviamente la già detta presenza della Madonna Nera, come nell’importante centro di Jasna Góra. Il legame è concreto: l’inno di Oropa ricalca la musicalità di quello cantato a Częstochowa, ed inoltre un importante convegno del 2010, organizzato dai piemontesi sul tema delle madonne nere, ha visto la preziosa partecipazione dei polacchi. La statua lignea di Oropa è stata peraltro da poco impreziosita di una componente in assoluto unica nel suo genere, un Manto della Misericordia, ultimato già in piena pandemia, nella primavera del 2020, ma presentato soltanto nell’agosto 2021, lungo 25 metri e formato da 15 mila pezzi di stoffa donati da migliaia di persone, che hanno lasciato un’intenzione di preghiera insieme al proprio tassello. Linda Angeli spende poi due parole sul Sacro Monte di Oropa, che sorge proprio al fianco del Santuario: “Patrimonio Mondiale Unesco dell’Umanità assieme agli altri otto Sacri Monti di Piemonte e Lombardia, è dedicato alla storia della vita di Maria. Ci sono 12 cappelle con statue di terracotta, dall’Immacolata Concezione fino all’Incoronazione. Era un modo per avvicinare i pellegrini, soprattutto nel 1600 e 1700, a quella che era la storia della Madonna, e farla conoscere attraverso mestieri e abiti tradizionali, avvicinandola alla quotidianità che la gente viveva”.

Terminata la visita in quel di Oropa, è tempo di ridiscendere verso la pianura per le ultime due tappe del ricco itinerario. Dapprima il Ricetto di Candelo, una fortificazione medievale che era destinata alla custodia di beni, quali prodotti agricoli e vinicoli, per ogni evenienza. Muovendosi tra le vie di ciottoli di questa struttura, tra le meglio conservate in Europa del suo tipo sembra davvero di fare un salto indietro nel tempo. Ed infine, a pochi minuti di distanza, non si può che chiudere il programma con la città capoluogo di provincia: Biella. Dopo una passeggiata per il centro della “capitale della lana”, tra il Duomo di Santo Stefano in stile neogotico (visitato nel suo particolarissimo interno) e il Battistero di San Giovanni di epoca romanica, è tempo di cenare ripensando a tutto quanto visto nell’arco della giornata, prima di ritornare poi a casa incredibilmente arricchito, come tutte le volte in cui posso dedicare del tempo a questo genere di esperienze.

Cultura alimentare fonte d’innovazione

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piatti portata e salsiera, Alessi

Novembre, da qualche anno, è il mese in cui si promuove la cultura della cucina italiana nel mondo alla quale è dedicata un’intera settimana su iniziativa del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale nel solco dell’eredità di Expo Milano 2015. L’obiettivo è approfondire: il rapporto fra il cibo e la sostenibilità ambientale, la cultura del cibo, la sicurezza alimentare, il diritto al cibo, l’educazione alimentare, le identità dei territori e la biodiversità. 

Moka Express nel 1933

Pensando al cibo italiano dobbiamo ricordare quali cambiamenti sono stati fatti negli anni grazie al marketing dei prodotti alimentari che, fino al dopoguerra, venivano venduti sfusi. Molte aziende italiane sono diventate famose per l’imballaggio, il confezionamento del cibo sia cotto sia crudo, ricordando come la confezione, oltre ad assicurare la protezione e l’igiene, diventi un prezioso contenitore, funzionale per la grande distribuzione e la stessa esportazione di prodotti che ci hanno resi famosi nel mondo.

Il vero cambiamento è stato portato senza dubbio dall’arrivo della tivù. Nel 1957 difatti ci sono due novità nella quotidianità italiana: la nascita dei primi Supermarket e un programma televisivo che diventò l’appuntamento fisso alla sera per molte famiglie italiane, il Carosello.

Moka Express oggi

Nel dopoguerra, verso la fine degli anni ’50, con il diffondersi della televisione, la pubblicità diventa una delle novità del piccolo schermo, non più limitata a giornali o riviste, bensì trasformata in una serie di cortometraggi con intermezzi musicali. È in quel momento che le aziende legate ai prodotti alimentari come la Barilla, la Pavesi, la Ferrero, la Lavazza credono nella creatività di grafici, fumettisti, artisti, noti o che lo diventeranno perché in grado di ideare un nuovo linguaggio pubblicitario in un cortometraggio innovativo o nel packaging. Si assiste così al rilancio di prodotti fino a quel momento conosciuti ma che grazie alla televisione entrano nell’uso quotidiano di milioni di italiani.

Ci furono anche realtà che adottarono questi innovativi linguaggi, incorporandoli nel proprio logo e marchio, diventando negli anni icone dello stile e della cultura italiana, come Bialetti.

portagrumi, Alessi / fot. Fragile

Celebre è il caso de L’Omino coi baffi, creato dal fumettista Paul Campani ed ispirato a Renato Bialetti, titolare dell’azienda succeduto al padre Alfonso Bialetti, inventore dell’iconica Moka Express. La famosa caffettiera, ideata negli anni Trenta del secolo scorso, grazie alla giusta visione della produzione industriale, venne acquistata da milioni di italiani diventando così il simbolo del rito italiano del caffè. Noto era anche lo slogan che L’Omino coi baffi ripeteva: “…sembra facile ma non è; per fare un buon caffè ci vuole la vostra esperienza, la vostra cura e… la Caffettiera Moka Express Bialetti”.

Del resto il caffè per gli italiani è un culto, come il tè per gli inglesi. Per questo anche nei bar e nelle pasticcerie italiane era stata inventata la macchina per fare il caffè che sottolineava l’ingegneria e la ricerca tecnologica di prestazione per rendere la bevanda buona e in pochi minuti. L’azienda La Cimbali che produceva queste macchine già dagli anni Trenta, fu la prima a vincere il Compasso d’Oro grazie al progetto Pitagora disegnato dai fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni. Ancora una volta questi progettisti stupivano con la loro eleganza nel disegno delle linee pulite ed essenziali di un oggetto in acciaio inox, permettendone la riproducibilità in serie.

Cestino a filo quadrato, Alessi

Un altro importante industriale negli anni Sessanta decise di investire nell’arte per lanciare il suo prodotto nel mondo della pubblicità: Lagostina. Scelse La Linea di Osvaldo Cavandoli, una figura di un piccolo uomo sorridente con un grande naso che cammina su una linea infinita dalla quale prende forma, per raccontare della pentola a pressione, presentata al mercato italiano nel dopoguerra. Era un prodotto, come recitava lo slogan, che enfatizzava per il tipo di cottura i sapori e faceva risparmiare tempo alle casalinghe e alle donne che lavoravano. Questo oggetto, come tanti altri per il mondo alimentare e la cucina, doveva soddisfare le prestazioni per la cottura, la produzione di pietanze prelibate o di buone bevande con un design funzionale ma soprattutto accattivante per l’acquirente.

Così gli oggetti di uso quotidiano per la cucina e la tavolacdiventano belli perché i designer dagli anni Sessanta fino ai giorni nostri vengono chiamati a ridisegnare forme esistenti ma con nuovi materiali come l’acciaio inossidabile, affinchè la pietanza che vi viene servita o la ricetta cucinata diventi preziosa agli occhi dei commensali.

Cestino a filo ovale, Alessi

Nel nostro immaginario non possiamo dimenticare i vassoi, i cestini e i portafrutta dell’azienda Alessi, che nelle cene o pranzi della domenica dei nostri nonni facevano diventare l’apparecchiatura ed il servizio della tavola elegante e bello. Questi oggetti per la tavola dal design raffinato che ancora oggi regaliamo ed acquistiamo perché diventati icone di stile nascono dalla sperimentazione e dall’innovazione di un tipo di lavorazione come nel caso della ricerca tecnologica sul filo di metallo piegato condotta dall’Ufficio Tecnico Alessi. Non per nulla questa abilità ha permesso alla stessa azienda di avere successo, continuando a mantenere nel catalogo la famiglia di contenitori per la tavola e la cucina dall’approccio semplice, ma allo stesso tempo contemporaneo.

Altre aziende italiane che nei primi anni del Novecento nacquero con una produzione spesso artigianale iniziarono a produrre in serie nel dopoguerra, grazie alla continua lavorazione di innovativi materiali, mantenendo la lungimiranza di investire sul talento di architetti e designer per creare serie e collezioni per il mondo della tavola e della cucina.

Il design italiano, anche nella settimana dedicata alla cultura del cibo italiano, ricorda il saper fare e la creatività dell’Italia: dall’estro di prepare gustose pietanze per far conoscere in modo diverso gli ingredienti più famosi al mondo all’abilità dell’ideazione e progettazione di semplici stoviglie che riescono a valorizzare sia le ricette pensate da chef stellati sia i piatti del quotidiano.