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Polonia, Partecipazione dell’ambasciatore Franchetti Pardo al 160° anniversario della morte dell’eroe risorgimentale Francesco Nullo caduto nella battaglia di Krzykawka

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L’Ambasciatore d’Italia a Varsavia Luca Franchetti Pardo ha oggi partecipato, in diverse località polacche, alle commemorazioni del 160° anniversario della battaglia di Krzykawka nella quale nel 1863 perse la vita l’eroe risorgimentale bergamasco Francesco Nullo. Questi, a capo della Legione Garibaldina, era venuto a combattere per l’indipendenza della Polonia contro la Russia zarista. A Boleslaw, alla presenza di autorità civili, militari e religiose si è svolta una celebrazione in onore della figura di Nullo, considerato in Polonia come un eroe nazionale e simbolo dell’amicizia tra Italia e Polonia. Il Presidente polacco Andrzej Duda ha voluto partecipare alla commemorazione con un proprio messaggio personale. Nel suo intervento, l’Ambasciatore Franchetti Pardo, con riferimento alla figura di Nullo, ha sottolineato l’influenza che ancora oggi rivestono, nei rapporti bilaterali, le vicende storiche che hanno più volte visto italiani e polacchi combattere fianco a fianco per l’indipendenza e la libertà dei due Paesi. Significativamente, ha ricordato l’Ambasciatore, tra i fondatori dell’Associazione di amicizia tra Italia e Polonia si conta il professore e colonnello Wojciech Narębski, che combatté a Montecassino nel II Corpo d’Armata sotto il comando del gen. Wladyslaw Anders.

Accompagnato dal Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Cracovia Matteo Ogliari e dall’Addetto militare Stefano Cavaliere, l’Ambasciatore ha deposto corone di fiori ai monumenti dedicati a Nullo nelle cittadine di Olkusz e Boleslaw.

Analoghe cerimonie sono previste anche Varsavia nei prossimi giorni.

Lamborghini Sesto Elemento – impronta di carbonio

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Il nome “Sesto Elemento” si riferisce al sesto elemento della tavola di Mendeleev, il carbonio. Ne abbiamo sentito parlare tanto del carbone l’anno scorso, o meglio della sua scarsità, il che è strano perché fino a non molto tempo fa eravamo considerati una potenza mondiale nella sua estrazione.

Il carbonio come elemento è costituito dal 60% (lignite) al 97% (antracite) della materia prima generalmente nota come carbone. Sebbene in Cina già nel II secolo a.C. il carbone veniva utilizzato per il riscaldamento, in Europa solo la rivoluzione industriale del Settecento ne fece un uso massiccio, i cui effetti li stiamo vivendo proprio ora. Sebbene lo consideriamo un male, è innegabile quanto velocemente abbia sviluppato la nostra civiltà. Ricordiamo anche i suoi aspetti positivi, perché viene utilizzato nella produzione di medicinali, cosmetici e, ironia della sorte, perché utilizzato nei filtri dell’aria e dell’acqua, protegge la nostra salute. I suoi cugini stretti sono la grafite, il grafene e il diamante, soprattutto quest’ultimo difficilmente verrà da qualcuno disprezzato. Il carbonio come elemento è il quarto elemento più comune nell’universo dopo l’ossigeno, l’idrogeno e l’elio; almeno nell’universo che conosciamo oggi. Senza di esso non potrebbe vivere nessun essere vivente. Dopo l’ossigeno [65%], è il secondo elemento [18,5%] della nostra struttura corporea. Il nome polacco “carbonio”, così come d’altronde molti altri elementi, tra cui magnesio, azoto, idrogeno, ecc., fu proposto dal chimico Filip Nerius Walter, nato a Cracovia nel 1810. Grazie a lui, per la prima volta è stato distillato il cherosene dal petrolio greggio, da cui poi è stato semplice arrivare ai combustibili utilizzati oggi. Dal carbonio viene fatta anche la fibra di carbonio, un singolo filo del quale è decine di volte più sottile di un capello umano. Il suo inventore Joseph Swan già nel 1860 ne trovò un’applicazione pratica nella produzione di lampadine. Perché originariamente i compositi, cioè una combinazione di materiali diversi uniti in uno, [per esempio il compensato già conosciuto nell’antichità], a base di fibra di carbonio, erano terribilmente costosi. Ancora all’inizio del 21° secolo costavano quasi 35 volte di più dell’acciaio, venivano usati molto raramente.

Oggi, grazie allo sviluppo della tecnologia per ottenerlo, il prezzo non supera dieci volte il prezzo dell’acciaio, e questo consente già un uso più ampio di questo composito estremamente leggero e resistente, tra l’altro nelle costruzioni aeronautiche e automobilistiche.

Il veicolo progettato da Filippo Perini era basato sul modello Gallardo Superleggera, del peso di 1340 kg. Lamborghini ACRC (Advanced Composites Research Center) in collaborazione con Boeing ha utilizzato la tecnologia CFRP, un composito rinforzato con fibra di carbonio combinato con vari tipi di polimeri, nella costruzione del telaio, della carrozzeria, degli interni e della meccanica. Tali soluzioni sono più leggere del 30% rispetto all’alluminio, il che ha permesso di ridurre il peso totale della nuova vettura a 999 kg. La lotta per ogni chilogrammo è particolarmente visibile negli interni spartani, dove al guidatore spettano sedili avvolgenti sottilissimi e un traliccio futuristico, anch’esso in carbonio, al posto di un tipico cruscotto. Quanto del peso dell’auto è stato risparmiato grazie ad esso? Probabilmente non più di 3 o 5 kg. Cosa possa voler dire questo? Poche hypercar sono in grado di raggiungere i 100 km/h in 2,5 secondi come la Sesto, certo che ci riescono le Bugatti Veyron e Chiron, ma hanno bisogno di un motore da 8 litri e ben 1001 o 1500 CV. In termini di prezzo, Chiron e Sesto costavano all’incirca lo stesso, meno di 11 milioni di zloty, ma in prospettiva 20 auto con il marchio Lamborghini si riveleranno sicuramente un investimento migliore di ciascuna delle 500 Chiron o quasi 1000 Veyron. Un’eccezione potrebbe essere la versione Veyron L’Or Blanc, decorata con molti elementi di porcellana bianca come la neve, della manifattura reale di Berlino.

Se siete a Dubai di sicuro riuscirete a vedere una di queste Bugatti nel vialetto di un albergo a 5 o 7 stelle. Il Sesto Elemento sarà difficile da scorgere in quanto non è omologato per le strade pubbliche. Per vedere questa macchina occorrerà una determinazione pari a quella del protagonista del film “I sogni segreti di Walter Mitty”, e la pazienza del fotografo [Sean Penn] mostrata lì, a caccia di una foto della pantera delle nevi nelle Himalaya. Ma guardando attraverso il prisma di questo film, la cui quintessenza è l’affermazione del fotografo che lascia l’obiettivo nel momento decisivo, “la bellezza non chiede attenzioni”. Beh, non è meglio, invece di cercare lo scatto migliore, lasciarsi trasportare da un momento simile e viverlo appieno?

Questo modello di Lamborghini è stato un banco di prova, in cui i costruttori di Sant’Agata hanno dimostrato alla concorrenza che né la potenza, né la velocità di punta, sono fattori determinanti per le macchine supersportive. Le stesse, se non migliori, prestazioni di riduzione del consumo di carburante sono state ottenute utilizzando materiali ultramoderni e leggeri. Quando hanno aggiunto una molto aerodinamica, pesante solo 190 kg, carrozzeria e trazione integrale, hanno creato un’ottima macchina da guidare. Un’auto completa che non richiede alcuna messa a punto aggiuntiva da parte dei suoi proprietari, e qualsiasi tuning qui sarebbe una profanazione. Il corpo della carozzeria opaco, nero, predatore, è spezzato solo da pochi elementi rosso fuoco. Minimalismo perfetto

Gallardo nel 2013 è stato anche il seme per il primo prototipo monoposto dell’azienda, futuristicamente estremo, “Egoista”.

Basta guardare il modello per apprezzare quanto impegno AUTOart ha messo nella produzione di una replica fedele di un’auto reale. È da togliere il fiato la struttura “in carbonio” della carrozzeria e i dettagli meravigliosamente realizzati del motore e degli interni. È senza dubbio uno dei modelli meglio riusciti di questa rinomata ditta e dovrebbe trovarsi in ogni collezione rispettabile.

Anni di produzione: 2010-12
Esemplari prodotti: 20 esemplari
Motore: V 10
Cilindrata:5204 cm3
Potenza/RPM: 570 KM / 8000
Velocità massima: 350 km/h
Accelerazione 0-100 km/h (s): 2,5
Numero di cambi: 6
Peso:999 kg
Lunghezza: 4580 mm
Larghezza: 2045 mm
Altezza: 1135 mm
Interasse: 2560 mm

Trent’anni fa
20.02.1993 mori
a Perugia il fondatore
dell’azienda Ferruccio
Lamborghini.

Tłumaczenie it: Aleksandra Gryz
Foto: YrczaQ

Ravioli dolce di Carnevale

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Ingredienti:

Per l’impasto (per 50 ravioli):

Burro 50 g
1 uovo
1 pizzico di sale
La scorza di 1 limone biologico
60 gr di zucchero semolato
100 ml di latte intero
300 g di farina 00
Olio di semi di girasole per la frittura

Per il ripieno:

Marmellata (gusto
a piacere, meglio albicocca
o arancia)
1 albume
Zucchero a velo per guarnizione

Procedimento:

Se lavorate l’impasto a mano, fatelo in una grande ciotola. Se invece utilizzate una planetaria, dotatela di frusta a foglia e inserite la farina, il burro a temperatura ambiente e lo zucchero, l’uovo intero, il sale, gli aromi e il latte e impastate il tutto fino ad ottenere un composto elastico e liscio. Mettetelo a riposare per circa 30 minuti in una ciotola coperto con pellicola alimentare.

Poi riprendete l’impasto e su un piano pulito e infarinato dividetelo in panetti da circa 150 gr ciascuno. Tirate la sfoglia con la macchinetta apposita oppure a mano, fino a ricavare una sfoglia molto, molto, sottile (1 mm o 1mm e mezzo). Datele una forma regolare, una striscia lunga e disponete a distanza di circa 2 cm l’uno dall’altro un cucchiaino di confettura. Spennellate i bordi della sfoglia con l’albume leggermente sbattuto e richiudetela su stessa. Aiutandovi con le mani, premete bene la pasta attorno ai mucchietti di confettura per togliere l’aria e con un coltello o una rotella dentellata ricavate dei ravioli quadrati (potete anche farli rotondi utilizzando uno stampino da biscotti).
Disponeteli su un vassoio leggermente infarinato.

Intanto scaldate l’olio di semi in una pentola dai bordi abbastanza alti. Quando sarà molto caldo (fate la prova inserendo un piccolo lembo di pasta avanzata, se frigge subito, vuole dire che l’olio è ben caldo) inserite con delicatezza 2/3 ravioli alla volta, rigirandoli dopo un paio di minuti.

Quando saranno dorati da entrambe le parti, scolateli con la ramina e disponeteli su un vassoio rivestito di carta forno. Procedete fino ad esaurimento dei ravioli. Spolverateli con zucchero a velo e serviteli.

Buon Carnevale!

Storie dell’Abruzzo

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Il 12 aprile, dalla casa editrice Czarne, uscirà un nuovo libro di Piotr Kępiński “W cieniu Gran Sasso. Storie dall’Abruzzo”.

Per conoscere qualsiasi luogo, è meglio viverci, anche per un po’ di tempo, o almeno visitarlo spesso, per poter capire meglio le persone, immergersi nella vita di tutti i giorni e smettere di essere un estraneo. Da questa prospettiva Piotr Kępiński racconta l’Abruzzo e i suoi abitanti nel suo ultimo libro. L’autore entra a far parte dell’ambiente, portando i lettori in un viaggio geografico ed erudito. Il primo conduce a persone e luoghi, il secondo segue i percorsi della storia, della letteratura, del cinema e della cultura. Da questo reportage approfondito e perspicace emerge una storia straordinaria su questa regione italiana che è la meno visitata in assoluto. Perché certo non si sceglie l’Abruzzo per il primo viaggio in Italia. È possibile che lo salteremo anche nella seconda e terza visita. Quando finalmente ci stancheremo del trambusto delle destinazioni più affollate del Belpaese, forse, saremo pronti ad apprezzare il fascino unico della terra, il cui elemento più prezioso è la natura, anche se, come scopriremo nelle pagine del libro, non solo. Una regione eternamente segnata e compresa tra il massiccio montuoso dell’Appennino e la dolce costa adriatica. Abruzzo forte e gentile, così si descrivono gli abruzzesi. Gentile, perché ci avvolge con la bellezza del paesaggio, invita alla tranquillità e contemplazione “all’ombra del Gran Sasso”. Forte, perché, come ogni regione, ha anche il suo lato oscuro. Invece di leggere guide turistiche, preferisco decisamente seguire un percorso per niente scontato, tracciato da Kępiński, per conoscere l’anima dell’Abruzzo e dei suoi abitanti.

Piotr Kępiński è poeta, critico letterario, saggista. Ha lavorato come vice caporedattore di “Czas Kultury” e come capo del dipartimento cultura di “Dziennik” e “Newsweek”. Attualmente collabora con “Twórczość” e “Plus Minus”, l’edizione del sabato di “Rzeczpospolita”. Autore di numerosi libri di poesia e saggistica: una raccolta di saggi sulla cultura lituana contemporanea “Litewski Spleen”, un libro sull’Italia contemporanea “Szczury z via Veneto”, per il quale ha ricevuto il Premio Letterario Leopold Staff, e un volume di poesie “Nieoczy”. Dal 2007 al 2016 è stato giurato del premio letterario dell’Europa Centrale Angelus. Negli anni 2017- 2019 è stato membro della giuria del Premio di poesia Silesius di Breslavia. Vive a Roma e (a volte) a Collelongo in Abruzzo.

Appena Sfornati

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Tatum Rush “Villa Tatum”

L’inizio dell’anno è notoriamente tempo di carnevale, intensamente celebrato in Italia. La prima proposta per questo periodo danzante è l’album di debutto dell’artista che si nasconde sotto lo pseudonimo Tatum Rush. Rush è un ragazzo giovane e talentuoso di origini italo-svizzere-americane. È nato a San Diego in California, poi si è trasferito a Ginevra, dove ha ricevuto il diploma dell’arte performativa. È un cosmopolita dell’arte. Si occupa di scrittura di testi, di produzione di canzoni, di video musicali e persino di opere. “Villa Tatum” è un album dall’estetica e dal suono raffinati che garantisce un viaggio metafisico fuori dalla conoscenza umana della musica. Dodici tracce – una delle quali è stata realizzata in collaborazione con Frah Quintale e le altre in collaborazione con gli artisti Jacopo Planet e Lulu – che esplorano diverse immagini e suoni, utilizzando sonorità pop fresche e contemporanee, a volte r’n’b colorato, disco, trap o techno. Se qualcuno chiede com’è la musica del presente, ecco è proprio come la musica di Tatum Rush. Si mescolano gli stili, i generi, i decenni e persino le influenze dalle italiane alle francesi, alle americane fino a quelle latine. Non c’è bisogno di incasellare e definire, si deve ballare con Villa Tatum finché dura la festa!

Filippi Bubbico “Honolulu arrivo”

Filippo Bubbico ci invita a ballare al ritmo della musica funk. Tre anni dopo il debutto, il musicista torna con l’album “Honolulu arrivo”. Il disco è musicalmente molto diverso, porta l’ascoltatore nell’atmosfera di una calda giornata su un’isola esotica. Ci sono nove tracce, che compongono un lungo gioco composto da profondità musicali della fine dei decenni, le radici funk-elettroniche sono mescolate con pop e alternative. Non è però solo un gioco, sotto il piano dei suoni c’è una storia sul viaggio interiore, che spesso evitiamo per arrivare
all’obiettivo perfetto, il mondo che ci contiene e nel quale ci sentiamo bene. Honolulu, al quale arriviamo dal Bubbico, è un posto di molti esperimenti. È anche l’album che racconta della capacità di vedere i suoi fallimenti, che permette di atterrare in una Honolulu molto personale: tra l’introspezione e la volontà di cercare soluzioni nuove ed espressive. Filippo Bubbico è maturo e sicuro di quello che ci propone e in questo modo è vincente!

Bais “Diviso due”
Ed ecco infi ne l’album di Bais che è stato inizialmente, erroneamente, ignorato, pubblicato il 13 maggio dell’anno scorso da Sugar Music. “Divided Two” è una confessione intima, la cui voce è di Luca Zambelli, che si cela sotto lo pseudonimo di Bais. Nato nel 1993 è cresciuto a Bassano e ora abita a Milano. Oggi è diviso tra due mondi e lo confida nel suo ultimo album. Come dice lo stesso artista, mi sento come “diviso in 2”: la sua vita si svolge tra il fiume e la città. La dualità si manifesta non solo nel luogo in cui si trova, la musica è anche “condivisa” dall’artista con gli ascoltatori. Lui si sente come diviso tra se stesso e l’autorappresentazione e come gli altri lo percepiscono. Questo contrasto è un fi lo comune, che unisce tutte le tracce, in ogni canzone emerge spontaneità e leggerezza, con la quale Bais riesce a fotografare una sensazione o un rapporto delicato, fermandolo in musica. Una voce importante della giovane generazione, che sempre più spesso ha il problema di rispondere alla domanda “chi sono?”

Tłumaczenie it: Lidia Gardecka

Anno nuovo vita nuova

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Barbara Garavelli al Ristorante Giacomo Arengario sul Duomo, Milano

Quante volte ci siamo sentiti dire questa frase, quante volte ci siamo detti questa frase. Eh sì, perché l’inizio dell’anno è un po’ per la vita quello che il lunedì è per la dieta. Da nessuna parte c’è scritto che le diete si iniziano di lunedì, come da nessuna parte c’è scritto che i buoni propositi bisogna porseli a fine anno per il nuovo anno, eppure…

Che poi perché si parla sempre di “buoni propositi”? Esistono anche i “cattivi propositi”?

Facciamo che da ora in poi parliamo di obiettivi.

Ma fare questa famosa lista degli obiettivi per il nuovo anno è davvero una cosa utile?

Quasi 4000 anni fa i Babilonesi furono tra i primi al mondo a fare la famosa lista degli “Ex buoni propositi”, peccato che, dopo i nostri amici Babilonesi, una serie di numerosi ed importanti studi abbiano dimostrato che stilare la lista degli obiettivi può essere davvero molto “pericoloso”.

Uno dei più recenti studi, condotto dalla “Scranton University”, dimostra che l’81% delle persone abbandona la lista dei propri obiettivi entro il 16 gennaio, quindi ora le possibili soluzioni sono due: o la lista la facciamo dopo il 17 gennaio, sperando vada meglio, oppure ci poniamo degli obiettivi realistici in modo da avere qualche chance in più di finire tra quel 19% di persone che ce la fa.

Spesso gli obiettivi per il nuovo anno riguardano il corpo, ma prendersi cura di se stessi non deve riguardare solo il corpo. Prendersi cura di sé vuol dire fare qualcosa in più, qualcosa di diverso, piccoli cambiamenti.

Porsi dei grandi obiettivi, e non andare oltre al 16 gennaio, può solo farci sentire dei falliti, e sentirsi dei falliti non è di certo utile a nessuno.

Ecco perché, per non finire nell’81% di chi molla, bisogna porsi dei piccoli obiettivi e allenarsi tutti i giorni, come si fa quando si esercita il corpo.

Meglio porsi come obiettivo di andare in palestra 4 volte a settimana e poi non andarci, o decidere di fare 10 addominali al giorno, e farlo tutti i giorni?

Meglio porsi come obiettivo leggere un libro alla settimana e ritrovarsi con una pila di libri non letti sul comodino, o porsi come obiettivo leggere due pagine al giorno, leggerle tutti i giorni ed avere sul comodino un solo libro con un segnalibro che pian pianino si sposta in avanti?

A proposito di libri, qualche settimana fa ho ripreso in mano un quaderno dove mi segno i concetti che mi colpiscono di più dei vari libri che leggo, e ho ritrovato una lista molto bella di consigli che voglio condividere con voi: lasciamo andare ciò che non possiamo cambiare; riconosciamo che nulla nella vita può essere perfetto, compresi noi e gli altri; cerchiamo di mantenere l’autocontrollo anche nei momenti difficili e se abbiamo una reazione esagerata non condanniamoci, ma cerchiamo di capire perché abbiamo avuto quella reazione; non paragoniamoci agli altri cercando di raggiungere gli obiettivi raggiunti da loro, perché ognuno di noi ha una tempistica diversa e un percorso unico; e per finire, giusto per restare in tema, cerchiamo di migliorare la nostra vita in ogni ambito, ricordandoci di porci piccoli obiettivi, da raggiungere con piccoli cambiamenti.

Non sono una fan della musica classica, ma dal 1 gennaio, ogni giorno, ho deciso di chiedere ad “Alexa” (l’assistente vocale della domotica di casa) di mettere un po’ di musica classica, a caso, e ho scoperto che la musica classica mi dà una grande pace, mi fa stare bene.

Ho iniziato anche ad ascoltare più musica italiana, facendo attenzione al testo, come ho fatto a dicembre ad un concerto di Elisa, al quale ero stata invitata: che belle le parole di alcune delle sue canzoni, eppure le avevo sentite tante volte, ma non le avevo mai ascoltate.

Come tanti sono diventata dipendente dal cellulare e ce l’ho spesso in mano, quasi come se fosse un prolungamento del mio braccio. Se mi fossi posta come obiettivo di non usarlo più come prima (un obiettivo troppo vago), sarei arrivata al 16 gennaio usandolo esattamente come prima, e invece mi sono posta come obiettivo di lasciarlo in una stanza, diversa da quella in cui sono, per 1 ora al giorno. IL 16 gennaio è passato, per ora non ho mollato, e direi che sto sopravvivendo più che bene.

Pensate a quando eravate piccoli e non sapevate né andare in bici, né scrivere. Ora sapete andare in bici e sapete scrivere, quindi?

Quindi tutto si può fare, ma per imparare bisogna allenarsi, un passo alla volta, tutti i giorni.

Ovviamente si può imparare a fare qualsiasi cosa anche senza essere costanti, ma è molto probabile che ci metterete più tempo e che non imparerete una volta per tutte il processo che serve per fare quella cosa, perché magari il risultato lo raggiungerete un po’ per caso, con qualche piccolo colpo di fortuna, e non saprete rifare le stesse cose che vi hanno portato al “traguardo”.

Se imparate a fare sempre la stessa cosa, tutti i giorni, sarà più facile ripeterla.

Riassuntino semplice, semplice, di quello che ho scritto fino a questo momento?

Se ci poniamo degli obiettivi facili e se la fatica richiesta sarà quasi pari a zero, la possibilità di fallimento sarà proporzionale alla fatica, quindi quasi pari a zero.

“Ma quando ero piccola i miei genitori…”

“Io avrei voluto fare questo, ma poi è successo quell’altro e…”

Scuse, sono solo scuse: quello che è successo nel nostro passato è solo una scusa per giustificare i nostri fallimenti di oggi.

Dobbiamo (e ovviamente mi ci metto in mezzo anche io) smetterla di fare le vittime del nostro passato e diventare gli artefici del nostro futuro.

Dobbiamo smetterla di pensare a quello che non abbiamo avuto e a quello che non avremo mai.

Dobbiamo smetterla di sentirci in colpa per gli errori che abbiamo fatto, e pensare ai nostri errori come a ciò che non vogliamo più fare, per trasformarli in occasioni per migliorare.

Spesso mi chiedono come faccio a ritrovare il sorriso anche dopo momenti difficili, o addirittura durante momenti difficili.

Cerco sempre di pensare alle belle cose che ho fatto, ai traguardi che sono riuscita a raggiungere e a tutto quello che potrò ancora fare, per me e per le persone che amo.

Ho la fortuna di riuscire ancora ad emozionarmi davanti alle “piccole” cose, davanti ad un tramonto, ad un’alba, guardando il video di una bimba che, durante un saggio, vede i genitori tra il pubblico.

Cerco di non dimenticarmi mai che noi qui siamo solo di passaggio, e cerco di non perdermi un attimo di questo viaggio, non dando per scontato nulla e non pensando mai: “ormai sono così e non posso cambiare”.

Mettiamoci sempre in discussione, cerchiamo sempre di fare un passo in più in avanti e, quando necessario, un passo indietro.

Nulla è per sempre, e tutto può cambiare, basta darsi dei piccoli obiettivi ed essere costanti.

Nel 2022 mi sono fatta fare il tatuaggio che vedete nella foto, e lo ho fatto sul polso destro, in un punto che vedo tutti i giorni, per ricordarmi di fare tutti i giorni un piccolo cambiamento, fosse anche solo il fare una strada diversa per andare in palestra, o ascoltare una nuova canzone.

Volete sapere alcuni degli obiettivi che mi sono posta io per
il 2023? Imparare a stare in silenzio almeno 10 minuti al giorno; mettere il mio cellulare in una stanza diversa da quella in cui sono io per 1 ora al giorno; fare 15 minuti di meditazione al giorno e 1 ora di yoga alla settimana.

E come in tutti i “titoli di coda” che si rispettano, a questo punto ci tengo a ringraziare Claudia Santaloja e Andrea Sales che negli ultimi mesi mi sono stati di grandissimo aiuto.

Chi sono Claudia ed Andrea? Sono due psicologi.

Ebbene sì, anche se non sono pazza ho deciso di chiedere aiuto a due psicologi perché, a differenza di quello che pensano in molti, specialmente in Italia, dallo psicologo non si va solo se si è pazzi, ma anche per sistemare delle piccole cose in momenti particolari della nostra vita, e la dimostrazione è il bonus psicologo stanziato durante il Covid.

Non sentitevi in colpa a chiedere aiuto, mai!

Se parlate italiano vi suggerisco di seguire su Instagram Andrea Sales e le sue utilissime dirette, se non parlate l’italiano ora avete un buon motivo in più per impararlo.

Che sia un anno pieno di piccoli cambiamenti e di grandi soddisfazioni

Ci si “rivede” sul prossimo numero.

Visita in Polonia di Mattarella, ieri l’incontro con la comunità italiana, oggi il vertice con Duda, domani la vista ad Auschwitz

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Questa notizia è tratta dal servizio POLONIA OGGI, una rassegna stampa quotidiana delle maggiori notizie dell’attualità polacca tradotte in italiano. Per provare gratuitamente il servizio per una settimana scrivere a: redazione@gazzettaitalia.pl.

“Quella in Polonia è una visita importante che era in programma da tempo ma che per varie circostanze è stata rimandata fino ad oggi”, così ha esordito il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella incontrando ieri all’Hotel Europejski di Varsavia uno spaccato della comunità italiana in Polonia. Una visita, quella del Presidente italiano – rimandata prima a causa della pandemia e poi lo scorso settembre per le elezioni politiche – che arriva in un momento cruciale sia per la situazione del conflitto in Ucraina, sia per la recente decisione di Polonia e Ungheria di bloccare le importazioni di grano dall’Ucraina a tutela dei rispettivi interessi degli agricoltori dei due Paesi. Mattarella, pur non avendo responsabilità diretta nella politica estera italiana, avrà comunque un ruolo importante nel verificare le intenzioni di Varsavia nell’attuale fluida situazione di relazioni tra Paesi all’interno della UE e della NATO, organizzazione in cui la Polonia sta assumendo un ruolo sempre più strategico. Mattarella, accompagnato dalla figlia Laura, dal viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli e dall’ambasciatore d’Italia in Polonia Luca Franchetti-Pardo, ha prima incontrato separatamente lo staff delle istituzioni italiane in Polonia e quindi ha tenuto un breve discorso ad uno spaccato degli italiani in Polonia tra cui c’erano i rappresentanti consolari, del Comites, della Camera di Commercio Italiana in Polonia e di Confindustria Polonia, e poi imprenditori, manager delle maggiori aziende italiane, giornalisti dei media Gazzetta Italia e Polonia Oggi. Al termine dell’intervento – in cui il presidente ha ribadito quanto la comunità italiana in Polonia svolga un ruolo fondamentale nel rappresentare l’Italia e nel creare proficui rapporti culturali ed economici tra i due Paesi – Mattarella si è trattenuto per un saluto informale con molti dei presenti. Oggi Matterella incontrerà il suo omologo polacco Andrzej Duda e visiterà il monumento del milite ignoto. Domani mattina invece l’incontro con il premier Mateusz Morawiecki e i presidenti di Senato e Camera, Tomasz Grodzki e Ewa Witek, poi alle 12 è previsto il volo che lo porterà a Cracovia da dove poi raggiungerà il campo di concentramento tedesco di Auschwitz-Birkenau che Mattarella visiterà con le sorelle Andra e Tatiana Bucci, superstiti dell’Olocausto, la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni e la presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello. Mercoledì, ultimo giorno della visita polacca, è prevista una prolusione di Mattarella all’Università Jagellonica di Cracovia e una visita al Museo Czartoryski dove è esposto il dipinto “Dama con l’Ermellino” di Leonardo Da Vinci. Il giorno successivo il presidente italiano volerà a Bratislava, capitale slovacca.

https://www.gazzettaitalia.pl/video/

Filetto di cervo alle erbe di montagna

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Ingredienti per 2 persone:
400 g filetto di cervo
Malva, finocchio selvatico,
timo e rosmarino (se vi piacciono aggiungete
dei germogli di pino)
Olio extravergine d’oliva, sale grosso marino,
pepe q.b.

Per la salsa di lamponi
200 g di lamponi (anche surgelati)
30 g di zucchero di canna
Un pizzico di sale
30 g di vino rosso
Bacche di ginepro e rosmarino q.b.

Procedimento:
Tagliate al coltello finemente la malva, il finocchio selvatico, il rosmarino e il timo. Spurgate il filetto di cervo una notte in abbondante vino rosso e spezie. Togliete dalla marinatura e asciugatelo bene. Dividetelo in 2 fette molto spesse. Bagnate il filetto di cervo con dell’olio e avvolgetelo in questo trito aromatico e aggiungete un po’ di sale grosso. Rosolate in padella con dell’olio evo o una noce di burro: attenzione a non farlo cuocere eccessivamente perché è importante che il filetto rimanga rosato al centro. Lavate i lamponi, cospargerli con dello zucchero di canna in una casseruola e fateli rosolare. Aggiungete del vino rosso, acqua, ginepro e rosmarino e lasciateli cuocere per minimo 15 minuti. Accompagnate con patate arrosto o con un purè e con la salsa di lamponi.
Buon appetito!

Prosecco o Franciacorta?

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Quando si parla di bollicine italiane Franciacorta e Prosecco sono tra i nomi dei vini più ricorrenti ed apprezzati in tutto il mondo, compagni ideali di brindisi importanti durante le feste.

Sebbene entrambi i vini spumanti, categoria alla quale appartengono, per ottenere le amate bollicine partano da vini di base sottoposti a rifermentazione, dopo quella alcolica, diverse sono le differenze tra questi due grandi prodotti. Scopriamole insieme.

Le prime differenze fanno riferimento all’ambito territoriale di produzione e al tipo di uve di base utilizzate: il Prosecco viene infatti prodotto da uve Glera coltivate nel Nord-Est d’Italia, nelle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia; il Franciacorta, invece è prodotto in Lombardia, nella provincia di Brescia, con uve Chardonnay e Pinot nero, ma ancora, la differenza fondamentale tra questi due prodotti, risiede nel metodo di produzione.

Per il Prosecco, sia DOC sia DOCG, il metodo Charmat-Martinotti, brevettato nel 1890 dall’astigiano Martinotti ed in seguito nel 1910 dal francese Eugène Charmat, utilizza uve Glera per almeno l’85% e, al termine della prima fermentazione, che avviene in cisterne, il vino base passa alla fase di “presa di spuma”, seconda fermentazione, in contenitori chiamati autoclavi restituendo spumanti giovani, caratterizzati da una spiccata freschezza nei quali risaltano principalmente aromi fruttati e freschi.

Il Franciacorta è prodotto con uve Chardonnay e Pinot nero e viene spumantizzato con il cosiddetto metodo classico utilizzato per ottenere tutte le grandi bollicine trentine e di Champagne.

Seguendo questa procedura, al termine della prima fermentazione, il vino viene imbottigliato con lieviti e zuccheri, rimanendovi per un minimo di 18 mesi, periodo in cui subisce la “presa di spuma”. Nei mesi di posa, i lieviti trasformano lo zucchero in anidride carbonica e alcol, rilasciando al vino sentori secondari quali: crosta di pane, nocciola, vaniglia, caramello ecc. In questo processo produttivo, la manualità e la presenza dell’uomo è fondamentale poiché le bottiglie, durante la seconda fermentazione, vengono periodicamente ruotate, in modo da raggiungere una posizione da orizzontale a verticale a testa in giù, attraverso un processo chiamato “remuage”, che impedisce ai lieviti di depositarsi sulla pancia della bottiglia. Passati i mesi di posa e dopo aver accuratamente spostato le bottiglie tramite il processo di remuage si passa alla rimozione dei lieviti esausti procedendo alla “sboccatura” ed infine al “dosaggio” ovvero un rabbocco che ne determina il residuo zuccherino.

Prosecco e Franciacorta possono essere accompagnati da termini come: pas dosè, brut, extra dry, dry e demi sec. Che definiscono il residuo zuccherino in scala, dai più secchi ai più dolci.

Per scegliere al meglio le vostre bollicine ricordate che quando parliamo di Prosecco, facciamo riferimento ad un vino giovane e fresco che risulta pronto già appena imbottigliato
per il quale non è previsto un lungo invecchiamento, che anzi, preferisce essere bevuto giovane, o, come nel caso del Prosecco Cartizze, di piccolissima produzione, abbinato ad un
classico panettone o pandoro. Al contrario con il Franciacorta si parla principalmente di un vino a lungo invecchiamento che pertanto presenta una certa complessità, ottimo come aperitivo ma che sposa bene anche piatti a base di pesce, tipici della tradizione culinaria italiana.

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