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Home Blog Page 323

Pensando ai nostri simili

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Diana Golec

La seconda settimana di Pasqua è un periodo molto importante, in quanto ognuno di noi ha la possibilità di imparare ad aiutare un altro uomo: si tratta della “Settimana della Carità” che in Polonia viene celebrata per la 69^ volta. Quella precedente a questa è stata la “Domenica della Divina Misericordia”, che è la festa della Caritas Polska, un’organizzazione cattolica al servizio dei più bisognosi. È stato proprio il direttore della Caritas Polska, Don Marian Subocz, a raccontarci dell’aiuto concreto e basato sulla misericordia in un’intervista che è possibile trovare sul canale YouTube di Gazzetta Italia

La Cartias ha sviluppato nel corso degli anni un completo sistema di assistenza, partendo da azioni volte a prevenire la diffusione della povertà fino alla costante lotta contro i suoi effetti. La professionalità di questa istituzione si fonda sulla buona conoscenza della situazione dei bisognosi e di conseguenza anche su una loro accurata assistenza. Uno degli elementi della prevenzione è costituito dalla realizzazione dei programmi “Skrzyd?a” (Le ali) e “Tornister Pe?en U?miechów” (Cartella piena di sorrisi) che sostengono l’istruzione dei bambini e degli adolescenti. Come sottolinea Don Marian Subocz, “così come le ali permettono di volare, così l’istruzione aiuta a lottare contro la disoccupazione, la povertà e il degrado”. Anche in quei casi in cui non sia riuscita a prevenire questi fenomeni, la Caritas ha comunque utilizzato tutte le risorse per far fronte alle situazioni di povertà perdurante o per aiutare le vittime di catastrofi naturali. Il direttore della Caritas sottolinea come la Chiesa abbia inoltre il compito di proteggere la vita, a partire dal concepimento fino alla morte naturale dell’individuo. Quest’approccio ha portato alla creazione della “Finestra della Vita” (Okno ?ycia), dove le madri possono lasciare i propri figli in adozione. Si tratta di dare la possibilità di vivere una vita normale ai neonati non desiderati. Quest’idea non è nuova: è infatti nata nell’Italia medievale. Inoltre le persone anziane o malate possono contare sulle cure e sul sostegno negli ospizi e nelle case di cura gestiti dalla Caritas.

“La Chiesa si basa su tre pilastri: la Parola di Dio, i sacramenti e la Caritas, ovvero l’amore caritatevole” nota Don Marian Subocz, aggiungendo che l’obbligo di aiutare gli altri non pesa soltanto sulla Caritas, come istituzione, ma su ognuno di noi. Questo deriva dal comandamento sull’amore verso Dio e i nostri simili e dai valori morali comuni a tutte le persone. Inoltre i credenti dovrebbero ricordarsi che se hanno ricevuto dal Cristo Risorto il dono della misericordia, a loro volta sono quindi chiamati alla dimostrazione dell’amore attivo verso i bisognosi. Dovranno sostenere non solo i loro fratelli ma anche le persone non credenti, perché questo comportamento diventa la testimonianza dell’amore di Dio verso tutti coloro che non l’hanno ancora scoperto nella loro vita.  Don Marian Subocz spiega che questo è un modo per dimostrare la misericordia verso le anime, visto che non è soltanto il corpo ad aver necessità di soddisfare i propri bisogni. Sempre più spesso accade infatti che sia l’anima ad aver più “fame” rispetto al corpo, il che fa sì che l’uomo sprovvisto di speranza smetta di cavarsela nella vita quotidiana. Proprio queste persone rassegnate, anche se non sempre in modo consapevole, aspettano di essere notate ed aiutate, visto che da sole non hanno il coraggio di chiedere aiuto. Pensando proprio a loro la Caritas ha intrapreso una serie di iniziative sotto forma di un servizio di sostegno a lungo termine elargito nelle situazioni difficili, sia materiali che spirituali. La Caritas può rispondere ad un lungo elenco di esigenze grazie al sostegno finanziario della gente comune che vuole condividere ciò che possiede.

Don Marian Subocz incoraggia a devolvere l’1% delle tasse alla Caritas o, in alternativa, a scendere in campo personalmente attraverso il volontariato, per rispondere alla richiesta di Papa Francesco che, con le sue parole e con i suoi gesti, ci indica la strada per arrivare a chi ha bisogno di aiuto. Nel giorno della sua elezione, il nuovo Papa ha preso il suo nome in onore del Santo di Assisi, un esempio di uomo umile al servizio dei più poveri.

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BEAUTIFUL: Walter Nicoletti nelle puntate “pugliesi”

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La soap più famosa del mondo dedicata alle peripezie della famiglia Forrester compie 25 anni e per festeggiare ha girato delle puntate in Italia, in Puglia, con la partecipazione speciale, una sorpresa, di un giovane attore materano, Walter Nicoletti (cinema: “Operazione Vacanze”, “La mia mamma suona il rock”, “Si può fare l’amore vestiti”, “Outing: fidanzati per sbaglio”, “Leone nel basilico”; teatro: “Le troiane”, “Il sindaco del rione sanità”). Le riprese delle puntate televisive, prodotte dalla Bell-Phillip Television Productios inc. sono state girate dal 7 al 10 maggio dell’anno scorso tra Polignano a mare, Alberobello e Fasano con i protagonisti di culto: Ronn Moss (Ridge), Katherine Kelly Lang (Brooke), Don Diamont (Bill Spencer), Jacqueline Macinnes Wood (Steffy), Kim Matula (Hope) e Scott Clifton (Liam). Walter interpreta l’invitato alle nozze di Hope e Liam. Esclusivamente per Net1News racconta questa favolosa avventura hollywoodiana.

Walter, è un vero onore per tutti gli spettatori italiani, soprattutto le signore, vederti sul piccolo schermo nella soap più famosa del mondo! Chi ti ha contattato per farne parte?

L’esperienza di Beautiful è stata un vero colpo di fortuna perché ricordo benissimo quel periodo. Era il 7 maggio ed ero nello studio legale dove svolgo attualmente la pratica forense per diventare avvocato. In mattinata ricevo una chiamata da una mia cara collega, attrice e presentatrice pugliese, Marianna Pontrandolfo, la quale mi avvisa dell’imminente casting per partecipare alle riprese della soap americana. Come di consueto ho inviato il curriculum con alcune foto del mio book fotografico e dopo qualche ora… arriva la chiamata dalla produzione che mi convoca per il giorno seguente a Polignano a mare, splendida località della costa adriatica pugliese.

Quanto tempo hai passato insieme ai protagonisti di Beautiful?

Ho avuto il piacere e l’onore di conoscere i protagonisti della soap più famosa del mondo. Ho trascorso una intera giornata insieme al cast. Ricordo benissimo gli scherzi e le battute di Ronn Moss (Ridge), Katherine Kelly Lang (Brooke). Simpaticissimi anche Don Diamont (Bill Spencer), Jacqueline Macinnes Wood (Steffy), Kim Matula (Hope) e Scott Clifton (Liam). Ricordo benissimo che tutti gli attori e l’intera troupe scattavano sul set delle foto ricordo nei momenti di pausa. Inutile dire che sono rimasti affascinati dal panorama di Polignano a mare. Voglio sottolineare che tutti gli attori, insieme al regista Michael Stich, sono persone davvero straordinarie. Un’umiltà che non avevo mai visto prima. Tutti disponibilissimi, cordiali e molto professionali. Per ogni scena era quasi sempre “buona la prima”.

Perché gli americani hanno scelto la Puglia, Italia per festeggiare il 25° anniversario della soap?

Gli americani negli ultimi anni sono sempre più attratti dalle bellezze del nostro Paese, in particolare del Sud Italia. Voglio ricordare che nel 2004 in Basilicata è stato girato il colossal americano “La passione di Cristo” per la regia di Mel Gibson. La Puglia è una delle nostre regioni più affascinanti: quella dei trulli monumentali e delle immense grotte sotterranee, delle misteriose caverne marine e dei castelli medioevali, delle nere scogliere che precipitano nell’Adriatico blu-cobaito e delle soffici spiagge dorate che degradano nello Jonio verde-smeraldo, dell’esasperato barocco leccese e delle ingenue cripte bizantine, dei villaggi di un bianco abbagliante, o dei paesi densi di colori caldi. E non dimentichiamoci che in questa regione è presente l’Apulia Film Commission, una grande realtà di professionisti del settore cinematografico. Credo che gli americani abbiano fatto un’ottima scelta per celebrare le nozze d’argento della soap.

Tu invece vieni da Matera che comunque è abbastanza vicina ai posti dove avete girato.

Matera è tra le città più antiche del mondo il cui territorio custodisce testimonianze di insediamenti umani a partire dal paleolitico e senza interruzioni fino ai nostri giorni. Rappresenta una pagina straordinaria scritta dall’uomo attraverso oltre 10.000 anni di storia. Matera è la città dei Sassi, il nucleo urbano originario, sviluppatosi a partire dalle grotte naturali scavate nella roccia e successivamente modellate in strutture sempre più complesse all’interno di due grandi anfiteatri naturali che sono il Sasso Caveoso e il Sasso Barisano. Le riprese di Beautiful si sono svolte nell’arco di 4 giornate per un totale di 10 puntate e hanno toccato note località pugliesi: Polignano a mare, Fasano, Alberobello (la città dei Trulli). La puntata del matrimonio tra Liam ed Hope si è svolta nei pressi della statua di Domenico Modugno, sul lungomare omonimo di Polignano a Mare. Sullo sfondo dell’azzurro Adriatico.

Questa è la tua prima esperienza con una produzione internazionale?

Beautiful è stata la mia prima esperienza con un cast internazionale. Un cast tutto americano che proviene da Hollywood, la città del cinema, la storia stessa del cinema americano. Si da piccolo ho apprezzato il modo di recitare “americano” figlio dell’Actor Studio, il laboratorio per eccellenza per la formazione al mestiere di attore che ha per base il metodo Starsberg il quale rappresenta un’esperienza leggendaria nel mondo del teatro e del cinema. Ho immediatamente appreso diverse tecniche recitative osservando gli attori. D’altronde se è vero il proverbio che “un attore è un po’ come un ladro”, dico che il furto si compie prima di tutto con gli occhi: infatti occorre saper guardare, poi ascoltare, e allenarsi a farlo in ogni momento, in ogni ambiente.

Ci descrivi il tuo ruolo?

Ho interpretato l’invitato alle nozze. Una parte davvero piacevole e divertente considerato che mi ritrovo insieme al cast a cantare la meravigliosa canzone “Nel blu dipinto di blu (Volare)” di Domenico Modugno, l’inno italiano della musica leggera. Per farla breve la scena è la celebrazione del matrimonio, seguito dal bacio fra gli sposi. Una sorta di inno alla gioia e all’amore.

Cosa ricorderai di quest’avventura pugliese?

Mi ritengo davvero fortunato perché quest’esperienza mi ha permesso di crescere professionalmente. Per non dimenticare le forti emozioni che resteranno impresse nella memoria e che un giorno spero di poter raccontare ai miei figli, magari tornando sul luogo in loro compagnia. Credo che le esperienze vadano necessariamente vissute per poter comprenderne la rilevanza anche sotto un profilo umano. In questi casi le parole servono a poco.

Come sono personalmente le due icone di questo mitico sequel: Ridge e Brook?

Ridge e Brooke, insieme a tutti gli altri attori del cast, sono persone normalissime, davvero gentili e simpaticissimi. Ricordo che sul set scattavano foto ricordo e nei momenti di pausa andavano sempre verso i loro fans. A volte mi sembravano dei turisti! Tuttavia sono rimasto colpito dalla loro bravura. Non sbagliavano mai ed andavano spediti. Hanno una media di decine di scene al giorno da girare. Professionisti allo stato puro.

Qualcuno di loro ti ha invitato negli Stati Uniti?

Gli attori e la produzione hanno promesso di ritornare quanto prima in Puglia, forse in estate, per poter rilassarsi ed apprezzare liberamente i luoghi dove hanno girato le scene. Per cui non escludo che andrò a salutarli in occasione del loro ritorno, questa volta in veste di turisti.

Lingue, letterature e culture in traduzione

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Convegno Istituto Italiano di Cultura Varsavia
La sala conferenza dell'Istituto Italiano di Cultura a Varsavia.

Il 26 e 27 aprile 2013 a Varsavia si è tenuta la conferenza VISTO DALL’ALTRA PARTE: LINGUE, LETTERATURE, CULTURE IN TRADUZIONE organizzata dall’Istituto di Linguistica e Culturologia Antropocentrica – Facoltà di Linguistica Applicata presso l’Università di Varsavia, dedicata all’ampia tematica legata alla traduzione, didattica e formazione di traduttori. Il Convegno è stato aperto dalla Direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia, dott.ssa Paola Ciccolella.
Nel suo breve discorso inaugurale, l’Ambasciatore della Repubblica d’Italia in Polonia, Riccardo Guariglia, ha sottolineato l’importanza della qualità delle traduzioni di opere italiane in Polonia ed il bisogno di mettere in risalto gli stretti rapporti e legami tra le due nazioni, di una tradizione secolare. Queste relazioni trovano le loro testimonianze anche nell’ambito della letteratura e della cultura. In primo luogo, per dare il via alle deliberazioni, è intervenuto il Preside della Facoltà di Linguistica Applicata, prof. Krzysztof Hejwowski.

Nelle dodici sessioni plenarie aperte al pubblico hanno partecipato più di 40 relatori provenienti da circa 20 università di tutta Europa. Abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare lezioni sulla traduzione e sulle strategie di traslazione ed interpretariato, nonché vedere degli esempi di traduzione letteraria, conoscere le tecniche e le metodologie della didattica e della traduzione e toccare varie questioni incentrate sugli aspetti linguistici della traduzione. La protagonista del convegno è stata la lingua italiana ma non sono mancate relazioni in lingua inglese, dedicate ai problemi linguistici e letterari.

linguistica applicata

 

Gli organizzatori ed i partecipanti, molto soddisfatti dei risultati, hanno constatato un enorme potenziale di ricerca e di didattica di tali iniziative e, dato il grande interesse per la conferenza, stanno già pianificando futuri incontri.

Polacy jednym z najbardziej zestresowanych narodów na Świecie

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Magdalena Radziszewska

Stres w dzisiejszych czasach jest nieodłącznym elementem naszego życia. Spocone dłonie, „gęsia skórka”, przyspieszone bicie serca w reakcji na silne emocje – któż z nas tego nie doświadczył? Krótkotrwały stres, który powstaje dzięki hormonowi o nazwie adrenalina, ma pozytywne działanie o ile organizm ma szansę go odreagować. Gdy się stresujemy, i nie mamy szansy na odpoczynek, w naszym ciele wzrasta poziom kortyzolu, zwanego „hormonem stresu”, a obniża się poziom serotoniny i dopaminy, które należą do „hormonów szczęścia”. Ciągłe nadwyrężanie układu nerwowego prowadzi do wielu poważnych schorzeń.

Informacje te powinni sobie wziąć do serca przede wszystkim Polacy. Według ostatnich badań firmy Extended DISC to właśnie Polska należy do krajów, w których odnotowuje się najwyższy poziom stresu.

Narodowy wskaźnik stresu TM, będący wytyczną w badaniach prowadzonych przez firmę Extended DISC, wykazuje w jakim stopniu ludzie odczuwają spokój, harmonię i brak stresu w różnych krajach. Badanie przeprowadzane jest w formie ankiety wypełnianej przez tysiące osób aktywnych zawodowo w danym kraju. Polska populacja uczestniczy w badaniu od sześciu lat. W Polsce wskaźnik wynosi 2.18 i jest o wiele wyższy niż ten odnotowany wśród mieszkańców innych krajów europejskich, np. Niemiec, gdzie wskaźnik TM wynosi 1.60. Można powiedzieć, że wyniki badania są odwrotnie proporcjonalne do stopnia zamożności społeczeństwa. W USA, Kanadzie, czy Wielkiej Brytanii wskaźnik stresu jest niski (1.49-1.59). Wyniki zależą także od aspiracji rozwojowych danego narodu (wynik Polski jest najbardziej zbliżony do tego w Korei). Całkowicie odrębną grupę stanowią kraje Ameryki Łacińskiej, które pomimo iż nie są zamożne, zachowują wskaźnik stresu na niskim poziomie (w granicach 1.17). Prawdopodobnie uwarunkowane jest to wpływami kulturowymi (np. zwyczajowym w krajach latynoskich „mañana”).

Większość Polaków żyje w stresie, w szczególności ta część społeczeństwa, która obejmuje wysokie, menadżerskie stanowiska. Wieczny pośpiech, nadmiar obowiązków i lęk o utratę pracy to podstawowe czynniki sprzyjające towarzyszącemu nam napięciu. Co najgorsze, przeciętny polski pracownik jest z roku na rok coraz bardziej zestresowany. Z najnowszych badań przeprowadzonych przez firmę Regus wynika, że prawie połowa Polaków (40%) odczuwa, iż poziom doświadczanego przez nich stresu jest wyższy niż w poprzednich latach.

Według respondentów (badania przeprowadzane są przede wszystkim w środowisku pracy), stres jest częściej wywoływany przez czynniki natury zawodowej, niż osobistej. Do najbardziej stresogennych czynników należą osobista sytuacja finansowa, praca oraz kontakt z klientami.

Przeprowadzone badanie miało również na celu znalezienie możliwego rozwiązania problemu nadmiernego stresu. Według niektórych ekspertów w redukcji stresu pomocna byłaby możliwość wykonywania pracy w elastycznym trybie. Najnowsza ankieta potwierdziła wyniki poprzedniego badania przeprowadzonego przez Regus, wg którego 58% ankietowanych czuje się znacznie lepiej gdy ma możliwość wykonywania elastycznej pracy. Respondenci uważają, że jest to jeden ze sposobów na ograniczenie towarzyszącego im napięcia. Większość z przepytanych osób uważa możliwość elastycznej pracy za czynnik pozytywnie wpływający na życie rodzinne, podnoszący komfort życia oraz ułatwiający odnalezienie równowagi między pracą oraz sferą prywatną. Ponadto, elastyczne warunki zatrudnienia zwiększają produktywność i eliminują koszty związane z pracą w biurze.

Szybkie tempo życia, nadmiar pracy, walka o wyższe stanowiska, konflikty ze współpracownikami to tylko część czynników, które wpływają na podwyższenie poziomu hormonów stresu we krwi Polaków. Jesteśmy narodem, który dąży do poprawy statusu społecznego, niestety, zdeterminowani i skupieni na osiągnięciu wyznaczonych celów, zapominamy o tym, że ciągły stres może prowadzić do odroczonych w czasie, ale ciężkich dolegliwości, takich jak uzależnienia, napięcie i bóle mięśni, depresja, wrzody, bezsenność, czy problemów rodzinnych.

Przeglądarki internetowe bezlitośnie potwierdzają ten portret naszego społeczeństwa poprzez pewien interesujący fakt: po wpisaniu hasła „Polacy i stres” otrzymamy tysiące stron informujących nas o tym, jak bardzo zestresowanym narodem jesteśmy. Natomiast gdy spróbujemy wyszukać jakichkolwiek informacji dotyczące stresu w społeczeństwie włoskim, nie uzyskamy żadnej odpowiedzi… Może mieszkańcy półwyspu Apenińskiego mimo gonitwy dnia codziennego znaleźli odpowiednie sposoby na zmniejszenie stresu i zachowanie spokoju? Może powinniśmy brać przykład z naszych południowych przyjaciół?

Fermarsi un momento e porsi una domanda

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Diana Golec

Per i cristiani è arrivato ancora una volta il periodo della Quaresima che precede la Pasqua. La sequenza di questi periodi non è certamente casuale: bisogna infatti giungere alla purificazione dello spirito per poter giungere al trionfo della risurrezione, anche se a volte può succedere di perdere di vista questo obiettivo! Essere così immersi negli impegni della quotidianità ci fa entrare nel periodo quaresimale in modo frettoloso e quindi spesso senza la dovuta attenzione. Gravati da innumerevoli attività che ci impongono l’imperativo “devo farlo” o “devo finirlo in tempo”, fissiamo dei propositi quaresimali poco ponderati, mirati in un certo senso più a metterci in pace la coscienza che a uno sviluppo della nostra spiritualità. Questi propositi sono spesso superficiali e superati, non sono congruenti alla fase attuale del cammino spirituale in cui ci troviamo, a volte sono echi della nostra infanzia. Ed è proprio in una simile situazione che si rende necessario fare dei cambiamenti.

Tutti noi sappiamo che una macchina molto veloce diventa pericolosa senza dei freni adeguati, e lo stesso accade con la nostra vita che procede freneticamente e che, se sprovvista di momenti di riflessione, rischia di farci perdere il controllo su di essa. E’ per questo motivo che la liturgia della Chiesa invita a vivere 40 giorni di preparazione alla Pasqua. È necessario quindi fermarsi e porsi una domanda: cosa di buono dovrà germogliare e crescere in noi durante questo periodo?

Non vi è alcun dubbio che l’astenersi dal mangiare dolci o dal bere alcolici durante la Quaresima contribuisca a formare un carattere forte, supportando la capacità di autocontrollo; ma siamo certi che sia proprio quello che vuole Gesù, che nel Vangelo invita al digiuno, all’elemosina e alla preghiera? Non sarebbe forse meglio fare una profonda introspezione, ammettendo le nostre debolezze e riflettendo sui misteri della fede in questo periodo così speciale?

Questo non è un compito facile. Inizialmente può nascere in noi il pensiero secondo cui ci sono già state molte prove volte a migliorare tutto ciò in cui la nostra anima è debole, prove che però non hanno avuto apparentemente alcun effetto. Si tratta di una tentazione che va sconfitta, stando attenti a non caderci nuovamente quando la realtà grigia e frettolosa limiterà i nostri momenti di riflessione sulla realizzazione dei nostri progetti spirituali. Può sopraggiungere quindi la voglia di scoraggiarsi e trovare conforto nel mondo delle fugaci superficialità. Dio desidera invece da parte nostra uno sforzo per raggiungere l’obiettivo che ci eravamo prefissati all’inizio del periodo quaresimale. Per Lui è importante sapere che i suoi figli provano a migliorarsi, non che ci riescano, perché sa che per loro arriverà il momento dell’elevazione dello spirito.

A tal proposito, è molto interessante la trama del racconto “Il leone, la strega e l’armadio” di C.S. Lewis, che ci mostra lo sforzo dei quattro fratelli Pevensie per ristabilire l’armonia e la pace nel regno di Narnia. I bambini si trovano ad affrontare il tradimento di uno di loro, ma devono anche battere una strega, così potente e astuta che nemmeno gli sforzi dei personaggi sono sufficienti a sconfiggerla. Riescono finalmente a vincere con l’aiuto del leone Aslan che decide di sacrificare la propria vita per redimere la colpa del traditore. L’animale muore ma con l’arrivo dell’alba avviene un miracolo, visto che l’animale, attraverso un’antica magia, torna in vita e alla fine sconfigge la strega.

La morte e la vita sono divise da un’enorme voragine che per essere superata dall’uomo necessita di un pesach (che in ebraico significa “passaggio”), lo stesso seguito da Gesù, che ne è diventato emblematicamente il ponte: questo è il vero significato della risurrezione! È stato il sacrificio di Dio che ha sacrificato se stesso per vincere il peccato e la morte e, nel contempo, ha dato un senso agli sforzi degli uomini nel loro cammino verso il bene.

La forza dell’amore di Dio dà speranza a tutti e, anche se spesso non è possibile vederne gli effetti nella nostra lotta contro il male, bisogna aver fede perché alla fine il nostro impegno sarà premiato in maniera similie a quella dei protagonisti del racconto “Narnia”. Riceveremo in premio l’accesso ad una terra eterna e bellissima.

 

Carnevale di Viareggio

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Eric Matteucci

Cari amici Italiani di Polonia, grazie alla Gazzetta Italia e al suo collaboratore Enrico Buscema ho  l’opportunità di parlare di Viareggio, bellissima città balneare sul litorale toscano, ma conosciuta in tutto il mondo per il suo maestoso Carnevale, che quest’anno ha festeggiato il suo 140° anniversario. La nostra manifestazione si è affermata nel tempo grazie ai maestri della cartapesta viareggini, che sono riconosciuti come forse i migliori del mondo nella costruzione di carri che superano i venti metri, arrivando fino ai trenta metri di altezza. La satira sui vari argomenti della società è l’elemento che aggiunge cultura a questi giganti di cartapesta, come vengono definiti questi carri armoniosi con il loro movimento. Cento, duecentomila persone durante le magiche sfilate sul lungomare, con un panorama unico nel suo genere… Il mare da una parte e, a pochi passi, uno spettacolo di colore e di allegria che, pure con il freddo dell’inverno, riscalda ogni cuore. Il carnevale a Viareggio è nel sangue e nel dna dei suoi abitanti, si aspetta tutto l’anno questo grande evento, orgoglio di tutta una città. Invito voi tutti in Polonia a programmare prima o poi un viaggio nella nostra città accogliente, perla del Tirreno e regina del carnevale d’Italia e d’Europa.

Colgo anche l’occasione di ringraziare quella signora che ha inviato la canzone composta da me “Viareggio è magica” sul vostro sito, che ha permesso questo casuale incontro con Enrico Buscema e che mi ha contattato tramite Facebook.

“Viareggio è magica” ha fatto una vera magia. Fare conoscere il carnevale di Viareggio grazie ad una canzone rende orgoglioso non soltanto chi la scrive, ma anche chi la canta: Egisto Olivi, Silvia Barbieri, Dino Mancino (famoso per il suo tour con Giorgio Panariello e diverse esibizioni con Zucchero), Simon Luca Ciffa alla chitarra e basso. Da parte di tutti noi un grazie enorme a tutti voi!

Un abbraccio che unisce  Viareggio e Varsavia!

Link di tele Versilia per la diretta on line: http://www.reteversilianews.com/.

Michał Archanioł

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SCENA W JEDNYM AKCIE: Znajdujemy się w dowolnym miejscu w naszych czasach. Archanioł Michał jest ubrany jak jeden z nas. Siedzi za stołem, na którym rozłożone są jego atrybuty. Zwraca się do obecnej publiczności, zebranej by wysłuchać jego słów.

MICHAŁ: (W sposób kolokwialny, tak, jakby rozmawiał z przyjaciółmi). Nawet my Anioły, nie uwierzycie, nawet my odczuwamy potrzebę komunikacji z wami, śmiertelnikami, tak jak wy komunikujecie się między sobą; tak samo jak Chrystus, Maryja Dziewica, Święci, którzy często ukazywali się tu na ziemi. Ale wy powiecie: „Oni, tak jak my, urodzili się i żyli tu na ziemi! Natomiast jak to możliwe, że Ty, który masz niebiańskie korzenie, jesteś tu, pośród nas?” (Z naciskiem) Uwielbiam się objawiać! Dzięki Bogu, objawiałem się w przeszłości, objawiam się i będę się jeszcze objawiał! Chociaż nie zbuntowałem się przeciw Bogu, tak jak niektórzy, ja także czuję się, w pewien sposób, zbuntowanym Aniołem. Zbuntowanym wobec mojej natury, a nie Boga, oczywiście. Chociaż szczerze mówiąc, bardziej niż „zbuntowany”, powinienem określać się jako niespokojny, ciekawy, spragniony przebywania między wami, którzy, zresztą, tak jak ja jesteście boskimi stworzeniami. Nawet jeśli jestem stworzony bardziej z ducha, niż z materii, a wy bardziej z materii, niż z ducha, to i tak martwię się o wasze życie i o wasz los. Zatem ujawniam się wszystkim, w mojej prawdziwej postaci. Pozostali Aniołowie, generalnie, mogą objawiać się tylko mistycznym i ukazują się pod ludzkimi postaciami: jako biedacy, pielgrzymi, goście, posłańcy. Ich obecność często jest ujawniana poprzez pieśni, muzykę z innego wymiaru lub rajskie zapachy. A potem znikają w mgnieniu oka, dlatego też ten, kto ma wizje, przeżywa je jako tajemnicze objawienia, nawet jeśli w pewien sposób są one realne; oczywiście, nie przynależą one do tego świata. (Przerwa). Dla mnie ciało, jest jak dla was ubranie! (Przerwa).

Pierwszym miejscem, w którym się ukazałem dobre cztery razy, było Monte Drion; trzy razy w V wieku i jeszcze raz w XVI wieku na antycznej ziemi Dauni w Apulii. Moje pierwsze objawienie się miało miejsce w 490 roku, na górzystym przylądku, niedaleko od miast Arpi i Siponto w Apulii, dzisiaj nazywanym Gargano. W dominiach ludu bizantyjskiego, sukcesywnie pokonywanego przez Longobardów, gdzie przed nadejściem Chrystusa, powstała pogańska świątynia, poświęcona jasnowidzowi Clacante, wyznawcy Apollina i lekarzowi Podalirio, synowi Eskulapa.

Już ósmego maja, tego samego roku, z wysoka dostrzegłem ten górzysty obszar, pełen uskoków, z tysiącem źródeł krystalicznie czystej wody, pokryty częściowo lasami zamieszkałymi przez przeróżne zwierzęta, ale przede wszystkim bogaty w winorośle, oliwki i zboże na stokach rozciągających się do równiny Siponto, graniczącej z morzem. Była to sceneria, która przypominała mi Ziemię Obiecaną, bogatą we wszelkie Boże dobra, posiadającą wszystko to, czego człowiek potrzebuje, by się pożywić: chleb, wodę, wino, oliwę, zwierzynę, ryby, sól, a także dodatkowo wspaniałą glinę i ogień. O tej porze roku góra, z wielkimi, wapiennymi grotami, była, z kolei, pokryta śniegiem. Opuściłem się z nieba pokrytego białymi chmurami, ubrany na biało, z moimi trzema atrybutami: skrzydłami, także białymi, oraz błyszczącymi szpadą i wagą; spowity mocnym, białym światłem. My anioły jesteśmy w szczególności zafascynowani kolorem białym. Także nasze łąki w Raju są bezkresnym kobiercem białych kwiatów. Wówczas, tam w górze, na szczycie zdarzyło się tak, że pewien wolarz o imieniu Gargano, miał problem ze swoim bykiem, dlatego chciał go zabić i zamierzał cisnąć w niego strzałę. Zaanonsowany przez bardzo silny wiatr, natychmiast zainterweniowałem w obronie zwierzęcia, które szło do wnętrza groty szukając schronienia i starając się, by nie dosięgła go strzała. Ukazałem się potem we śnie Biskupowi Siponto i powiedziałem mu: „ja jestem Archanioł Michał. W waszych stronach nie będzie już nigdy więcej rozlewu zwierzęcej krwi”. Opowiedziałem mu o całym zdarzeniu. Biskup, poruszony, zwołał lud, po to by poprowadzić procesję na tę górę. Kiedy tłum zdołał rozpoznać jaskinię i do niej wejść, znalazł, z wielkim zdziwieniem, kamienny ołtarz z drewnianym krzyżem, ozdobiony liturgicznymi szatami, i ślad mojej stopy, odciśnięty na kamiennej posadzce. To ja przygotowałem i ułożyłem wszystko z dużą starannością. Pomimo mojego stanu nieważkości, pozostawienie odcisku stopy nie było takie trudne, ponieważ w tamtym czasie, ta biała skała była krucha i zakurzona jak kreda.

Dwa lata później, po raz drugi ukazałem się we śnie Biskupowi Siponto, miasta wówczas oblężonego przez Herulów. Poinformowałem go, że następnego dnia najeźdźcy uciekną, zaatakowani przez najstraszliwszą z burz. Gdy rzeczywiście tak się stało, biskup z wdzięczności rozkazał, aby nad grotą został wzniesiony kościół ku mojej czci. Rok później, 29 września, powróciłem na ziemię i znów ukazując się biskupowi wyszczególniłem: „tam, gdzie otworzyła się skała, grzech ludzki zostanie przebaczony. A to, o co poprosicie w modlitwie, zostanie wam przyznane”. Potem dodałem: “teraz ta grota, z kościołem powyżej, jest dla mnie święta i ja sam już ją konsekrowałem”. Postępując w ten sposób ustanowiłem, że kościół ten będzie powszechnie uważany za pierwszą i jedyną Niebiańską Bazylikę na świecie, przeze mnie samego pobłogosławioną.

Kolejne moje objawienie się na Gargano będzie miało miejsce w 1656 roku, aby pokonać dżumę. To właśnie wtedy dokonałem mojego pierwszego prawdziwego cudu, który następnie został nagłośniony przez lud na całym świecie! Zobaczcie, nawet dzisiaj, na moim pomniku został przytoczony napis: “Dla Księcia Aniołów, zwycięzcy dżumy, patrona i stróża, pomnik wiecznej wdzięczności”.

Drugim miejscem, w którym się objawiłem był Monte Aureo, w VI wieku, w okolicach Neapolu. Ukazałem się wtedy biskupowi Stabii, któremu towarzyszył pewien przeor. Poprosiłem go, aby wybudował na tej górze sanktuarium mojego imienia, a on od razu posłuchał.

Trzecim miejscem, w którym się ukazałem był Rzym w VI wieku. Tym razem objawiłem się papieżowi. Moje ukazanie się miało miejsce nad Mole Adriana, w akcie schowania miecza (Wykonuje gest). Tym gestem zamierzałem obwieścić także tam koniec dżumy, która nękała miasto. Oto wówczas papież, po tym cudzie, zdecyduje się zmienić nazwę Mauzoleum Adriano oraz Mole Adriana na Zamek Świętego Anioła.

Czwartym miejscem, w którym się objawiłem, była Pawia. Ukazałem się tam w VII wieku, w miejscu gdzie wznosiła się Kaplica Pałacu Królewskiego, aby odpowiedzieć na prośbę księcia longobardzkiego, który prosił o pomoc w zwyciężeniu Bizantyjczyków w bitwie w 663 roku. Dzięki mojemu wstawiennictwu, książę odniósł zwycięstwo.

Piątym miejscem, w którym się ukazałem, było Mont-Tombe w 708 roku we Francji, w Normandii, wobec biskupa Avranches. Jemu objawiłem się we śnie trzy razy, pytając, czy mógłby wybudować w skale kościół ku mojej czci. Biskup dwa razy zignorował moją prośbę. Tak więc za trzecim razem stworzyłem otwór w jego czaszce, przyciskając mój rozżarzony palec do jego czoła, nie zabijając go. Przestraszony, natychmiast nakazał wybudować Oratorium w skale, w miejscu, gdzie się ukazałem. Od tamtej pory, góra ta była nazywana Mont-Saint-Michel (wzgórze Św. Michała) z dodatkiem “au-péril-de-la-mer” („w niebezpiecznym morzu”), biorąc pod uwagę wyjątkowe zjawisko przypływów i odpływów, które występowało cyklicznie na tamtym obszarze.

Wreszcie szóstym miejscem, w którym się ukazałem było Monte Pirchiriano, w X wieku, w dolinie Susy, w obecności biskupa pustelnika. Także w tym przypadku naciskałem na niego, aby wybudował kościół na moją cześć. I on to uczynił, mimo że był zmuszony wybudować kościół z drewna, ze względu na trudności z pozyskaniem kamienia w tamtej okolicy. Oto widzicie jestem ja, na dobre i na złe! (Wskazuje na siebie). A moje imię to Mi-ka-el, czyli „Któż jak Bóg”; jestem jedynym istniejącym do dziś archaniołem. Początkowo było nas dwóch, którzy mieli zarządzać niebiosami, Lucyfer i ja.

Natomiast Gabriel i Rafael byli tylko aniołami, takimi jak wszystkie inne anioły, nawet jeśli ich imiona oznaczają odpowiednio „siła Boga” i „ lekarstwo Boga”; a także pomimo faktu, że pierwszy dostał od Pana ten przywilej skontaktowania się na ziemi z Maryją Dziewicą, a drugi z pisarzem Tobiaszem. (Przerwa) Widzicie? To są niektóre z moich atrybutów. (Bierze przedmioty jeden po drugim i je pokazuje) Szpada, którą przegnałem i nadal wypędzam z raju anioły zbuntowane przeciw Bogu, czyli demony, zrzucając ich na ziemię, między was. To ta sama szpada, którą zwyciężyłem drugiego archanioła, Lucyfera, „Niosącego światło”, który dzisiaj nazywany jest Szatanem, „Księciem Ciemności”, Diabłem, „Tym, który dzieli”, Belzebubem, „Władcą much”,… Mefistofelesem,… Belfagorem. Krótko mówiąc, tym mieczem obroniłem i będę bronił, aż do końca świata, dobra od ciągłych podstępów zła. Skrzydeł używam, ponieważ jako wysłannik Boga, muszę często pokonywać duże odległości. Waga do odmierzania dobrych uczynków ma ostatecznie funkcję podwójnej włóczni, trochę tak jak dla Psychopompa, czy dla Merkurego, służy wpierw do pchnięcia, a następnie do zważenia dusz, które po śmierci opuściły swoje ciała i które mają zostać poddane osądowi Bożemu. (Długa przerwa). Z resztą również i ja posiadam fizyczność, ale oczywiście nie taką jak ta wasza. Nie jestem stworzony jedynie z ducha! Wierzę, że podczas moich objawień na ziemi, pozostawiłem konkretne znaki swojego istnienia. We Włoszech: płaszcz, skałę z odciskami mojego ciała, w miejscu gdzie siedziałem i skrzydeł, w miejscu, o które się oparłem, ślad mojej stopy na kamieniu, kroplę, której nakazałem wypłynąć z wnętrza góry. We Francji: otwór w czaszce biskupa, a następnie wizje białego, oślepiającego światła, światła w barwach tęczy, straszliwy podmuch wiatru, trzęsienia ziemi z budzącymi grozę eksplozjami. Poza tym, na dowód tego wszystkiego, w każdym z tych miejsc pozostają, wybudowane ku mojej czci sanktuaria, pustelnie, skalne kościoły, bazyliki, oratoria, klasztory. (Przerwa). Joanna d’Arc? Niektórzy wciąż mnie o nią pytają. Tak, wzywała mnie kiedy umierała płonąc żywcem na stosie. Ja w tym momencie byłem na górze, w Raju i kierowałem Zastępami Niebiańskimi, tj. moją armią Aniołów, Cherubinów i Serafinów. Pamiętam, że usłyszałem jej błagania i, w drodze wyjątku, spełniłem jej prośby, jednakże bez objawiana się jej. W związku z tym chciałbym tutaj wznowić pewien apel: „przestańcie prosić mnie, tak często jak to robicie, abym stał się waszym Aniołem Stróżem! Każdemu z was, czy wam się to podoba, czy nie, został przyznany Anioł, który ma was strzec i towarzyszyć wam w waszych małych i dużych walkach życia codziennego. To jego powinniście wzywać! Jeśli w dzień nauczycie się go dostrzegać, odkryjecie, że on jest zawsze przy was, skryty w waszym cieniu, natomiast nocą, jeśli nauczycie się go słuchać, zauważycie, że on tam zawsze jest, wasz strażnik, wewnątrz was. Ja zostałem stworzony przez Boga, aby stawiać czoła innym walkom, dużo trudniejszym i częstszym, tym niekończącym się walkom całej ludzkości. (Znika w ciemności). – KONIEC

Spettacolo e non solo… teatro, cinema, televisione, ma anche storia, poesia, arte e… fantasia

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SCENA UNICA: Siamo in un qualsiasi luogo, ai giorni nostri. L’Arcangelo Michele è vestito come uno di noi. Siede accanto ad un tavolo dove sono  poggiati i suoi attributi. Si rivolge ad un pubblico presente, accorso ad ascoltare la sua parola.

MICHELE: (Con tono colloquiale, come conversasse con degli amici) Anche noi Angeli, non crediate, anche noi, sentiamo l’esigenza di comunicare con voi mortali, come fate voi tra di voi; e così anche Cristo, la Vergine, i Santi che spesso si sono manifestati qui sulla Terra. Ma voi direte: “Loro, come noi, ci son nati e vissuti sulla terra! Tu invece, che hai origini celesti, come mai sei qui tra noi?” (Con forza) Io amo apparire! Grazie a Dio, son apparso in passato, appaio e apparirò ancora! Benché non mi sia ribellato al Signore come alcuni, anch’io però, in qualche modo,  sento d’essere un Angelo ribelle. Ribelle alla mia natura, non certo al Signore. Anzi, più che ribelle, in verità, dovrei definirmi irrequieto, curioso, desideroso d’essere tra voi che, in fondo, siete creature di Dio come me. Anche se io son fatto più di spirito che di materia e voi più di materia che di spirito; e poi mi sta a cuore la vostra vita, la vostra sorte. Quindi mi rivelo a chiunque, nella mia vera immagine. Gli altri Angeli, in genere, possono mostrarsi soltanto ai mistici e compaiono nelle sembianze umane: da poveri, da pellegrini, da ospiti, da  messaggeri. La loro presenza spesso è rivelata da canti o musiche di un’altra dimensione o da profumi paradisiaci, e poi scompaiono in un lampo, per cui chi ha la visione li vive come presenze misteriose, anche se poi anch’essi, in qualche modo sono reali; certo, non appartenenti a questo mondo. (Pausa) Per me il corpo è come per voi l’abito! (Pausa)

Il primo luogo dove son apparso, per ben quattro volte, è stato sul Monte Drion; tre volte nel V secolo e una volta ancora nel XVI, nell’antica terra dei Dauni. La prima mia apparizione avvenne nell’anno 490 nel promontorio montagnoso non lontano dalle città di Arpi e di Siponto in Puglia, oggi detto Gargano, nei domìni dei bizantini, popolo successivamente sconfitto dai longobardi, dove prima della venuta di Cristo era stato eretto un tempio pagano dedicato all’indovino Calcante, seguace di Apollo, nonché al medico Podalirio, figlio di Esculapio.

Già l’otto maggio di quell’anno, dall’alto avevo adocchiato quell’area montagnosa, di faglie, dalle mille sorgenti d’acqua cristallina, coperta in parte da boschi abitati da animali vari, ma soprattutto ricca di viti, ulivi e grano sui pendii estesi fin nella piana di Siponto confinante col mare; uno scenario che mi rievocava la Terra Promessa, ricca d’ogni ben di Dio, con tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno per nutrirsi: pane, acqua, vino, olio, carni, pesci, sale; e ottima argilla e fuoco. In quella stagione la montagna, con le sue grandi grotte di calcare bianco, era, a sua volta, bianca di neve. Io mi calai da un cielo di nuvole bianche, vestito di bianco, con i miei tre attributi: le ali anch’esse bianche, la spada e la bilancia lucenti; avvolto da una potente luce bianca. Noi Angeli siamo attratti particolarmente dal colore bianco. Anche i nostri prati in Paradiso sono una infinita distesa di fiori bianchi. In quel momento, lassù, in cima a quel monte era accaduto che un bovaro, di nome Gargano, aveva avuto un problema col suo toro, per cui voleva ucciderlo e stava per scagliargli contro una freccia. Ecco che allora, annunciato da un vento fortissimo, sono prontamente intervenuto in difesa dell’animale che s’andava riparando dentro una grotta, impedendo così che quella freccia lo colpisse. Quindi mi manifestai in sogno al Vescovo di Siponto e gli dissi: “Io sono l’Arcangelo Michele, dalle vostre parti non ci sarà più spargimento di sangue animale”, e gli raccontai il fatto. Il Vescovo, commosso, chiamò a raccolta la popolazione per condurla in processione sul monte. Quando quella folla riuscì a identificare la spelonca e ad entrarvi trovò, con grande stupore, un altare di pietra con una croce di legno già adornato con i paramenti sacri e, sul pavimento di pietra, impressa l’impronta del mio piede. Ero stato io che avevo predisposto ogni cosa con cura. Imprimere la pianta del piede, malgrado la mia imponderabilità, non mi fu particolarmente difficile giacché, in quel punto, in quel tempo, quella roccia bianca era friabile, polverosa, come di gesso.

Due anni più tardi, per la seconda volta, mi manifestai ancora in sogno al Vescovo di Siponto, città allora assediata dagli Eruli. A costui annunciai che l’indomani stesso gli invasori sarebbero fuggiti perché aggrediti da un temporale senza precedenti. Accaduto ciò, il Vescovo per riconoscenza ordinò che sopra quella grotta fosse eretta una chiesa in mio nome. Un anno più tardi, il 29 settembre, tornai sulla Terra e, sempre al cospetto di quel Vescovo, specificai: “Là, dove la roccia s’è aperta il peccato dell’uomo sarà perdonato e ciò che verrà richiesto in preghiera sarà concesso”. Poi aggiunsi: “Ora quella grotta, con sopra la Chiesa, è a me sacra ed io stesso l’ho già consacrata”. Così facendo avevo stabilito che quella fosse universalmente considerata la prima ed unica Basilica Celeste al mondo e da me stesso già benedetta.

Una nuova apparizione sul Gargano la farò nel 1656 per sconfiggere la peste. È qui che compii il mio primo vero miracolo che poi verrà sbandierato dal popolo ai quattro venti! Pensate, ancora oggi lì è riportata su una mia statua l’iscrizione: “Al Principe degli Angeli, vincitore della peste, patrono e custode, monumento di eterna gratitudine”.

Il secondo luogo dove sono apparso è stato sul Monte Aureo nel VI secolo, nei pressi di Napoli, al Vescovo di Stabia che era insieme ad un abate. A costui chiesi di costruire su quel monte un Santuario dedicato a me; ed egli subito obbedì.

Il terzo luogo dove sono comparso è stato a Roma nel VI secolo. Qui coinvolsi un Papa e la mia comparsa avvenne sopra la Mole Adriana nell’atto di inguainare la spada (Fa il gesto). Con quel gesto intesi annunciare anche qui la fine della peste che aveva infestato la città. Ecco che il Papa allora, dopo questo miracolo, decise di cambiare il nome del Mausoleo di Adriano o Mole Adriana in Castel Sant’Angelo.

Il quarto sito dove son apparso è Pavia, nel VII secolo, sul luogo dove sorgeva la Cappella del Palazzo Reale, per rispondere all’invocazione d’un duca longobardo che mi chiedeva di aiutarlo a sconfiggere i Bizantini nella battaglia del 663. La vittoria, per mia intercessione, ci fu.

Il quinto luogo dove mi son manifestato è stato sul Mont-Tombe nell’anno 708, in Francia, nella Normandia, al cospetto del Vescovo di Avranches. A costui apparsi in sogno ben tre volte consecutive chiedendo che mi fosse dedicata una chiesa nella roccia. Il Vescovo per due volte ignorò la mia richiesta, allora alla terza apparizione gli procurai un foro sul cranio, senza ucciderlo, facendo pressione col mio dito incandescente sulla sua fronte. Spaventato egli fece sistemare immediatamente un Oratorio nella grotta dov’io ero apparso e quella montagna da allora fu denominata Mont-Saint-Michel con l’aggiunta di “au-péril-de-la-mer”, dato il fenomeno particolare dell’alta e della bassa marea che si verifica ciclicamente in quella zona.

Il sesto luogo dove infine son apparso è stato sul Monte Pirchiriano nel X secolo, in Val di Susa, in Piemonte, alla presenza d’un Vescovo eremita. Anche in questo caso sollecitai costui ad erigere una chiesa in mio onore e questi però obbedì, anche se fu costretto ad edificarla in legno data la difficoltà di reperire delle pietre in quella zona. Ecco, vedete, nel bene e nel male, questo sono io! (Si mostra girando su se stesso) E il mio nome è Mi-ka-el, cioè “Colui che è come Dio”, oggi l’unico Arcangelo esistente. In origine eravamo due Arcangeli a governare i Cieli, Lucifero ed io.

Gabriele e Raffaele, loro invece erano e sono Angeli, Angeli come tutti gli altri Angeli, anche se i loro nomi significano “Forza di Dio“ l’uno e “Medicina di Dio” l’altro; e anche se il primo ebbe il privilegio dal Signore di contattare sulla terra la Vergine Maria e il secondo lo scrittore Tobia. (Pausa) Vedete? Questi sono alcuni dei miei attributi. (Prende gli oggetti uno ad uno e li mostra) La spada con cui ho cacciato e scaccio ancora dal Paradiso gli Angeli ribelli a Dio, ovvero i Demòni, facendoli precipitare sulla terra, fra di voi. Questa è la stessa spada con cui ho sconfitto l’altro Arcangelo, Lucifero, il “Portatore di luce”, oggi divenuto Satana, il “Principe delle Tenebre”, il Diavolo, “Colui che divide”, Belzebù il “Signore delle Mosche”,… Mefistofele,… Belfagor. Con questa spada insomma ho difeso e difenderò, fino alla notte dei tempi, il Bene dalle costanti insidie del Male. Le ali le uso perché, come messaggero di Dio, devo percorrere spesso lunghe distanze. La bilancia psicostastica infine ha la funzione di doppia lancia, un pò come per Psicopompo o per Mercurio serve a spingere prima e pesare poi le anime da sottoporre al giudizio di Dio dopo la morte, una volta cioè che queste hanno abbandonato i loro corpi. (Lunga pausa) In fondo una fisicità, non certo come la vostra, però l’ho anch’io. Quindi io non son fatto di solo spirito! Nelle mie comparse sulla terra, credo d’aver lasciato segni concreti della mia consistenza. In Italia: un mantello, la roccia con l’impronta del mio corpo laddove mi son seduto, delle mie ali laddove mi son poggiato, l’orma del mio piede sopra la pietra, la stilla che ho fatto sgorgare dalla montagna. In Francia: il foro sul cranio del Vescovo. E poi visioni di luce bianca folgorante, di luce con i colori dell’arcobaleno, il soffio terribile del vento, i terremoti con esplosioni terrificanti. E, a riprova di tutto questo, in tutti quei luoghi restano, dedicati a me, santuari, eremi, chiese rupestri, basiliche, oratori, monasteri. (Pausa) Giovanna d’Arco? Qualcuno mi chiede ancora di lei. Sì, m’invocò mentre stava morendo arsa viva sul rogo. Io in quel momento ero su in Paradiso che stavo governando le Milizie Celesti, ovvero il mio esercito di Angeli Cherubini e Serafini. Ricordo accolsi, in via del tutto eccezionale, le sue invocazioni ed esaudii le sue richieste, senza apparire però al suo cospetto. A tal proposito voglio rinnovare qui un appello: “Non continuate ad invocarmi, come fate spesso, perché io diventi il vostro Angelo Custode! A ciascuno di voi, che vi piaccia o no, è stato assegnato un Angelo perché vi custodisca e vi assista nelle vostre personali piccole e grandi battaglie quotidiane. Allora invocate lui! Se di giorno imparate a vederlo scoprirete ch’egli è lì sempre accanto a voi, confuso nella vostra ombra e di notte, invece, se imparate ad ascoltarlo noterete che è sempre lì, vigile, dentro di voi. Io son stato designato dal Signore ad affrontare altre battaglie, ben più violente e più frequenti, quelle interminabili dell’intera umanità. (Scompare nel buio) – FINE.

ADRIANA SOARES: “La donna va rispettata ed amata, punto! Creiamo cose meravigliose e sicuramente rendiamo il mondo più bello. La nostra luce è palpabile, cerchiamo di non farla mai spegnere!”

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Donna affascinante e spontanea con un passato da modella, oggi una bravissima fotografa. Nasce a Rio de Janeiro, professionista nel campo della moda da 15 anni, dopo anni di osservazione ed elaborazione dell’arte di grandi Couturier come Gianfranco Ferrè, Krizia, Alviero Martini, Raffaella Curiel, testimonial per Tombolini e per Modena Gioielli, nasce da parte sua il desiderio di creare uno stile unico e personale. Studia la tecnica di ripresa fotografica all’Istituto Superiore di Fotografia di Roma diventando una delle fotografe più ricercate della capitale. Adriana, in occasione dell’ 8 marzo, parla della sua vita, del passato (F come Fashion) e del presente (F come Famiglia)  e della vita di tutte noi: donne.

Adriana, come ti autodefiniresti?

“Che domandone, nel senso che essendo una persona molto insicura, trovare una autodefinizione non è semplice. Sono concreta, passionale e tutto ciò che faccio è dettato da slanci spontanei, quasi istintivi”.

Sei nata a Rio de Janeiro, ora sei una delle più brave fotografe di Roma. Ci racconti la tua storia?

“Ti ringrazio per il complimento. Le mie origini sono radicate in me e in tutto ciò che faccio e che sono, ho una profonda sensibilità che a volte è anche un po’ fastidiosa, come se fosse una seconda testa a decidere per me. Il mio lavoro non è altro che un giusto connubio tra ciò che è e ciò che vorrei che fosse, studio i miei soggetti da fotografare prima degli scatti e durante, cercando di catturare ciò che sono realmente, è un’operazione bellissima! Si parla di tutto e si finisce sempre sul personale, non so come, ma un po’ tutti si lasciano andare ed è meraviglioso, tanto che finisco per infatuarmi di tutte le creature che ritraggo: sono anime, energia in attesa di liberarsi. Detto questo, sono nata in un paese stupendo con tanto calore umano, molto simile all’Italia per certi versi ed è per questo che mi trovo bene qui, anche se sono arrivata a 13 anni. Ho studiato e sono cresciuta qua, ho lavorato come modella fino alla soglia dei 30 anni, ho girato il mondo, ho sfilato per geni come Gianfranco Ferrè e Krizia e ho partecipato più volte a Donna Sotto le Stelle, credo tutti conoscano questa manifestazione che si teneva a luglio, alla chiusura della settimana della moda a Roma, e che purtroppo si è conclusa nel 2003. Ricordo ancora l’energia fantastica che emanava tutta la manifestazione, tutte le tv del mondo si riunivano lì e facevano a gara per intervistarci e riprenderci anche durante le semplici prove sulla scalinata, sotto il sole di luglio. A volte chiudo gli occhi e mi ritrovo in viaggio, dalla Cina, all’India, a New York, alla Tunisia, all’Egitto. Mamma mia, queste cose mi mancano, quanto ho imparato viaggiando! Ho visto un pezzo di tessuto prender vita nelle mani di Gianfranco Ferrè, potevo quasi sentire il suo respiro una volta che prendeva corpo e forma. Credo che la passione che ho provato per i miei lavori sia quasi fisica, non potevo immaginare la mia vita diversa e lontana dalla moda, prima come modella e poi ora come fotografa. Un’evoluzione intima documenta il passaggio da modella a fotografa: prima ero io la bella da fotografare ed ora sono io che rendo belli coloro che ritraggo, prima ero Apparire ed ora sono Essere ed è una cosa incredibile! Cerco di donare immortalità all’attimo che catturo!”.

Quanto è durata la tua esperienza di modella? Cosa ti ha insegnato? Quali lati negativi ha questo mestiere per una ragazza giovane?

“Ho fatto la modella per 15 anni e devo dire che mi ha dato tanto: tutto ciò che faccio oggi è grazie a quanto ho appreso da modella. Sono un’osservatrice e quando lavoravo o mentre indossavo, osservavo e sentivo; ogni capo indossato mi procurava emozioni, era come se un pezzo di anima prendesse possesso o semplicemente andava ad arricchirmi, come se aggiungesse un mattoncino in me e alla fine ho costruito qualcosa di unico e personale. Mi chiedi dei lati negativi, come in tutti i lavori, dove girano soldini e fama e dove l’apparenza è sovrana, potrebbe essere semplice perdersi in questo labirinto, però ora come ora non è più così, le modelle sono senza personalità, simili le une alle altre; ho visto alcune delle ultime sfilate e sono rimasta così male, le modelle anche se bellissime non emanavano alcuna energia. È tutto cambiato, non so se è un bene che sia così ora, sembrano dei robot. Gli stilisti si lamentano con me, ma di chi è la colpa? Del sistema? Una ragazza giovane, perché solo da giovane si può fare questo lavoro, deve essere guidata, seguita e incoraggiata. Non è semplice, perché c’è una concorrenza incredibile di nuovi volti che arrivano ogni giorno e quindi non bisogna abbattersi, bisogna considerarlo un gioco, un hobby passeggero. L’era delle top è finita, quindi si gioca in modo spensierato e con responsabilità. Poi cosa indispensabile, fare la modella è dura, bisogna essere costanti, modeste, disponibili, disciplinate, educate, gentili, determinate, tenaci, ma soprattutto seguire regole, regole  e regole, come andare a letto presto, mangiare sano… magari non fumare, non bere. Intorno a questo lavoro ruotano una serie di miti e pregiudizi, per la maggior parte da sfatare in modo assoluto.  Non capita mai che tutto vada liscio, la gavetta la fanno tutti, devi prima di tutto trovare un’agenzia seria che ti segua e ti rappresenti e poi farti conosce facendo tutti i casting ai quali ti mandano (provini) ed alla fine della giornata non è detto che porti a casa una conferma di lavoro. Ciononostante, non ti devi avvilire perché se hai delle qualità e se hai le caratteristiche fisiche e caratteriali, alla fine raccoglierai i frutti del tuo lavoro, ma ci vuole tanta pazienza. È per questo che molte ragazzine si scoraggiano e sbagliano nel credere che l’unica risposta e motivo perché non lavorano abbastanza, stia nel fatto che non sono abbastanza magre e finiscono come degli uccellini che depauperano la loro bellezza affamandosi. Bisogna stare molto attente, la forza caratteriale è la prima cosa e bisogna avere le spalle larghe in grado di accettare i rifiuti o le critiche”.

Sei una fotografa bravissima, spesso impegnata nel sociale, nelle tematiche che, appunto, riguardano le donne. Mi ricordo la mostra ‘Sguardi, Sorrisi, Volti… Donne’ del 2010, una tua idea o qualcuno ti ha suggerito l’argomento?

“Sono stata contattata dal Comune di Roma, per far parte di un evento per il giorno delle donne. E così mi è venuto in mente ciò che sono, una donna, una mamma, una donna che lavora e produce qualcosa. Noi donne partoriamo ogni volta che creiamo, può essere anche una semplice insalata. Il nostro lavoro non sarà mai soltanto un lavoro, sarà sempre un pezzo di noi che viene plasmato e poi con la nostra energia gli daremo vita. Se uno non è così distratto se ne accorgerà, lo sentirà. La donna è la creatura più bella e perfetta che Dio abbia potuto creare. L’amore che esiste nel creato può essere solo fatto da una femmina”.

I tuoi prossimi progetti fashion e non solo?

“Ho tanti progetti, uno in modo particolare a cui tengo tanto e prima o poi uscirà fuori con forza ed il suo pianto al momento della nascita sarà ascoltato e commuoverà molti, ma per ora non mi è permesso dire altro anche per scaramanzia. Sto collaborando con alcune riviste che mi danno l’opportunità di dar spazio alle ragazze della porta accanto e organizzo un servizio fotografico con tutti i crismi, dal make up allo styling di grandi stilisti. È bellissimo vedere sorridere queste fanciulle, per loro è come un sogno che si realizza”.

Il mestiere di fotografo è pieno di uomini. Tu sei riuscita ad attirare l’attenzione di tutti, a diventare visibile e riconosciuta non solo per il fatto di essere una bella donna, ma anche per il fatto di avere un gran talento.

“Che bello sentire queste cose, sono insicura e molto autocritica con me stessa, non sono mai del tutto soddisfatta del mio lavoro e cerco di raggiunge la perfezione, ma mi rendo conto che questo non succederà mai. Certo, c’è tanta concorrenza nel mio lavoro, ma forse perché non lo considero un lavoro, è la mia vita, è me. Chi condivide con me il momento dei miei scatti si diverte, perché sembro un cartone animato, così mi hanno definito più volte, rido, ballo, saltello sul posto e poi una volta finite le foto torno seria, più o meno. Faccio delle facce strane e guardo qualcosa che gli altri non vedono, sono un po’ pazza! Lo so, completamente pazza, è per questo che ancora sono qui. Piango, rido e spiazzo la gente, ma pure me stessa, che dire sposto pannelli di legno giganti, luci, lavoro spesso senza assistente. Credo che essere una donna sia una marcia in più, il gusto, la sensibilità sono tipici delle donne, poi il mio passato nella moda mi ha donato una conoscenza ed una sensibilità uniche”.

Segui anche i corsi di portamento a Roma. Dove nasce l’idea? Cose vuoi trasmettere alle tue allieve?

“Per il momento ho fermato tutto, purtroppo la crisi economica ha tarpato le ali a qualunque iniziativa extra, comunque io cerco di mandare avanti una tradizione di famiglia, partendo dal Brasile. Lì a 13 anni ho seguito un corso di portamento tenuto da Maria Augusta Nielsen, mia nonna, come lo è stata per tutte quelle che da qui hanno spiccato il volo da Florinda Bolkan a Josefa Soares poi Massimo, mia zia. Diventata modella famosissima, con copertine per Vogue, ha sfilato per Roberto Capucci, Paco Rabanne, Valentino. E lì fornivano una formazione ferrea e militaresca, ti plasmavano profondamente. Era una scuola frequentata dalle ragazze dell’alta società, che qui apprendevano tutte le regole delle buone maniere e del buon vivere e anche che il gusto, la semplicità e l’educazione sono le vere chiavi del successo, è questo che desidero insegnare alle mie allieve, anche andando controcorrente!”.

Con chi si lavora meglio: con i personaggi famosi, spesso star del cinema o quelli sconosciuti, che fanno i primi passi davanti alla macchina fotografica?

“Senza dubbio le persone vere, che si lasciano andare in modo commovente davanti a me. Sono come delle pietre grezze, che nascondono dei meravigliosi diamanti”.

Come definiresti il femminismo e femminile?

“Aiuto che domandone. La femminista? Quella militante che afferma con forza che lei è sua. Non lo so perché la femminilità è universale, è di tutti, è un’energia che si emana senza la volontà. Ho detto una contraddizione, quindi la femminilità è innata, ci sono bambine che si muovono come gazzelle e con tale dolcezza che ti procurano il sorriso al vedere tanta armonia nei loro movimenti e nei loro gesti; altre invece, anche se sorelle sembrano dei camionisti, sono scoordinate, quindi, in conclusione, la femminilità è innata, genetica”.

Come hai già detto, collabori con molte riviste. Dove si possono vedere le tue foto?

“Ho collaborato e collaboro tuttora con svariate testate, ma non posso dare il loro nome… Sono tutti un po’ suscettibili…”.

La situazione delle donne nel mondo, soprattutto nei paesi musulmani, purtroppo ancora oggi è drammatica. Invece, noi donne dell’Occidente ci lamentiamo che dobbiamo fare tutto, lavoriamo, seguiamo la famiglia e dobbiamo essere anche sexy ecc. Qual è il tuo parere su questi argomenti, su questi due mondi, l’Oriente che copre tutta la donna e l’Occidente che la spoglia cambiandola quasi in un oggetto?

“Noi siamo il risultato, figlie dei nostri tempi. Purtroppo, in Occidente si ha troppo e non ci si ferma davanti a nulla e si desidera sempre di più come in una danza convulsa ed isterica. Non c’è equilibrio, non c’è armonia, non c’è amore né rispetto, neanche per se stessi. Quando ero ragazza, una volta mi sono sentita consigliare da una vicina di casa: ‘Devi accettare i compromessi, perché il tempo passa e diventi vecchia come me’ . Sono fiera di non aver mai ascoltato questo consiglio becero. Viviamo in un epoca strana, si cerca lo stupore e di stupire… ormai non ci si stupisce più di niente. Stupisco più io come mamma e moglie, una delle poche che non ha un matrimonio spezzato. Ecco, ormai è tutto alla rovescia, si è anormali con la normalità, più che con ciò che era considerato innaturale. L’oriente ha la sua cultura, le sue tradizioni e regole difficili da comprendere ed accettare. Spero vivamente che un giorno ci sia maggiore rispetto, equilibrio ed amore. La donna và rispettata ed amata punto! Creiamo cose meravigliose e sicuramente rendiamo il mondo più bello. La nostra luce è palpabile, cerchiamo di non farla mai spegnere!”.

C’è qualcosa che invidi a un uomo?

“Nulla…niente…proprio nulla…”.

Bergoglio: luci e ombre del nuovo Pontefice.

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Il 13 marzo 2013, al secondo giorno di conclave, è stato eletto al soglio pontificio il cardinale e arcivescovo cattolico argentino Jose Mario Bergoglio, che ha scelto il nome di Francesco.

Nato in una famiglia di origini italiane, specificamente piemontesi, dopo essersi laureato in chimica all’Università di Buenos Aires (cui seguiranno anche la laurea in filosofia prima e quella in teologia poi), sceglie il sacerdozio entrando nel seminario di Villa Devoto  e cominciando nel 1958 il noviziato nella Compagnia di Gesù. Ordinato sacerdote nel 1969, viene nominato Vescovo titolare di Auca e Ausiliare di Buenos Aires nel maggio 1992 da Giovanni Paolo II, che lo eleverà anche al ruolo di cardinale nel concistoro ordinario del 2001.

Sembra esserci grande affinità teologica e spirituale tra Giovanni Paolo II e Francesco: nel cuore di entrambi il sigillo mariano; entrambi, fino all’elezione al soglio di Pietro, erano lontanissimi dai circuiti di governo e di potere della Curia romana; entrambi, fino alla fumata bianca, erano vescovi residenziali, a capo di due importanti diocesi cardinalizie del mondo: Cracovia e Buenos Aires.

Bergoglio è Il primo papa latinoamericano, il primo a prendere il nome di Francesco, ma anche il primo tra i gesuiti ad essere eletto papa. Anche se considerato da alcuni un progressista, in Argentina ha sempre sostenuto posizioni conservatrici, che lo hanno portato allo scontro aperto contro il governo di Cristina Kirchner, opponendosi alle nozze gay e alla libera distribuzione di contraccettivi; infatti sembra aver sempre mantenuto posizioni di destra nella gestione del potere a Buenos Aires.

La sua è una figura controversa in cui luci e ombre si mescolano, generando pareri contrastanti che portano a considerarlo ora un sostenitore della dittatura militare (1976-83), ora un oppositore del lusso e degli sprechi e un trascinatore di folle. I dubbi su di lui sono stati sollevati dal giornalista argentino Horacio Verbitsky, autore del celebre libro “Il volo” in cui per la prima volta si svela l’esistenza del piano sistematico di soppressione degli oppositori al regime attraverso i voli della morte (30mila vittime secondo le Madri di plaza de Mayo, ottomila secondo altre fonti). Verbitsky ha ricostruito le responsabilità e le omertà della chiesa in Argentina durante la dittatura. Secondo quell’inchiesta Bergoglio (in quanto Superiore provinciale della Compagnia di Gesù) un mese prima del golpe del 24 marzo 1976, avrebbe chiesto ai due sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics, che lavoravano nelle baraccopoli di Buenos Aires, di abbandonare quel lavoro, ma loro si rifiutarono. Verbitsky prosegue affermando che Bergoglio, dopo averli cacciati dalla Compagnia di Gesù, fece pressione sull’allora arcivescovo di Buenos Aires perché impedisse loro di dir messa: togliere ai due sacerdoti protezione e ancora più punirli come disobbedienti, equivaleva a farli considerare potenziali sovversivi, poichè bastava essere impegnati in un lavoro considerato “di sinistra” nelle baraccopoli, per finire nelle liste nere dei militari. In realtà non ci sono mai state prove, né indizi della sua vicinanza alla dittatura, sono accuse che Bergoglio ha sempre respinto come “vecchie calunnie”. E a prova di ciò, nell’anno santo del 2000 fu proprio lui a far “indossare” all’intera Chiesa argentina le vesti della pubblica penitenza, per le colpe commesse negli anni della dittatura. Allo stesso tempo Bergoglio rappresenta una figura di riferimento nella Chiesa sudamericana, che ha improntato la sua immagine su uno stile di vita umile, infatti utilizza sempre i mezzi pubblici per spostarsi; da quando è arcivescovo di Buenos Aires ha scelto di vivere in un piccolo e modesto appartamento al posto di quello lussuoso adiacente alla cattedrale e inoltre, quando fu ordinato cardinale nel 2001, obbligò i suoi compatrioti, che avevano organizzato raccolte fondi per presenziare alla cerimonia di Roma, a restare in Argentina e a donare i soldi ai poveri. È sempre stato restio ad accettare ruoli curiali e secondo alcune ricostruzioni nel conclave del 2005, si mostrò così atterrito dall’idea del peso che gli sarebbe caduto addosso da convincere i suoi sostenitori a non votarlo. Secondo altri, invece, in quell’occasione i cardinali avevano fatto blocco sull’argentino nel tentativo di impedire che si raggiungesse la maggioranza minima per l’elezione, così da comportare la ricerca di candidati diversi: resta il fatto che risultò il secondo più votato dopo lo stesso Benedetto XVI.

È bastato che il papa neoeletto si affacciasse al balcone, per far dimenticare le ombre del suo passato; è bastato il suo sorriso rotondo, che un po’ ricorda Giovanni XXIII, per accendere gli entusiasmi; a completare il quadro la scelta del nome Francesco che rimanda alla natura, alla povertà e al dialogo con gli umili. Umano, gentile, anticasta e rivoluzionario, ecco come appare ai più papa Francesco.