Slide
Slide
Slide
banner Gazzetta Italia_1068x155
Bottegas_baner
baner_big
Studio_SE_1068x155 ver 2
LODY_GAZETTA_ITALIA_BANER_1068x155_v2
ADALBERTS gazetta italia 1066x155

Home Blog Page 46

Sulle tracce del commissario Montalbano

0
Piazza Duomo e chiesa di San Giorgio in fondo

La mia fascinazione per la Sicilia è iniziata con “Il padrino”, ma la vacanza di quest’anno sull’isola non sarebbe stata possibile senza il mio commissario preferito: Montalbano.

Ho passato le piovose serate di maggio a guardare tutti gli episodi, disponibili in Polonia, di questa serie televisiva cult della RAI che è stata girata negli anni 1999-2021 sulla base dei racconti di Andrea Camilleri, lo scrittore che ha trascorso l’infanzia e la giovinezza a Porto Empedocle, il prototipo di Vigàta, la cittadina dove Salvo Montalbano, insieme a un gruppo di suoi colleghi del commissariato della Polizia di Stato, cattura assassini, combatte i mafiosi e risolve ogni tipo di casi criminali. Come si addice a un vero italiano, il commissario non può fare a meno del caffè, ama il buon vino ed è un grande buongustaio della cucina siciliana. E nonostante la sua lunga relazione con la sua amata Livia, che vive a Genova, ha un debole per le altre belle donne. Ogni episodio è una storia a sé, condotta perfettamente da Camilleri, ambientata nel mitico commissariato, nella casa del commissario, per le strade di incantevoli di cittadine come Scicli, Modica, Ragusa e Noto e tra uliveti e vigneti. Il ruolo di Salvo Montalbano è interpretato dall’ottimo Luca Zingaretti, un allievo, ai tempi della scuola, di Camilleri. Lo scenario della serie è la quintessenza di questa meravigliosa isola che invita a partire per un viaggio sulle orme dell’iconica figura del commissario.

Marinella cioè Punta Secca

È a Punta Secca, un piccolo borgo di pescatori sulla costa meridionale della Sicilia, che si trova la famosa casa di Montalbano, affacciata sulla spiaggia, con caratteristiche terrazze su entrambi i piani. È lì, col sottofondo delle onde del mare, che il commissario beve il caffè mattutino, riceve telefonate per questioni importanti e mangia deliziose pietanze preparate dalla sua governante Adelina. Oggi c’è un albergo nella casa del commissario, e davanti ad esso tutto il giorno si possono incontrare turisti che si recano spesso a Punta Secca solo per vedere i luoghi della loro amata serie tv. La spiaggia vuota, che vediamo nella serie, in estate diventa piuttosto affollata e rumorosa.

La casa del commissario è a pochi passi dal faro che campeggia nella sigla iniziale della serie. E da lì non è lontano un altro luogo cult: la trattoria Enzo a Mare, dove di solito Salvo pranza a mezzogiorno e naturalmente: “non parla quando mangia”. Qui tutto, sia dentro che sulla terrazza, sembra proprio come nel film. Ci si può sedere ai tavoli noti dai fotogrammi della serie, e il menù degustazione servito, composto principalmente da pesci, frutti di mare e il miglior cannolo che ho mangiato in Sicilia, soddisferà tutti i buongustai.

Scicli: un centro di comando

Il luogo principale dell’azione della serie è il commissariato di Vigàta in cui Catarella e il vice Mimì (di solito più preoccupato per le sue conquiste amorose che per le complicate indagini) aspettano ogni mattina il commissario con nuove notizie. Per fortuna c’è anche il bravo ispettore Fazio che è affidabile, leale e fornisce sempre le informazioni necessarie.

Il commissariato di Vigàta è in realtà Palazzo Municipio, sede del municipio di Scicli, e il sindaco stesso risiede nell’ufficio di Salvo Montalbano. Questa incantevole cittadina barocca in provincia di Ragusa, così come Noto, Modica, Ragusa e altre cinque città, è stata iscritta nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO nel 2002. Lungo la strada principale, la via Francesco Mormino Penna, nota per le sue riprese cinematografiche, troveremo non solo il commissariato, ma anche altri luoghi associati alla serie come una farmacia e chiese barocche.

Scicli era quasi vuota in un caldo pomeriggio d’agosto. Davanti alla Chiesa di San Giovanni Evangelista si accumulavano gli invitati al matrimonio, e proprio dietro la farmacia nota dalla serie, l’allestimento delle tavole e le loro decorazioni per la festa erano quasi pronte. Ogni condominio lungo la zona pedonale di Scicli è una perla barocca, e una passeggiata per la cittadina non è solo un viaggio nell’immaginaria Vigàta, ma anche un’occasione unica per immergersi nell’atmosfera siciliana della cittadina di cui lo scrittore italiano Elio Vittorini nel suo libro “Le città del mondo” scrisse che potrebbe essere la città più bella del mondo. Continuando la passeggiata per Scicli vale la pena vedere anche la Chiesa di San Bartolomeo la cui collocazione in una valle rocciosa con il panorama della città alta sullo sfondo è una delle viste più emblematiche della serie.

Ragusa, Modica, Noto cioè Vigàta e dintorni

Ragusa, una delle più belle città siciliane, a volte è parte di Vigàta nella serie. Come molte altre, la città fu distrutta durante il terremoto del 1693. Gli abitanti con determinazione non solo hanno costruito una nuova città, ma ne hanno ricreato fedelmente anche la sua parte vecchia, Ragusa Ibla. Se si viene da queste parti merita salire le strade tortuose e le scale sulla terrazza di osservazione accanto alla bellissima chiesa di Santa Maria delle Scale. È da qui che si gode una vista mozzafiato sulla nuova città, conosciuta anche dalla serie sulle avventure del commissario Montalbano.

Ragusa delizia con un’architettura attentamente pensata. Le strade strette e affascinanti sono così italiane che probabilmente non potrebbero esserlo di più. E, cosa molto strana, non ci sono molti turisti o macchine parcheggiate nei vicoli caratteristici. Qui si può apprezzare la vera atmosfera barocca della città. Modica è diversa, mecca turistica del cioccolato, in cui sono state girate tante sequenze della serie. Sono arrivata qui nel tardo pomeriggio e ho trascorso la maggior parte del tempo nella lunga fila per la famosa Antica Dolceria Bonajuto, dove dal 1880 si produce il cioccolato più famoso d’Italia. L’intero processo produttivo si basa sulla ricetta azteca, e il cioccolato stesso è composto solo da semi di cacao pressati a temperature piuttosto basse e zucchero, senza aggiunta di latte o grassi, processo che gli conferisce un gusto forte e caratteristico. Tuttavia la mia debolezza per i dolci ha fatto sì che sfortunatamente non avessi abbastanza tempo per esplorare la città, ma ci tornerò sicuramente.

Le riprese della serie sono state realizzate anche nella capitale del barocco siciliano, cioè a Noto. Sulla scalinata che conduce alla monumentale facciata della cattedrale di San Nicolò le sculture di Igor Mitoraj, che fanno parte della promozione della città, sono una piacevole sorpresa. Durante il viaggio sono stata accompagnata dalle parole del brillante libro sulla Sicilia “Neve rossa sull’Etna” di Jarosław Mikołajewski e Paweł Smoleński: “torniamo per Noto, una città in cui sono stato tante volte e che ora mi fa la stessa impressione di sempre: una cinecittà barocca, una decorazione costruita per le esigenze di un western controriformato. Ampi viali, grandi facciate, dietro di loro un bel niente. Questa decoratività ha la sua terribile giustificazione: nel 1693 Noto, insieme a diverse decine di città, è stata distrutta dal terremoto. Presumibilmente sono morte allora sessantamila persone. (…) Noto è stata ricostruita con il massimo slancio, da qui il tardo barocco, come in America Latina.”

Per me Noto è una città perfetta, soprattutto per le passeggiate serali quando i colori delle facciate cambiano con i raggi del sole al tramonto e quando cala la notte si possono ammirare le bellissime luci che illuminano questa architetture barocche. Inoltre si possono gustare deliziose prelibatezze in una delle vicine trattorie bevendo un bicchiere del miglior vino siciliano. Si vorrebbe gridare: che questo momento duri!

Panorama di Ragusa

Ma la Sicilia del commissario Montalbano e di Andrea Camilleri non sono solo le città della barocca Val di Noto. Comprende anche i loro dintorni, strette strade asfaltate e sabbiose circondate da caratteristici muri in pietra, uliveti, boschetti di mandorle e vigneti. Vale la pena vagare per questi luoghi, ad esempio dalla strada principale che collega Ragusa a Noto, e perdersi da qualche parte nella campagna siciliana. Vale la pena fermarsi per far passare un gregge di pecore per la strada, scoprire case, fattorie e incantevoli terre desolate, come ad esempio negli episodi: “Il giro di boa”, “L’odore della notte” o “Una lama di luce”. Questa Sicilia resta a lungo nella memoria, e nelle sere d’inverno si possono rievocare ricordi assolati e caldi, proprio come il sorriso di Angelica sulle pagine del libro: “E lei gli sorrise. Era come se il sole che stava per tramontare cambiasse idea e tornasse di nuovo in cielo” (Andrea Camilleri “Il sorriso di Angelica”).

foto: Magdalena Matyjaszek
traduzione it: Paulina Przybyłek

“Lessico famigliare” finalmente tradotto in polacco

0

Dopo quasi 60 anni, nel maggio del 2021, i lettori polacchi hanno finalmente potuto leggere “Lessico famigliare” di Natalia Ginzburg nella loro madrelingua. La traduttrice del libro pubblicato dalla casa editrice Filtry è Anna Wasilewska che è nota ai lettori polacchi per le numerose traduzioni dall’italiano e dal francese. Durante la chiacchierata con la traduttrice cercheremo di rispondere alla domanda cruciale: perché questo libro è importante anche oggi?

Cominciamo dalla domanda fondamentale. Perché, di tutti i libri di Natalia Ginzburg, è Lessico famigliare ad essere stato tradotto in polacco?

Anna Wasilewska: Lessico Famigliare è il libro più conosciuto della Ginzburg. Il romanzo è stato un gran successo. Nel 1963 ricevette il prestigioso premio Strega nonostante nella competizione ci fossero autori come Primo Levi, Beppe Fenoglio e Tommaso Landolfi. Con grande sorpresa, anche della stessa autrice, il libro batté la concorrenza. In realtà, è possibile invertire la sua domanda e chiedere perché uno dei libri più importanti del Novecento italiano, che da 60 anni resta tra i bestseller, viene pubblicato solo oggi. Vale la pena sottolineare che Lessico famigliare ebbe fino alla fine del XX secolo 54 edizioni ed anche oggi è uno delle letterature scolastiche. Quando due mesi fa ho detto a Paola Ciccolella (ex direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura a Varsavia) che Lessico famigliare sarebbe stato pubblicato in polacco, ha esclamato “è uno scandalo che lo si faccia solo ora!”. Per anni il libro sembrava difficile da tradurre perché contiene un po’ di dialetto milanese e triestino e anche un peculiare codice di linguaggio usato dalla famiglia Levi. Non penso che l’assenza della traduzione polacca di questo libro possa essere spiegata in altro modo, per esempio legato all’atmosfera antisemita dopo il 1968. Anche perchè “Il giardino dei Finzi-Contini”,di tema ebraico, pubblicato in Italia nel 1962, fu tradotto in Polonia solo due anni dopo l’edizione italiana.

Cosa significa per Lei il lessico famigliare?

Esattamente quello che significa in generale: il codice del linguaggio creato dalla famiglia Levi, usato entro la loro “tribù” (questa parola appare spesso nel romanzo). Quasi ogni famiglia, o gruppi di persone legate tra loro, hanno un loro proprio modo di parlare. La famiglia Levi non fece eccezione e usava un codice nel quale singole parole spesso avevano un signifi cato diverso dal normale. Questo permetteva di formare delle relazioni immediate da espressioni specifiche. Ginzburg scrisse: Quelle frasi sono il nostro latino.

Un lessico è un insieme di espressioni caratteristiche per una famiglia. C’è stata qualche espressione particolarmente difficile da tradurre?

Sì, una che proviene dal dialetto e su cui ho riflettuto qualche mese. Si tratta di una filastrocca ripetuta da Mario, fratello di Natalia. L’espressione Il baco del calo del malo a prima vista sembra priva del significato ma in realtà non è così. Basta sostituire la vocale a con la u e la frase diventa il buco del culo del mulo. Volevo rendere questa infantilità, trivialità e semplicità. Mi venivano in mente varie espressioni ma nessuna sembrava accurata. Cercavo di trovare una filastrocca fino a quando finalmente mi sono resa conto che è possibile parlare al contrario. Perciò nella versione finale ho riorganizzato delle sillabe e ho creato l’espressione zapu, kapu, dapu, facile da decodificare per un lettore polacco.

Rimanendo sulle questioni linguistiche, ho una domanda relativa al ruolo del traduttore. Fin dall’inizio del libro appare l’espressione negrigura, tradotta da Lei come murzyństwo. Secondo Lei, un traduttore dovrebbe essere fedele all’originale oppure adattare il linguaggio al contesto moderno?

A quel tempo la parola negrigura non aveva un carattere razzista. Il padre di Natalia Ginzburg lo usava per descrivere una persona goffa oppure maleducata. La stessa domanda me la fece uno storico italiano, indicando un esempio della traduzione inglese nella quale la parola negrigura fu cambiata. Io non ho optato per tale intervento per non falsificare il testo. Non possiamo censurare la letteratura, attribuendo alle parole dei significati e connotazioni moderne.

Anna Wasilewska, fot. Renata Dąbrowska

La narrazione di Natalia Ginzburg può sembrare quella di una persona che resta in disparte. Quindi possiamo definirla una descrizione obiettiva della famiglia oppure quando un pensiero attraversa la sensibilità di una persona, la narrazione inizia ad essere soggettiva?

Il libro basato sulla memoria non può essere obiettivo e anche quando sembra esserlo è soltanto il risultato del gioco letterario. È vero che la narratrice si pone in secondo piano, ma lei stessa muove i fili. Natalia Ginzburg decide quando i personaggi appaiono sul palcoscenico e quando lo lasciano. I ritratti dei membri della famiglia sono descritti per sommi capi. Non hanno una profondità psicologica. Sono dipinti dalla scrittrice nelle pose e nei gesti caratteristici. Il romanzo è sempre una costruzione. Ginzburg scelse la forma dei ricordi. Tuttavia il modo nel quale li compone, li srotola come il nastro di una pellicola, saltando nel tempo, accendendo le luci su alcuni eventi e ignorandone altri, dà testimonianza della sua presenza. Nella memoria ci restano sia cose importanti che futili.

Possiamo dire che la stessa storia, raccontata da un’altra persona, per esempio dal fratello di Natalia, sarebbe significativamente diversa dalla versione che possiamo leggere oggi?

Ogni storia raccontata da un’altra persona sarebbe diversa. Quando quattro persone sono testimoni di un evento, ascoltiamo quattro testimonianze diverse. La memoria funziona come “il telefono senza fili”. Ogni persona memorizza una situazione in modo diverso e presenta la sua interpretazione, cioè cambia la frase originale. Anche il proprio ruolo nell’evento viene memorizzato in modo soggettivo. Per esempio Giuseppe Levi, padre di Natalia Ginzburg fu sorpreso per il modo nel quale lo ricordò Natalia: Non mi ero reso conto di arrabbiarmi così tanto!

Non possiamo classificare questo libro come saggistica. Anche quando l’autrice evoca figure di persone legate alla politica italiana, è una sua scelta. Allo stesso tempo, quando parla della seconda Guerra Mondiale, non usa un pathos eccessivo. Invece quando descrive il mondo rinchiuso tra le quattro mura di casa, dal punto di vista di una bambina, lo fa in modo realistico. Secondo Lei questo è un valore di Lessico Famigliare?

È proprio grazie a questo che il libro mantiene ancora oggi il suo significato. Non serve usare parole ridondanti per descrivere la grande sofferenza, questa è la forza della letteratura. Non ci vuole nient’altro.

Olga Tokarczuk nominata al Premio Booker

0

Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

La scrittrice polacca, Olga Tokarczuk è stata nominata per la terza volta al Premio Booker, un premio che viene dato ogni anno alla migliore traduzione di libri in inglese. Tokarczuk ha già ricevuto questo prestigioso premio nel 2018 per il suo libro intitolato “Bieguni”, tradotto in inglese da Jennifer Craft come “Flights”. Un altro suo libro invece, “Prowadź swój pług przez  kości umarłych” è stato nominato, ma non ha ricevuto nessun premio. Quest’anno ad essere nominata è stata l’opera più famosa di Tokarczuk, “Księgi Jakubowe”, sempre nella traduzione di Jennifer Craft. Il nome del vincitore (o della vincitrice) verrà annunciato il 26 maggio.

https://www.pap.pl/aktualnosci/news%2C1149153%2Cksiegi-jakubowe-olgi-tokarczuk-na-krotkiej-liscie-miedzynarodowej-nagrody

 

Grande progresso delle università polacche nella classifica mondiale QS

0

Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

Secondo la prestigiosa classifica mondiale QS dell’azienda britannica Quacquarelli Symmonds, le università polacche stanno progredendo e sono in ottima posizione, rilevabile dal sito: https://www.topuniversities.com/subject-rankings/2022 . Il portavoce della KRASP (conferenza dei rettori universitari delle scuole polacche) il professor Wiesław Banyś ha informato che 23 università polacche sono risultate tra le migliori del mondo, 6 più dell’anno scorso. Dall’analisi risulta che l’università di Varsavia ha ottenuto il miglior successo. Gli istituti polacchi continuano a lavorare per aumentare la qualità degli studi scientifici ed il livello educativo. E’ importante il quadro generale legale e finanziario determinato dalle scelte del governo polacco che influisce sul funzionamento delle università e la collaborazione internazionale grazie ad iniziative della commissione europea. Un sostegno significativo al progresso delle università polacche deriva anche dalle agenzie quali il centro nazionale della scienza, il centro nazionale della ricerca e dello sviluppo, la fondazione per l’educazione polacca e l’agenzia nazionale di scambi culturali accademici.

https://forsal.pl/lifestyle/nauka/artykuly/8398196,duzy-awans-polskich-uczelni-w-prestizowym-qs-world-university-ranking.html

Natasha Pavluchenko, moda e arte tra Tursi e Bielsko-Biała

0
fot. Marcin Kruk

“Non bisogna abitare a Varsavia per creare ciò che si vuole, ciò che si sente e per farsi strada nel mondo della moda”. Così disse una volta a un giornalista a Roma, sorseggiando un caffè accanto alla Fontana di Trevi, la stilista Natasha Pavluchenko che da oltre 20 anni vive e lavora nel Sud della Polonia, a Bielsko-Biała, e le cui collezioni ogni anno vengono presentate ad Altaroma e quest’anno per la prima volta alle sfilate di International Couture nella Città Eterna.

Stilista, illustratrice, designer. Una bielorussa con radici polacche. La sua avventura con la moda è iniziata quando Pavluchenko aveva 17 anni. All’epoca studiava al Fashion Design Institute of Modern Knowledge di Minsk, dove Pavluchenko ha creato la sua prima collezione. Il suo bisnonno, negli anni precedenti la prima guerra mondiale, gestiva con successo una bottega sartoriale nel centro storico di Varsavia. Quindi il destino spinse la famiglia a Est in un territorio che oggi è Bielorussia. Grazie alla partecipazione e alla vittoria nel concorso Smirnoff Fashion Awards a Mosca (2001), Natasha ha avuto l’opportunità di prendere parte al Fashion Show internazionale di Dusseldorf, dove è stata acclamata ”La rivelazione del 2002.” I concorsi e le rassegne di moda vinte successivamente non hanno fatto altro che confermare il suo talento, la sua tecnica sartoriale di altissima qualità e la sua visione moderna della moda.

Jan Popławski con la famiglia (il bisnonno di Natasha)

A Bielsko-Biała Pavluchenko è arrivata per caso ma si è legata a questa città per sempre. È stato proprio nel suo atelier di Bielsko-Biała in cui sono state realizzate le creazioni ammirate in Portogallo, Russia, Spagna, Germania e Azerbaigian. In occasione del 90° anniversario di Fiat Auto Poland, Pavluchenko ha progettato gli interni della Fiat 500 mentre i suoi progetti di mobili di design sono stati ben accolti alla fiera di Parigi. Una sua creazione è stata indossata da Ewa Puszczyńska, la produttrice del premiato film ”Ida” (diretto da Paweł Pawlikowski), alla serata di gala degli Oscar a Hollywood. Recentemente la stilista ha creato anche i costumi teatrali per lo spettacolo ”Kwartet” della Warszawska Opera Kameralna, diretta da Alicja Węgorzewska.

Natasha Pavluchenko veste le star del cinema e della TV, le manager delle grandi aziende e tutte coloro che amano la marca Neo Couture, disponibile sul web. La marca è stata creata diversi anni fa per le donne che apprezzano lo stile individuale, il taglio irripetibile e i tessuti di altissima qualità. Dopo aver realizzato centinaia di sfilate, la stilista ha iniziato a cercare delle ispirazioni e forme d’espressione nuove che avrebbero dato sfogo alla sua
creatività.

Durante il suo soggiorno nella città di Tursi, nella regione Basilicata nel Sud Italia, la stilista ha trovato l’ispirazione nel Santuario medievale di Santa Maria di Anglona, osservando gli ornamenti degli altari locali. Dopo essere tornata in Polonia, Pavluchenko ha studiato i motivi ornamentali con i quali erano decorati gli altari per oltre un mese, esaminando le loro origini, i colori e la storia. Nasce così ”Maria d’Anglona”, una collezione senza tempo che dà inizio ad una nuova linea creativa e dimostra che la moda può essere ispirata dall’arte in quanto essa stessa può diventare arte: “Definisco questa collezione un progetto perché non voglio limitarmi soltanto all’ambito della moda”, dice Natasha. “Volevo mostrare che la storia a cui spesso non prestiamo attenzione può diventare una fonte d’ispirazione per qualcosa di moderno”.

“Maria d’Anglona”, intitolata così in onore della Madre di Dio, patrona delle terre locali, è stata presentata per la prima volta ad Altaroma, nella capitale italiana, nel gennaio 2020. Il progetto è stato sostenuto dal sindaco della città, Salvatore Cosma, dal vescovo locale, dalla comunità di Tursi e dagli imprenditori della regione. Il risultato finale ha superato ogni aspettativa. L’organizzatrice delle sfilate di moda a Parigi, a Pechino ed a Roma, Maria Cristina Rigano, poco dopo la presentazione della collezione, ha affermato che si tratta di un progetto in cui è la storia a diventare moda.

Continuando la linea creativa lanciata e trovando un’altra ispirazione negli interni della chiesa più antica di Bielsko-Biała, dedicata a San Stanislao, la stilista ha creato qualche mese fa una collezione completamente nuova, ispirata alla città in cui vive e lavora: “Biała/Everlasting per me è una collezione insolita, una sorpresa cromatica. È un simbolo di amore, purezza ed eternità. Il colore della collezione deriva dal nome della città in cui vivo e creo, una città con un’anima straordinaria e una storia sorprendente”, afferma la stilista.

fot. Michał Obrycki

La collezione ha avuto la sua prima mondiale alle sfilate AltaRoma svoltesi sulla grande terrazza dell’Hotel romano D.O.M., nella storica via Giulia. Pavluchenko ha presentato una collezione creata esclusivamente in bianco, il che è una novità per quanto riguarda le sue creazioni. L’Ambasciatrice di Polonia in Italia, Anna Maria Anders, presente alla sfilata, ha dichiarato: “È una moda che diventa arte e che attinge alla storia di Bielsko-Biała, alla tradizione tessile della città, alla sua architettura, elaborate e mostrate al mondo. È fantastico che si possa scoprire la storia polacca in questo modo e avvicinarla all’Italia”.

La creazione della collezione ha coinvolto le autorità cittadine, in primis, il sindaco della città, Jarosław Klimaszewski, il quale ha dichiarato che Biała/Everlasting racconta in primis purezza, natura e lavoro, ovvero i valori su cui si basa l’identità e la storia di Bielsko-Biała. La creazione della collezione fa parte del 70° anniversario dell’unione delle due città, che da centinaia di anni si trovano sulle sponde opposte del fiume Biała.

Durante le celebrazioni di settembre del 30° anniversario del Triangolo di Weimar, organizzate insieme alle Ambasciate di Francia e Germania nei giardini dell’Ambasciata della Repubblica di Polonia in Italia, gli ospiti hanno potuto ammirare entrambe le collezioni per la prima volta. L’interesse che le collezioni hanno suscitato tra il pubblico straniero ha dato vita ad un’altra idea, rivolta in gran parte ai giovani: alunni, studenti e diplomati delle scuole d’arte.

Cogliendo la sua esperienza e il talento delle persone che la stilista ha convinto a collaborare, le autorità di Bielsko-Biała hanno deciso di organizzare un festival che unisce la moda e l’arte: UrBBan Fusion. Art & Fashion Festival.

Natasha Pavluchenko debutta così in un ruolo nuovo, quello di direttrice artistica del Festival. Ma nella sua mente si sta già creando una nuova collezione, che unisce la moda e l’arte con delle ispirazioni estremamente originali.

***

UrBBan Fusion. Art & Fashion Festival, (1-3.12.2021) a Bielsko-Biała, riguarda la tradizione tessile della città e unisce i vari tipi di arte in un unico spazio. Le fotografie d’artista sono state presentate da Roman Hryciów e Michał Obrycki e le collezioni di moda sono state quelle degli studenti della Szkoła Artystycznego Projektowania Ubioru di Cracovia. Le collezioni Maria D’Anglon e Biała / Everlasting di Natasha Pavluchenko sono state parte delle performance che univano moda, musica, danza e arti visive. Vi hanno partecipato le attrici e cantanti Anna Guzik, Marta Gzowska-Sawicka e la cantante Luna. L’evento è stato diretto da Jacek Bończyk e condotto da Conrado Moreno. Il team di Maciej Maniewski si è occupato delle acconciature. Le masterclass sono state condotte dagli esperti e dai professionisti della moda: Maria Cristina Rigano, Manuel Perrotta (IFN), Rafał Stanowski, dott. Paulina Żmijowska e Natasha Pavluchenko. La giuria del concorso di moda, destinato ai giovani fino a 31 anni, è stata composta da rappresentanti provenienti da Polonia e Italia. Il Festival è organizzato con il patrocinio mediatico di Gazzetta Italia. Maggiori dettagli su: www.urbbanfusion.com 

traduzione it: Olga Ćwiklak vel Ćwiklińska

Il centenario di Tadeusz Różewicz

0

Dei poeti polacchi del dopoguerra Tadeusz Różewicz (Radomsko 1921 – Wrocław 2014) fu il primo a guadagnarsi in vita un’antologia dei suoi versi in lingua italiana: col titolo Colloquio con il principe (Milano 1964) la allestì Carlo Verdiani, benemerito professore e divulgatore fiorentino della letteratura polacca.

In seguito, la fortuna di Różewicz in Italia è stata diseguale, e certamente inferiore a quanto avrebbe meritato, se paragonata a quella degli altri tre “grandi” della poesia polacca contemporanea, Czesław Miłosz, Zbigniew Herbert e soprattutto Wisława Szymborska. Tanto più che, a loro stessa detta, di tutt’e tre Różewicz è stato, se non anche un maestro, sicuramente un interlocutore fondamentale, con la sua dizione semplice, scarna, ai limiti del silenzio; col suo pessimismo velato da una intelligentissima ironia, senza “effetti speciali” né particolare pathos, sempre avvolto da quella “inquietudine” che aveva dato il titolo alla sua prima raccolta poetica del 1947 (Niepokój). La sua intera produzione si muove così fra avanguardia e postmodernismo, senza mai cadere nelle oscurità linguistiche della prima, né tanto meno nei giochi manieristici del secondo.

Ma Różewicz non è stato solo poeta: col suo teatro, e già col suo primo e forse più famoso dramma Kartoteka (1960, reso in italiano da Anton Maria Raffo, altro docente e traduttore fiorentino di grande finezza), Różewicz s’impose come uno degli innovatori della drammaturgia polacca, avvicinandola alle coeve esperienze europee del teatro dell’assurdo; e anche nella sua prosa narrativa e saggistica ha toccato fin dagli anni ’40 del secolo scorso temi che oggi sentiamo ancora attualissimi come quelli della cultura e del turismo di massa, del consumismo e dell’inquinamento ambientale.

Fra i traduttori italiani, in tempi più recenti, si è distinto un altro eccellente studioso di scuola fiorentina, Silvano De Fanti, alla cui bravura si devono l’ampia antologia poetica Le parole sgomente (Pesaro 2007) con un’ampia e bella introduzione, e di Una morte tra vecchie decorazioni (Udine 2011), romanzo breve sulla visita a Roma di un edicolante polacco in pensione, che fra pensieri, grandi aspettative e cocenti delusioni, dopo una “vita senza significato” trova “una morte casuale e priva di significato” fra le decorazioni di cartapesta del teatro d’opera alle Terme di Caracalla.

Eroe lirico e narrativo di Różewicz è quindi un Everyman, “l’uomo che un momento fa abbiamo incrociato per strada” (scriverà nella postfazione a Una morte fra vecchie decorazioni), che, come tanti altri, giunto nel mezzo del cammino anche più in là con l’età, ha perso la fede e la via, smarrito in un mondo che, piuttosto che di una selva oscura, ha assunto sempre più i tratti di un immondezzaio. Śmietnik (“immondezzaio”) diviene così parola-chiave della poetica di Różewicz, in quella che, più che una protesta anticipatoria dell’odierno ecologismo, sembra essere l’ineluttabile sfondo del viaggio esistenziale dell’uomo sopravvissuto alla catastrofe della guerra e dei totalitarismi e comunque soggetto alla violenza della storia e alle brutture delle società contemporanee.

In tutto questo nella sua scrittura – poetica, drammaturgica e anche narrativa – predilige il frammento (Zawsze fragment: “Sempre un frammento” e Zawsze fragment recycling, sono i titoli di due sue raccolte poetiche del 1996 e 1998), il collage e il riciclaggio (proprio come nel caso dei rifiuti) di materiali preesistenti. Si veda ad esempio quello che è – a mio parere – uno dei capolavori dell’opera tarda di Różewicz, il libro Matka odchodzi (“La mamma se ne va”) del 1999, fatto di foto di famiglia, brani del diario e versi del poeta, estratti dalle memorie della stessa madre Stefania, morta di cancro nel 1957, e appunti su di lei dell’altro figlio, Stanisław Różewicz (1924-2008), anch’egli scrittore e regista teatrale e cinematografico.

L’Italia ha un ruolo importante nella vita e nell’opera letteraria di Tadeusz Różewicz: basti pensare ai suoi viaggi, alle sue poesie dedicate a luoghi e persone, ai versi sconvolgenti in morte di Pasolini o del papa Luciani, alle poesie ispirate a Dante, nonché ad alcune importanti occasioni di carriera, come il già citato volume mondadoriano del 1964 o il primo premio Librex Montale International ricevuto dal poeta a Genova nel 2005.

Ma il tema italiano in Różewicz ha sempre una valenza “doppia”: da una parte, con le sue bellezze naturali e artistiche, l’Italia sembrerebbe di per sé rappresentare un contraltare della bruttezza e inumanità del mondo contemporaneo (né poteva essere altrimenti per un laureato in storia dell’arte che per tutta la vita ha idealmente dialogato con gli artisti e le loro opere, con le città d’arte e i loro musei); dall’altra, proprio per lo stesso motivo, risulta un potentissimo memento mori: “siamo a Venezia insieme / non ci posso credere / baciami / Lei è polacco / brindiamo / sono solo al mondo” (Et in Arcadia ego).

Fra le sue opere “italiane” due in particolare: il poema Et in Arcadia ego e il citato Una morte tra vecchie decorazioni, entrambi frutto di un soggiorno di tre mesi nella penisola nel 1960, colpiscono per la loro originalità rispetto alla tradizionale visione dell’Italia come locus amoenus. Come ha scritto giustamente Silvano De Fanti “il mito dell’Italia è il punto di partenza per la critica różewicziana della cultura europea contemporanea” (introduzione a Le parole sgomente, p. 24). Un’Arcadia, dunque, ma, come nel quadro del Guercino da cui il poema trae il titolo, un paradiso terrestre dove si annidano morte e sfacelo. Per chi oggi A.D. 2021 cammina per certe strade di Roma colpisce la feroce attualità di quanto scriveva quella volta il poeta: “Ho cercato tracce di segni epifanici, e invece ho trovato tracce di un grande letamaio, il mescolamento selvaggio tra cultura e turismo” (citazione da: S. De Fanti, introduzione a Le parole sgomente).

In questo VII centenario della morte di Dante Alighieri varrà allora la pena allora di riportare almeno qualche verso della sua poesia Brama (“La porta”, tratta dalla raccolta Nożyk profesora, “Il coltellino del professore”, 2001), inedita fin qui in italiano, che a noi, oltre che l’incipit del III canto dell’Inferno, può paradossalmente ricordare da vicino il Calvino delle Città invisibili: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme”, pur mantenendosi Różewicz sempre fedele alla poetica minimalista delle prime raccolte:

Lasciate ogni speranza / Voi ch’entrate // Coraggio! Oltre questa porta non c’è l’inferno // L’inferno è stato smontato / dai teologi / e dagli psicologi del profondo // è stato trasformato in allegoria / per motivi umanitari / e pedagogici / Coraggio! / Oltre questa porta comincia / di nuovo lo stesso […] Coraggio! / Oltre questa porta non c’è storia / né bene né poesia // E cosa ci sarà / Sconosciuto signore? / Ci saranno pietre / Una pietra / Su una pietra / Su una pietra una pietra / E su quella pietra / Ancora una / pietra.

Dopo quelli di Cyprian Norwid e di Stanisław Lem, a metà dicembre anche il centenario di Tadeusz Różewicz verrà celebrato presso l’Istituto Polacco di Roma, con interventi del suo maggior traduttore Silvano De Fanti e di Giulia Olga Fasoli, che a breve discuterà alla “Sapienza” di Roma un lavoro di dottorato su “Costanti e varianti nell’opera poetica tarda di Różewicz”, nonché uno spettacolo ispirato a Et in Arcadia ego a cura dello scrittore Renato Gabriele e del musicista Raffaele Riccardi.

In Polonia per questo anniversario hanno già avuto luogo convegni, spettacoli, eventi e manifestazioni, anzitutto a Wrocław, sua città d’elezione, ma anche in tutto il resto del paese. Il 2021, oltreché anno di Dante, di Dostoevskij, di Baudelaire, dovrà essere a buon diritto ricordato anche per Różewicz, fra i grandi poeti polacchi contemporanei il meno “vate”, ma paradossalmente forse il più profetico.

Ho avuto la grande fortuna di conoscerlo personalmente: una prima volta nel 2003, assieme al suo grande amico Edoardo Sanguineti, e poi, durante una memorabile serata poetica in Campidoglio e una, altrettanto (per me) memorabile, passeggiata al Testaccio al Cimitero acattolico degli artisti e dei poeti. Di lui mi sarà impossibile dimenticare il sorriso infantile, malinconico e dolcissimo.

Progetto di legge per punire l’uso del simbolo “Z”

0

Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl

Nel progetto di legge sul sostegno alle azioni contro l’aggressione contro l’Ucraina è stato introdotto un emendamento per vietare l’uso o la promozione di simboli o nomi a sostegno dell’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina. La violazione di questo divieto può essere punita con due anni di reclusione. L’emendamento è stato presentato dai deputati di sinistra che hanno giustificato che il simbolo “Z” identifica l’aggressione russa contro l’Ucraina e la propaganda di Putin. “Possiamo considerare il segno “Z” come dittatura, che, se collocato in vari luoghi, promuove la guerra, l’aggressione, un regime totalitario che promuove il genocidio, come la stella rossa e la svastica, non ho dubbi al riguardo”, ha detto vice capo del MSWiA Maciej Wąsik.

https://www.prawo.pl/samorzad/zakaz-uzywania-symbolu-z-w-polsce,514507.html

Referendum abrogativi del 12 giugno 2022. Voto per corrispondenza dei cittadini italiani residenti all’estero

0

Con decreti del Presidente della Repubblica del 06/04/2022, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 07/04/2022, è stata fissata al 12 giugno 2022 la data dei referendum abrogativi ex art. 75 della Costituzione.

Si ricorda che il VOTO è un DIRITTO tutelato dalla Costituzione Italiana e che, in base alla Legge 27 dicembre 2001, n. 459, i cittadini italiani residenti all’estero, iscritti nelle liste elettorali, possono VOTARE PER POSTA. A tal fine, si raccomanda quindi di controllare e regolarizzare la propria situazione anagrafica e di indirizzo presso il proprio consolato.

È POSSIBILE IN ALTERNATIVA, PER GLI ELETTORI RESIDENTI ALL’ESTERO E ISCRITTI ALL’AIRE, SCEGLIERE DI VOTARE IN ITALIA PRESSO IL PROPRIO COMUNE DI ISCRIZIONE ELETTORALEcomunicando per iscritto la propria scelta (OPZIONE) al Consolato entro il 10° giorno successivo alla indizione delle votazioni. Gli elettori che scelgono di votare in Italia in occasione della prossima consultazione referendaria, riceveranno dai rispettivi Comuni italiani la cartolina-avviso per votare presso i seggi elettorali in Italia.

La scelta (opzione) di votare in Italia vale solo per una consultazione referendaria.

Si ribadisce che in ogni caso l’opzione DEVE PERVENIRE all’Ufficio consolare NON OLTRE I DIECI GIORNI SUCCESSIVI A QUELLO DELL’INDIZIONE DELLE VOTAZIONI, OVVERO ENTRO IL GIORNO 17/04/2022. Tale comunicazione può essere scritta su carta semplice e – per essere valida – deve contenere nome, cognome, data, luogo di nascita, luogo di residenza e firma dell’elettore, accompagnata da copia di un documento di identità del dichiarante.

Per tale comunicazione si può anche utilizzare l’apposito modulo scaricabile dal sito web del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (www.esteri.it)  o da quello del proprio Ufficio consolare (clicca qui).

Come prescritto dalla normativa vigente, sarà cura degli elettori verificare che la comunicazione di opzione spedita per posta sia stata ricevuta in tempo utile dal proprio Ufficio consolare.

La scelta di votare in Italia può essere successivamente REVOCATA con una comunicazione scritta da inviare o consegnare all’Ufficio consolare con le stesse modalità ed entro gli stessi termini previsti per l’esercizio dell’opzione.

Se si sceglie di rientrare in Italia per votare, la Legge NON prevede alcun tipo di rimborso per le spese di viaggio sostenute, ma solo agevolazioni tariffarie all’interno del territorio italiano. Solo gli elettori residenti in Paesi dove non vi sono le condizioni per votare per corrispondenza (Legge 459/2001, art. 20, comma 1-bis) hanno diritto al rimborso del 75 per cento del costo del biglietto di viaggio, in classe economica.

L’UFFICIO CONSOLARE È A DISPOSIZIONE PER OGNI ULTERIORE CHIARIMENTO (per comunicazioni via e-mail, si prega di scrivere all’indirizzo varsavia.elettorale@esteri.it)

fonte: sito ufficiale dell’Ambasciata d’Italia a Varsavia

Concerto d’inaugurazione Festival Serate Musicali Cracoviensis

0

Festival Serate Musicali Cracoviensis – 10.04.2022 ore 18:00, Aula Florianka, ul. Senera Fenn’a 15, Kraków (entrata libera)

Breve nota del direttore artistico 

La presente serata musicale in cui collaborano artisti polacchi ed italiani è un’idea non solo artistica ma soprattutto di integrazione e di fratellanza tra musicisti di diverse Nazioni Europee. La prima serata del Festival Serate Musicali Cracoviensis è dedicata alla nuova musica scritta per fiati, un repertorio che vede 7 prime esecuzioni, di cui 5 assolute (mondiali) e 2 nazionali (prime polacche). Gli organici strumentali variano dal duo oboe e pianoforte a diversi ensemble di fiati, dal trio d’ance al quintetto di fiati, dal quartetto al sestetto di fiati con pianoforte. Compositori italiani e polacchi hanno dato il loro importante contributo scrivendo ed adattando nuovi brani per fiati. Questo repertorio viene eseguito da prestigiosi musicisti, fattore che contribuisce all’alto livello delle esecuzioni ed al successo di questa idea.

La mia vita artistica e privata è essa stessa un esempio di possibile e felice connubio di tradizioni e culture di diverse Nazioni. Per me che ho la duplice cittadinanza italiana e polacca è un sogno realizzare questo evento, sogno che si realizza grazie al contributo di tutti coloro che hanno collaborato a questa mia iniziativa.

É doveroso ringraziare le due Istituzioni che hanno reso possibile questo evento: l’Istituto italiano di Cultura di Cracovia ed il Dipartimento di Strumenti a Fiato e Fisarmonica dell’ Accademia di Musica di Cracovia Krzysztof Penderecki. É doveroso ringraziare tutti i compositori e i fantastici musicisti che hanno deciso di partecipare a questa serata speciale.

Un grazie va alla scrittrice Katarzyna Majgier che ha permesso di utilizzare la sua splendida fotografia, foto che ben rappresenta il titolo del Festival Serate Musicali Cracoviensis. Devo molto al professor Piotr Lato e lo ringrazio per l’entusiasmo e la costante partecipazione. Spero in un prosieguo di questo Festival, il cui scopo è quello di rafforzare la collaborazione artistica tra musicisti polacchi ed italiani e di dare spazio a giovani compositori dei nostri Paesi.

Un ringraziamento particolare ed affettuoso a mia moglie Małgorzata per aver ideato e realizzato lo splendido poster ed i programmi di sala di questa prima edizione del Festival!

Wrocław 04.04.2022 Francesco Bottigliero

Programma

Antoni Szałowski: Sonatina per oboe e pianoforte (1946)
Temporal Duo – Monika Sęk – oboe; Łukasz Dębski – pianoforte

Francesco Bottigliero: Romanza ,,Nowy Sącz” (2017) – prima assoluta
Temporal Duo – Monika Sęk-oboe; Łukasz Dębski – pianoforte

Pantaleo Leonfranco Cammarano: Fragmenta (2002) – prima polacca
Wiesław Suruło – flauto; Maksymilian Lipień – oboe; Piotr Lato – clarinetto

Michał Gronowicz: Epigram V-VIII per ob., cl. e fg.- prima assoluta
LLLeggiero Woodwind Trio (Maksymilian Lipień – oboe; Piotr Lato – clarinetto; Damian Lipień-fagotto)

Tiziano Citro: Under The Stars (2002) – prima polacca
Wiesław Suruło – flauto; Maksymilian Lipień – oboe; Piotr Lato – clarinetto; Damian Lipień – fagotto; Łukasz Dębski – pianoforte

Dawid Pajdzik: Dr JanKeys (2019) – versione per quintetto di fiati – prima assoluta
Wiesław Suruło – flauto; Maksymilian Lipień – oboe; Piotr Lato – clarinetto; Damian Lipień – fagotto; Tadeusz Tomaszewski – corno

Pantaleo Leonfranco Cammarano: Quintetto n. 1 “Cinque sensi” (2022) – prima assoluta
Wiesław Suruło – flauto; Maksymilian Lipień – oboe; Piotr Lato – clarinetto; Damian Lipień – fagotto; Tadeusz Tomaszewski – corno

Francesco Bottigliero: Verbovaya Doshchechka, Introduzione, tema e variazioni – prima assoluta
Wiesław Suruło – flauto; Maksymilian Lipień – oboe; Piotr Lato – clarinetto; Damian Lipień – fagotto; Tadeusz Tomaszewski – corno; Francesco Bottigliero – pianoforte