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POLONIA OGGI: Il museo dei polacchi che salvarono gli ebrei aprirà il 17 marzo

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

“Il 17 marzo a Markowa, verrà aperto il Museo dei polacchi che salvarono gli ebrei”, ha informato durante la conferenza stampa di martedì, Władysław Ortyl, presidente della regione della Precarpazia. Alla celebrazione di apertura parteciperà anche il presidente Andrzej Duda. Il museo è stato creato a Markowa nel voivodato della Precarpazia, dove il 24 marzo del 1944 i gendarmi tedeschi assassinarono 8 ebrei delle famiglie Szall e Goldman, nonché la famiglia polacca che li nascondeva: Józef Ulma, sua moglie (che era al nono mese di gravidanza) e i loro 6 figli. L’intento del museo è quello di commemorare i polacchi che durante la II guerra mondiale, nonostante la minaccia della pena di morte, aiutavano e nascondevano gli ebrei. “Vogliamo che il museo mostri non solo quello che accadeva in Precarpazia, ma anche nel resto del paese”, ha detto Ortyl, secondo il quale l’obiettivo del museo sarà anche quello di realizzare dei programmi d’istruzione per i giovani provenienti da Israele: “Già nel 2015, quando il museo non era ancora pronto, Markowa è stata visitata da 5 mila giovani ebrei”, ha concluso Ortyl.

Ulteriori informazioni: www.gazzettaitalia.pl/it/polonia-oggi

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Viareggio, la perla della Versilia

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Il sole e il bellissimo mare da una parte e le vette bianche delle Alpi Apuane dall’altra, apparentemente innevate anche in estate ma in realtà rese bianche dal famoso marmo bianco di Carrara, offrono al turista che per la prima volta arriva in Versilia uno scenario unico al mondo. Siamo a Viareggio, perla della Versilia in provincia di Lucca, a nord della Toscana, città famosa per il mare, per gli stabilimenti balneari, per i locali  notturni e, non ultimo, per il Carnevale.

Nata come porta sul mare di Lucca, Viareggio deve il suo nome dalla via regis, la strada che nel Medioevo la collegava al capoluogo. La sua fondazione risale al 1172, quando Lucchesi e Genovesi, alleati contro Pisa, costruirono in quell’anno una celebre rocca fortificata. La più antica fortificazione della città, la Torre Matilde, risale al 1500 e fu eretta dai Lucchesi per difendersi dai pirati. Tutto intorno sorge il quartiere originario della città, cresciuto lungo il canale Burlamacca, che ancora oggi è l’attracco ideale per i pescatori e per i numerosi viareggini che possiedono una piccola barca.. L’evoluzione di Viareggio da semplice porto a città non fu comunque facile. Solo nel 1819 la duchessa Maria Luisa di Borbone fece costruire la prima darsena, e solo l’anno dopo il centro abitato fu elevato al rango di città. Bisogna passare al 1822 per vedere Viareggio trasformarsi in centro turistico grazie al soggiorno vacanziero della sorella di Napoleone Bonaparte, Paolina Borghese. La città assunse così i connotati di famosa località balneare, tanto che datano al 1828 i lavori per il primo stabilimento balneare.

La famosa “Passeggiata” è la vetrina di Viareggio. Un grande viale di oltre 3 km che costeggia il mare, decorato dalle architetture liberty, dal Bagno Balena al Caffè Margherita dove amava sedersi Giacomo Puccini, e ricca di locali, negozi e bar aperti tutto l’anno. Shopping e buona cucina si accompagnano ad un bel giro a piedi oppure in bicicletta grazie alla lunga pista ciclabile che dal molo del porto conduce fino a Camaiore e Forte dei Marmi, mete predilette da molte star dello sport e della televisione. La Passeggiata offre anche svago di carattere culturale per gli amanti dell’arte. Oltre ai due Cinema ed al Teatro, vengono frequentemente organizzate esposizioni pittoriche e fotografiche. Infine, a due passi dal lungomare, sono frequenti piccoli musei sui grandi scrittori e pittori che hanno fatto la storia di Viareggio ma anche d’Italia in generale.
Dopo una mattinata frenetica trascorsa in spiaggia l’appuntamento, per le famiglie con bambini ma anche  per tutti coloro che cercano riparo dalla calura estiva e un momento di pace e ristoro, è alla Pineta di Ponente. La Pineta di Ponente offre infatti ampi spazi di verde dove si può fare un bel pic-nic in compagnia, ma anche delle belle passeggiate, a piedi, in bicicletta oppure a cavallo. E poi ci sono anche minigolf, centri di bocce, aree attrezzate, bar e numerosi ristoranti dove gustare la tipica cucina viareggina. Oltre al mare e alla bianca spiaggia che si estende per chilometri Viareggio è famosa in tutto il mondo anche per il Carnevale: quattro settimane di follia in cui turisti da tutta Italia e anche dall’estero vengono ad ammirare i carri allegorici di cartapesta più famosi del mondo. Una tradizione nata nel 1873 quando un gruppo di giovani borghesi che frequentavamo il Caffè del Casinò lanciarono l’idea di una corteo di carrozze e maschere lungo il viale a mare. Da allora, a Carnevale, per 4 domeniche di fila i carri sfilano sulla Passeggiata: enormi caricature di cartapesta che con ironia prendono in giro il mondo della politica o dello spettacolo. Una tradizione artigianale che si sposa con la satira e che ogni anno affronta i grandi temi dell’attualità ridendoci sopra. Dal 2009 Viareggio, capitale del Carnevale da 142 anni, festeggia anche in piena estate. Durante tre eccezionali notti di Carnevale estivo, tra coriandoli, cartapesta, grandi carri, maschere e musica, Viareggio mette in scena, anche in piena estate, il suo spettacolo più bello. Il 14, 15 e 16 agosto dalle ore 21 alle ore 24 piazza Puccini e piazza Maria Luisa, sul Lungomare, diventano il sambodromo italiano. Le costruzioni allegoriche che hanno partecipato al Carnevale invernale tornano ad animarsi cariche di maschere, musica e movimenti. Il mare, le grandi spiagge attrezzate, le innumerevoli occasioni culturali e di divertimento fanno di Viareggio una delle mete turistiche più ambite della Toscana.

 

POLONIA OGGI: Successo dei dolciumi polacchi in Cina

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I dolciumi polacchi godono di grande popolarità in Cina e negli altri paesi asiatici. Il mercato dei dolci in Polonia oggi si può stimare su una quota di 13 miliardi di zloty, il che rappresenta l’1% del mercato mondiale. Il mercato globale ha un valore di 307 miliardi di euro, del quale un quarto (il 25%) è formato dal mercato dell’UE”, riporta il direttore generale della Federazione dei Produttori Alimentari polacchi, Andrzej Gartner.  In merito al consumo dei dolci, la posizione di leader appartiene alla Svizzera (10 chili per persona all’anno), seguita dalla Norvegia (9 chili). Un polacco medio consuma circa 3 chili di dolci in un anno. L’ 80% dell’esportazione di dolciumi polacca raggiunge i paesi dell’Unione Europea e il rimanente 20% parte per la Cina e i paesi asiatici ed arabi. Gartner aggiunge che la creazione di un marchio di successo nel settore dolciario non sia facile perchè il prezzo della materia prima, in questo caso dello zucchero, varia a seconda del paese.” Nei paesi del terzo mondo è più economico e per questo ci sono molte aziende competitive per noi”. Tuttavia, la Commissione Europea prevede l’abolizione del limite (adesso vigente in Polonia) della produzione di zucchero nell’UE, entro l’inizio del 2017.

Ulteriori informazioni: www.gazzettaitalia.pl/it/polonia-oggi

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Pino Daniele

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Pino Daniele, il celebre bluesman napoletano, è morto all’età di 59 anni a causa di un infarto la sera del 4 gennaio ma la sua grande musica vivrà per sempre. Il cantautore e chitarrista è stato uno degli ultimi grandi innovatori della musica leggera italiana, grazie alla sua originale formula che lo ha portato ad unire in modo straordinario la tradizione della canzone partenopea al blues, al jazz ed al rock. Daniele sarà ricordato per il valore innovativo della sua musica ma anche per l’alto valore dei suoi testi in dialetto napoletano con cui ha raccontato la sua città in modo realistico e poetico al tempo stesso.

Fra le sue canzoni: classici come “Napule è”, “’Na tazzulella ‘e cafè”, “Terra mia”, “Je so’ pazzo”, “Quanno chiove”, “A me me piace ‘o blues”, “Yes I know my way”, “Tutta n’ata storia” e “Quando”. La sua voce acuta, capace di volteggiare con naturalezza fra melodie complesse e la sua interessante vena di chitarrista hanno fatto di lui uno dei pochi artisti italiani in grado di collaborare con le star della musica internazionale. Pino Daniele ha avuto modo di suonare con autentiche leggende del jazz, come Wayne Shorter, Alphonso Johnson, Chick Corea, Steve Gadd, Pat Metheny, Al Di Meola, Gato Barbieri, Ralph Towner, Steps Ahead e Yellow Jackets.

Il 24 giugno 2011 a Cava de’ Tirreni, inoltre, è stato protagonista di uno straordinario concerto in coppia con il suo idolo di sempre, uno dei più importanti chitarristi blues e rock della storia: Eric Clapton. Numerose le collaborazioni dell’artista partenopeo con i grandi della musica italiana, come Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Ron, Fiorella Mannoia, Claudio Baglioni e Mia Martini. Daniele, inoltre, ha avuto modo di suonare anche con autentici pilastri della canzone napoletana tradizionale, come Roberto Murolo. Pino Daniele ha anche costituito una coppia artistica tutta partenopea con il grande Massimo Troisi, scomparso prematuramente nel 1994, per il quale ha scritto delle grandi colonne sonore. In particolare per il film “Pensavo fosse amore…. invece, era un calesse”, il cantautore ha scritto una delle sue canzoni d’amore più belle e delicate: “Quando”.

Pino Daniele è nato a Napoli il 19 marzo 1955, primo di sei figli di una famiglia povera. Il padre era un lavoratore del porto del capoluogo campano. Dopo aver lavorato in sala d’incisione e in tour per altri artisti (Jenny Sorrenti, Gianni Nazzaro e Bobby Solo), nel 1976 diventa il bassista dei Napoli Centrale, guidati dal sassofonista James Senese. Si tratta di una delle prime formazioni che mischia il jazz ed il rock, sulle scia dei grandi gruppi statunitensi come i Weather Report, con la tradizione napoletana.

Nel 1977, Pino Daniele pubblica il suo primo grande album “Terra mia”, contenente forse la sua più bella canzone “Napule è”, affresco al contempo duro e poetico della sua città. Nel disco ci sono già tutti gli elementi della musicalità dell’artista che è riuscito a mettere insieme con grande armonia il linguaggio della musica napoletana tradizionale con quello del blues e del jazz. Questo mix per nulla scontato porterà i suoi esiti più importanti nei lavori successivi: “Pino Daniele” (1979), “Nero a metà” (1980), “Vai mò” (1981) e “Bella ‘mbriana” (1982), un’epoca in cui il cantautore si caratterizza per i suoi fantastici tour, in cui dimostra di essere un grande musicista dal vivo capace di reinventare sempre i suoi pezzi attraverso l’improvvisazione e la scrittura di nuovi arrangiamenti. Accanto a lui suonano i più interessanti strumentisti dell’epoca tra cui Tullio De Piscopo (batteria), Tony Esposito (percussioni), Karl Potter (bongos), Joe Amoruso (tastiere), Rino Zurzolo (basso e contrabbasso) e James Senese (sax). Alla registrazione di “Bella ‘mbriana” ha partecipato anche il sassofonista Wayne Shorter, uno dei musicisti della svolta elettrica di Miles Davis e co-leader dei Weather Report insieme a Joe Zavinul.

Nello stesso disco c’era anche il bassista dei Weather Report Alphonso Johnson che ha anche seguito in tour il cantante napoletano. Dopo questi anni decisivi per la sua carriera Pino Daniele ha continuato ad incidere ottimi dischi e a fare concerti importanti tra cui con Pat Metheny. Merita di essere citata anche una sua tournée con Francesco De Gregori, Ron e Fiorella Mannoia, testimoniata da un interessante disco dal vivo. Il bluesman partenopeo ora non è più con noi ma la sua musica passerà alla storia, grazie alla meravigliosa eredità musicale che ci ha lasciato.

POLONIA OGGI: WOŚP raccoglie oltre 76 milioni di zloty

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La WOSP ha raccolto oltre 72 milioni e 696 mila 501 zloty. Questo evento di beneficenza, ideato da Jerzy Owsiak, si svolge una volta all’anno, ormai da 24 anni. Quest’anno la quota è ancora più alta di quella dell’anno scorso, grazie ai contributi raccolti per i bisogni delle persone anziane e per le esigenze pediatriche dei bambini, per una quota di 53 milioni. Nel giorno finale della raccolta, il 10 gennaio 2016, la quota dichiarata era stimata a circa 44 milioni di zloty. Grazie alle aste caritatevoli su “Allegro” e altre piattaforme sociali, è stata raccolta una cifra pari quasi a 4.5 milioni di zloty. I costi organizzativi, come ha pubblicato Owsiak, sono ammontati a 2 milioni di zloty, quindi il 3.1% del denaro raccolto durante l’evento. Tra quei costi vi sono anche quelli relativi alla produzione delle vignette simboliche con il cuore di WOSP, nonchè gli stipendi delle persone coinvolte (esclusi i volontari), i servizi postali e quelli di telecomunicazione.

Ulteriori informazioni: www.gazzettaitalia.pl/it/polonia-oggi

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Roma: piccoli particolari, grande stupore

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Sei mai stato a Roma? Ci sono il Colosseo, i Fori Imperiali, San Pietro … ma questo lo sanno tutti! Io vi svelerò uno dei tanti piccoli particolari che Roma tiene segreto, gelosa di emozioni, viva di storia.

Su uno dei sette colli romani, l’Aventino, è stata costruita nel lontano 1765 una bellissima piazza ornata con obelischi e trofei militari, circondata da verdi cipressi e da un imponente muro. Fu costruita da Giovan Battista Piranesi su commissione di un nipote di Papa Clemente XIII di nome Giovanni Battista Rezzonico, priore dei Cavalieri di Malta. Infatti sulla piazza si affaccia proprio il portone che porta alle proprietà del Gran Priorato dell’Ordine. Ma chi sono i Cavalieri di Malta? L’Ordine di Malta è nato nel Medioevo ed è l’unico Ordine cavalleresco ad essere sopravvissuto in tutti questi anni grazie al suo carattere anche ospedaliero.

Le battaglie odierne di questi cavalieri, oggi non esclusivamente appartenenti alla nobiltà, non si combattono più con le spade e riguardano malattie, miseria e difesa della fede cattolica. Giovan Battista Piranesi, grande ammiratore dell’Ordine, costruì la piazza con il fine di tramandare nei secoli un’antica leggenda, una tra le più affascinanti tra quelle romane: l’intero Colle Aventino sarebbe un’enorme nave, sacra ai Cavalieri Templari, pronta a salpare verso la Terra Santa. Chi conosce la giusta chiave di interpretazione può, tutt’ora, riconoscere molti simboli, riferimenti, architetture particolari, come ad esempio la prua della nave, identificata in tutta quella parte del colle che si affaccia a precipizio sul fiume Tevere (il fiume di Roma), l’ingresso della parte rialzata della poppa della nave (il “cassero” per gli intenditori) nel portone, le funi e le sartie nei labirinti del giardino che si trova dietro al portone, i parapetti della nave nei parapetti del parco e gli alberi del veliero negli obelischi posizionati all’interno della piazza.

Qual è il piccolo particolare, che suscita grande stupore? Vorrei proporvi di venire personalmente a scoprirlo, ma per non lasciarvi con il fiato sospeso e per risparmiarvi il viaggio, vi mostro un bellissimo scatto.

Lo riconoscete? È quello che noi “Romani de Roma” chiamiamo “Il Cupolone”. La Cupola di San Pietro vista dal buco della serratura del portone! Piccola sorpresa inaspettata per chi non è mai venuto a curiosare nel Priorato, ma nota e sempre affascinante per noi romani innamorati di Roma.

POLONIA OGGI: Anna Maria Anders vince le elezioni in Podlachia e diventa senatrice

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La candidata di Diritto e Giustizia (PiS), Anna Maria Anders, è stata proclamata senatore durante le elezioni nella circoscrizione elettorale n°59, comprendente una parte del voivodato della Podlachia. Nelle elezioni di domenica, per Anders hanno votato 30 661 persone (il 47.26% dei voti), al secondo posto, Mieczyslaw Baginski, il candidato di PSL supportato anche da Piattaforma Civica (PO) e Nowoczesna, che ha ottenuto 26 618 voti (il 41%). La partecipazione elettorale è stata pari al 17%. Anna Maria Anders prenderà il posto del senatore Bohdan Paszkowski, che nell’ottobre del 2015 è diventato governatore della Podlachia.

Ulteriori informazioni: www.gazzettaitalia.pl/it/polonia-oggi

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Il Cinquecentenario del Ghetto di Venezia (1516-2016)

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autore: Shaul Bassi

Il visitatore veneziano che cammina per le strade e i luoghi di Varsavia viene facilmente colpito dai tanti echi della sua città presenti nella affascinante capitale polacca. Che siano le vedute di Bellotto nei musei, o i nomi di Muranów e Arsenale che suonano tanto familiari, molte sono le suggestioni che legano le due città, fino al recente bassorilievo del Leone di San Marco tornato sulla facciata del palazzo al civico 31 del Rynek Starego Miasta. Ma probabilmente il più pregnante di questi legami è quello che connette idealmente due luoghi che portano lo stesso nome, veneziano in origine, Ghetto. Non tutti sanno, infatti, che questa parola, che nel Novecento ha significato soprattutto la segregazione degli ebrei da parte nazista in tante città dell’Europa (come appunto Varsavia) e la proliferazione di quartieri etnici negli Stati Uniti e non solo, in origine era il nome di una fonderia abbandonata (‘Getto’) nella periferia settentrionale della città di Venezia.

Fu qui che il 29 marzo 1516 il doge Leonardo Loredan decretò che tutti gli ebrei dovessero “abitar unidi” in una zona recintata e sorvegliata della città, in quella che retrospettivamente si può chiamare una forma di compromesso. Per Venezia si trattava di includere nel corpo civico una comunità i cui servizi economici risultavano più utili che mai in un tempo di guerra e crisi. Gli ebrei avrebbero pagato una tassa alla Repubblica come comunità, l’affitto ai proprietari cristiani che rimasero gli unici autorizzati a possedere case nell’area, e perfino lo stipendio dei guardiani che avrebbero fatto rispettare il coprifuoco. Per gli ebrei si trattava di essere rinchiusi dentro dei portoni, ma anche di godere di diritti e protezione impensabili in quell’epoca nella maggior parte degli altri Paesi europei. In questo senso il Ghetto fu l’inizio di una nuova civiltà cosmopolita che fuse insieme ebrei tedeschi, italiani, spagnoli, portoghesi in una nuova società capace di interagire con il circostante mondo cristiano avviando anche un proficuo dialogo culturale. Da questo nacquero cinque meravigliose sinagoghe, commissionate da ebrei e costruite da architetti e maestranze cristiane, e soprattutto una straordinaria produzione di libri ebraici, tra cui la prima edizione completa del Talmud, tuttora fondamentale. Nel Ghetto vissero grandi intellettuali che bisognerebbe abituarsi a considerare parte integrante del Rinascimento italiano per la loro influenza. Vanno citati almeno Leon Modena, studioso e autore che tra le sue molteplici opere in ebraico e italiano conta anche “Historia dei Riti Hebraici”, il primo libro in cui sono spiegate le tradizioni religiose ebraiche per un pubblico cristiano, e la sua allieva Sara Coppio Sullam, che a inizio Seicento aveva un salotto letterario e che pubblicò opere poetiche e filosofiche uniche per una donna del tempo. Le porte del Ghetto furono abbattute nel 1797 da Napoleone, che spianò la strada all’eguaglianza tra tutti i cittadini. Da quel momento molti ebrei si allontanarono da quel quartiere e diventarono prominenti cittadini capaci di contribuire alla nuova Venezia moderna, prima sotto l’Austria e poi nell’Italia unita. L’illusione di essere perfettamente integrati durò solo fino al 1938, con le Leggi Razziali fasciste che causarono l’espulsione degli ebrei da tutte le istituzioni pubbliche e spianarono la strada per la deportazione ad Auschwitz di 246 di loro. Anche in quei momenti drammatici il Ghetto non tornò mai zona di segregazione e sebbene molti degli ebrei meno abbienti fossero rimasti ad abitare in quel quartiere, finendo per diventare le vittime più vulnerabili, esso fu anche luogo di grande solidarietà tra vicini. La maggioranza degli ebrei veneziani, come degli italiani in generale, sopravvisse alla guerra e ricostruì quella comunità ebraica oggi ancora viva e vitale, che si appresta a commemorare i cinquecento anni del Ghetto.

Di fronte alla sfida di un anniversario non semplice – deve essere chiaro che non si festeggia il triste primato nella creazione di quello che in molte lingue è divenuto l’emblema stesso della segregazione e della discriminazione – si è cercato di non sottrarsi alla complessità dei messaggi contenuti in questa lunga storia. Cinquecento anni di storia di una minoranza che ha saputo integrarsi e partecipare attivamente e creativamente alla vita di Venezia ci parlano infatti anche della capacità di reagire alle imposizioni per giungere alla libertà oltre i muri: un monito particolarmente urgente oggi, in una situazione di tensioni e incontri con “l’altro”, quando è utile riflettere su noi stessi e sulle tante diverse componenti che formano la nostra civiltà e la nostra storia.

Per il Cinquecentenario è in preparazione un calendario di eventi che offrirà l’opportunità di conoscere meglio il grande patrimonio di storia e di storie collegato al Ghetto e che è promosso dal Comitato “I 500 anni del Ghetto di Venezia”, in rappresentanza della Comunità Ebraica di Venezia e del Comune di Venezia. Questi i principali eventi in preparazione: il 29 marzo 2016, una cerimonia al Teatro La Fenice aprirà ufficialmente la serie delle iniziative con saluti delle autorità, una prolusione dello storico Simon Schama, e un concerto dell’Orchestra del Teatro la Fenice. Dal 19 giugno al 13 novembre sarà allestita a Palazzo Ducale la mostra storico-documentaria “Venezia, gli Ebrei e l’Europa. 1516-2016”, curata da Donatella Calabi. La mostra sarà un evento particolarmente significativo, presentando al pubblico veneziano e internazionale mappe e documenti d’archivio, importanti opere d’arte e un cospicuo corredo multimediale. Il progetto più ambizioso è una imponente raccolta fondi gestita dalla fondazione Venetian Heritage e dedicata alla radicale trasformazione e restauro del Museo Ebraico di Venezia e delle Sinagoghe, un progetto che conta già una collaborazione avviata con il nuovo Museo Polin di Varsavia. Non mancheranno vari convegni e appuntamenti di richiamo anche per gli amanti del teatro e della musica. Nell’ultima settimana di luglio (26-31 luglio) Campo del Ghetto vedrà “Il Mercante di Venezia” di William Shakespeare messo in scena per la prima volta nella sua ambientazione originale. Il calendario è destinato ad arricchirsi, e sarà aggiornato sul sito www.veniceghetto500.org.

Il Cinquecentenario del Ghetto è un’occasione in cui Venezia racconta una parte importante della propria storia e ne mostra la rilevanza per la cultura ebraica, per la cultura italiana, e più in generale per capire – questione di urgente attualità – come minoranze e maggioranze possano vivere insieme e arricchirsi reciprocamente.

Il presidente della Polonia in visita a Cassino a maggio

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Il presidente della Repubblica di Polonia Andrzej Duda sarà in visita a Cassino il prossimo 17 maggio.  Lo ha annunciato il sindaco Petrarcone ricevendo oggi a Montecassino  il ministro degli esteri della Repubblica di Polonia Witold Waszczykowski a capo di una delegazione con l’ambasciatore Tomasz Orlowski per una cerimonia al cimitero militare polacco. Il presidente Duda verrà in Italia  in occasione della cerimonia di commemorazione della conquista da parte dell’esercito polacco di Montecassino. Nel cimitero sono sepolti  1052 soldati polacchi caduti nella guerra del 1944 per la conquista del monte  occupato dalle truppe tedesche. Erano comandati dal generale Anders che riposa con i suoi soldati  nel monumentale Sacrario.

di Domenico Tortolano – il Messaggero

Polonia: gli splendidi scatti a infrarossi del fotografo Przemyslaw Kruk

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Przemyslaw Kruk è un fotografo amatoriale che da circa una ventina d’anni ha unito la sua passione per la fotografia tradizionale e quella per la fotografia a infrarossi, un settore ancora di nicchia seppur in grande sviluppo.

L’occhio umano riesce a vedere la luce  dalla lunghezza d’onda compresa più o meno tra 400 e 750 nanometri (nm). Tutto ciò che è oltre i 750 nanometri, cioè a infrarossi, non viene percepito. Grazie a particolari filtri inseriti nella macchina fotografica è possibile immortalare anche quello specifico spettro di luce. La caratteristica principale del filtro, però, fa sì che le foto assumano dei colori surreali, falsati rispetto alla realtà. Inoltre, poichè lo spettro di luce immortalato non viene colto dall’occhio umano, quando si scatta non si sa effettivamente quale sarà il risultato finale. Un piacevole “effetto sorpresa”, dunque, che rende ancora più unico e speciale questo modo di immortalare la realtà.

A proposito del suo lavoro, Przemyslaw Kruk ha dichiarato al Corriere.it: “Preferisco la fotografia tradizionale. Le foto scattate in infrarossi sono fantastiche e mozzafiato ma sono solo un’aggiunta alla mia passione, che ti dà tante possibilità di mostrare la bellezza del mondo nel modo in cui voglio. La fotografia a infrarossi è un meraviglioso supplemento ma è molto bella anche la fotografia in bianco e nero”.

“Io uso, come macchina fotografica per le foto a infrarossi, la mia Canon 350D”, ha aggiunto. “L’ho modificata un pochino. Ho tolto il filtro originale sulla matrice e ho messo un filtro specifico per gli infrarossi. Questa cosa è molto utile perché così posso vedere in quel preciso istante quale sarà l’effetto raggiunto, proprio come nella fotografia tradizionale. L’effetto definitivo, però, posso solo ottenerlo lavorando con Photoshop.”

Nella gallery di seguito gli splendidi scatti di Kruk che ci mostrano una Polonia (la sua terra) come non l’abbiamo mai vista.

 

di Stefano Terracina – LIFESTAR

 

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